Cos’è l’ “accordo sul grano”, come la Russia lo ha manipolato durante la guerra e cosa succederà se l’Ucraina smetterà di esportare grano

Traduzione dall’originale “Что такое «зерновая сделка», как Россия манипулирует ей во время войны и что будет, если из Украины перестанут вывозить зерно

Cosa è successo?

Il 29 Ottobre, la Russia aveva annunciato di aver sospeso la propria partecipazione dall’ “accordo sul grano” – un accordo che permetteva all’Ucraina, con la collaborazione della Turchia e delle Nazioni Unite, di esportare grano attraverso i porti precedentemente bloccati dalla guerra. Tuttavia, il 2 Novembre, la Russia aveva deciso inaspettatamente di riprendere l’accordo. Vi spieghiamo perché le autorità russe stanno bloccando le esportazioni di grano ucraino e come queste azioni stiano aggravando la crisi alimentare globale.

L’Ucraina è un fornitore globale di cereali. Cosa bisogna sapere?

Nel 2021, prima dell’invasione russa, l’Ucraina era tra i paesi leader nelle esportazioni cerealicole. A livello di esportazioni, il grano rappresentava il 18% delle entrate ucraine. L’Ucraina, quindi, garantiva il 10% del mercato mondiale del grano, il 15% del mais, il 13% dell’orzo e la metà del mercato dell’olio di girasole.

Come è iniziato il blocco del grano?

La Russia aveva bloccato le coste ucraine all’inizio del Febbraio 2022. Poi aveva annunciato delle “operazioni militari” con missili e artiglieria nel Mar Nero e nel Mar d’Azov e aveva trasportato la sua flotta in queste zone. La Russia, quindi, aveva rafforzato la sua potenza militare vicino ai confini ucraini, bloccando le rotte marittime e i porti. L’Ucraina trasportava via mare la maggior parte delle sue forniture agricole.

Mappa delle esercitazioni russe.  Fonte: account facebook di Alexey Reznikov, Ministro della Difesa dell’Ucraina. 10 Febbraio 22

Alcuni porti – come Mariupol e Kherson – erano stati occupati successivamente dalle forze militari russe; ma l’Ucraina non aveva potuto utilizzare i porti sotto il suo controllo. L’Amministrazione marittima dell’Ucraina aveva riferito che nei suoi porti vi erano un centinaio di navi straniere bloccate (con tanto di equipaggi). Per continuare a commerciare con l’estero, l’Ucraina avrebbe dovuto esportare il grano con i treni, convertendo la logistica [da marittima a] fluviale e terrestre. Ma la capacità di carico era notevolmente inferiore a quella trasportata via mare. Il mercato mondiale aveva perso uno dei suoi maggiori fornitori alimentari. Alla fine di Marzo, il Segretario delle Nazioni Unite, António Guterres, dichiarò: “Il popolo ucraino sta vivendo un vero e proprio inferno. Le ripercussioni si fanno sentire in tutto il mondo attraverso l’aumento vertiginoso dei prezzi di cibo, energia e fertilizzanti. [Tutto questo può trasformarsi] in una crisi alimentare globale.” Allo stesso tempo, Mykola Solsky, ministro ucraino della Politica agraria, parlò di un’eccedenza di almeno 20 milioni di tonnellate di grano – bloccate nei porti e in attesa di lasciare il Paese.

Che cos’è l’accordo sul grano?

A Luglio, Russia, Ucraina, Turchia e Nazioni Unite avevano avviato dei negoziati per sbloccare le esportazioni di grano ucraino via mare. Il 27 Luglio era stato firmato a Istanbul un accordo : le navi da carico potevano lasciare i porti di Odessa, Chernomorsk e Yuzhny in acque internazionali ed entravano nel Bosforo attraverso un corridoio sicuro concordato. Le navi dirette o provenienti dall’Ucraina dovevano essere ispezionate dal Centro di coordinamento congiunto, anch’esso istituito grazie all’accordo di Istanbul e composto da rappresentanti di Ucraina, Russia e Turchia. Quest’ultima, guidata da Erdogan, era stata l’iniziatrice, nonché la garante, dell’accordo.

La Russia aveva accettato questa intesa in quanto l’ONU promise di rimuovere le sanzioni sui concimi e prodotti agricoli russi – come riportato da Radio Liberty. L’esclusione dal commercio internazionale di un importante fornitore come la Russia, aveva acuito la crisi alimentare; a metà Settembre gli Stati Uniti e l’Unione Europea avevano finalmente rimosso le categorie agricole russe dagli elenchi delle sanzioni.

Il giorno dopo l’ “accordo sul grano”, la Russia aveva lanciato un attacco missilistico sul porto di Odessa. Ma le scorte di grano immagazzinate [in quel porto] non erano state danneggiate. Durante il periodo dell’accordo, l’Ucraina aveva potuto esportare nove milioni di tonnellate di grano via mare. Nonostante l’Ucraina ha perso il 25% della superficie coltivata – e la Russia, nel mentre, aveva rubato parte del grano già raccolto -, le esportazioni ucraine di Ottobre erano state (quasi) pari ai valori dell’anno precedente. L’accordo doveva essere valido per 120 giorni, fino al 22 Novembre; dopodiché poteva essere prorogato. In particolare, non c’era un accordo diretto tra Russia e Ucraina: la Turchia e le Nazioni Unite avevano firmato un accordo separato con l’Ucraina e con la Russia.

In che modo la Russia sta cercando di sabotare l’accordo e perché vuole farlo?

Secondo il Ministero degli Esteri ucraino, a partire dalla metà di Ottobre gli ispettori russi del Centro di coordinamento congiunto avevano [ritardato, in modo significativo, l’ispezione delle navi] che trasportavano il grano ucraino. Il 29 Ottobre vi furono delle esplosioni nella città occupata di Sebastopoli: vennero danneggiate diverse navi della Flotta Russa del Mar Nero. Il Ministero degli Esteri russo aveva dichiarato che l’attacco con i droni era stato condotto dall’AFU – sotto la guida degli specialisti britannici. Le autorità russe considerarono l’attacco come una violazione dell’accordo di Luglio e annunciarono che la Russia avrebbe sospeso la sua partecipazione [dall’accordo] a tempo indeterminato. Allo stesso tempo le fonti ufficiali ucraine non avevano confermato l’attacco. Andrei Klimenko, redattore capo di “BlackSeaNews”, osservava:

La zona del Mar Nero è stata utilizzato sia per le operazioni militari – come gli attacchi missilistici della Flotta del Mar Nero in varie regioni dell’Ucraina -, che per il funzionamento dell’accordo sul grano. E, cosa più interessante, non c’era motivo di fermare [l’accordo.]”

I più alti funzionari dell’UE, degli Stati Uniti e della NATO avevano immediatamente invitato la Russia a partecipare nuovamente all’accordo, sottolineando che l’interruzione [di quest’ultimo] aggrava notevolmente la crisi alimentare globale. Il Segretario di Stato americano Anthony Blinken dichiarò che la Russia stava usando “il cibo come un’arma.” Per risolvere la situazione, l’ONU si mise “in contatto” con la parte russa.

Il 31 Ottobre, la Turchia, l’Ucraina e le Nazioni Unite avevano concordato un piano per continuare le consegne e lo avevano comunicato alla parte russa. Le tre parti avevano concordato di mantenere in funzione il corridoio del grano – firmando un documento separato. Quindi se la Russia interferiva nella sicurezza del corridoio cerealicolo, avrebbe violato l’accordo con la Turchia e l’ONU – ma non con l’Ucraina.

All’inizio di Novembre, il Ministero della Difesa russo annunciò il ripristino dell’accordo; ciò era stato possibile “grazie alla partecipazione delle Nazioni Unite e all’assistenza della Turchia.” Secondo le autorità russe, queste parti avevano contribuito a garantire che l’Ucraina non avrebbe utilizzato “il corridoio e i porti per le operazioni militari.”

Alcuni analisti ritenevano che la Russia volesse ricattare l’ONU con una crisi alimentare. Quando i prezzi dell’energia crollarono, la Russia aveva iniziato a cercare nuove risorse per fare pressione su altri Paesi – anche per scrollarsi di dosso gli effetti delle sanzioni. Ed era sul mercato dei cereali che la Russia poteva aumentare potenzialmente le sue entrate, riducendo, quindi, il flusso di denaro dell’Ucraina. Entro la fine dell’anno, la Russia prevede un raccolto record di cereali – oltre 140 milioni di tonnellate di grano, il doppio della sua domanda interna.

Cosa succede se le esportazioni di grano ucraino vengono bloccate?

Nathalie Broadhurst, vice rappresentante permanente della Francia presso le Nazioni Unite, ha stimato che, a causa della guerra, il numero di persone che soffriranno la fame aumenterà di 13 milioni. Questa situazione aggrava ulteriormente una serie di problemi provocati dalle pandemie, dai disastri naturali, da altre guerre e da altri cataclismi. Il Fondo Monetario Internazionale ha affermato [che l’attuale conflitto abbia provocato] una delle peggiori crisi alimentari dal 2008. Abbiamo scritto i retroscena di queste crisi all’inizio dell’estate. Libano, Egitto, Sri Lanka, Tunisia, Guyana, Moldavia e altri Paesi dipendono dalle importazioni cerealicole ucraine per almeno il 40% – e anche di più. Inoltre, parte del grano fornito dalla Russia era, in realtà di origine ucraina.

Per i Paesi della Africa sub-sahariana (Somalia, Mali, Niger, Mauritania, Repubblica Democratica del Congo) così come per l’Afghanistan, la Siria e lo Yemen, il problema principale è l’aumento dei prezzi alimentari – inevitabile quando uno dei maggiori fornitori mondiali viene bloccato. In questi Paesi, decine di milioni di persone hanno sperimentato la malnutrizione e altre forme più gravi di carenza alimentare. “Nella Repubblica Centrafricana, [la gente] spendeva fino all’80% del proprio reddito per il cibo; ora spenderà il 100%. Questo è un problema enorme per loro”, ha dichiarato Andrei Sizov, direttore di SovEcon.

Appendice.

Notizie provenienti dal canale telegram di “Storie Importanti” (Важные истории)

A) I prezzi del grano sono saliti bruscamente dopo che la Russia ha dichiarato di trattare le navi da carico nel Mar Nero come obiettivi militari legittimi (19 Luglio)

I futures sul grano di Settembre sono aumentati del 9% nel Chicago Mercantile Exchange (il principale indicatore globale dei prezzi del grano). Il motivo deriva da questa dichiarazione del Ministero della Difesa russo: “le navi che viaggiano attraverso il Mar Nero e si dirigono nei porti ucraini saranno considerate come vettori di carichi militari.”

Si tratta della più grande impennata dei prezzi da quando è scoppiata la guerra tra Russia e Ucraina. Il prezzo dei futures di Settembre porta un guadagno di circa l’8% – precisamente circa 7,2 dollari a bushel (38,6 kg di grano).

Dopo che la Russia si è ritirata dall’accordo sul grano, i prezzi del grano sono saliti del 5% tra lunedì 17 e martedì 18 Luglio.

Vladimir Putin ha dichiarato: “è la Russia a dare un contributo importante alla sicurezza alimentare globale, e qualsiasi affermazione secondo cui solo il grano ucraino alimenta gli affamati di tutto il mondo è una speculazione e una menzogna.” Allo stesso tempo Putin ha ammesso che la Russia ritornerà all’accordo sul grano “qualora tutti i principi precedentemente concordati sulla partecipazione della Russia verranno pienamente presi in considerazione e attuati senza eccezioni.” Ha affermato che la Russia sarebbe in grado di sostituire il grano ucraino su base commerciale e pro bono.

