Perù: crisi idrica, estrattivismo e insicurezza alimentare.

Originale “Perú: Crisis hídrica, extractivismos e inseguridad alimentaria

Tradotto da Federica per il Gruppo Anarchico Galatea

Metà della popolazione peruviana rischia di non accedere al cibo; la situazione è aggravata dalla crisi idrica causata dal fenomeno [noto come] El Niño. Quest’anno la siccità ha causato la perdita di migliaia di ettari di raccolti e ha compromesso le riserve idriche. Per questo motivo, a Settembre, il governo ha dichiarato lo stato di emergenza in 544 distretti, appartenenti a 14 regioni.

Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), il 50% degli abitanti del Perù vive in condizioni di insicurezza alimentare, uno dei tassi più alti dell’America Latina. Nel 2022, il Paese ha registrato il primato del Sud America, con 16,6 milioni di persone prive di cibo.

In questo contesto, negli ultimi mesi il prezzo di alcuni prodotti essenziali è aumentato a livelli mai registrati negli ultimi due decenni a causa delle forti piogge e delle inondazioni nelle zone costiere. Il valore del limone è aumentato fino al 500%. Il cambio climatico si riflette sugli scenari lavorativi: secondo la Società di Commercio Estero del Perù, sono 8,5 milioni le persone che rischiano fortemente di non poter svolgere le proprie attività economiche a causa del deficit idrico.

Il ritardo della stagione delle piogge, prevista per Settembre sulle Ande e sull’Altipiano, ha causato enormi danni. A Puno, la regione più colpita dalla siccità, sono andati perduti quasi 17mila ettari di coltivazioni. Secondo il censimento nazionale sulla semina, non sono stati raccolti 9mila ettari di quinoa, che rappresentano un quarto della produzione prevista. Delle patate, alimento base in gran parte del Paese, 5.000 dei 60.000 ettari lavorati sono andati persi. L’allevamento di alpaca per l’industria tessile e l’allevamento del bestiame per l’industria della carne sono altri settori colpiti dalla siccità nelle Ande meridionali.

Il periodo 2022-2023 è stato critico: non ci sono state le piogge attese, la produzione agricola è stata colpita. Questa situazione era stata annunciata, succede ciclicamente. Adesso le piogge sono arrivate, saranno di breve durata; secondo le nostre osservazioni, il terzo raccolto, a fine Novembre, sarà migliore. Nelle comunità esistono tecniche di accumulo dell’acqua che allo Stato non interessano come politiche pubbliche. Credono che la tecnologia occidentale risolva tutto. Il Ministero dell’Agricoltura dovrebbe considerare le nostre osservazioni e tecniche. Ci sono bacini di stoccaggio per i periodi di siccità”, ha dichiarato per “Avispa Mídia” Rubén Apaza Añamuro, portavoce del Consiglio delle autorità indigene di Mallkus, Jilacatas e Mama Tallas di Puno.

Un effetto risaputo del cambiamento climatico sull’Altipiano è l’abbassamento del livello dell’acqua del Lago Titicaca – che quest’anno diminuirà di 80 centimetri a causa delle alte temperature durante il giorno, ha riferito il Servizio Nazionale di Meteorologia e Idrologia. Tra le implicazioni sociali, gli specialisti osservano un possibile esodo migratorio della popolazione di Puno.

Acqua per estrattivismo e inquinamento delle sorgenti

L’uso dell’acqua in Perù è monopolizzato dall’agroindustria. L’Autorità nazionale per le acque precisa che questo settore utilizza l’87,7% del liquido, mentre il 9,9% è destinato alla popolazione. L’estrazione mineraria ne utilizza l’1,5%; tuttavia il suo impatto è amplificato perché danneggia le sorgenti. Il 38% dei progetti estrattivi in Perù si trovano nei territori indigeni e contadini, e il 56% in aree sopra i 3mila metri di altezza, dove nascono i fiumi.

L’agroindustria si concentra sulla costa nord. Nelle Ande sono soprattutto le compagnie minerarie a concentrare l’acqua. Minacciano i bacini idrografici. Allo Stato non interessa se contaminano l’erba destinata alla produzione animale. I fiumi appaiono giallastri a causa dei residui di ruggine, e questa si trasmette ai pascoli, poi ai latticini e, quindi, colpisce tutto il Paese. Bisogna evitare l’inquinamento soprattutto nelle sorgenti idriche. Noi come comunità poniamo l’accento su questo”, ha aggiunto Apaza, un’autorità originaria della provincia Huancané di Puno.

A questo proposito, a Settembre, il relatore speciale delle Nazioni Unite per i diritti umani all’acqua potabile e ai servizi igienico-sanitari, Pedro Arrojo, ha sottolineato che la distruzione delle falde acquifere, delle zone umide e delle foreste umide è principalmente dovuta all’attività mineraria. Il rapporto avverte che le conseguenze sono devastanti: il 31% della popolazione del Perù (più di 10 milioni di persone, di cui l’84% minorenni), affronta quotidianamente i rischi di contaminazione da metalli pesanti e altre tossine.

Come alternativa alla conservazione, la Sociedad Peruana de Alpacas Registrada propone la creazione di un organismo autonomo per la protezione delle zone umide andine e degli altipiani. “Vogliamo sottolineare che da queste zone umide nascono piccoli fiumi che alla fine danno origine ai grandi fiumi che sfociano nel Lago Titicaca”, spiega un rappresentante dell’organizzazione. Secondo l’Istituto Nazionale per la Ricerca sui Ghiacciai e sugli Ecosistemi Montani, Puno, Cusco e Arequipa ospitano oltre il 50% delle zone umide del Perù.

Tra l’assenza di pioggia e la perforazione di pozzi minerari, questi tipi di zone umide dell’alto andino si sono prosciugate, il che si aggiunge alla siccità in periodi sempre più frequenti e alla diminuzione delle riserve idriche.

Ci sono esperienze per evitare che si verifichino ecocidi. Ci sono paesi che sono stati devastati. Il sistema produttivo non è interessato alle persone, agli esseri viventi. Agiamo seguendo Madre Natura per garantire le nostre attività. Ci scontriamo apertamente con il modello estrattivista neoliberista che considera le risorse naturali come strumenti di utilizzo per arricchirsi. Noi riteniamo che la natura, la Madre Terra, sia la vita. Le élite promuovono i semi transgenici, non pensano alla convivenza. In quanto autorità originarie, noi, popoli indigeni e contadini, garantiamo che i modi di vita e di produzione siano in armonia”, ha affermato Apaza.

Nelle ultime settimane, la situazione [creatasi] ha costretto al razionamento dell’acqua alla popolazione in più della metà delle 25 regioni, compresa Lima. Il 10% dei peruviani non ha acqua potabile ed è costretto a comprarla. Un quarto dei 25 dipartimenti riceve il servizio per meno di dodici ore al giorno.

In questo panorama di scarsità idrica e crisi climatica, ci sono voci dell’Esecutivo e del Congresso che suggeriscono la privatizzazione dell’acqua a Lima. Per il ministro dell’Edilizia, Hania Pérez de Cuéllar, bisogna “analizzare se sia meglio ristrutturare o privatizzare”.

Quando la gestione privata delle risorse è fallita nell’unica regione in cui è stata applicata (Tumbes, che ha l’indice di accesso più basso, con sole sette ore al giorno), l’approvvigionamento idrico della capitale Lima (la seconda città più grande del mondo sita in un deserto) così come del resto del Perù, entra nel dibattito esposto dai rappresentanti dei gruppi di potere alleati al regime di Dina Boluarte.

 

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