“Siamo pro-scelta e ci ribelliamo!”: Come le anarco-femministe hanno costruito un doppio potere nelle lotte per la libertà riproduttiva

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Traduzione dell’articolo ““We’re Pro-Choice and We Riot!”: How Anarcha-Feminists Built Dual Power in Struggles for Reproductive Freedom

Uno sguardo storico su come le anarchiche negli anni ’90 si sono mobilitate contro gli attacchi alla libertà e all’autonomia riproduttiva con azioni dirette e la costruzione di infrastrutture autonome.

di Spencer Beswick

Mentre la Corte Suprema si prepara a ribaltare la sentenza Roe v. Wade sotto un presidente, una Camera ed un Senato democratico, è chiaro che l’azione alle urne non è sufficiente a proteggere l’aborto. I diritti riproduttivi non sono stati conquistati con mezzi elettorali e non è così che li difenderemo.

Le tradizioni anarco-femministe [fatte] di lotta dal basso e di infrastrutture autonome per l’aborto offrono strategie alternative. Come disse l’anarco-femminista Liz Highleyman nel 1992, “il giorno in cui l’aborto sarà di nuovo reso illegale potrebbe arrivare prima di quanto ci piaccia pensare. Dobbiamo essere pronte a prendere in mano i nostri corpi e le nostre vite“.

Le anarco-femministe sono state in prima linea nella lotta per l’aborto per tutti gli anni Ottanta e Novanta. Erano convinte che la Roe v. Wade non sarebbe durata per sempre e che non potevano dipendere dallo Stato e dal sistema legale per proteggere la libertà riproduttiva. Le anarco-femministe hanno adottato un approccio su tre fronti per la lotta all’aborto: la difesa delle cliniche abortive, la costruzione di infrastrutture di base per la salute riproduttiva e un approccio anti-statale alla costruzione del doppio potere femminista.

 

Difesa delle cliniche abortive

Le anarco-femministe hanno protetto fisicamente le cliniche abortive da gruppi come Operation Rescue, costituito nel 1986 per agire come truppe d’assalto anti-aborto. Hanno assaltato le cliniche abortive e sostenuto attentati e omicidi di chi praticava l’aborto usando lo slogan “se credi che l’aborto sia un omicidio, agisci come se fosse un omicidio”.

Ampie coalizioni femministe e queer si sono mobilitate contro Operation Rescue. Le anarco-femministe introdussero tattiche da black bloc e la volontà di impegnarsi in scontri fisici. Hanno usato queste tattiche di confronto per proteggere con successo le cliniche a New York, Minneapolis, San Francisco e in tutto il Paese.

Quando Operation Rescue ha tentato di ospitare un campo di addestramento estivo a Minneapolis nel 1993, le soggettività anarchiche li hanno affrontati fisicamente, bloccandoli nella loro chiesa, interrotto le loro riunioni, vandalizzato i loro materiali, protetto le cliniche dai loro attacchi e in generale li hanno resi sgraditi. Sebbene alcuni liberali si siano opposti a queste tattiche, le anarchiche e altri militanti hanno inflitto ad Operation Rescue una grande sconfitta e l’hanno cacciata dalla città.

Riflettendo sull’esperienza, un’anarchica locale di nome Liza ha scritto che “sembra che per quanto gli/le attivist* combattano duramente, raramente vinciamo. Ma questa volta siamo stat* vittorios*. Abbiamo combattuto contro questi fascisti… Abbiamo assistito alla scomparsa dell’Operation Rescue nelle Twin Cities, in parte grazie alla nostra aggressività e opposizione senza precedenti, e in parte perché il loro movimento sta perdendo alla grande“.

Poster distribuito dalle soggettività anarchiche a Minneapolis (Profane Existence 1993)

 

Costruzione di infrastrutture di base per la salute riproduttiva

Le anarco-femministe hanno creato infrastrutture autonome e gruppi di auto-aiuto in cui le persone hanno imparato a prendersi cura del proprio corpo e ad abortire alle proprie condizioni. Come disse un’anarchica in un articolo del 1991, “la medicina è qualcosa che dobbiamo prendere nelle nostre mani. Infatti, come si può distruggere lo Stato se si cammina ancora in modo strano dopo una visita dal ginecologo?

Le minacce all’aborto legale hanno prodotto un bisogno urgente, come ha scritto Highleyman nel 1992, di “ricostruire la rete di risorse femministe per la salute e la riproduzione delle donne che esisteva alla fine degli anni ’60 e all’inizio degli anni ’70“. Le anarchiche hanno chiesto la rinascita di gruppi come il Chicago Jane Collective – che forniva oltre diecimila aborti clandestini prima della loro legalizzazione. Mentre le anarco-femministe sostenevano gli aborti forniti da medici accreditati, la loro attenzione all’autonomia delle donne le ha portate ad attingere a tradizioni alternative di pratiche sanitarie controllate dalle donne. Tra queste, i metodi erboristici e olistici che le donne hanno utilizzato “nel corso dei secoli… per controllare la loro fertilità e la loro riproduzione“.

Le anarchiche hanno sostenuto la necessità di espandere le infrastrutture di base e l’auto-organizzazione per acquisire le conoscenze e le competenze necessarie nell’effettuare le proprie cure riproduttive. Sostenevano che questo avrebbe prodotto una vera libertà e autonomia riproduttiva, indipendente dallo Stato e dalle sue leggi.

 

Approccio anti-statale alla costruzione del doppio potere femminista

Le anarco-femministe non si appellavano allo Stato per mantenere il diritto all’aborto. Ritenevano che lo Stato fosse intrinsecamente patriarcale e, in ultima analisi, nemico della giustizia riproduttiva. Così, la Love and Rage Revolutionary Anarchist Federation (1989-98) sosteneva nella sua bozza di dichiarazione politica che “la nostra libertà non passerà attraverso l’approvazione di altre leggi, ma attraverso la costruzione di comunità abbastanza forti da difendersi dal terrore anti-scelta e anti-queer, dagli stupri, dalle percosse, dagli abusi sui minori e dalle molestie della polizia“.

Le anarchiche hanno diffuso questa analisi nel movimento femminista, anche marciando in blocco alle manifestazioni per la giustizia riproduttiva. Al posto dello slogan “siamo pro-scelta e votiamo“, le anarco-femministe hanno spesso marciato dietro uno striscione che recitava “siamo pro-scelta e ci ribelliamo!

Le anarchiche hanno sostenuto le lotte per mantenere l’aborto legale, ma hanno sostenuto che dobbiamo essere pronte ad agire alle nostre condizioni nella lotta per l’autonomia corporea e l’autodeterminazione. La creazione di infrastrutture per l’assistenza sanitaria riproduttiva è una componente chiave del doppio potere femminista che sfida l’egemonia dello Stato e del capitalismo. Questo tipo di infrastruttura prefigura e stabilisce concretamente un mondo definito dall’aiuto reciproco, dalla solidarietà e dall’autonomia.

Come ha osservato Sunshine Smith nel 1990, la formazione di gruppi medici di auto-aiuto e di infrastrutture per l’aborto nella Bay Area “ha reso, in modi molto concreti, più forte ed efficace la nostra lotta contro il gruppo anti-aborto Operation ‘Rescue’ e la Corte ‘Suprema’. Abbiamo imparato che, se sarà il momento, possiamo e vogliamo abortire a domicilio. Stiamo diventando fisicamente consapevoli dell’invasione che il governo sta conducendo nei nostri corpi. Ora siamo in grado di respingere lo Stato dai nostri uteri perché stiamo acquisendo la conoscenza che ci permette di controllare i nostri corpi“.

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Oltre la Roe V. Wade. Lotta per l’accesso all’aborto

 

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Traduzione dell’articolo “Beyond Roe v. Wade. Struggling for Abortion Access”

Il rovesciamento previsto da tempo

Il 2 maggio, una nota trapelata ha confermato quello per cui gli organizzatori [della lotta per] i diritti riproduttivi hanno avvertito per anni: il rovesciamento di Roe v. Wade. La nota contiene una bozza di parere del giudice Samuel V. Alito, in cui si sostiene che la Roe e il “diritto alla privacy” su cui si basa non hanno validità costituzionale; che il diritto all’aborto non è mai stato garantito in America; che alcuni cambiamenti sociali, come la maggiore accettazione del parto al di fuori del matrimonio, l’aumento della partecipazione elettorale delle donne e la prevalenza di leggi sul “rifugio sicuro”, evitano la necessità di abortire. La bozza di Alito sostiene inoltre che l’annullamento della sentenza non crea alcun precedente per gli attacchi alla contraccezione o all’uguaglianza matrimoniale. L’aborto è ancora legale a livello federale, ma se la sentenza viene rovesciata, i divieti “a catena” entreranno automaticamente in vigore in 24 Stati.

Lo smantellamento dei diritti all’aborto è in sintonia con il momento. La crescente ondata di coscienza di classe e di organizzazione sul lavoro, la devastazione della pandemia COVID-19 e il movimento galvanizzato per de-finanziare ed abolire la polizia, possono essere affrontati solo in due modi: maggiori concessioni alla classe operaia o maggiore sorveglianza e incarcerazione per smorzare la lotta.

È infatti necessario contestualizzare i diritti all’aborto come parte di una lotta politica più ampia. Roe v. Wade non è stata una decisione benevola emessa dai tribunali per garantire i diritti riproduttivi. I diritti all’aborto sono stati conquistati da un’ondata militante di organizzazioni femministe che li hanno rivendicati come parte di una più ampia richiesta di liberazione da parte della sinistra. Il governo dell’epoca della Guerra Fredda, temendo questa militanza, ha inserito i diritti all’aborto in un’affermazione del primato dello Stato capitalista nel garantire l’autonomia corporea e i diritti dell’individuo.