B) L’Ucraina considererà tutte le navi che viaggiano verso i porti russi del Mar Nero come vettori di carichi militari. La Russia aveva rilasciato una dichiarazione simile il giorno prima. (20 Luglio)

La parte ucraina introduce un nuovo regime a partire dalla mezzanotte del 21 Luglio. Le navi dirette verso i porti russi e ucraini (temporaneamente occupati), verranno considerate come vettori di carichi militari – “con tutti i rischi del caso”, ha dichiarato il Ministero della Difesa ucraino in un comunicato.

Inoltre, l’esercito ucraino ha vietato la navigazione nella parte nord-orientale del Mar Nero e nello Stretto di Kerch – definiti come punti pericolosi.

Il Ministero della Difesa russo aveva dichiarato, questo mercoledì, che a partire dalla mezzanotte del 20 Luglio le navi dirette verso i porti ucraini sarebbero state considerate come vettori di carichi militari. La dichiarazione è arrivata tre giorni dopo che la Russia aveva annunciato il suo ritiro dall’accordo sul grano.

Adam Hodge, portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale del Presidente degli Stati Uniti, ha avvertito che l’esercito russo potrebbe attaccare navi civili e poi incolpare l’Ucraina. Secondo Hodge, i russi hanno installato ulteriori barriere anti-mine davanti agli accessi dei porti ucraini.

 

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I militari statunitensi in Perù sostengono una maggiore repressione

Articolo originale: Militares de Estados Unidos en el Perú como respaldo a más represión”. Traduzione a cura di Caterina per il Gruppo Anarchico Galatea

La dittatura di Dina Boluarte ha autorizzato l’ingresso di oltre mille militari statunitensi in Perú, mentre si riaccendono le manifestazioni nazionali contro il regime che, attraverso la violenza letale delle forze di sicurezza, aveva assassinato 50 persone durante le proteste (altre 19 erano morte in incidenti connessi alla repressione).

Il provvedimento viene interpretato come un messaggio minaccioso e dissuasivo verso il popolo organizzato – il quale riprenderà le manifestazioni di massa a partire dal 19 Luglio, alla vigilia della festa nazionale dell’indipendenza. Dalla regione di Puno, epicentro dell’opposizione, è stato annunciato che 13mila manifestanti si mobiliteranno verso la capitale – in quella che chiamano la “terza presa di Lima”.

Secondo il decreto approvato dal parlamento a Maggio, le truppe statunitensi arriveranno tra Giugno e Dicembre, con il fine di offrire “al Comando Congiunto delle Forze Armate e alla polizia del Perú supporto e assistenza nelle operazioni speciali”. Si dispiegheranno in almeno 14 province, tra le quali Lima e le aree della regione andina meridionale martoriate dal terrorismo di Stato (Ayacucho, Apurímac, Cusco).

Il governo de facto 1 si sostiene con le armi. L’alleanza tra il Congreso e l’esecutivo – i quali sottostanno agli ordini dell’oligarchia -, si rifiuta di anticipare le elezioni per quest’anno, nonostante si tratti di una richiesta del 70% della popolazione. L’80% disapprova Boluarte e il 90% non riconosce il parlamento, secondo i sondaggi del mese. Interrogata sopra le prossime proteste, la presidente de facto, in tono interrogativo, ha verbalizzato la sua minaccia di morte verso coloro che difendono la protesta legittima: “Ma quante altre morti vogliono?

In risposta, il Comitato Nazionale Unificato di Lotta del Perú (CONULP) riafferma la propria posizione nonviolenta, senza bandiere di partiti, né sindacati: “I popoli originari delle 25 regioni hanno già preso la loro decisione: abolire dalla radice questo Stato. La conclusione è costruire un nuovo Stato, plurinazionale, a partire dalle regioni. Dal 1821, le 12 costituzioni sono state per la classe dirigente, non per il popolo. I partiti di sinistra vogliono nuove elezioni, un’assemblea costituente, una nuova Costituzione: ma fanno tutti parte di questa classe politica, di questo vecchio Stato. Non li ammetteremo nella nostra lotta, né permetteremo atti violenti. Riteniamo la polizia e i vertici militari responsabili della violenza.”

Le prossime proteste a Lima determineranno il futuro del regime. Dalla stessa cupola del potere si mette in scena una discussione sulla continuità di Boluarte – sia che si tratti di lotte interne immediate, raccogliere il sostegno [elettorale] o di un possibile avvertimento del potere legislativo nel convocare le elezioni prima del 2026.

Alle mobilitazioni di massa nella capitale, secondo il Central Nacional de Rondas Campesinas del Perú, parteciperanno anche 30mila membri dell’organizzazione deputata alla sicurezza comunitaria delle zone rurali.

Guerre imperiali per l’estrattivismo

Oltre ad essere un avvertimento per la società peruviana, la presenza dei militari statunitensi in Perù è una mossa strategica all’interno della regione Latinoamerica, in particolare nel territorio andino-amazzonico: come parte delle guerre imperiali con la Cina e la Russia, Washington sta combattendo per conquistare e sfruttare il litio e altre materie prime del Sud globale.

Gli Stati Uniti hanno sostenuto, fin dall’inizio, l’investitura di Boluarte dopo il colpo di Stato contro Pedro Castillo – avvenuto lo scorso Dicembre. In una recente dichiarazione, l’ambasciatrice degli USA nel Paese andino, Lisa Kenna, [ha espresso il suo ottimismo sulle future relazioni tra il Perù e gli Stati Uniti, esortando i presenti “ad ascoltare, rispettare, mantenere aperte le nostre menti e i nostri cuori e a seguire fedelmente i principi della democrazia e delle istituzioni”]. È l’unica nazione sudamericana in cui si svolgeranno esercitazioni militari quest’anno – e la terza dell’America Latina, insieme al Messico e al Belize.

Recentemente, lo Stato peruviano ha concesso all’impresa canadese Macusani Yellowcake il primo di tre permessi per lo sfruttamento del litio a Puno, la provincia dove a Gennaio la polizia e l’esercito hanno assassinato 19 persone disarmate, sparando con armi da guerra in azioni classificate come “esecuzioni extragiudiziarie” dalle organizzazioni internazionali per i diritti umani.

In questi ultimi mesi, la comandante del Comando Sur degli USA, Laura Richardson, è stata esplicita sulla missione che il Capitale di Washington le ha assegnato: “Questa regione è piena di risorse e mi preoccupa l’attività maligna e approfittatrice dei nostri avversari. Apparentemente stanno investendo, quando in realtà stanno estraendo […[ L’aggressività della Cina e il suo gioco sul campo del litio è molto avanzato e molto aggressivo.

Il litio è, al momento, il minerale più ricercato dagli imperialismi. Il Sudamerica possiede le maggiori riserve mondiali: l’80% di tutto “l’oro bianco” del pianeta si trova in Argentina, Bolivia e Cile. In questi giorni, la difesa del territorio e dell’acqua contro lo sfruttamento del litio è uno degli slogan delle proteste di massa di Jujuy.

Per i popoli danneggiati dai mega-progetti minerari, il vero “triangolo del litio” non è rappresentato da questi tre Paesi sudamericani ma dal “vincolo tra le forze di sicurezza, lo Stato e le multinazionali”, come osserva da tempo l’Assemblea Pucará in Argentina.

Insistiamo sul fatto che sono stati gli USA ad ordinare i massacri in Perú. La colpa è delle imprese straniere che vengono a depredare [i territori]. La provincia di Jujuy, in Argentina, si è ribellata e sta lottando perché per sfruttare il litio, [le aziende] si appropriano della terra e dell’acqua. È una sola lotta ma è sempre lo stesso nemico”, ha affermato, da Lima, la rappresentante delle organizzazioni internazionali che sostengono il CONULP.

La violenza dello Stato e del grande capitale nella provincia di Jujuy, così come in Perú, viene esercitata per difendere l’estrazione delle materie prime. Non è un caso che Puno, con le sue grandi riserve di litio e di altri minerali, sia la regione che soffre il maggior numero di rappresaglie. Contro il potere militare e l’industria mineraria ecocida delle potenze alleate alle élite nazionali, il popolo organizzato risponde con la difesa del territorio e della propria esistenza – di fronte ad un modello globale in agonia e di cui dichiarano la fine.

Nota del Gruppo Anarchico Galatea

1Un governo di fatto (de facto o non de jure) è un esecutivo che, pur esercitando in pratica tale potere, viene istituito in violazione dell’ordine costituzionale dello Stato.

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Ungheria: tra farsa e tragedia

La libreria “Líra Könyv” di Budapest è stata multata di 12 milioni di fiorini (circa 32mila euro) per la vendita della graphic novel “Heartstopper” di Alice Oseman – che parla del rapporto amoroso tra due studenti maschi delle scuole superiori. La Legge LXXIX del 2021 “sull’adozione di provvedimenti più severi nei confronti degli autori di reati di pedofilia e sulla modifica di alcune leggi per la tutela dei minori” vieta agli enti commerciali di mettere in mostra del materiale inadatto alle “persone minori di diciotto anni”, ovvero prodotti che possano promuovere l’omosessualità, il cambiamento di genere e l’identità di genere diversa dalla nascita.1

Secondo Sára Botond, politico del partito di destra FIDESZ, nonché ex sindaco dell’VIII distretto della città di Budapest e attualmente funzionario responsabile dell’Ufficio governativo della capitale magiara, “i libri [venduti da Líra Könyv] raffigurano atti omosessuali e sono stati comunque inseriti nella categoria “letteratura per bambini” – anche se questa viene classificata come “letteratura per ragazzi” -, e non erano nella confezione chiusa.”

Le autorità di Budapest hanno obbligato il negozio a coprire il materiale, avvertendo che in futuro reagiranno in modo più stretto alle violazioni della legislazione vigente.

Minorenni e leggi sessuofobe e lgbtqiafobiche

La legge LXXIX del 2021 è stata adottata dal Parlamento a maggioranza FIDESZ. Prima e dopo la ratifica venne ampiamente criticata in quanto: ometteva la tutela e la protezione verso le persone pre-adolescenti; vietava la pubblicizzazione di materiale considerato pornografico a minori di 18 anni; metteva sullo stesso piano la pedofilia e la comunità non eterosessuale (LGBTQIA+). Dalle conclusioni di uno studio ungherese condotto da Jäger Anett e Tigyi Zoltánné, “Indagine sui comportamenti sessuali degli studenti delle scuole secondarie”,2 venne fuori che bisognava “[…]ripensare e rivedere il programma di educazione sessuale organizzato nelle scuole [ungheresi], in modo che i giovani, indipendentemente dal genere e dal tipo di scuola, siano dotati di un livello adeguato di conoscenze sulla sessualità. Le scuole religiose non dovrebbero fare eccezione a questa regola, poiché il credo religioso non ha più un effetto protettivo sugli atteggiamenti e sulle attività sessuali dei giovani. Tuttavia, riteniamo importante che questo aspetto dell’educazione non sia incluso solo nei programmi dell’ottava classe, ma anche nei gradi precedenti, tenendo conto dei risultati delle ricerche sulle abitudini sessuali degli adolescenti e sottolineando il rapporto tra ragione ed emozioni. […]”

A ragion veduta, quindi, l’educazione sessuale, i libri e la letteratura riguardanti gli orientamenti e generi sessuali svolgono un ruolo importante nell’accettazione della sessualità tra i minori di 18 anni – specie se si stanno rendendo conto di essere attratti dal proprio sesso o di volerlo cambiare. Questi strumenti culturali, quindi, possono essere un sostegno per coloro che non sono eterosessuali. Ma con una legge dove si penalizza e criminalizza tutto ciò che non è eteronormato, si possono creare delle dinamiche “assurde” all’interno delle istituzioni scolastiche dove lu ragazzu, per esempio, potrebbero chiedere ai docenti cosa siano i generi e orientamenti sessuali – senza ricevere una risposta in quanto il personale scolastico teme, e non a torto, di trasgredire la legge LXXIX del 2021. Questo stato di cose promuove, quindi, uno stato permanente di paura e imbarazzo dove le persone inferiori ai 18 anni, non riescono ad esprimersi come vorrebbero e, di conseguenza, dovrebbero accettare l’eterosessualità come unica forma relazione esistente e pratiche sessuali non sicure. L’ostilità governativa, in tal modo, favorisce una politica conservatrice e reazionaria, dove a pagare pegno saranno le persone femminili, LGBTQIA+, pre-adolescenti e adolescenti etc.