È un errore pericoloso riporre le speranze dei diritti riproduttivi in una manovra legislativa o giudiziaria – anche se, naturalmente, una garanzia federale di aborto gratuito su richiesta non guasterebbe. Ma una tale garanzia non potrebbe esistere in uno Stato capitalista e patriarcale che considera chiunque abbia un utero come un’incubatrice di futuri lavoratori e che scarica i costi della nascita e della crescita di questi lavoratori sulle famiglie.

La bozza di parere si preoccupa dell’ “offerta interna di neonati”, confermando ciò che le femministe socialiste sottolineano da tempo: la guerra ai diritti riproduttivi non riguarda solo l’ideologia o le guerre culturali (anche se ovviamente l’ideologia costituisce una parte significativa). Si tratta anche di aumentare il tasso di natalità e il bacino di lavoratori, poiché le persone si rifiutano sempre più di avere figli in un Paese che rende ciò incredibilmente pericoloso e difficile, se non impossibile. Il capitalismo richiede una forza lavoro numerosa e facilmente sfruttabile. Senza alcuna concessione per rendere sicuro o dignitoso il lavoro della nascita e dell’educazione dei figli, lo Stato ricorre alla sua arma più fidata – la polizia – per costringere le persone a continuare a produrre.

Le persone non bianche e native hanno i più alti tassi di mortalità durante il parto in questo Paese e svolgono, in modo sproporzionato, il lavoro di riproduzione sociale nelle condizioni più pericolose. Il divieto di aborto danneggia in modo sproporzionato queste popolazioni. La maggior parte delle persone prese di mira, sorvegliate e incarcerate dalla criminalizzazione dell’aborto saranno anche persone non bianche, native e persone senza documenti. Il movimento mainstream pro-choice non farà collegamenti tra l’abolizione della polizia e i diritti all’aborto, ma per i socialisti è importante riconoscere l’interconnessione di questi movimenti.

È stata la polizia a denunciare la 26enne Liselle Herrera per aver indotto il proprio aborto, così come Purvi Patel, Bei Bei Shuai e altre. Ed è la polizia che farà rispettare i divieti di aborto in tutto il Paese, incarcerando gli operatori sanitari e chiunque “aiuti e favorisca” l’ottenimento di un aborto – in alcuni casi, potenzialmente le stesse pazienti abortiste.

Il Partito Democratico, la Polizia ed il bisogno di politiche abolizioniste
Come avrebbe dovuto essere chiaro a chiunque prestasse attenzione, e come è ora evidente, la macchina del Partito Democratico non vincerà questa battaglia per noi. La leadership democratica sta infatti sostenendo il rappresentante anti-aborto del Texas Henry Cuellar contro la sua avversaria Jessica Cisneros, mentre allo stesso tempo insiste sul fatto che difenderà i diritti all’aborto eleggendo più democratici nelle elezioni di mid-term.

È necessario un approccio diverso. Il 3 maggio, organizzatori e manifestanti sono confluiti a migliaia in Foley Square, nel centro di Manhattan, animati dalla rabbia e dall’orrore per la nota di Alito. I partecipanti rappresentavano membri di tutto lo spettro politico che sostiene l’aborto, dai liberali del “Io sto con lei” [“I’m with Her”, lo slogan è stato usato durante le elezioni presidenziali del 2016 per supportare la candidata Hillary Clinton, ndt] ai membri di piccole organizzazioni rivoluzionarie.

Tuttavia, già durante le fasi di pianificazione di questa manifestazione, è apparso molto chiaro che la maggior parte degli organizzatori stava opportunisticamente cogliendo questo momento per ottenere voti per i candidati democratici, e trattando le organizzazioni di base non affiliate ai politici pro-choice come intrusi. L’ironia è palpabile se si considera che sono state soprattutto le organizzazioni indipendenti dal Partito Democratico a creare fondi per aiutare le persone ad accedere all’aborto, a fare rete per distribuire pillole abortive e a difendere le cliniche. Il Partito Democratico, d’altra parte, è stato inutile nel difendere i diritti dell’aborto, e il suo sostegno a denti stretti e senza pretese al “diritto di scelta della donna” ci ha portato a questa posizione arretrata.

Sebbene la mobilitazione radicale sia in atto, deve confrontarsi con un panorama dominato dalla macchina democratica, che mira a limitare la rabbia e a incanalare la lotta in strumenti elettorali. Lo abbiamo visto a livello nazionale, quando i Democratici hanno voluto contenere le proteste [dirette verso] le casa dei giudici della Corte Suprema. A New York, la manifestazione di Foley Square si è svolta con un permesso della polizia – le strade intorno alla manifestazione erano fitte di poliziotti. Tra gli oratori c’erano rappresentanti dell’ufficio del procuratore generale Letitia James e il sindaco Eric Adams, il che è particolarmente ironico dato che Adams non ha aumentato il sostegno della città al New York Abortion Access Fund (NYACF) – un soggetto chiave per chi cerca di abortire provenendo fuori dallo Stato.

Durante il mandato di Adams come sindaco, la polizia di New York ha condotto oltre 700 controlli a tappeto sugli accampamenti dei senzatetto, per lo più condotti dal Gruppo di Risposta Strategica (SRG) “antiterrorismo” [1], ben noto per aver brutalizzato i manifestanti. Gli affitti in tutta la città stanno aumentando del 40-50%, con conseguente aumento del numero di senzatetto. È ridicolo che Adams si proponga come difensore dei diritti delle persone oppresse. La forte presenza della polizia, come ha sottolineato un oratore di NYC For Abortion Rights, non garantisce la sicurezza delle persone partecipanti, anzi mette in pericolo molte di loro. Alla fine del discorso, una coalizione di compagn* di Left Voice, DSA, NYC For Abortion Rights e altr* ha marciato spontaneamente verso Washington Square Park, guidando centinaia di partecipanti alla manifestazione. Gli organizzatori, tuttavia, non hanno voluto partecipare o sanzionare questa marcia, perché non aveva il permesso.

Questo evento è un microcosmo della lotta nazionale per i diritti all’aborto – un movimento che è pronto per l’azione militante, ed un corpo Democratico [inteso come legato al Partito Democratico,ndt] che non solo insiste nel guidare il movimento, ma ne coopta le strategie più promettenti insistendo sulla cooperazione con la polizia e i tribunali come la via migliore per difendere l’autodeterminazione dei corpi.

Nel frattempo, chi difende le cliniche e le altre attiviste per i diritti all’aborto in tutto il paese si sta muovendo sfidando la polizia. NYC For Abortion Rights ha portato avanti, per diversi anni, manifestazioni contro gruppi di destra e gruppi anti-scelta, nonché azioni di difesa delle cliniche, il tutto senza permesso della polizia.

Quando diciamo “Abbiamo sempre abortito e sempre abortiremo”, chiamiamo ad una resistenza conflittuale nei confronti di qualunque cosa decidano i tribunali – e contro qualunque modo la polizia la farà rispettare. E questa resistenza conflittuale è sia assolutamente necessaria che assolutamente impossibile se si limita la lotta alle azioni permesse dalla polizia.

Rivolgersi alla polizia per proteggere le pazienti che devono abortire è, a dir poco, fuorviante.
È la minaccia del carcere che mantiene chi cerca un aborto isolata, spaventata ed inconsapevole delle risorse che esistono per aiutare le persone ad autogestire in modo sicuro l’aborto, così come viaggiare per ottenere tali risorse.

Se abbiamo paura della chiusura delle cliniche e del ritorno ai pericolosi aborti clandestini che uccidono le persone incinte, dobbiamo ricordare che è la polizia a rendere gli aborti auto-gestiti così pericolosi. Gli aborti auto-gestiti possono essere eseguiti in modo assolutamente sicuro, specialmente con l’avvento della pillola abortiva. Gli aborti autogestiti sono più sicuri, per esempio, dei parti in casa. Sebbene non possiamo, naturalmente, accettare allegramente la chiusura delle cliniche come una conclusione scontata, esse non solo devono essere difese, ma bisogna espanderle per soddisfare richieste non soddisfatte. Gli aborti chirurgici in clinica rimangono una richiesta essenziale, e che dovrebbe essere uno pezzo centrale della lotta futura.

Tuttavia, la criminalizzazione del “favoreggiamento dell’aborto” farà sì che gli aborti sicuri autogestiti diventino pericolosi e traumatici, che le informazioni e le risorse per eseguirli in modo sicuro rimangano inaccessibili e che chi cerca di abortire non abbia nessuno a cui rivolgersi e nessuno che la aiuti, se non gli opportunisti più sfacciati e senza scrupoli.

La lotta che ci attende
Sulla scia della nota trapelata, la polizia ha brutalizzato chi protestava a Los Angeles.
Possiamo aspettarci che questo [stato di cose] continui finché le azioni dirette per proteggere i diritti dell’aborto continueranno a guadagnare slancio in quella che deve diventare un’estate calda. E mentre la Corte Suprema di destra continua ad espandere i poteri della polizia per la sorveglianza dell’aborto, le pazienti per l’aborto e le persone incinte si troveranno in un pericolo ancora maggiore.