Lgbtqiafobia come distrazione di massa

L’approvazione di una legge del genere serve per sviare l’attenzione mediatica e pubblica da una serie di speculazioni economiche e politiche in corso.

L’allontanamento sempre più marcato di Orban dall’orbita dell’Unione Europea – criticato per come sostenga Putin e strumentalizzi ed usi per fini elettorali la propaganda anti-migranti -, ha fatto sì che l’Ungheria si avvicinasse, economicamente parlando, alla Cina. Se vediamo la questione a livello geografico, vediamo come i cosiddetti paesi del blocco di Visegrad (Polonia, Slovacchia, Repubblica Ceca e, per l’appunto, Ungheria) stringano sempre più rapporti con la Cina.

Stando a quanto riportato nella conferenza stampa del Ministero del Commercio della Repubblica Popolare Cinese (6 Maggio di quest’anno), “i legami commerciali ed economici tra la Cina e l’Europa centrale e orientale sono cresciuti nell’ultimo decennio, nonostante le recenti sfide come la pandemia COVID e il rallentamento dell’economia mondiale. Finora, gli investimenti bidirezionali tra la Cina e i Paesi dell’Europa centrale e Orientale (PECO) hanno raggiunto quasi 20 miliardi di dollari. […] Nel primo trimestre del 2023, gli investimenti diretti della Cina nei Paesi dell’Europa centrale e orientale sono aumentati del 148% rispetto all’anno precedente. […] Dal 2012 il commercio cinese con i Paesi dell’Europa centrale e orientale è cresciuto a un tasso medio annuo dell’8,1%, mentre le importazioni cinesi da questi Paesi sono aumentate in media del 9,2% su base annua, secondo i dati. Il commercio bidirezionale ha raggiunto i 33,3 miliardi di dollari nel primo trimestre, con un aumento dell’1,6% rispetto all’anno precedente, mostrando un inizio costante e positivo. […] Il numero di treni merci Cina-Europa si è attestato a 16mila unità nel 2022, con un aumento del 9% rispetto all’anno precedente. Polonia, Ungheria, Slovacchia e altri Paesi sono diventati destinazioni chiave per i treni merci Cina-Europa. […]”3

Riguardo al discorso ungherese, gli accordi economici tra le classi dirigenti magiare e cinesi si sono evoluti rispetto a quattro anni fa 4: ciò lo si vede dall’onnipresenza di Huawei nel paese magiaro e dall’espansione ferroviaria della linea Belgrado-Budapest – un progetto in cui vi è coinvolto, come vincitore dell’appalto, il miliardario, nonché politico di FIDESZ, Lorinc Meszaros, grande amico di Orban e attualmente maggiore azionista della “Global Opus” (un conglomerato industriale inserito nei settori energetici, alimentari ed edili).

Ma al di là di questi accordi e delle privatizzazioni delle arterie stradali e degli appartamenti di proprietà dei comuni, l’Ungheria sta affrontando una recessione economica che perdura da almeno un anno e mezzo a questa parte.

Per distrarre buona parte dell’opinione pubblica da questi problemi economici e cercando di sedare i vari scioperi (in ultimo quello degli insegnanti dei mesi Maggio-Giugno 2023), Orban e soci si appellano all’identitarismo, precisamente alla “maggioranza eteronormata”. In questo modo, FIDESZ usa la questione LGBTQIA+ come uno spauracchio per estendere e difendere, come detto, la base elettorale – seguendo l’esempio di altri paesi del blocco di Visegrad e della Russia su aborto, leggi anti-trans e via dicendo -, e nasconde a livello mediatico un disastro economico dietro le porte (e di cui la Cina non potrà fare altro che guardare e aspettare un futuro ricambio governativo).

Note

1Questa norma è stata inserita nell’Atto XLVIII del 2008 “sulle condizioni di base e su determinate restrizioni alle attività di pubblicità economica”. Link in ungherese: https://njt.hu/jogszabaly/2021-79-00-00.0 ; link in inglese: https://web.archive.org/web/20220103092634/https://njt.hu/translation/J2021T0079P_00000000_FIN.PDF

2Titolo originale “Szexuális magatartás vizsgálat középiskolások körében”. Link: https://www.researchgate.net/publication/292606821_Szexualis_magatartas_vizsgalat_kozepiskolasok_koreben

3“Economic Watch: China, Central and Eastern Europe see closer economic ties”. Link: http://www.china-ceec.org/eng/jmhz/202305/t20230512_11076446.htm

4Vedere “Fumo d’Ungheria”, Umanità Nova, 9 Giugno 2019. Link: https://umanitanova.org/fumo-dungheria-1/

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Guerrafondai colonizzatori

La società tedesca “Rheinmetall”, azienda tedesca leader nella produzione di armi e materiali bellici, aprirà uno stabilimento di veicoli blindati in Ucraina occidentale entro le prossime 12 settimane. Fin dall’inizio di questo 2023, la società di armi e veicoli bellici tedesca aveva dichiarato al quotidiano “Rheinische Post” di voler aprire una fabbrica di carri armati da 200 milioni di euro sul territorio ucraino – la cui produzione dovrebbe aggirarsi sui 400 carri armati all’anno. L’amministratore delegato di “Rheinmetall” Armin Papperger, in un’intervista rilasciata alla CNN, dichiara che: “[Gli ucraini] devono aiutarsi da soli. Se devono sempre aspettare [che] gli europei o gli americani [li] aiutino nei prossimi 10 o 20 anni… beh questo non sarà possibile.”

Il futuro impianto di veicoli blindati in territorio ucraino verrà gestito insieme a “Ukroboronprom”, una società pubblica controllata dal governo di Zelensky e che riunisce diverse imprese nazionali operanti nell’industria della difesa.

Al momento”, dichiara Papperger sempre nell’intervista alla CNN, “ci sono molte fabbriche che producono beni militari [in Ucraina]. Questa è solo un’altra – e la possiamo proteggere [dagli attacchi russi].

La settimana scorsa la Germania ha dichiarato di voler spendere il 2% del prodotto interno lordo per la difesa a partire dal 2024, in linea con l’obiettivo fissato dalla NATO per tutti gli Stati membri. Per proteggersi da qualsiasi attacco esterno, Papperger afferma che come minimo la NATO dovrebbe aumentare l’obiettivo al 3% del PIL, aggiungendo che l’Europa non sarebbe pronta a difendersi adeguatamente in un conflitto armato con la Russia: “il continente deve investire di più e abbiamo bisogno di alcuni anni per riempire le scorte [di munizioni] perché, al momento, le scorte sono vuote.”

Sempre quanto detto da Papperger, l’azienda di armi prevede di concludere con il governo tedesco un accordo sulla produzione e vendita di munizioni del valore di miliardi di euro; una parte di questo materiale verrà destinato all’Ucraina.

La presenza in Ucraina di un’industria bellica che ha fatturato 6,4 miliardi di euro nel 2022 1 (con un aumento del 13% rispetto al 2021), delinea come il governo ucraino sia a corto di materiale bellico e, al contempo, cerca di attirare investitori stranieri – nonostante il territorio sia completamente devastato dalle bombe russe.
Uno stato di cose del genere, per la borghesia manifatturiera e finanziaria occidentale, è una manna dal cielo: potranno produrre e rifornire armi alle Forze armate dell’Ucraina e stringere sempre più il cappio dei prestiti tramite il Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale.
La colonizzazione e spartizione futura di un’Ucraina post-bellica è bella e servita.

Nota

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Autodeterminazione di genere

File per la stampa

Per ogni ragazzo, per ogni ragazza
“Per ogni ragazza che è stanca di mostrarsi debole quando è forte, c’è un ragazzo stanco di apparire forte quando si sente vulnerabile.
Per ogni ragazzo che è appesantito dalla costante aspettativa di sapere tutto, c’è una ragazza stanca della gente che non si fida della sua intelligenza.
Per ogni ragazza che è stanca di essere definita troppo sensibile, c’è un ragazzo che si spaventa di essere gentile, di piangere.
Per ogni ragazzo che deve competere e dimostrare così la propria mascolinità, c’è una ragazza che viene definita poco femminile quando compete.
Per ogni ragazza che butta via il suo forno giocattolo, c’è un ragazzo che desidera averne uno.
Per ogni ragazzo che non vuole lasciare che la pubblicità detti i suoi desideri, c’è una ragazza che deve affrontare gli attacchi dell’industria pubblicitaria alla sua autostima.
Per ogni ragazza che compie un passo verso la sua liberazione, c’è un ragazzo che trova un po’ più facilmente la strada per la libertà.”
Adattamento di una poesia di Nancy R. Smith. Crimethinc, Kit per la sovversione di genere.#69 B.

File per la stampa

“Per ogni fascista che progetta di attaccare gli eventi “drag queen story hour”, ci sono tre antifascistu prontu a difenderli.
Per ogni capo che vi molesta, ci sono dieci lavoratoru che vi sosterranno.
Per ogni giudice che cerca di vietare l’aborto, ci sono venti collettivi che fanno scorte di mifepristone e misoprostolo.
Per ogni poliziotto pagato per far rispettare la legislazione transfobica, ci sono un centinaio di fuorilegge di genere pronti a sfidarli.
Per ogni politico che prova a proibire la discussione di genere a scuola, ci sono mille studenti che tracciano i propri percorsi oltre il binarismo.
Per ogni bigotto che vuole incidere i propri pregiudizi nella pietra, c’è un movimento che sta già cambiando il mondo.
Per ogni persona che fa un passo verso la libertà, ce n’è un’altra che trova un po’ più facilmente la strada della liberazione.”
Ispirazione tratta da una poesia di Nancy R. Smith. Crimethinc, Kit per la sovversione di genere.#69 B.

Autodeterminazione di genere

Tra la violenza di strada dell’estrema destra e un’ondata di nuove leggi che limitano l’istruzione, l’espressione del proprio sé, l’assistenza sanitaria e l’autonomia riproduttiva, i bigotti stanno cercando di ottenere il controllo dei nostri corpi e della nostra sessualità. Possiamo chiamarlo fascismo di genere. Questa è la manifestazione di un’ondata globale di violenza reazionaria e repressione statale. Difendersi l’un l’altru da questo assalto non è solo una “politica identitaria” marginale. Stiamo sfidando alcune delle narrazioni e dei meccanismi che sono al centro del funzionamento del potere autoritario nel XXI secolo. Da Mar-a-Lago a Mosca, aspiranti despoti e dittatori in carica ci dicono come i ruoli normativi di genere siano fondamentali per le gerarchie che stanno cercando di sostenere. Probabilmente hanno ragione.

Però se vogliamo vincere, abbiamo bisogno di un quadro trasformativo che descriva ciò per cui stiamo combattendo.

Moltu sostenitoru usano un linguaggio che parla di preservare o estendere i diritti in funzione oppositrice all’oppressione. Noi proponiamo un quadro diverso: l’autodeterminazione di genere.

Quali sono i vantaggi di questo approccio?

Primo: è espansivo. L’autodeterminazione non si limita soltanto a difendersi dagli attacchi o ad ottenere garanzie dal governo. Significa definire il nostro benessere e creare delle situazioni alle nostre condizioni.

Secondo: questo quadro di riferimento mette al centro l’autonomia. Non dipende da uno Stato o da altre autorità – le quali dovrebbero garantire o assicurare i nostri “diritti”. I diritti sono un costrutto sociale: senza la presenza delle autorità volte a farle rispettare, non hanno alcuna influenza sulla realtà; e non esiste un modo definitivo per risolvere le differenze sui diritti che le persone meritano. È per questo che spesso le “libertà” sostenute dallo Stato e fondate su presunti diritti senza tempo si erodono negli anni. Al contrario, articolare i nostri obiettivi in termini di autodeterminazione focalizza l’attenzione sui nostri desideri, capacità e modi di agire – e sulla costruzione della forza collettiva di cui abbiamo bisogno per difenderli, indipendentemente da ciò che accade nelle stanze del potere.

Terzo: è inclusivo. Sia che ti identifichi come trans, non-binary, queer o in altro modo, tutte le nostre vite migliorano quando ognunu di noi è liberu di determinare il proprio rapporto con il genere. Sì, dovremmo dare risalto alle voci e alle esperienze delle persone trans: le persone trans conoscono meglio di chiunque altru le forme di violenza e repressione patriarcale che dilagano in questa società. Ma questa lotta riguarda la libertà di tuttu, non solo di una “minoranza”. Piuttosto che vedersi come “alleatu” nella lotta di qualcunu altru, coloro che non si identificano come trans devono capire che anche la loro liberazione è in gioco. Come accaduto con i diritti dell’aborto in Texas e in Mississippi, i bigotti non si fermeranno e faranno di tutto contro le persone trans e, in futuro, contro altre persone LGBTQ+ – e poi si scoprirà che alcune persone eterosessuali non sono abbastanza eterosessuali per i bigotti.

Infine, questo approccio ha una certa risonanza. Questo quadro articola le nostre aspirazioni ed utilizza gli stessi termini di molte altre comunità oppresse e movimenti radicali. Far parte di una storia più grande di noi, ci aiuterà ad intrecciare i nostri sforzi con quellu dellu altru. Può anche aiutarci a trarre ispirazione e conoscenza da altri movimenti nel mondo e nella storia.

Spostando la discussione dai limiti dei diritti all’orizzonte dell’autodeterminazione, iniziamo a dare vita ad un mondo radicalmente diverso, in cui nessuna autorità – né governi, né religioni, né famiglie nucleari, né altro – può confinarci all’interno delle loro visioni ristrette – e quindi modellarci su chi dovremmo essere e chi possiamo diventare. Nessun giudice o politico dovrebbe essere in grado di giudicare il modo in cui viviamo le nostre vite. Fino a quando le autorità possono controllare le nostre opzioni riproduttive, i nostri corpi e le nostre vite, allora saremo soggettu ai venti mutevoli della politica piuttosto che ai nostri valori e bisogni immediati. Invece di limitarci a chiedere legislatori e giudici migliori, dobbiamo assicurarci i mezzi per determinare cosa facciamo con i nostri corpi, indipendentemente da ciò che i tribunali o i parlamenti decretano.

“Scelta” e “diritti” non sono sufficienti. Qui è in gioco la libertà, ed è chiaro che non possiamo guardare a coloro che dovrebbero proteggere le nostre scelte e i nostri diritti.

Concretamente, questo significa creare delle reti di mutuo aiuto per ottenere delle cure mediche di cui abbiamo bisogno, compresi gli ormoni e l’accesso all’aborto, indipendentemente dagli ostacoli. Significa organizzare gruppi di autodifesa. Significa sostenere i giovani che si organizzano autonomamente, soprattutto lu ragazzu trans e queer. Significa agire in solidarietà con le persone trans e queer nelle carceri e nei centri di detenzione. Significa creare luoghi di rifugio per le persone trans e queer in difficoltà e creare strutture di supporto legale per coloro che sono presi di mira dal sistema giudiziario. Significa costruire comunità in cui possiamo sostenerci, prenderci cura l’un l’altru e passare all’offensiva contro coloro che intendono farci del male.

Insieme, possiamo impedire a tribunali, poliziotti e altri bulli di rovinare la vita delle persone e fare un passo avanti verso un mondo in cui tuttu siano liberu di realizzare il proprio potenziale alle proprie condizioni.

Contro il patriarcato e la violenza di Stato, per l’anarchia e la libertà.

 

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Dietro la morte di Nahel, l’istituzione poliziesca

Traduzione dall’originale “Derrière la mort de Nahel, l’institution policière

Un altro caso di violenza mortale poliziesca ha scosso il Paese. In queste situazioni le autorità, di solito, preferiscono contestare la veridicità dei fatti. Questa volta, un video mostra le circostanze della morte di Nahel e la rivolta che ne è seguita non poteva essere ignorata. È stato eretto un nuovo argine per proteggere l’istituzione poliziesca dalle critiche: la spiegazione integrale dell’atto violento [ricadrebbe] su un errore individuale commesso dal poliziotto che ha sparato e dal suo collega. Voci più critiche sottolineano che la causa fondamentale sia stato un cambiamento della legge che regola l’uso delle armi da fuoco, oltre che la formazione carente delle forze di polizia. Come spiega Paul Rocher, autore di “Que fait la police?” (edito da La Fabrique), il dibattito attuale non riesce a cogliere i risvolti più profondi della violenza e del razzismo della polizia – i quali sono alla base dell’istituzione stessa.

Quando la legge mette in pericolo la popolazione

La morte di Nahel riapre tragicamente il dibattito sulle persone uccise dai poliziotti in un contesto dove la narrazione poliziesca presenta [il tutto] come una mera resistenza a pubblico ufficiale.

Grazie al lavoro di compilazione dei dati del ministero dell’Interno, un team di giornalisti di “Basta” ha messo in evidenza che “in cinque anni, il numero di persone resistenti all’arresto ed uccise dai poliziotti è quadruplicato rispetto a venti anni fa.”

Sembra opportuno chiedersi il perché di questo impressionante e relativamente recente incremento delle sparatorie. Circa 5 anni fa, nel Marzo 2017, una nuova legge sulla sicurezza interna ha allentato l’uso delle armi da parte degli agenti di polizia. Questo testo autorizza i poliziotti e i gendarmi ad usare le armi se non sono in grado di fermare un veicolo in cui “i guidatori non rispettano l’alt imposto dagli agenti e gli occupanti rischiano di perpetrare, nella loro fuga, danni alla propria vita o integrità fisica o a quella degli altri”.

La formulazione di questa legge è notoriamente vaga: come può un agente di polizia conoscere realisticamente le intenzioni di un guidatore? Ed è proprio in questa vaghezza che risiede il problema. Un gruppo di ricercatori ha analizzato gli effetti di questa legge dai contorni instabili. Come riassume uno dei coautori dello studio [di “Basta”], “la legge che autorizza gli agenti di polizia a sparare più spesso fa sì che… sparino più spesso, e il numero di omicidi polizieschi (numero medio al mese) aumenta in modo massiccio”. Una legge sulla sicurezza interna che riduce la sicurezza pubblica: questa situazione sarebbe quasi comica se non comportasse conseguenze drammatiche.

L’elefante nella stanza: il razzismo istituzionale

Concentrandoci sull’aumento delle sparatorie poliziesche dopo la modifica legislativa, si rischia di trascurare silenziosamente un aspetto cruciale della morte di Nahel e di tanti altri. Infatti, il focus sulle sparatorie – per quanto importante – tende a porre il dibattito su un terreno che è a priori miope[rispetto] alla dimensione razziale delle violenze poliziesche. Spesso le vittime delle sparatorie sono persone non bianche. Alla luce di questo fatto, la discussione sulla resistenza a pubblico ufficiale deve essere, invece, una discussione sul razzismo della polizia – la cui esistenza è ampiamente dimostrata. Nel 2009, uno studio ha formalmente evidenziato e quantificato ciò che gli abitanti delle periferie sapevano da tempo:

Secondo i siti di osservazione, i neri correvano un rischio maggiore di essere controllati [dalla polizia] tra le 3,3 e le 11,5 volte rispetto ai bianchi, mentre gli arabi, “correvano un rischio maggiore di essere controllati dalla polizia tra l’1,8 e le 14,8 volte rispetto ai bianchi.” [1]

Il “contrôle au faciès” (sinonimo di profilazione etnica o razziale, ndt) è una vera e propria realtà. Dieci anni dopo, i risultati sono gli stessi. Nel 2019, il Difensore dei diritti umani francese ha evidenziato l’esistenza di una “discriminazione sistemica che si traduce nella sovra-rappresentazione di alcune popolazioni di immigrati e di pratiche poliziesche sprezzanti durante i controlli dei documenti d’identità.”[2] Queste pratiche sistemiche sono così profondamente radicate nel funzionamento stesso dell’istituzione che gli agenti di polizia non ne sono necessariamente consapevoli.

Per capire chiaramente la portata del razzismo istituzionale, è istruttivo il lavoro svolto dal grande sociologo britannico Stuart Hall sulle rivolte dei quartieri popolari britannici in seguito all’intervento della polizia:

In primo luogo, il razzismo istituzionale non ha bisogno di individui apertamente razzisti: il razzismo è visto come il risultato di un processo sociale. […] In secondo luogo, [i comportamenti razzisti] sono portati avanti all’interno della cultura professionale di un’organizzazione e trasmessi in modo informale e implicito dalla sua routine; le sue pratiche quotidiane[, quindi, diventano una] parte indistruttibile dell’habitus istituzionale. Il razzismo di questo tipo diventa una routine, un’abitudine data per scontata. È molto più efficace nelle pratiche di socializzazione dei poliziotti rispetto alla loro formazione e regolamentazione formale. [… ] E impedisce l’esistenza di una riflessività professionale. Lungi dall’essere considerato eccezionale, questo tipo di razzismo “involontario” sta diventando parte integrante della definizione stessa di “normale lavoro di polizia””[3].

In parole povere, la definizione di un buon lavoro di polizia, comunemente accettata all’interno dell’istituzione poliziesca, implicherebbe di agire sull’ipotesi che un non bianco sia sospetto.