Ci sono già compagnie del settore tech che si occupano di vendere dati riguardanti le persone incinte alle forze dell’ordine, usando le app per il tracciamento mestruale e la geolocalizzazione.
La polizia [2] è forse lo strumento più prezioso che lo Stato ha per smantellare l’autonomia corporea e, insieme alle nuove tecnologie di sorveglianza e ad una generale svolta a destra, coloro che cercano di abortire sono direttamente nel mirino.

L’estrema destra è consapevole delle connessioni tra la mobilitazione e i poteri legali e penali dello Stato. Hanno aizzato la loro base contro la pillola del giorno dopo, gli anticoncezionali ormonali e la spirale uterina in quanto abortivi. La nota di Alito, a prescindere dalle sue affermazioni, lascia chiaramente spazio per smantellare anche l’accesso alla contraccezione. In tutto il mondo la polizia, soprattutto negli Stati Uniti, è alleata dell’estrema destra. Sono loro a scortare la marcia dell’Arcidiocesi di New York per molestare le pazienti che praticano l’aborto. E sebbene i poliziotti in uniforme non partecipino alle campagne di molestie alle cliniche, abbiamo ragione di credere che la polizia lavori con gli invasori di cliniche dietro le quinte. La citata nota può essere vista come una parte della connessione sempre più stretta tra la mobilitazione militante dell’estrema destra, l’apparato legale dello Stato e i poteri penali che li collegano.

New York City for Abortion Rights (NYCFAR) è stata costituita cinque anni fa per essere parte di un’importante risposta della sinistra a questa strategia coordinata della destra. È stata costituita per contrastare la marcia mensile dell’Arcidiocesi di New York – che molesta le pazienti della Planned Parenthood di Bleecker Street. I difensori della clinica si riuniscono e picchettano fuori dalla Basilica di San Patrizio in Mulberry Street – che ospita i molestatori della clinica. I membri della NYCFAR formano un blocco sulla strada per ritardare l’arrivo di questi antis’ [manifestanti anti-aborto] alla clinica. Quando altri gruppi antiabortisti hanno messo gli occhi su New York, la NYCFAR ha ampliato la propria strategia per contrastarli (per saperne di più, vedi qui). L’estate scorsa, quando la minaccia alla Roe è diventata più evidente, l’arcidiocesi ha esteso la campagna a tutti i distretti di New York. La NYCFAR è riuscita a bloccare i loro sforzi a Brooklyn dopo una campagna di difesa militante delle cliniche e di sensibilizzazione della comunità, in particolare collegando le azioni dell’Arcidiocesi alla recente approvazione della SB8 in Texas. [3]

Naturalmente, la polizia è sempre molto presente a queste manifestazioni – né per aiutare a scortare le pazienti in sicurezza all’interno della clinica, né per far rispettare la legge sulla libertà di accesso agli ingressi delle cliniche tenendo gli antis’ lontani dalla porta della clinica, ma [solo] per difendere questo corteo di estrema destra mentre marcia verso la clinica. Gli attivisti della NYCFAR hanno spesso visto i poliziotti e gli antis’ parlare e scherzare amichevolmente. L’estate scorsa, dopo che il National Review aveva pubblicato diversi articoli sulla difesa delle cliniche da parte della NYCFAR, la SRG è arrivata [mentre veniva] difesa la clinica a Brooklyn e ha arrestato due membri della NYCFAR in mezzo alla strada per aver “bloccato il traffico pedonale”. Nessuno degli antis’ è stato arrestato.

Il 7 maggio, dopo la fuga di notizie sulla Roe, la NYCFAR e i sostenitori dell’aborto a New York hanno ottenuto una vittoria straordinaria e senza precedenti nella difesa della nostra clinica, che era stata annunciata prima della fuga di notizie. Di solito siamo in venti al massimo. Questa volta, c’erano almeno un centinaio di persone fuori da St. Patrick pronte a difendere i diritti dell’aborto, di prima mattina, sotto la pioggia. I picchettatori scandivano: “Grazie a Dio per l’aborto”, “Non la Chiesa, non lo Stato, le persone devono decidere il proprio destino”, “L’aborto è un’assistenza sanitaria, l’assistenza sanitaria è un diritto”. Novanta minuti dopo abbiamo appreso che, per la prima volta in cinque anni, gli antiabortisti avevano deciso di non marciare perché la polizia non li avrebbe scortati. Questo è stato interamente dovuto ai nostri numeri e alla nostra militanza. Inoltre, questo spiega direttamente le tattiche necessarie per difendere l’aborto.

Non solo a New York, ma in tutti gli Stati Uniti ci aspetta una dura lotta. Questa situazione è barbara e spaventosa oltre ogni dire. Ma se vogliamo prevalere, non dobbiamo cadere nella disperazione o nel nichilismo, e di certo non dobbiamo reinventare la ruota. Possiamo guardare alle campagne di successo che non solo hanno difeso, ma hanno anche conquistato i diritti riproduttivi.

Prima della Roe, esisteva il Jane Collective, una rete clandestina di fornitori di aborti che praticavano aborti sicuri e trasportavano le persone dove necessario per eseguirli. Oggi esistono fondi per l’aborto per fare questo. Dobbiamo proclamare pubblicamente che continueremo ad abortire e che continueremo ad “aiutare e favorire” gli aborti, indipendentemente da ciò che deciderà la Corte Suprema. I movimenti femministi di tutto il mondo hanno conquistato i diritti all’aborto attraverso proteste sociali di massa e azioni dirette.

Possiamo e dobbiamo trarre ispirazione dalle loro lotte. In Irlanda, in Argentina, in Polonia e in Cile, la lotta contro l’aborto è stata combattuta nelle strade, attraverso l’azione diretta e la rivendicazione senza mezzi termini dell’aborto come diritto inalienabile – non eleggendo politici che difendessero il “diritto di scegliere”. È di questa azione militante che avremo bisogno negli Stati Uniti se vogliamo vincere.

Se, tuttavia, non potete partecipare alla lotta militante, una delle cose più importanti e semplici da fare è donare ai fondi per l’aborto come: https://abortionfunds.org/funds, https://www.ineedana.com/.

A differenza di una donazione a Planned Parenthood, una donazione a queste organizzazioni serve direttamente ad aiutare qualcuna ad accedere all’aborto, ad esempio se deve viaggiare fuori dallo Stato. Potete anche sostenere un’organizzazione come https://www.plancpills.org/, che fornisce pillole abortive a chi non può recarsi in una clinica e risorse sull’aborto autogestito. Puoi anche acquistare le pillole abortive qui: https://aidaccess.org/ prima che tu sia incinta.

Note dei traduttori
[1] Strategic Response Group, una formazione della polizia newyorkese con funzioni simili alla nostra antisommossa.
[2] La parola originale è Policing, che ha a che fare con polizia ma indica un atto anziché la la polizia in maniera specifica. La polizia è quel soggetto che mette in atto il policing, ma può anche non essere l’unico soggetto a farlo.
[3] Texas Senate Bill 8: Relativo all’aborto, compresi gli aborti dopo il rilevamento del battito cardiaco del nascituro; autorizza un diritto di azione civile privata.
Link: https://legiscan.com/TX/text/SB8/id/2395961

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Con la bava alla bocca

All’inizio del film “Demoni” di Lamberto Bava del 1985 vi è una parte dove, all’ingresso del cinema in cui si svolgono i fatti, una ragazza prova una maschera a forma di demone che, fino a quel momento, era indosso ad una statua di un cavaliere a cavallo di una vera moto.

Indossando questa maschera, la ragazza si procura un taglietto sul viso che, in men che non si dica, fa uscire copiosamente del sangue.

La poverina, appena entra in bagno per sciacquarsi la faccia, vede che sulla ferita si è formato un bubbone bianco; questo esplode e la ragazza muta in un essere dagli occhi giallastri, unghie lunghe, denti aguzzi e sangue che esce dalla bocca. È diventata un demone.

Ora immaginiamo che questa ragazza con il bubbone bianco e la sua mutazione rappresenti, di base, delle persone represse che appaiono positive e benevole con i loro discorsi e e le loro prassi.

La repressione di costoro viene nascosta – abilmente o meno – da una o più maschere.

Se seguiamo la concezione pirandelliana, queste non sono altro che strumenti con cui le persone si spersonalizzano e assumono molteplici identità, diverse tra loro, ma sempre ossequiose alle regole e morali sociali vigenti.

In contesti del genere, le informazioni ricevute da questi individui, portano costoro ad accogliere (con approvazione o riprovazione) una serie di messaggi senza forma (informi) ricevuti tramite un “canale” – ovvero una serie di mezzi di comunicazione che provvedono a trasmettere i messaggi alle persone potenzialmente destinatarie.

Nel mondo dei nuovi media, il linguaggio adottato spinge quanto più possibile gli individui a manifestare delle reazioni, facendo leva su argomenti di tipo emotivo.

Accade allora che a Mascalucia, un paese dell’hinterland catanese, una madre uccida la propria figlia di 4 anni.

I media non si sono lasciati sfuggire questa ghiotta occasione.

Un evento del genere, messo in mostra dagli interventi audiovisivi dei parenti paterni della bimba uccisa, dell’avvocato difensore della madre e della maestra d’asilo, la lettera del padre e via di questo passo, porta la testata giornalistica a diventare rilevante e fondamentale nel dare determinate informazioni, ottenendo al tempo stesso un guadagno monetario.