L’esistenza di questo atteggiamento è confermata da una serie di studi sul caso francese che si estendono nell’arco di diversi decenni. Nel 2017, il lavoro del sociologo Christian Mouhanna era giunto a una conclusione molto simile a quella del suo collega René Lévy nel 1987. [Mouhanna] precisava che le categorizzazioni razziali, “in un certo senso, costituiscono gli strumenti del mestiere e fanno parte di quel corpo di conoscenze pratiche che formano il retroterra, il riferimento del lavoro della polizia.”[4] Inoltre questa letteratura mostra che “il sospetto poliziesco agisce come una profezia auto-realizzatrice: contribuisce a produrre ciò che ci si aspetta e conferma come la convinzione dei poliziotti verso queste categorie sia valida.[5]

Il potere di categorizzare la popolazione, che la ricerca mette in evidenza, a sua volta modella l’uso della forza. La polizia è l’unico organismo riconosciuto in grado di determinare cosa si intende per ordine pubblico e il suo contrario (il disturbo all’ordine pubblico), giustificando l’uso di metodi coercitivi: l’uso di un’arma “letale” o “non letale”, o l’utilizzo di altre pratiche di “immobilizzazione”.[6] Il sociologo Ralph Jessen sottolinea che il primo criterio determinante per l’intervento di un poliziotto sia la sua valutazione della situazione; le leggi e le regole hanno un’importanza secondaria e le forze dell’ordine ne hanno spesso una conoscenza parziale. [7]

A questo punto si comincia a misurare meglio la portata della legge del 2017. Ampliando il campo sull’utilizzo delle armi, basato sopra un giudizio individuale del poliziotto – che a sua volta è immerso in un ambiente professionale intriso di pregiudizi razzisti -, questa legge espone in particolare la parte non bianca della popolazione. Ma è anche chiaro che la discussione non può concentrarsi solo sull’uso delle armi da fuoco, poiché la violenza poliziesca non si limita solo a questo.

Un’altra serie di statistiche compilate dai giornalisti di “Basta” mostra che delle 676 persone uccise dalle azioni di polizia tra il 1977 e il 2019, solo il 60% è stato colpito da un’arma da fuoco. Inoltre, la portata dell’aggressività poliziesca supera ampiamente il caso più estremo – la violenza mortale.

Un’istituzione che trasforma gli agenti

Il razzismo istituzionale è un fatto stabilito dagli studi scientifici; per comprendere appieno la violenza della polizia, dobbiamo tenere conto di un’altra sua caratteristica specifica, vale a dire che essa è caratterizzata da uno straordinario grado di isolamento dal mondo esterno e da un formidabile grado di coesione interna. Vediamo di dipanare questo argomento in due fasi.

In primo luogo, la maggior parte delle persone che decidono di diventare agenti di polizia sono caratterizzate da una concezione puramente repressiva della professione. [8] Quindi la polizia non attrae uno spaccato rappresentativo della società; [alletta, invece, quelle] persone che prediligono l’uso dei mezzi autoritari. Dopo questa fase iniziale di auto-selezione, l’istituzione stessa approfondisce maggiormente l’isolamento dei poliziotti dalla società. Per capire questo, è utile studiare la socializzazione professionale. Si tratta di un duplice processo durante il quale il candidato, da un lato, acquisisce le competenze e le conoscenze tecniche della professione e, dall’altro, assorbe la visione della società che prevale all’interno dell’istituzione in cui è arruolato.

Per chiarire la visione che prevale all’interno dell’istituzione di polizia, si possono riprendere i termini di un articolo scientifico dove i poliziotti credono di vivere in una “cittadella assediata” [– e questo contribuisce a] unire il gruppo.[9] In altre parole, gli agenti di polizia si sentono assediati dal resto della società. La formazione dello spirito di gruppo avviene attraverso la costruzione di un nemico; questo processo, a sua volta, incoraggia un “comportamento eccessivamente violento che va oltre i limiti della violenza legittima.” [10] Sebbene le forze di polizia attraggano profili molto specifici, è soprattutto l’istituzione stessa, durante la socializzazione professionale, a creare agenti altamente coesi al loro interno e sospettosi o addirittura ostili nei confronti della società.

Una volta portato alla luce il funzionamento interno di questa istituzione, l’argomentazione secondo cui la violenza della polizia sia causata da una formazione inadeguata, di breve periodo e dall’abbassamento della soglia di idoneità per gli aspiranti poliziotti, perde gran parte della sua forza. Sebbene questi fattori possano avere un ruolo marginale, il problema non è chi entra in polizia: è la stessa istituzione repressiva a trasformare gli agenti che lavorano all’interno di essa – un effetto che, come sottolinea Hall, priva l’istituzione di qualsiasi capacità auto-riflessiva.

Senza diluire il razzismo della polizia, riflettere sull’istituzione poliziesca in generale ci permette di capire come l’aumento della violenza contro il movimento operaio e il movimento ambientalista nella primavera del 2023 non provenga esclusivamente dal governo ma dallo stesso apparato [repressivo]. Specie se si considera l’espansione senza precedenti delle forze di polizia negli ultimi 30 anni.

Contrariamente a un mito molto diffuso secondo cui la polizia avrebbe subito l’austerità – come tutto il servizio pubblico -, in “Que fait la police?” abbiamo dimostrato come questa istituzione, in realtà,abbia avuto un aumento senza precedenti delle risorse: + 35% (un aumento superiore alle risorse destinate all’istruzione nello stesso periodo: 18%)[11].

Il numero di poliziotti è aumentato in proporzioni simili. L’ultima legge di programmazione del Ministero dell’Interno, approvata alla fine del 2022, prevede di andare ancora oltre, stanziando quasi 15 miliardi in più nei prossimi cinque anni.

Questi sviluppi indicano che la polizia è materialmente in grado di esercitare un controllo senza precedenti sulla società. Ciò si riflette, tra l’altro, in un contatto più regolare con la popolazione – e che offrirà un’opportunità ulteriore all’istituzione di mettere a nudo i pregiudizi che la caratterizzano.

Questo spiega perché le rivolte successive alla morte di Nahel non si siano limitate a Nanterre. E soprattutto spiega perché un’indagine sull’autore della sparatoria e sul suo complice non riuscirà a sradicare la rabbia pluriennale sulle discriminazioni e sui dolori vissuti dalle persone della zona – quasi esclusivamente nere o arabe che hanno subito violenze o addirittura perso una persona cara.

Note

[1] Fabien Jobard et René Lévy, Police et minorités visibles : les contrôles d’identité à Paris, Open Society Justice Initiative, 2009.

[2] Défenseur des droits, Décision du Défenseur des droits n°2020-102, Paris, 2020.

[3] Stuart Hall, « From Scarman to Stephen Lawrence », History Workshop Journal, 48, 1999, p. 195.

[4] Cité dans Xavier Dunezat, Fabrice Dhume, Camille Gourdeau et Aude Rabaud, « Racisme d’État en France ? Le cas de la police ».

[5] Ibid.

[6] Pour comprendre comment les armes « non létales » amplifient les violences policières, voir Paul Rocher, Gazer, mutiler, soumettre : Politique de l’arme non létale, Paris, La Fabrique, 2020.

[7] Ralph Jessen, « Polizei und Gesellschaft », in Die Gestapo. Mythos und Realität, Darmstadt, Primus, 1995, p.

[8] Philippe Coulangeon, Geneviève Pruvost et Ionela Roharik, « Les idéologies professionnelles », Revue française de sociologie, vol. 53-3, 2012, p. 493‑527.

[9] Cédric Moreau de Bellaing, « Comment (ne pas) produire une critique sociologique de la police », Revue française de science politique, Vol. 62-4, 2012, p. 665‑673.

[10] Carsten Dams, « Polizei », in Gewalt: Ein interdisziplinäres Handbuch, Luxemburg, Springer-Verlag, 2013, p.

[11] Paul Rocher, Que fait la police – et comment s’en passer ?, Paris, La Fabrique, 2022 chapitre 1.

 

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Il re è seminudo. La Russia aspetta l’agitazione e il conflitto dei baroni del potere

Traduzione dall’originale “Полуголый король. Россию ждет Смута и междоусобица силовых баронов”

La rivolta di Prigozhin ha aperto le porte all‘era “post-Putin”.

Benvenuti nella Russia post-Putin! Non è il periodo più piacevole né il più sicuro. Ma cosa fare: le dittature, spesso, hanno un periodo di equilibrio instabile dove il potere, in apparenza collassato, si riprende e non muore.

Un moderno Sten’ka Razin

Forse l’aspetto più sorprendente della ribellione di Prigozhin è il suo fenomenale successo. Sono stati abbattuti un aereo e sei elicotteri, il confine di Stato è stato attraversato da parte delle sue unità senza ostacoli (e in almeno due punti), il quartier generale del Distretto militare meridionale di Rostov sul Don è stato preso senza combattere e due grandi città sono state conquistate. Se l’obiettivo di Prigozhin era quello di guidare la Repubblica Popolare del Don (DNR-2) con i centri di Rostov sul Don e Voronezh, nessuno poteva impedirglielo. Almeno la polizia, le guardie di frontiera e i militari non si sono fatti vedere in alcun modo e l’FSB ha dormito durante questa ribellione di migliaia di persone (sempre se non l’ha co-sponsorizzata).

In quel momento Putin deve essersi sentito molto solo e indifeso. Molto peggio dell’inaugurazione del 2012 1 o della quarantena passata nel bunker.

Non lontano da Rostov sul Don – che aveva tutte le possibilità di diventare la capitale della Repubblica popolare di Prigozhin -, si trovano le città, le cascine e le stanitsa cosacche dove tre secoli e mezzo fa si stabilì Stepan Razin, le cui campagne di guerra e la natura avventurosa hanno molto in comune co Prigozhin. Come Prigozhin, Razin non intendeva rovesciare lo zar, ma accusava gli alti funzionari reali di aver svolto le loro mansioni in modo scorretto (ladrocinii) e di aver tradito la fiducia dello zar. Come Prigozhin, Razin fece leva sui sentimenti anti-elitari degli strati sociali più bassi ed ebbe successo: resistette per quattro anni, conquistò Astrakhan, Tsaritsyn (Volgograd), Saratov e Samara. Come Prigozhin, Razin prese molte decisioni in modo spontaneo e disorganizzato; anche la sua rivolta non aveva obiettivi chiari.

Non è più possibile verificare se Prigozhin volesse occupare Mosca come fece con Rostov e Voronez. E soprattutto, quanto avrebbe resistito e quanto sangue sarebbe stato versato. Ma è chiaro che un colpo di Stato non faceva parte dei suoi piani immediati – ha solo cercato di difendere i suoi affari di potere ed “[ha segnato] sulla freccia”2 Shoigu (prima a Rostov sul Don e poi a Mosca).

Uno spettacolo pietoso

Putin non si è comportato come un vero comandante in capo durante l’ammutinamento: gli aerei presidenziali che si sono recati verso la residenza Valdai all’inizio della rivolta, sono rientrati quando il pericolo era ormai scongiurato; le élite civili hanno seguito l’esempio del leader; le forze di sicurezza hanno iniziato a portare via i documenti segreti da Mosca. Queste persone non hanno affrontato il pericolo con la visiera aperta (agire senza celare le proprie intenzioni, ndt). Ovviamente i leader del Paese, già nel pomeriggio del 24 Giugno, non erano sicuri che le unità militari vicino a Mosca li avrebbero protetti e che i blocchi stradali sui ponti del fiume Oka, sulla Leninsky Prospekt, Troparyovo e Kashirka potessero bloccare la PMC “Wagner”.

Sì, non abbiamo visto migliaia di soldati delle Forze Armate, della Guardia Nazionale e di altre unità passare dalla parte degli insorti. Ma non abbiamo visto nulla a livello di resistenza organizzata. Mentre a Rostov, Voronezh, nelle regioni limitrofe e nei vicini territori occupati ci sono state molte persone con le armi. Le guardie di frontiera e le truppe interne non hanno fatto nulla. Neanche i kadyroviti, che si stavano dirigendo verso Rostov, hanno ingaggiato dei combattimenti contro i wagneriani: perché perdere delle forze combattenti se 5-10mila persone ben organizzate e armate sono sufficienti a rovesciare il potere in Russia?

La breve rivolta di Prigozhin ha dimostrato che né l’esercito né le truppe interne sono pronti a difendere il regime di Putin da un pericolo reale. Hanno imparato a reprimere l’opposizione liberale ma non sanno cosa fare contro un uomo armato. Questo aumenta enormemente l’importanza degli imprenditori della violenza3: da Prigozhin a Kadyrov, da Zolotov ai generali Mizintsev e Teplinsky. Tutti soggetti che hanno (o possono acquisire rapidamente) migliaia di persone con esperienza, fedeli e motivati sotto la loro guida. Il loro tempo è iniziato.

Come in Africa.

Il bizzarro ammutinamento ha smentito ancora una volta l’idea, suggerita dai sondaggi, che la maggioranza dei russi sia fedele a Putin e non accetti un cambio di regime. Lo accetteranno, lo nutriranno, lo faranno ubriacare e gli infileranno un garofano nella bocca di un carro armato (il simbolo della Rivoluzione arancione). Il pathos anti-elitario di Prigozhin – che critica i funzionari e i militari impazziti -, ha rapidamente aumentato la sua popolarità, e a Rostov i wagneriani hanno ricevuto più sostegno che ostilità dai civili. Ovviamente ci sono anche molte unità e formazioni nell’esercito, lacerate dalla guerra con l’Ucraina, che sosterrebbero un ordine sociale più equo, in cui i vertici sarebbero meno avidi e ladri e i generali inizierebbero a dare valore alle vite dei “soldati comuni”. La maggior parte dei soldati russi non vede gli obiettivi della guerra.

O sono involontariamente impegnati in guerra o, come persone con un’alta propensione al rischio, vedono il conflitto come un’opportunità per guadagnare soldi e sperare di sopravvivere. Se le probabilità di morte aumentano e le probabilità di guadagnare soldi diminuiscono, il desiderio di combattere viene meno. È a queste “persone comuni” e ai loro parenti che Prigozhin ha rivolto la sua campagna di propaganda del 2023, guardando con approvazione [l’operato di] Navalny. Non c’è dubbio che una narrazione simile possa essere riprodotta da altri imprenditori e mediatori della violenza. Il potere di Putin, un tempo unificato, si sta dividendo in varie parti, come lo specchio della Regina delle Nevi 4: gli imprenditori della violenza, possessori dei grandi “frammenti dello specchio”, lotteranno per il controllo su di essi e per l’espansione dei territori che controllano. Questo è il guaio. È più o meno così che si svolge la lotta per il potere negli “Stati falliti” – Stati che non possono svolgere adeguatamente le loro funzioni. Ad esempio Stati come il Sudan o il Nicaragua hanno perso il monopolio della violenza. La Russia si sta rapidamente africanizzando. Non è una metafora. Ecco una citazione di un finanziere che, il 24 Giugno, rifletteva su come speculare [in borsa] il lunedì: Anche se la ribellione verrà rapidamente sedata, il fatto stesso che sia avvenuta pone il mercato russo sullo stesso piano della Somalia o del Sudan.” Anche il politologo Grigory Golosov ritiene che il conflitto sudanese tra la Forza di Reazione Rapida e l’esercito sia l’analogo più vicino alla ribellione di Prigozhin (in Sudan il conflitto era già divampato dopo il rovesciamento della dittatura).

Prepararsi a dividere l’eredità

I cucchiai sono stati restituiti ma il residuo è rimasto5. Si può negoziare o eliminare Prigozhin; ma non sarà possibile dimenticare questa storia. Ora il regime di Putin non sembrerà più avere alternative verso quei cittadini fedeli che, fino alla settimana scorsa, erano convinti che con la guerra in Ucraina la Russia mantenesse la sua stabilità. Il meccanismo di transizione da una guerra esterna “per la sopravvivenza della Russia contro il mondo occidentale ad una interna, sta diventando sempre più evidente per molte persone in Russia, indipendentemente da come la pensano su Putin e sulla guerra in Ucraina. L’odore della guerra civile è di nuovo nell’aria – letteralmente come 30 anni fa. La guerra esterna ingiusta, necessaria solo per mantenere il potere di Putin e dei suoi amici, sta provocando una guerra interna che spingerà l’attuale entourage fuori dai palazzi del potere.

Per un momento il Golem (riferito a Prigozhin, ndt) allevato da Putin ha creduto in sé stesso e ha deciso di agire in modo autonomo, cercando di contrastare il suo creatore-padrone. Ha raccontato una parte della verità sulla guerra che lo ha reso un “eroe”, spostando la critica sulla disuguaglianza sociale e sull’ingiustizia – diventata il brodo di coltura della guerra. Se Prigozhin, progetto personale di Putin, è andato contro il proprio creatore-padrone e non ha preso il potere in quanto non era pronto, perché altri [simili a lui] non possono andare fino in fondo? Se è così facile guadagnare popolarità con la retorica populista anti-elitaria e avere come obiettivo il cambio di potere – senza salvare gli affari, tra l’altro -, cosa impedirebbe la ripetizione del successo di Prigozhin? Tutto ciò che serve è un paio di divisioni ben attrezzate e una lingua ben affilata.

Poiché lo Zar non è più un essere celeste (inteso come divinità, ndt) ed è così facile abbatterlo, si aprirà un gigantesco campo di opportunità. Putin è stato umiliato come un Akela sprovveduto 6, un leader che non può né sconfiggere e né punire i tiratori ribelli.7

Nelle capitali mondiali, la ribellione di Prigozhin e la reazione di Putin e dei suoi silovik sono state guardate con malcelata sorpresa: “se è potuto [accadere, allora] siete meno spaventosi di quanto pensassimo”. Il presidente turco Recep Erdogan ha dato un “calcio” a Putin con garbo, esprimendo la speranza che gli eventi in Russia siano “una nuova pietra miliare per una pace giusta in Ucraina”. E il Segretario di Stato americano Anthony Blinken ipotizza che l’instabilità in Russia [durerà] per molto tempo, che la sfida al potere di Putin, forse, non esistere ancora e che Putin dovrà presto affrontare una serie di nuove e difficili questioni. Gli Stati Uniti hanno persino rinviato l’imposizione di nuove sanzioni contro la PMC “Wagner”.

Naturalmente, la fine del regime di Putin non avverrà domani. Naturalmente, sia Putin che le forze di sicurezza intensificheranno bruscamente la repressione. Certo, ora ci saranno molti ripensamenti ed epurazioni nel sistema – una sorta di 1937, quando l’obiettivo principale non era colpire i nemici [esterni], ma quelli [interni]. Ma la fine dell’era Putin e l’inizio di una nuova e vaga “era” possono essere visti adesso molto chiaramente. La fine di una dittatura è raramente piacevole. Ma il colosso, che fino a poco tempo fa sembrava solido, ora barcolla sui suoi piedi d’argilla e i suoi abiti, fino a poco tempo fa lussuosi, stanno gradualmente decadendo. Il re è già mezzo nudo e le battute d’arresto sul fronte, che probabilmente colpiranno l’esercito russo nei prossimi mesi, lo priveranno di altri indumenti. Sta iniziando il periodo della spartizione dell’eredità e gli imprenditori della violenza nutriti da Putin, stanno valutando le loro possibilità e combinazioni. Saranno ostacolati dalla loro mancanza di fiducia reciproca all’interno di questo sistema. Gli eredi di Putin dovranno trovare un qualche tipo di consenso – o saranno spazzati via da attori pronti a porsi, almeno retoricamente, al di fuori del sistema come Prigozhin.

Note del Gruppo Anarchico GalateaFserif

1Nel giorno dell’inaugurazione del presidente della Repubblica Federale (7 Maggio 2012), le forze dell’ordine e di sicurezza hanno sgomberato le strade del centro di Mosca per motivi di sicurezza. Link: https://realnoevremya.ru/articles/98216-7-faktov-ob-inauguracii-2018-vladimir-putina

2Secondo terminy.info, questa espressione significa “scegliere un posto tranquillo e silenzioso per sparare; incontrarsi e risolvere i malintesi maschili con l’aiuto di pugni e/o con le armi da fuoco.”Venne coniata negli anni ’90 durante i grandi scontri tra le gang criminali russe.

 3Nel libro di Vadim Volkov, “Violent Entrepreneurs: The Use of Force in the Making of Russian Capitalism”, edito da ‎Cornell University Press nel 2002, viene analizzato come i gruppi di sicurezza (privati e/o associati allo Stato russo) abbiano giocato un ruolo fondamentale nello sviluppo e nel potenziamento degli attuali gruppi politico-economici russi.

4Riferimento all’omonima fiaba di Hans Christian Andersen. Lo specchio della fiaba deforma la realtà, accentuandone gli aspetti negativi.

5Questa espressione idiomatica russa, derivante da una barzelletta, ha due significati: nel primo caso, un individuo accusato ingiustamente di un torto viene trattato con sospetto nonostante risulti innocente; nel secondo caso, si prova del rancore nei confronti di una persona a cui, in precedenza, era stato perdonato un torto commesso. “Istories”, nel suo articolo, utilizza il secondo significato della frase: la collettività “perdona” gli errori perpetrati dall’autorità costituita e, contemporaneamente, prova un forte risentimento verso essa.

6Personaggio de “Il libro della giunga” di Kipling, Akela era il capo branco del popolo libero di Seeonee, deposto dalla tigre Shere Khan.

7Riferimento alla rivolta degli strelizzi del 1698. All’epoca dei fatti, alcuni reggimenti di strelizzi moscoviti, approfittando dell’assenza dello zar Pietro il Grande, insorsero contro i nobili (boiardi) e gli stranieri colpevoli, secondo i rivoltosi, di aver stravolto le tradizioni e modalità del corpo militare. Pietro il Grande sedò la rivolta grazie a quattro reggimenti e un’unità di cavalleria; in seguito fece torturare e condannare a morte i sopravvissuti ed esiliò dalla capitale russa i parenti più stretti degli insorti. Lo storico sovietico Viktor Ivanovich Buganov ha trattato questa rivolta nel saggio “La rivolta degli Streltsy del 1698 e l’inizio della liquidazione delle truppe di Streltsy” – inserito nel libro “Questioni di storia militare della Russia tra il XVIII e la prima metà del XIX secolo”, 1969 -, e nel libro “Le rivolte di Mosca alla fine del XVII secolo”, 1969. In quest’ultimo scritto, Buganov riporta che gli obiettivi degli strelizzi erano: “tornare dalle loro famiglie a Mosca, migliorare la loro situazione economica” e “liberarsi dall’eccessivo carico di servizio, oltre che dalle molestie, umiliazioni e insulti delle autorità e dei loro superiori”. Al momento, i due testi di Buganov non sono mai stati tradotti in lingua italiana.