Oltre ciò, in pochissimi giorni si è vista la corsa delle varie testate giornalistiche nel riportare le “breaking news”, i particolari più macabri, scabrosi o semplicemente intimi della vicenda. Il tutto assume la forma di quella che si potrebbe definire “pornografia del dolore”: ogni minimo dettaglio viene scandagliato per creare ora il mostro, ora il soggetto incapace di intendere e di volere. In ogni caso non viene lasciato un minimo spiraglio di tempo che serva sia a rispettare il dolore delle persone coinvolte nella faccenda, sia a poter guardare a quanto successo con la mente più lucida.

Ed infatti, le reazioni delle persone che commentano sui social sono di aperta ostilità e di odio verso una ragazza considerata ora come una moderna Medea, ora come una povera pazza a cui non si deve dare assistenza legale.

Sembra di assistere ad una concezione tipicamente orwelliana dei “due minuti di odio”, con la differenza che “1984” era un romanzo mentre questa è la realtà quotidiana.

Qualsiasi cosa sia successa e il dolore genuino provato dai parenti della piccola, quindi, passano in secondo piano. Per la gioia di repressi e chi monetizza su queste notizie.

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La Colombia: tra violenze di Stato ed elezioni presidenziali

Articolo scritto da Federica per il Gruppo Anarchico Galatea-FAI di Catania

Omertà e omicidi di Stato
Il governo del presidente Duque conclude il suo mandato senza che abbia fatto luce sui crimini commessi durante le manifestazioni avvenute tra Aprile e Giugno del 2021. Ad un anno dalla fine delle proteste ancora non si conoscono le cifre esatte di tuttx coloro che sono “desaparecidxs” – compresx quellx uscitx di casa per protestare. Le ONG che hanno cercato di far luce su questi casi rivelano che la maggior parte dei delitti restano impuniti: alcune delle persone scomparse sono poi riapparse smembrate e i loro casi sono stati archiviati come allontanamenti volontari. Nei primi 40 giorni di manifestazioni erano già scomparse 800 persone. A Maggio la Fiscalìa assicurava che non c’era nessuna denuncia formale sulle sparizioni; quindici giorni dopo emetteva un altro rapporto che evidenziava 290 casi registrati. Lo stesso fiscale (procuratore) Barbosa, gran amico di Duque, affermava come nel mese di Agosto esistevano solo sei denunce ufficiali di persone scomparse e che, tra queste, almeno cinque non c’entravano nulla con le proteste. Peccato che secondo una piattaforma composta da 250 organizzazioni di diritti umani nei tre mesi di proteste sono stati documentati 820 casi di sparizioni forzate.
La maggior parte erano giovani, come Duvan.
Duvan Felipe Barrios, di 17 anni, il 5 giugno stava protestando nel Portal America a Bogotà. L’ultima volta che era stato visto in vita dai suoi amici, un agente dell’ESMAD (squadra antisommossa) lo stava portando via.
La madre aveva iniziato subito le ricerche e, dopo alcuni tentativi di depistaggio da parte delle autorità, il cadavere di Duvan era stato ritrovato dopo un mese in un fossato, ad un’ora e mezza di distanza da dove era scomparso. Il corpo presentava segni di violenza e ferite nei polsi, come se fosse stato ammanettato. Il comandante della polizia di Bogotà dichiarò che la morte di Duvan non c’entrava nulla con le proteste ed era dovuta ad un annegamento accidentale. La stessa sorte era toccata a Brahian Gabriel Rojas, scomparso il 28 aprile sul luogo degli scontri tra manifestanti ed ESMAD e ritrovato 6 giorni dopo annegato nel fiume Cauca.
Cercare desaparecidxs in Colombia è un problema di vecchia data. Le autorità negano che questo crimine esista e questa è la forma più radicale nel far scomparire un desaparecidx, afferma Camila Galindo coordinatrice tecnica della “Mesa nacional de personas desaparecidas”. Quando compaiono corpi smembrati o bruciati non si tiene nemmeno un registro degli eventi. Tutti gli sforzi sono tesi ad insabbiare i casi.
La Fiscalía ha un gruppo di lavoro che si occupa di cercare le persone scomparse. Solo che essi si occupano dei casi avvenuti nel contesto del conflitto armato e le manifestazioni sono un conflitto sociale. Di conseguenza, questi ultimi casi non sono inclusi nel citato gruppo di lavoro. La cosa grave di tutto questo è la non esistenza di una struttura che coordini le ricerche nell’immediato. (1)
Durante le manifestazioni l’unica speranza era gridare alle telecamere presenti il proprio nome e il numero di documento al momento di venire portati via dalla polizia. I/le manifestanti vivevano nel terrore di essere fattx sparire mentre venivano trasferitx ai commissariati. La maggior parte delle violenze sessuali e fisiche avvenivano durante questi trasferimenti che, a volte, duravano ore, rinchiusx in un blindato della polizia senza sapere dove si fosse direttx, subendo minacce dirette dalle forze dell’ordine.
Dei più di 800 casi documentati di desaparecidxs, la Fiscalia fino ad oggi ne ha registrati 528; di questi, 23 sono statx ritrovatx mortx. Ci sono ancora 312 casi su cui non è mai stata aperta un’indagine. Per questi ultimi è stata interposta un’azione di tutela contro la Fiscalia da parte di organizzazioni internazionali che vogliono far luce sulle ragioni dell’insabbiamento.
Oltre ai casi di persone scomparse, ci sono decine di persone in attesa di processo con l’accusa di terrorismo – solo perché hanno partecipato a manifestazioni e registrato gli eventi coi loro cellulari. Il terrorismo, secondo la Fiscalia è infatti definito come ciò che causa panico o paura e gli atti di vandalismo rientrano nella definizione. Quindi troviamo giovani che protestavano con gli stessi capi d’accusa di guerriglieri o paramilitari. Tutto con il fine di criminalizzare la protesta e impaurire i/le manifestanti.
Per quanto riguarda gli oltre 5000 casi di abusi di autorità registrati dall’ONG Temblores, non c’è stato nessun arresto per i poliziotti mentre per quanto riguarda i quarantasette omicidi presumibilmente compiuti dalle forze dell’ordine, sono stati effettuati solo tre arresti.
Nemmeno quando prove e testimoni sono presenti la giustizia fa il suo corso. I/le parenti delle vittime che hanno chiesto giustizia sono statx costrettx a scappare e cercare protezione all’estero in seguito alle minacce ricevute.(2)

Il “Paro Armado”
In seguito all’arresto di Otoniel, capo del Clan del Golfo, sono iniziate subito le udienze con la JEP (Justicia y Paz). La JEP è un organismo che si occupa di far conoscere la verità alle vittime del conflitto colombiano cercando di scoprire i nessi tra il paramilitarismo e lo Stato e, al tempo stesso, ritrovare le persone scomparse. Appena Otoniel ha iniziato a parlare e fare i nomi dei comandanti dell’esercito coinvolti, sono iniziate le interferenze della polizia ed è stata approvata la sua estradizione negli Stati Uniti.
Secondo Gerardo Vega, rappresentante di una associazione delle vittime, l’estradizione è stata fatta col seguente proposito: occultare i veri colpevoli e non far conoscere la verità. Negli Stati Uniti, infatti, i tribunali si concentrano sulle rotte del narcotraffico – in particolare sulle negoziazioni tra acquirenti e venditori -, e non sulla riparazione alle vittime e sulla verità dietro al conflitto. (3)
Subito dopo l’arresto, Duque ha celebrato la fine del gruppo criminale. Ma l’organizzazione ha voluto dimostrare chi comanda veramente e, subito dopo l’estradizione del boss, ha dichiarato un “Paro Armado” (“sciopero armato”). Durante questi giorni sono state paralizzate 11 regioni colombiane; sono stati commessi 12 omicidi e incendiati centinaia di veicoli di chi si arrischiava a girare per le strade nonostante il blocco imposto. In questa fase, i negozi e le scuole sono stati chiusi. L’obiettivo di questo “paro” è dimostrare che la politica di “sicurezza” di Duque è fallimentare.
Nonostante l’arresto di Otoniel, il Clan del Golfo continua ad essere più forte che mai ed ha il pieno controllo di alcune zone del paese. Anzi, dalla firma degli accordi di pace ad oggi, il Clan ha occupato territori che prima erano di dominio della guerriglia e si è, quindi, ulteriormente ingrandito, diventando più potente che mai.
La reazione del governo a questi blocchi è stata insufficiente, per non dire inesistente.
I blindati dell’esercito mandati per assicurare la circolazione sono stati attaccati dal clan e l’atteggiamento generale delle istituzioni è stato di passività di fronte agli eventi. (4)
Nelle zone più calde, inoltre, anche il giornalismo indipendente è stato silenziato.
I/le reporter che coprivano gli eventi sono statx minacciatx; 15 stazioni radio di Antioquia e Cordoba hanno dovuto sospendere le trasmissioni dopo che si sono rifiutati di leggere il comunicato diffuso dal Clan dove si annunciava il “paro”.
Il rifiuto da parte dei/delle giornalistx indipendenti è stato dettato dal fatto di non voler collaborare con il gruppo criminale nell’infondere paura nella popolazione.
Nonostante ciò, era comunque un pericolo anche il solo uscire di casa durante queste fasi. Per tale ragione, essx hanno deciso di sospendere le trasmissioni durante questo periodo.
Le forze militari ,che a parole promettevano protezione, sono stati inutili quando non direttamente conniventi. (5) Ciò si è visto quando, nei giorni dello “sciopero”, si è celebrato un matrimonio con diversi politici invitati, proprio nel cuore della zona più conflittuale. La gente comune doveva restare chiusa in casa mentre i fuochi d’artificio scoppiavano e gli/le invitatx del matrimonio potevano tranquillamente muoversi per raggiungere la cerimonia. (6)
Il “paro”, in definitiva, è avvenuto alla fine della campagna elettorale presidenziale, dimostrando da una parte la presunta inazione del governo di fronte a questi eventi e, dall’altro, spingendo le persone votanti a richiedere, ipoteticamente, una repressione ancor più dura contro questi gruppi armati.
In ogni caso, il terrorismo – che sia paramilitare o statale -, continua a comandare in Colombia.