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Le PMC «Wagner» contro l’esercito russo

Nota introduttiva del Gruppo Anarchico Galatea
Il capo della “Wagner” Prigozhin, dopo aver invaso Rostov sul Don e Voronezh con le sue unità e tentato di avanzare verso Mosca, ha ordinato improvvisamente ai suoi uomini di ritirarsi e tornare indietro nei campi di addestramento. La scelta deriverebbe da un supposto ripensamento “umanitario” del capo della “Wagner” (ovvero non spargere sangue russo in patria) e una serie di colloqui avuti con Alexander Lukashenko.
Se guardiamo oltre questo dato, la prova di forza di Prigozhin è da inserirsi all’interno degli scontri avuti con lo Stato maggiore russo, in particolare nelle attuali fasi guerreggianti in Ucraina: il capo della “Wagner” ha accusato i capi militari russi di ingerenza governativa e di aver fornito poco materiale bellico alla sua azienda. Con la mossa dell’invasione e del tentativo di marcia verso la capitale, Prigozhin voleva mostrare all’entourage putiniano di essere un uomo carismatico, capace di attirare le persone alla sua causa – specie i soldati dell’esercito russo – e, di conseguenza, rivelarsi migliore dell’attuale stato maggiore russo.
Il fallimento di Prigozhin è stato su tutta la linea: non solo i soldati regolari non lo hanno seguito, ma si è trovato in una situazione dove i suoi uomini non potevano reggere un eventuale e futuro attacco delle forze congiunte russe.
La questione “Wagner” e l’ “esilio” di Prigozhin in Bielorussia, quindi, è stato un toccasana per la dirigenza dello Stato maggiore russo: senza più un individuo del genere, completamente fuori dal controllo dei generali e del ministero della difesa, la (pessima) gestione militare russa riguardante la guerra in Ucraina potrà continuare senza troppi intoppi. La possibile acquisizione di “Wagner”, inoltre, da parte dello Stato russo permetterà all’entourage putiniano e a quello militare di piazzare dei “burattini” alla guida della compagnia, gestendo direttamente e in tutta tranquillità i contratti altamente remunerativi (in particolare in Africa, dove “Wagner” è presente nella Repubblica Centrafricana, Mali e Mozambico).
Alla luce di quello che è successo, tutti questi soggetti (dai generali all’esecutivo) dovranno tenere conto anche di un altro aspetto: un piccolo numero di persone addestrate militarmente è riuscito ad occupare due grosse città, avanzando tranquillamente per chilometri nel territorio russo. Ciò ha mostrato, a livello pratico, la quasi assenza delle forze militari russe all’interno del paese e, cosa molto più importante, la vacuità di una propaganda governativa russa basata su parole chiave come sicurezza interna, esercito invincibile, disciplinato e ben preparato e via dicendo. Per mettere le pezze alla debolezza manifestata – specie a livello internazionale -, i legislatori russi approveranno sicuramente una sequela di norme contro chi si oppone e/o minaccia l’integrità dello Stato.
In pratica, la società russa subirà ulteriori leggi restrittive – come accaduto contro la comunità LGBTQIA+, i disertori, l’interruzione volontaria di gravidanza, la libertà di stampa etc – da un governo che mostra, giorno dopo giorno, la propria incapacità nel gestire un conflitto guerreggiato e un’economia sempre più traballante.
Sebbene siano passate più di 48 ore dai fatti, riportiamo la traduzione di un analisi militare sul colpo di mano tentato da Prigozhin e pubblicata sul sito di “Istories Media”: dalle forze in campo fino alle testimonianze, passando a degli scontri di lunga durata tra i due “eserciti”.

Traduzione dall’originale “ЧВК «Вагнер» против армии России

Gli esperti militari spiegano cosa si sa delle risorse e delle capacità di entrambe le parti e come possa evolvere questo confronto.

La sera del 23 Giugno, Yevgeny Prigozhin, capo delle PMC Wagner, ha lanciato un ammutinamento armato contro il Ministero della Difesa russo.

  • Nella notte tra venerdì e sabato, i mercenari della “Wagner” sono entrati a Rostov-sul-Don e hanno preso il controllo delle strutture militari.
  • Sabato mattina i combattenti sono entrati a Voronezh. Un deposito di petrolio della città è in fiamme e un aereo è stato abbattuto. Il governatore ha dichiarato che è in corso un’operazione antiterrorismo nella regione.
  • Le “PMC” stanno minando le strade di Rostov.
  • Le PMC “Wagner” si stanno muovendo verso Mosca. Le colonne di mercenari sono state avvistate nella regione di Lipetsk. Alcune strade delle regioni di Rostov, Voronezh, Mosca e Tula sono state bloccate, così come le comunicazioni lungo il fiume Moscova.

Gli esperti militari intervistati da “Important Stories” hanno raccontato come potrebbe essere uno scontro armato tra le PMC e l’esercito regolare russo.

Di quali risorse dispone il Ministero della Difesa per combattere la PMC Wagner?

Kirill Mikhailov (KM), analista indipendente: Non abbiamo un quadro preciso delle forze e delle risorse utilizzate da entrambe le parti. Ma il Ministero della Difesa, in linea di principio, dovrebbe avere abbastanza risorse di riserva, destinate a respingere eventuali sfondamenti ucraini. Dovrebbero esserci abbastanza veicoli blindati, munizioni etc. La questione è il grado di preparazione dei militari, dato che molti di loro possono essere mobilitati anche in modo più urgente.

Prigozhin sostiene che i suoi mercenari hanno già disarmato alcuni soldati di leva nella regione di Rostov e [non hanno incontrato resistenza] da parte dei militari e delle guardie di frontiera presso il posto di blocco di Bugaevka, nella regione di Voronezh.

Un vantaggio significativo per il Ministero della Difesa è l’aviazione, anche se alcuni rapporti suggeriscono che non tutti sono pronti ad eseguire gli ordini. Come hanno scritto alcuni canali telegram, gli ufficiali di grado più elevato dovevano pilotare gli elicotteri e colpire la “Wagner” perché [secondo Prigozhin] i piloti ordinari rifiutavano [di eseguire gli ordini]. Il vantaggio dell’aviazione è limitato perché non vi sono abbastanza munizioni di alta precisione; quindi è abbastanza difficile usare gli aerei. In generale, il Ministero della Difesa dovrebbe avere abbastanza potere e risorse per eliminare la minaccia che vediamo al momento. La polizia o la Guardia Nazionale della Federazione Russa possono essere coinvolte? Non credo che saranno in grado di resistere alla “Wagner”.

Ian Matveev (IM), esperto militare: Se prendiamo le singole unità PMC [- escludendo gli altri raggruppamenti] che potrebbero essersi uniti a loro -, allora l’esercito russo avrebbe abbastanza risorse [per sopprimere le PMC]. Lo scontro tra le PMC e l’esercito regolare russo assomiglierebbe forse [ad un conflitto tra] forze combinate. Perché entrambi possiedono armi per un combattimento tra forze combinate. Ma sembra che finora vi siano delle azioni caotiche da parte delle forze di sicurezza russe. Non vediamo praticamente nessuna azione dell’esercito russo. E le colonne di Prigozhin avanzano praticamente senza ostacoli. Tutto questo sembra già una piccola guerra civile. Senza un grande fronte, perché nessuno ovviamente ha così tanto potere da costruire un intero fronte sul territorio russo – ci vogliono milioni di soldati. Piuttosto [sarà come] in Afghanistan e in Siria: ci sono formazioni militari separate – al cui interno vi sono le colonne wagneriane -, e annessi scontri contro le milizie nemiche. E i wagneriani non hanno il controllo di un vasto territorio. È opinabile, inoltre, se l’esercito russo abbia il controllo [della situazione].

Probabilmente l’esercito russo cercherà di utilizzare alcune riserve – quei militari che non sono direttamente coinvolti nella guerra. Diverse unità rimangono nel Paese, forse stanno già arrivando dal Nord e dall’Estremo Oriente, oltre alle guardie di frontiera. Ma sono poche e non possono essere ritirati completamente. Il concetto di difesa russo non implica che non ci siano truppe ai confini. Quindi penso che la Guardia Nazionale sarà responsabile [della difesa interna del paese]. Kadyrov sembra intenzionato a coinvolgere i suoi miliziani. Vedremo come andrà a finire.

Un ex militare russo di stanza a Voronezh: A Voronezh ci sono molti militari, il campo d’aviazione è grande e ha tutto ciò che serve. Per quanto ne so, la nostra 20ª Armata di Forze Combinate, che si trova a Voronezh insieme ai piloti [dell’aviazione militare], ha deciso di sostenere ulteriormente il governo. Ci sono i militari, il Ministero degli Interni, la FSB – in generale, tutta questa marmaglia è anche qui. Ma i più attivi sono ora al fronte. Inoltre le élite dell’esercito sono state unite all’inizio [dell’invasione dell’Ucraina] da quei generali imbecilli [e, successivamente, sono stati mandati] come carne da macello [al fronte]. Poi sono state unite le unità più efficaci e pronte al combattimento. Ed ecco che ci sono rimasti quelli che picchiano donne e bambini durante le manifestazioni. Ora vedremo di cosa saranno capaci quando avranno davanti a loro degli uomini armati.

Di quali risorse dispongono le PMC “Wagner”?

KM: Possiamo notare che finora solo due o tre truppe d’assalto “Wagner” sono state direttamente coinvolte nel territorio della Federazione Russa, con una forza di circa un battaglione (fino a 500 persone, ndr). Fino a questo momento non abbiamo ancora visto i 25.000 uomini di cui parlava Prigozhin. Se l’aviazione russa iniziasse a bombardare a bassa quota, le PMC “Wagner” [risponderebbero] con l’equipaggiamento di difesa aerea – lo stesso sistema di difesa aerea “Pantsir-s” utilizzato per abbattere gli elicotteri nella regione di Voronezh.

Penso che l’unico modo per i wagneriani di ottenere munizioni sia quello di impadronirsene in un modo o nell’altro. Se riescono a disarmare alcune unità russe [- specie] se queste mostrano un morale così basso da cedere le armi -, allora [le PMC] potrebbero prendere le munizioni da loro. Ma naturalmente si tratta di una fonte molto inaffidabile. Pertanto, se i wagneriani vogliono ottenere [il disarmo delle unità russe], devono agire il più rapidamente possibile, perché a lungo termine la situazione non gioca a loro favore.

IM: Le PMC si aspettano che i militari russi si uniscano a loro con le munizioni. E questo, innanzitutto, ridurrà il numero di combattimenti – in quanto il consumo di munizioni verrà ridotto. Hanno già sequestrato i sistemi antiaerei “Pantsir”, coprendoli quindi dall’aviazione.

In secondo luogo, sembra che cercheranno di catturare i depositi militari. Inoltre, per un breve periodo (da una o due settimane) di combattimenti non molto intensi, avranno abbastanza munizioni – ovvero quelle che hanno già adesso.