La carnevalata elettorale
Nonostante il consenso popolare verso il governo sia sceso intorno al 20% (6), Duque ha sostenuto che se avesse potuto si sarebbe candidato nuovamente.
L’impedimento a questa rielezione presidenziale è data da una modifica dell’articolo 197 della “Constitución Política” avvenuta con l’ “Acto Legislativo 02” del 2015 da parte del “Congreso de la República.”
Intervistato dalla BBC, Duque ha rivendicato di aver raggiunto risultati durante la sua presidenza – che però non sono confermati dai dati odierni. Egli è convinto di aver favorito la crescita economica quando, invece, 26 milioni di persone (la metà del paese) vivono nella povertà e la Colombia è l’unico paese latino americano che soffre di carenza alimentare ed il secondo in classifica per disuguaglianza a livello continentale.
Anche dal punto di vista della sicurezza non ci sono stati progressi; gli ettari coltivati a coca sono diminuiti ma, grazie anche ai cartelli messicani che stanno aumentando la loro presenza nel territorio ed intessono relazioni coi gruppi criminali locali, la produzione di cocaina è aumentata. E le presunte conquiste fatte con l’arresto di Otoniel si sono rivelate vane come dimostrato con il “paro armato”. (7)
Dopo la prima tornata elettorale i voti non sono bastati per eleggere al primo turno Gustavo Petro, il candidato favorito. Quest’ultimo ha ottenuto il 40% dei voti contro il 28% di Rodolfo Hernandez, un imprenditore maleducato, demagogo e prepotente che non ha una proposta reale e concreta per il paese.
D’altra parte anche con Petro molte proposte sono demagogiche e non escono dalle solite logiche capitalistiche. Celebre la proposta di qualche anno fa di rimpiazzare il petrolio con gli avocado perché così viene salvaguardata la natura. Peccato però che il fabbisogno di acqua degli avocado ha già creato non pochi problemi in Messico e Cile, prosciugando quasi completamente le falde acquifere e lasciando senza acqua la popolazione.
Comunque vada questa tornata elettorale, la Colombia sta ancora pagando le politiche economiche scellerate degli ultimi 15 anni dove i presidenti che vi sono stati (Uribe, Santos e Duque) non si sono fatti scrupoli nel scendere a compromessi con il Fondo Monetario Internazionale e affamare la popolazione.
Ciò lo possiamo vedere dai dati di questi ultimi mesi del Dipartimento Amministrativo Nazionale di Statistica. Con l’inflazione arrivata al 9%, i prezzi medi dei generi alimentari sono aumentati del 13,25% (8); nonostante sia stato fissato ad un milione di pesos colombiani il salario minimo, il compenso medio per i lavoratori e le lavoratrici è di poco superiore a quest’ultimo.(9)
In tutto questa situazione, il tasso di disoccupazione è all’11% e, secondo la “Commissione economica per l’America Latina e i Caraibi”, l’indice di povertà (10) in Colombia potrà raggiungere il 39% quest’anno (con un aumento del 3% rispetto al 2021).
Con dati del genere, un cambiamento di figure di potere e una serie di accordi ancora vigenti con determinati aziende ed istituti finanziari internazionali, potrà mai cambiare lo status quo nel paese sudamericano?
Nonostante la situazione non sia delle migliori, l’organizzazione comunitaria presente in alcune regioni apre uno spiraglio di speranza verso un cambiamento dello stato di cose presenti in un territorio che, da più di mezzo secolo, è martoriato dalle violenze dello Stato e del Capitale.

La storia non conosce alternativa al sistema rappresentativo, generalizzato dalla democrazia borghese, fuorché nell’assolutismo autocratico od oligarchico”, scriveva Max Sartin in “Il sistema rappresentativo e l’ideale anarchico”, “Noi siamo banditori di un’idea nuova di convivenza sociale, un’idea che urta violentemente contro i pregiudizi ereditari, contro la pigrizia delle menti intorpidite dall’ignoranza e dalle privazioni, soprattutto contro gli interessi trincerati del privilegio economico e politico.”

Note

(1) Colombia: un sistema que desaparece a los desaparecidos, 10 Marzo 2022, Cerosetenta
https://web.archive.org/web/20220404005241/https://cerosetenta.uniandes.edu.co/un-sistema-que-desaparece-a-los-desaparecidos/

(2) La selectividad de la justicia colombiana en los hechos ocurridos en el Paro Nacional, 11 Maggio 2022, ¡Pacifista!
https://web.archive.org/web/20220530163610/https://pacifista.tv/notas/la-selectividad-de-la-justicia-colombiana-en-los-hechos-ocurridos-en-el-paro-nacional/

(3) “Quieren que ‘Otoniel’ no diga la verdad”: representante de las victimas criticó interferencia de las autoridades en las audiencias, 23 Marzo 2022, infobae
https://web.archive.org/web/20220323173021/https://www.infobae.com/america/colombia/2022/03/23/quieren-que-otoniel-no-diga-la-verdad-representante-de-las-victimas-critico-interferencia-de-las-autoridades-en-las-audiencias/

(4) Paro armado en Colombia: el fracaso de la política de seguridad del Gobierno, según analistas, 8 Maggio 2022, France24
https://web.archive.org/web/20220515044856/https://www.france24.com/es/am%C3%A9rica-latina/20220508-colombia-paro-armado-clan-del-golfo-otoniel-elecciones-violencia

(5) Así vivió la prensa el paro armado en el corazón del Clan del Golfo, Cerosetenta
https://web.archive.org/web/20220519164145/https://cerosetenta.uniandes.edu.co/ediciones/asi-vivio-la-prensa-el-paro-armado-en-el-corazon-del-clan-del-golfo/

(6) La élite política conservadora celebra una fiesta en medio del paro armado en Colombia, 10 Maggio 2022, El País
https://web.archive.org/web/20220608154051/https://elpais.com/america-colombia/2022-05-10/la-elite-politica-conservadora-celebra-una-fiesta-en-medio-del-paro-armado-en-colombia.html

(7) Iván Duque sobre las elecciones en Colombia: “Si pudiera presentarme, estaría en la pelea y sería reelegido”, 23 Maggio 2022, BBC News Mundo
https://web.archive.org/web/20220610093725/https://www.bbc.com/mundo/noticias-america-latina-61538860

(8) La inflación tiene a los colombianos contando moneditas para comer, 6 maggio 2022, Criterio
https://web.archive.org/web/20220506172016/https://diariocriterio.com/inflacion-2022-productos-mas-caros/

(9) Subió la proporción de trabajadores con menos de un salario mínimo, 1 Febbraio 2022, Portafolio
https://web.archive.org/web/20220216012711/https://www.portafolio.co/economia/gobierno/en-colombia-mas-trabajadores-ganan-menos-del-salario-minimo-561226a

(10) Según la Cepal, Colombia es el país donde más crecerían niveles de pobreza en 2022, 7 Giugno 2022, La Republica
https://web.archive.org/web/20220609004052/https://www.larepublica.co/globoeconomia/colombia-el-pais-en-donde-mas-aumentarian-los-niveles-de-pobreza-durante-este-ano-3378484

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Michele Corsentino, “Aspetti di vita meridionale. Il caso di Immacolata Caccavale”

Abbiamo deciso di pubblicare questo articolo di Michele Corsentino, tratto dalla rivista Volontà, perché, sebbene faccia riferimento ad un episodio avvenuto quasi mezzo secolo, esso rimane indicativo di una certa tendenza della società italiana nell’affrontare le tematiche riguardanti l’interruzione volontaria di gravidanza, l’educazione e la libertà sessuale.
Nel 1975, anno in cui l’articolo è uscito, la legge 194/78 era ancora in là da venire, e l’aborto era ancora vietato dalle leggi del fu regime fascista.
Eppure, nonostante quella che sembra essere una conquista, e cioè la legalizzazione dell’aborto tramite la sopracitata legge, ci troviamo ad oggi, nel 2022, in una situazione forse di poco migliore rispetto ai quasi cinquant’anni passati.
Negli ultimi due anni c’è stato un sensibile aumento delle infezioni sessualmente trasmissibili (IST) e delle malattie sessualmente trasmissibili (MST), il tutto mentre l’educazione sessuale, specie in territori come quello siciliano, rimane un tabù perché altrimenti potrebbere sconvolgere le fragili menti dei pargoli in età educativa o metter loro in testa strane idee sul loro orientamento sessuale.
Sembra come la canzone degli Skiantos, “Il sesso è peccato…farlo male” del 1999: ignoranza sessuale che porta l’individuo a non conoscere il proprio corpo e, quindi, ad impostare la sua attività sessuale in senso sbagliato ( ad esempio, beccandosi delle malattie).
Una mentalità del genere è onnipresente in Sicilia: la popolazione locale è ostaggio di una mentalità retrograda, cattolica ed apertamente reazionaria che trova la sua espressione nell’onnipresenza della Chiesa Cattolica e delle sue emanazioni (Diocesi, parrocchie, associazionismo cattolico, gruppi economici etc), nonché in un insieme di partiti politici che, tanto a destra quanto a sinistra, sono composti da baciapile di professione (spesso più per motivi di convenienza politica ed economica).
Il primo passo per scardinare questo discorso mortifero è quello di smontare pezzo per pezzo la retorica religioso-culturale di stampo patriarcale. Essa è presente, ammorba l’aria e mina pesantemente l’autodeterminazione corporea delle persone che vivono nell’isola (si pensi alle aggressioni omolesbobitransfobiche, od al machismo esasperato ed ostentato che caratterizza l’uomo medio siciliano).
Il passo successivo, crediamo noi, è quello di andare a leggere l’accesso all’aborto non solo in termini di genere, ma anche in quelli di classe.
Nel meridione, ed in Sicilia per quello che ci riguarda direttamente, l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza si esprime nei termini dell’appartenenza di classe: così, chi dispone di denaro può spostarsi in altre regioni o praticare un aborto in intramoenia, mentre il resto deve rivolgersi ad ospedali pubblici in cui si trovano percentuali molto alte (spesso vicine al 100%) di medici obiettori.
Per contrastare la situazione vigente, vi sono gruppi politici ed associazionisti che difendono queste misure atte a preservare il diritto all’IVG, così come vi è il tentativo di fare una corretta informazione sessuale.
Come detto altre volte, l’attuale sindemia non ha fatto altro che esacerbare (per non dire mostrare apertamente) un dibattito pubblico già povero di contenuti, in cui si sono avute tifoserie contrapposte anziché ragionamenti complessi ed articolati sul fenomeno che si stava e sta vivendo.
E così, a volte capita che, in nome di visioni pseudo-alternative politiche, si faccia ricorso alla peggiore dialettica reazionaria che definisce l’IVG come innaturale, imbastire discorsi insensati sull’obiezione di coscienza o mettere in secondo piano tutti questi discorsi sull’educazione sessuale e procreativa perchè “vi sono lotte più importanti”.
Per questo pensiamo che l’articolo di Corsentino, pur essendo datato, possa avere una sua valenza in tempi dove vi è un avanzamento dell’imbecillità reazionaria e/o pseudo-compagnesca.

Volontà. Rivista anarchica bimestrale”, a. XVIII, n. 6, Novembre-Dicembre 1975, pagg. 435-438

Le cronache dei giornali italiani, all’inizio della calura agostana quando milioni d’italiani e stranieri – secondo le medesime cronache – hanno lasciato il lavoro e le loro case per andare a trascorrere le vacanze al mare o in montagna, ci hanno fatto partecipi di una singolare notizia – per la penna dei loro illustri corrispondenti e scrittori – che ha assunto la forma di cronaca nera; cronaca molto agghiacciante se non orripilante, per un episodio triste tra i tanti, di cui ormai siamo abituati a leggerne più di brutti che di belli. Episodio triste – come dicevo – motivato da miseria e ignoranza e, allo stesso tempo, da disperazione in questa vecchia Italia, ipocrita e cristiana, ove si aggiunge ora la civiltà dei consumi, di cui tutto il mondo Occidentale è caratterizzato.
Nella vistosa cronaca napoletana è stata coinvolta tale Immacolata Caccavale, ventenne, oriunda, con famiglia, da uno sperduto paesino dell’Avellinese, e “inurbatasi” circa un anno fa a Napoli, ove l’infelice pensava di poter trovare lavoro per continuare a vivere con una certa dignità – direbbero i benpensanti. La Caccavale, invece, con l’unico patrimonio di miseria e ignoranza, vero tipo di emarginata sociale, va a finire a “vivere” la sua magra e desolata esistenza in uno di quei quartieri squallidi e abbandonati nella periferia della città partenopea, fitta di tuguri umidi e infetti e dove le povere famiglie vivono nella promiscuità con numerosa prole.
In questo ambiente abbandonati a se stessi vivono i dannati della terra, come se un cinico destino li avesse condannati a quel tipo di vita senza speranza alcuna di liberazione, rassegnati a condurre una disgraziata esistenza; sono i relitti del sottoproletariato meridionale, sardo e siciliano, di cui molti anni fa Danilo Dolci ci aveva dato la descrizione in alcune interessanti inchieste di carattere sociologico i cui protagonisti erano i medesimi sottoproletari, chiamati a denunziare in un accorato e disperato coro di voci le loro infelici esistenze di esseri tagliati fuori dal consorzio umano. Allora Dolci ebbe il merito – essendosi staccato dalla cultura ufficiale come uomo d’élite e attirandosi i fulmini dell’Italia ufficiale per le sue inchieste e conferenze – di vivere in mezzo a quelle popolazioni siciliane praticando il digiuno come forma di protesta per richiamare l’attenzione delle autorità ufficiali sempre sorde alle voci di certe realtà sociali che bisogna ignorare per non denigrare la patria del diritto e di lor signori; richiamava altresì, da buon pacifista, l’attenzione degli strati più sensibili degli intellettuali e degli studiosi stranieri.

Tuttavia la vita di Immacolata Caccavale è al centro di un mondo che non è mondo, di una vita che non è vita, di una esistenza subumana, forse al di sotto degli animali anche se più responsabile, perché abbrutita dalla miseria; mancano a lei gli strumenti culturali per inserirsi in un ambiente meno disperato e un po’ più aperto ai richiami del cuore e alle esigenze umane. Nel ghetto napoletano, senza lavoro, non le resta altra alternativa che fare la meretrice declassata; è sicuro che lei, Immacolata, non conosce gli anticoncezionali e nemmeno ne capisce il significato; e abbandonata al suo destino con il suo fagotto ambulante, un giorno rimane incinta da un cliente occasionale; ormai, nemmeno sa quanti ne ha avuti di clienti occasionali da quando è scivolata nel gorghi del “vizio”. Ecco che Immacolata diventerà una ragazza-madre, contrariamente alla sua volontà; una responsabilità e molte preoccupazioni in più che si assommano a quelle già gravose del vivere quotidiano. A liberarsi di questo peso, perché per lei non può essere che un peso ingombrante e non una gioia, la gravidanza, forse non sa che potrebbe essere aiutata dalla scienza medica, con l’aborto, e nemmeno sarà stata consigliata e aiutata da nessuno.

Ma io parlo di aborto! Senza ricordare che ancora nella cara Italia esso è proibito dalle vigenti leggi fasciste. Per ricorrere all’aborto clandestino ci vogliono fior di quattrini di cui la povera Immacolata non ha mai potuto disporre. Perciò, volente o nolente, ella sarà costretta a diventare un giorno una ragazza-madre.

Diventare una ragazza-madre – anche a volerlo – è uno scandalo, specie negli ambienti dove la ragazza è conosciuta dalla cerchia dei parenti e degli amici, a causa di persistenti pregiudizi secolari legati alla estrema miseria di quelle popolazioni; ed è perciò un tabù mal tollerato soprattutto dalla morale corrente. Infatti, nelle zone depresse prima di parlare dei problemi del sesso o di una sana educazione sessuale ai sottoproletari denutriti, bisognerebbe non solo indicare le vie della piena occupazione, ma dovrebbe essere compito delle persone oneste e disinteressate a cui sta a cuore la sorte di quelle popolazioni studiare assieme ad esse i problemi locali; se non per raggiungere la piena occupazione, almeno per alleviare con l’aiuto di assistenti sociali e di specialisti di ogni settore, quanto più è possibile la miseria nera di quei sottoproletari. I problemi delle zone depresse vanno studiati, se vogliamo affrontarli, on occhio realistico e non mai con teorie o formule astratte, che spiegano tutto e non dicono nulla, come direbbe il nostro indimenticabile Salvemini.

Nessun giornalista o scrittore è stato mai interessato – sicuramente per amore di quieto vivere – a denunziare quel mondo di derelitti, forse per non guastare la buona digestione delle cosiddette classi dirigenti, locali e nazionali, che se ne infischiano di quel mondo (quanto addirittura non lo ignorano) perché vogliono vivere in pace e non vogliono essere infastiditi… dai pezzenti. Se mai, cercano quelle persone durante la campagna elettorale, per il tramite dei loro agenti, subagenti e galoppini elettorali, per mendicare il voto in cambio d una cassetta di pasta o di diecimila o ventimila lire. D’altronde tutti quei paradisi che promettono sulla faccia della terra, sono delle grosse castronerie o favole a cui nessuno crede; per cui ogni politicante, all’occhio del più infimo di quei sottoproletari, passa per il più matricolato briccone e imbroglione di questo mondo.

Prima che arrivasse il figlio del caso si erano presentati ad Immacolata i Marano; lui, il marito, fa il netturbino a Milano; una coppia di modeste condizioni sociali ben inserita nella nostra società consumistica, verso la quale la natura è stata avara quanto a figliolanza e perciò desidera ardentemente di avere un figlio, sia pure per allietare la monotona esistenza della vita di una grande città come Milano. Nella trattativa il nascituro viene pattuito al prezzo di settecentomila lire; somma, questa, che renderà un po’ felice la giovane sventurata. Ciò non vuol dire che in lei siano stati distrutti i sentimenti materni dalla fame, perché semmai quei sentimenti sono stati piuttosto lacerati e umiliati da tutti noi, meglio, da tutta la società che l’ha abbandonata al suo triste destino.

Immacolata, pensando al suo nascituro, lo salva affidandolo a mani sicure, perché non abbia a soffrire le traversie della vita come lei. Quel che avvenne dopo la nascita di Giovanni, con l’intervento della polizia e della magistratura, è stato affidato alle cronache dei giornali e non è il caso di ripeterlo in questa sede.