Un ex militare russo di stanza a Voronezh: Conosco bene i militari che sono qui [a Voronezh] e la loro ideologia. Possono davvero cooperare tra loro e ci sono molte unità intorno a Voronezh; alcuni di questi potrebbero schierarsi con i “Wagner”. Perché ci sono molti militari, soprattutto nelle unità d’élite, che sono contro l’esercito. E sono a favore della guerra [con l’Ucraina] ma contro il Ministero della Difesa. L’equilibrio delle forze è difficile da valutare. Non è chiaro quanti ne abbia realmente Zhenya [Yevgeniy Prigozhin] e quanti militari vi siano qui. Inizialmente “Wagner” aveva un numero molto elevato di mercenari. Durante la campagna in Ucraina ce ne sono stati abbastanza per farli lavorare anche in altri Paesi (personalmente parlo con questi ragazzi). Venticinquemila persone [delle PMC, se fosse vero,] non significherebbe che vi sia un [mero] raduno con tutte queste persone. Si tratta di venticinquemila persone addestrate, con equipaggiamento, che conoscono la zona e sanno cosa fare e come farlo. Sono in grado di occupare la città per molto tempo e sarà dura [espugnarla]. Cos’altro è importante? L’addestramento dei mercenari, l’equipaggiamento, i rifornimenti, la disciplina: tutto questo è molto meglio, più serio che nell’esercito. Non c’è niente di simile nell’esercito: vieni e sei trattato come un succhiacazzi e ci sono persone addestrate. E quante altre loro cellule dormienti ci sono nel Paese? I veterani delle PMC, quelli che si sono dimessi, anche gli stessi detenuti che sono tornati dalle PMC. Anche se ci fossero un migliaio di mercenari ben armati, addestrati ed equipaggiati, se li portassero in città, potrebbero fare un casino! Sequestri, sovvertimento, sabotaggio. E, inoltre, hanno una buona coordinazione ed esperienza. E tutti gli uomini dell’esercito con esperienza sono rimasti al fronte. Guardate anche il video di come stanno costruendo le fortificazioni a Mosca. Non sanno nemmeno che attorno ad una postazione di tiro si deve scavare – e non mettere semplicemente dei sacchi di sabbia! Verrà spazzato via anche con una semplice mitragliatrice, e non sto parlando di una mitragliatrice di grosso calibro o di un BMP.

La PMC di Wagner sarà in grado di muoversi verso Mosca?

KM: Più i wagneriani si allontaneranno dalla cosiddetta zona dell’Operazione Militare Speciale, dai territori occupati, meno truppe addestrate troveranno sulla loro strada. Probabilmente sono guidati da questa convinzione negli spostamenti da Voronezh a Mosca. Un posto di blocco convenzionale sull’autostrada, ovviamente, non li fermerà. A meno che non vengano messi dei carri armati o erette delle fortificazioni. Inoltre, la rete stradale della Russia centrale è piuttosto estesa ed è quasi impossibile bloccarla tutta. Pertanto i wagneriani saranno in grado di avanzare ulteriormente. Inoltre hanno delle autocisterne nei loro convogli – che gli permetteranno di avanzare. Ora si dice che per impedire ai wagneriani di avanzare, le Forze Aerospaziali della Federazione Russa (VKS) vogliano utilizzare le bombe non guidate per colpire le strade e renderle inutilizzabili. Questo indica,a livello generale, che è difficile utilizzare alcuni metodi classici per arrestare l’avanzata di “Wagner”. Potrebbero aver bisogno di più tempo per imbattersinei wagneriani [- specie se questi] andranno verso Mosca.

IM: Le PMC potrebbero muoversi lungo le strade verso Mosca. Saranno bombardate? L’aviazione russa non è esattamente famosa per la sua capacità di bombardare qualcosa. E sotto il bombardamento è possibile muoversi. Inoltre, e ovviamente, su queste strade potrebbero esserci ancora dei civili. Si deve ancora decidere se usare le armi o meno. Dopotutto non sappiamo cosa stia succedendo nelle menti dei generali russi e sul campo. Può darsi che Šojgu ordini di sparare sull’autostrada e [qualche] generale dell’aviazione decida di boicottare l’ordine.

In che modo il conflitto influenzerà la situazione sul fronte?

KM:In questo momento la Russia ha impegnato circa due o tre di quelle 12 brigate che sono state addestrate per respingere una futura controffensiva [ucraina]. Gli assaltidelle forze armate dell’Ucraina potrebbero aumentare; [a quel punto] saranno necessarie ulteriori forze [per respingerle]. Va considerato che l’esercito russo ha bisogno di munizioni per respingere una controffensiva. E nel farlo, il Ministero della Difesa deve stabilire delle priorità. Non è ancora chiaro quanto velocemente saranno in grado di riassegnare le forze per combattere le PMC.

IM: Ora il comando russo ha ridotto l’attenzione al fronte. Questo potrebbe causare problemi perché le decisioni necessarie non saranno prese in tempo. È molto probabile che nella situazione più critica, il comando russo rimuova alcune unità dal fronte e le mandi a reprimere questa ribellione, e gli ucraini ne approfitteranno. Se [la rivolta armata] durasse qualche giorno in più, [i generali dell’esercito russo, sicuramente,] decideranno di accorciare il fronte, ritirandosi sulle linee della Crimea e di Mariupol e liberando, in tal modo, delle forze da utilizzare nella situazione interna. È possibile [che la situazione si sviluppi] fino al completo collasso del fronte, perché o i militari passeranno dalla parte dei wagneriani o se ne andranno perché “c’è una guerra civile in casa, cosa stiamo facendo qui [in Ucraina]?”

 

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Dichiarazione della Resistenza Femminista Anti-militarista sul colpo di stato militare e sulla situazione nel Paese

dal canale telegram di “Resistenza Femminista Anti-Militarista” (Feministskogo Antivoyennogo Soprotivleniya (FAS) (Феминистского Антивоенного Сопротивления (ФАС))

In questo momento nel nostro Paese è in corso una rivolta armata, organizzata da Prigozhin e dalla PMC Wagner. Le amministrazioni e le strutture militari di diverse città sono state sequestrate, carri armati e personale militare sia del PMC Wagner che del Ministero della Difesa sono nelle strade, il regime delle operazioni antiterrorismo 1 è stato introdotto in diverse regioni.

Vogliamo dirlo apertamente: il giorno in cui Putin e il suo governo hanno mandato le truppe in Ucraina, hanno messo la Russia [in una situazione di] rischio di disastro economico, guerra civile e ascesa di una giunta militare al potere. Queste minacce sono diventate velocemente reali – come risultato dell’invasione di terre straniere e dei numerosi crimini del regime di Putin. La rivolta del PMC di Wagner è un’escalation di violenza, una minaccia diretta per milioni di civili in Russia, soprattutto donne e bambini. Ricordiamo che al momento i “combattenti” delle PMC di Wagner sono costituiti per lo più da ex detenuti mercenari, molti dei quali erano stati incarcerati per femminicidi e per violenze domestiche nei confronti delle donne. Come movimento politico che ha a cuore il futuro del proprio Paese, non possiamo sostenere alcuna parte dell’attuale conflitto politico interno. Sosteniamo il ritiro delle truppe russe dall’Ucraina, l’arresto dei criminali di guerra (compresi Putin e Prigozhin) e lo sviluppo democratico della Russia. Non vogliamo che un altro dittatore e criminale di guerra salga al potere.

È importante adesso rimanere in contatto con i propri amici e familiari, per scambiarsi contatti e riferimenti importanti. Agli abitanti di Rostov-sul-Don, Voronezh e altre regioni [diciamo]: se possibile, non uscite di casa oggi. Per ridurre l’ansia ed evitare attacchi di panico, limitate la lettura delle notizie a 2 o 3 fonti attendibili e cercate di evitare di diffondere informazioni non verificate. È meglio pubblicare il minor numero possibile di informazioni online; in risposta alla situazione attuale sarà difficile prevedere quali leggi repressive e censorie verranno approvate in Russia nei prossimi giorni.

Vogliamo esprimere il nostro sostegno a tuttu coloro che in questo momento sono spaventatu: lu nostru lettoru, sostenitoru, attivistu. Questi eventi richiedono che ci organizziamo e ci aiutiamo a vicenda ancora di più, il tipo di sostegno che abbiamo imparato per molti anni all’interno del movimento femminista È tempo di mettere in pratica ciò che abbiamo appreso attraverso il nostro attivismo – sostenendoci e proteggendoci a vicenda. Nel prossimo futuro prepareremo un elenco di risorse utili, materiali ed istruzioni su come affrontare situazioni di escalation violente. Vogliamo anche verificare se ci sono richieste per gruppi di sostegno online di emergenza con le nostre psicologhe: se c’è questa necessità, scrivete al nostro bot e lo organizzeremo.

Nota del Gruppo Anarchico Galatea

1In russo “Режи́м контртеррористи́ческой опера́ции (КТО)” (Rezhim kontrterroristicheskoy operatsii). Il regime di operazione antiterrorismo viene avviato dal capo del Servizio di sicurezza federale della Russia (FSB) previa informazione e approvazione del presidente. Durante lo svolgimento di queste operazioni, la FSB coinvolge le forze armate, i riservisti, la polizia, i soccorritori e altre agenzie per debellare il pericolo considerato terroristico.

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Gli Stati Schengen lanciano una nuova richiesta di fondi per la costruzione di muri alle frontiere

Traduzione dall’originale “Schengen states make new call for border wall funds

Un gruppo di otto Stati dell’area Schengen ha ribadito l’annosa richiesta alla Commissione europea di finanziare la costruzione di muri di confine.

La solita vecchia storia

La richiesta alla Commissione europea di finanziare i muri di confine non è una novità.

Nell’Ottobre 2021, dodici Stati membri hanno scritto alla Commissione europea dicendo che “le barriere fisiche sembrano essere un’efficace misura di protezione delle frontiere che serve gli interessi di tutta l’UE, non solo degli Stati membri di primo arrivo […] Questa legittima misura dovrebbe essere ulteriormente e adeguatamente finanziata dal bilancio dell’UE come questione prioritaria”.

Successivamente, nel Febbraio di quest’anno, vi sono state le conclusioni del Consiglio europeo che, in modo più ambiguo, “invita la Commissione a finanziare le misure degli Stati membri che contribuiscono direttamente al controllo delle frontiere esterne dell’UE, quali i progetti pilota per la gestione delle frontiere, nonché al miglioramento del controllo delle frontiere nei paesi chiave sulle rotte di transito verso l’Unione europea”.

Naturalmente, gli Stati membri non sembrano avere problemi nel costruire muri di confine: “negli ultimi otto anni gli Stati membri hanno costruito più di 1.700 chilometri di muri per proteggersi non da carri armati o soldati, ma da migranti e rifugiati”.

Allo stesso tempo, come evidenziato in un rapporto del 2019 del “Transnational Institute”, “la Commissione è disposta a pagare per qualsiasi cosa che fortifichi un confine” – telecamere, sensori, veicoli, edifici e così via – “purché non venga vista la costruzione degli stessi muri stessi”.

Costruisci il muro o i muri”

Questo non è ancora sufficiente per alcuni Stati, con otto di loro – Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Norvegia, Polonia, Romania e Slovacchia – che hanno rinnovato la richiesta.

In una dichiarazione congiunta che, finora, è rimasta segreta, i membri del Forum ministeriale per gli Stati membri dell’area Schengen con frontiere terrestri esterne:

[] concordano sul fatto che le infrastrutture fisiche siano un mezzo efficace di protezione a sostegno delle attività dei servizi di frontiera, soprattutto in una situazione di strumentalizzazione della migrazione. Pertanto incoraggiamo l’UE a cercare una soluzione per finanziare le infrastrutture fisiche (comprese le barriere fisiche) con i fondi dell’UE”.

Tra le altre cose, la dichiarazione chiede anche degli “standard minimi comuni per la sorveglianza delle frontiere esterne” e afferma che “il Servizio europeo per l’azione esterna e Frontex dovrebbero rafforzare la cooperazione con i Paesi terzi di origine e di transito – in modo da facilitare i rimpatri -, e attuare senza indugio le venti misure operative del Piano d’azione dell’UE sui Balcani occidentali.”

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