Al caso ha dedicato un pezzo – sul “Corriere della Sera” (7 Agosto ora scorso) – lo scrittore e giornalista napoletano Luigi Compagnone, con un commento di tipo letterario che lascia il tempo che trova perché non affronta l’analisi sociologica nelle radici del sottosuolo o, per meglio dire, dei bassi napoletani. Un argomento, questo, molto buono per narratori che vogliono ricamarci un romanzo neorealistico sullo sfondo della civiltà dei consumi o un soggetto, eccellente e molto adatto a ispirare la fertile e geniale fantasia del noto commediografo Eduardo De Filippo.

In questo dramma della Caccavale – e non si tratta di un caso sporadico perché di casi, più o meno similari, ce ne sono migliaia e migliaia che non si conoscono ufficialmente – sono implicate tutte le contraddizioni della nostra società, basata sui privilegi di classe come tu sai meglio di me, caro Compagnone; e non puoi non convenire che bisogna combattere ad oltranza le istituzioni che mantengono gli avanzi della barbarie su cui gli speculatori e i parassiti di ogni tinta e di ogni grinta si fondano per aumentare le loro ricchezze e i loro privilegi. Non è più il tempo, esimio narratore napoletano, di attardarci in commenti, più o meno letterari.

Una nostra presenza (e tu vi giocheresti un ruolo di primo piano con la sua prestigiosa personalità) è necessaria per incominciare a capire (avviso pure ai compagni napoletani!) come bisogna incominciare per eliminare le cause che producono le brutture del nostro infelice Mezzogiorno.
Michele Corsentino

Note storiche a cura del Gruppo Anarchico Galatea
Su Michele Corsentino
Nato l’8 Novembre del 1926 a Ribera (provincia di Agrigento), frequenta fin da giovane il movimento anarchico. In questo periodo subisce numerose perquisizioni da parte delle forze repressive fasciste. Influenzato da Paolo Schicchi, dopo la fine della guerra e del regime fascista, Corsentino diventa il diffusore dei giornali schicchiani nel territorio agrigentino.
Entra in contatto con l’anarchico napoletano Grillo e, tra il 1947 e il 1956, partecipa sia ai convegni anarchici in Sicilia che alle iniziative editoriali anarchiche dell’isola.
Nel 1957 Corsentino assume la direzione del giornale “L’Agitazione del Sud” subendo processi e successive condanne per reati di stampa. Un anno dopo, nel 1958, si trasferisce a Londra dove insegna lingua e letteratura italiana nelle scuole pubbliche e in quelle per i figli degli emigranti italiani.
Da questo momento, Corsentino si dedicherà alla raccolta di materiali storici, oltre che sostenere le attività degli anarchici siciliani durante le sue visite nell’Isola.
Muore il 3 Gennaio 1998 a Londra a causa di un infarto.

Fonte consultata
-Bollettino Archivio Giuseppe Pinelli, n. 12, Gennaio 1999

Su Volontà Rivista
Fondata nel 1946 da Giovanna Caleffi Berneri e Cesare Zaccaria, la rivista, a differenza di altre pubblicazioni anarchiche di lingua italiana, si occupava di tematiche sociali, oltre che delle esperienze libertarie internazionali, senza dimenticare la parte teorica.
Volontà Rivista chiuse nel 1996.

Fonte consultata
-Sito del Centro Studi Libertari Giuseppe Pinelli, Milano

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La mobilitazione di Manhattan difende una clinica dai manifestanti anti-scelta

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Traduzione dell’articolo Manhattan Mobilization Defends Clinic From Anti-Choice Protesters

photo: @AshAgony

Sabato 7 maggio, un folto gruppo di sostenitori dell’aborto guidati dalla NYC for Abortion Rights (NYCFAR) ha difeso con successo una clinica Planned Parenthood di Manhattan e ha impedito agli estremisti anti-scelta di marciare fino a lì per molestare i pazienti. La NYCFAR organizza regolarmente azioni di difesa delle cliniche fuori dalla Cattedrale di San Patrizio, che l’Arcidiocesi cattolica di New York utilizza come luogo di allestimento per le sue proteste anti-aborto chiamate “Witness for Life” (Testimone per la vita).

Il primo sabato del mese, i fanatici anti-scelta hanno tentano di marciare da San Patrizio per molestare l pazienti. La NYCFAR ha tentato per anni di rallentarli mobilitando i sostenitori dell’aborto nell’occupare i marciapiedi e le strade. In risposta alla decisione trapelata della Corte Suprema sul caso Dobbs, che avrebbe ribaltato la Roe v. Wade, una folla numerosa ed entusiasta si è radunata fuori dalla chiesa e, per la prima volta, è riuscita a dissuadere la folla dal marciare verso la clinica. Mentre alcuni manifestanti anti-aborto si sono recati separatamente alla clinica, i membri della NYCFAR li hanno circondati con ombrelli in modo che le pazienti non li vedessero.

Un organizzatore della NYCFAR ha riflettuto sull’azione, dichiarando: “Come persona che ha difeso le cliniche prima del leak, penso che sia estremamente cruciale farlo ancora di più ora. Non siamo contro le chiese o i cattolici. Siamo contro le persone della Chiesa che vanno a molestare le pazienti che cercano di abortire. Continueremo a difendere le nostre cliniche e saremo pronti ad affrontare i futuri estremismi di destra”.

 

Durante l’azione, i manifestanti a favore dell’aborto hanno tenuto cartelli e cantato. Quando la folla ha appreso che gli attivisti anti-scelta non avrebbero marciato, si è tenuto un discorso improvvisato. Una registrazione è diventata virale quando un piccolo gruppo di estremisti di destra che si trovava sui gradini della chiesa ha iniziato ad urlare minacce sessiste ai sostenitori dell’aborto. Uno di questi giovani indossava un cappellino con su scritto “America First”, che lo collegava al movimento “Groyper” di Nick Fuentes. La sua identità e quella degli altri presenti sui gradini della chiesa è stata poi resa pubblica dagli antifascisti locali.

NYCFAR organizza azioni di difesa delle cliniche abortive di New York dal 2017. Nel 2021, l’attenzione di NYCFAR si è concentrata sulla difesa di una clinica Planned Parenthood di Brooklyn e, dopo una campagna di mesi di difesa della clinica, organizzazione della comunità, petizioni e telefonate, la chiesa cattolica che ospitava gli estremisti anti-aborto ha annunciato che non lo avrebbe più fatto. NYCFAR è presente sui social media: Twitter, Instagram, Facebook e TikTok.

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Il bitcoin è sinonimo di miseria per El Salvador

Scritto di José Alfredo Alfaro Alemán, membro del Comitato Editoriale e Scientifico della “Revista Anarquista Machete”.
Tradotto dal Gruppo Anarchico Galatea-FAI Catania
Revisionato da Elena Z.

El Salvador, America Centrale.
El Salvador è un paese prevalentemente rurale, la cui base economica dipende in larga misura dalle rimesse [1], dal settore dei servizi, dal subappalto dei salari per le grandi imprese e dal commercio informale. Ha una popolazione di oltre sei milioni e mezzo di persone che vivono stipate in un’area di 21.000 chilometri quadrati.

La maggioranza di loro si trova alle soglie dell’estrema povertà e della malnutrizione, senza accesso ai servizi di base come la salute, l’istruzione e l’occupazione, vulnerabile alla repressione da parte dello Stato salvadoregno, delle istituzioni poliziesche e militari e al fenomeno delle “maras” [2] o bande.

Dalla metà del XIX secolo, nel paese si sono succedute élite commerciali al potere che hanno usato le casse dello Stato per condurre affari privati. All’inizio del secolo scorso si è assistito alla privatizzazione delle terre comunali e degli ejidos [3], a cui è seguito un militarismo dittatoriale tecnocratico-riformista negli anni Cinquanta, che è culminato in una guerra civile durata più di dodici anni.

Infine, all’inizio del XXI secolo, [vi è stato] un periodo violento segnato dalla privatizzazione delle imprese nazionali, della sanità, delle comunicazioni, dell’istruzione, l’imposizione del dollaro statunitense come moneta legale e l’emergere di gruppi criminali o maras finanziati da questi governi.

Come se la situazione socio-economica non potesse ulteriormente peggiorare, il nuovo governo conosciuto a livello mondiale per avere a capo il “presidente più figo dell’America Latina”, un megalomane e mitomane che proviene dai settori più recalcitranti del militarismo e dell’imprenditoria privata – la cui piattaforma di governo comprende i rancorosi e gli espulsi dai partiti tradizionali della sinistra neoliberale, la destra ortodossa tradizionale e i gruppi paramilitari sopravvissuti alla guerra che erano stati sciolti con gli accordi di pace del 1992 -, ha punito ancora una volta la popolazione salvadoregna con l’imposizione del bitcoin come moneta legale, obbligando le aziende e le piccole imprese ad accettare questa moneta virtuale e, approfittando dello stato di necessità della maggioranza povera, l’ha convinta ad aprire un portafoglio virtuale a cui, chiunque ne abbia bisogno, può accedere attraverso un’applicazione telefonica nota come “Chivo Wallet”, permettendosi di affermare di aver “regalato” 30 dollari per incoraggiarne l’uso massiccio tra la popolazione.

La gente, che in media ha un accesso limitato all’istruzione, fatica a comprendere l’inganno, ma questo denaro “regalato” proviene da un pesante investimento di miliardi di dollari prelevati dalle casse pubbliche e realizzato dal partito “Nuevas Ideas” (guidato dalle stesse élite tradizionali che in passato si sono arricchite con la corruzione delle istituzioni e delle politiche pubbliche) nell’acquisire qualche centinaio di monete virtuali che, giorno dopo giorno, si degradano e perdono valore.

Ora quei milioni investiti in bitcoin andranno a peggiorare la situazione fiscale, che attualmente ha un rapporto debito/PIL dell’85%, rendendo il debito del paese perenne per tutte le generazioni future.

Mentre il presidente fa sognare il popolo con l’estrazione di bitcoin dall’energia geotermica del vulcano Conchagua nella parte orientale del paese, sostenendo che le criptovalute raggiungeranno un tale valore nel mercato internazionale da farci uscire dalla povertà, che le sue politiche improvvisate in materia di sicurezza porranno fine alle “maras”, eccetera eccetera; la popolazione fa lunghe file fuori dall’unico ospedale specializzato della capitale e dai centri sanitari locali, vaga per le piazze senza lavoro o semplicemente lavora fino a 12 ore al giorno per 7 miserabili dollari, e alla fine sono queste persone a pagare la dura crisi a cui ci ha portato l’avventura privata con denaro pubblico del presidente della grande “N”.

El Salvador è un Paese dissanguato da queste classi di élite commerciali, che ogni cinque anni cambia colore e facce, ma al cui interno va avanti lo stesso imbroglio da più di duecento anni: lo Stato salvadoregno è diventato un’impresa, a cui può partecipare solo chi può permettersi di spendere milioni di dollari in pubblicità per far credere di portare il popolo nella direzione giusta, usando la paura, il bisogno e la miseria come arma politica – come fa l’attuale governo di Nayib Bukele e le sue “Nuevas Ideas”.

Note dei traduttori
[1] La rimessa estera è un trasferimento unilaterale di denaro verso l’estero, effettuato da un lavoratore straniero a beneficio di un altro individuo residente nel suo paese di origine (in genere familiari, parenti, o amici).

[2] Le “maras” o “marabuntas” sono delle bande criminali nate negli Stati Uniti e diffuse in Centro-America (in particolare El Salvador, Honduras e Guatemala)

[3] L’ejido è un tipo di fondo agricolo della legislazione messicana, associato principalmente alla riforma agraria rivoluzionaria del 1915. Il terreno è di uso collettivo, indivisibile e senza possibilità di essere venduto o ereditato. Questa formula dell’ejido è stato adottato anche da altri paesi centro-americani, El Salvador compreso.

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Legge Roe vs Wade: Report da Austin, Los Angeles e Atlanta

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Austin
Traduzione dell’articolo ““How Far We’ve Come”: Austin in the Streets Against Attacks on Abortion Access

“Quanto siamo arrivati lontano”: Austin in piazza contro gli attacchi sull’accesso all’aborto
Relazione sulla manifestazione a sostegno della libertà e dell’autonomia riproduttiva nella cosiddetta Austin, Texas.
Il ricordo del 2020 è ancora vivo e ha portato a una manifestazione piuttosto stimolante ad Austin, Texas. Le folle che protestano contro l’ascesa dello Stato patriarcale che nega l’accesso all’aborto, hanno dimostrato la loro audacia e la loro apertura alla creatività e al confronto. Se il movimento riesce a produrre nuovi traguardi, a confrontarsi con la polizia e a sconvolgere l’infrastruttura del movimento antiabortista, può produrre una crisi a cui lo Stato dovrà rispondere.
Gli attacchi sull’accesso all’aborto in Texas sono arrivati prima e spesso, ma le persone si sono organizzate contro le sanzioni statali sull’aborto, organizzando numerose raccolte fondi per l’aborto per aiutare le persone che ne avevano bisogno. Nel 2013 un movimento di massa ha bloccato la sessione legislativa statale che [voleva] imporre ai centri per l’aborto di passare attraverso una serie di requisiti legali e medici per continuare ad offrire tale servizio. La legge alla fine è passata, decimando l’offerta di servizi nello Stato [del Texas], ma solo dopo che migliaia di persone sono state buttate fuori dal Palazzo della Capitale dalla polizia di Stato. Purtroppo, nel 2013 i manifestanti all’esterno hanno ringraziato i poliziotti per aver “protetto” i loro “diritti”. La manifestazione di questa sera, nel 2022, ha dimostrato quanta strada abbiamo fatto ad Austin.

APd found the only woman cop seen at the demo to tell people to clear Congress Ave. Crowd not taking requests. pic.twitter.com/nRmpqqhBz6

— Stop The Sweeps ATX (@stop_sweeps_atx) May 4, 2022

Dopo lunghe marce dalla capitale al tribunale federale del centro [cittadino], la polizia di Austin ha iniziato a diventare più aggressiva. I membri della folla hanno ipotizzato che la polizia fosse frustrata, essendo a conoscenza della marcia verso il tribunale ma non aspettandosi che le persone continuassero la manifestazione non autorizzata dopo quel punto. Alla fine della marcia, tornando verso la capitale, la polizia ha seguito, guidando lentamente, diversi manifestanti che camminavano con dei bastoni.
Alla fine hanno accumulato più di un isolato di ritardo rispetto al grosso della marcia e si sono sentiti frustrati, aggirando velocemente i dimostranti con i bastoni e lasciando che si difendessero da soli dal traffico in avvicinamento.

È di nuovo il momento dei discorsi alla Capitale, tra cui un appello al voto (che ha ricevuto applausi e fischi dalla folla) e un maoista solitario che ha guidato il 30% della folla con un appello alla “rivoluzione”. Dopo che il maoista è stato rimproverato per aver usato la parola “donne” escludendo le persone trans a cui viene negata l’assistenza all’aborto, la folla è ripartita verso sud lungo Congress Ave.

They haven’t stopped. Very annoying. We haven’t stopped either. pic.twitter.com/IOSp0fGH6R

— Stop The Sweeps ATX (@stop_sweeps_atx) May 4, 2022

Questa volta, in direzione sud, la folla si è sentita audace e ha occupato tutte e quattro le corsie di traffico, due delle quali contro la direzione di marcia del traffico. Questo metodo era diventato parte dell’intelligenza collettiva durante la Rivolta [a seguito della morte di] George Floyd nel 2020. I poliziotti erano frustrati dal fatto che il loro accesso alla testa del corteo fosse stato limitato e un poliziotto, all’altoparlante, ha detto alla gente di spostarsi di lato. La voce sembrava quella di una donna, forse l’unico poliziotto donna che controlla la folla. La gente con i megafoni ha iniziato a dire ai poliziotti che la folla non prendeva ordini da loro e ha alzato il dito medio.
Le auto dei poliziotti hanno attraversato i punti in cui la folla era più rada e si sono avvicinate alla testa del corteo. Due arresti brutali sono avvenuti pochi minuti dopo, con la polizia che ha placcato diverse persone e le ha gettate a testa in giù sull’asfalto. Alcune persone si sono avvicinate, ma non sono riuscite a liberare le persone fermate. Un’auto della polizia, che era stata per lo più circondata, ha fatto marcia indietro per sfuggire alla folla. Si sono levati canti di “Fuck the Police” e “Let them go!”[Lasciateli andare, riferito agli arrestati] e almeno una bottiglia d’acqua è stata lanciata in aria contro i poliziotti rimasti a piedi. Quest’ultimi si sono ritirati nelle loro auto e hanno continuato a seguire il corteo, suonando l’ordine di dispersione, ma senza poterlo applicare.

In particolare, alla marcia non c’erano poliziotti in bicicletta, noti per i loro interventi di controllo della folla. Non sembravano esserci nemmeno rinforzi in attesa ai lati, anche se poi è stato avvistato un elicottero di sorveglianza che volteggiava sopra di noi. La folla ha continuato ad andare avanti, in barba ai 20 minuti di ordini di dispersione, che hanno suonato a tutto volume dietro di noi. La folla è sembrata energizzata da questo conflitto e il tono è cambiato verso l’FTP (Fuck The Police), poiché la gente ha capito che ogni lotta deve passare attraverso la polizia. I tentativi di barricate della polizia sono stati ignorati e la gente si è mossa liberamente attraverso di essi, nella consapevolezza che i poliziotti non avevano il potere di fermarli.

Alla fine la folla è tornata alla Capitale e c’è stato un breve discorso prima che il maoista solitario cominciasse di nuovo a urlare alla folla [discorsi] sulla rivoluzione (qualunque cosa significasse per tale persona). La folla sembrava avere ancora un po’ di energia, ma le persone principali con i megafoni si sono ritirate, pronte a fare i bagagli.

APD just leapt out of a police SUV escorting the march and targeted a protester. There was a brief standoff as they were arrested. #RoeVsWade pic.twitter.com/cyR1OS8o7X

— Candice Bernd (@CandiceBernd) May 4, 2022

È circolato un altro bersaglio, un “centro di crisi per la gravidanza” [1] situato nel cuore del quartiere universitario di West Campus. La Trotter House, al 2717 di Rio Grande, approfitta di giovani persone universitarie disperate, indirizzandole esplicitamente lontano dall’accesso all’aborto e facendo propaganda per dissuaderle dal cercare assistenza sanitaria altrove. La folla rimanente era favorevole a questa destinazione e sperava che saremmo riusciti a raccogliere altri giovani mentre marciavamo attraverso il quartiere studentesco per arrivarci. Una parte consistente è partita per dirigersi verso la Trotter House e, dopo altri ordini di dispersione e applausi di sostegno dai bar degli studenti, siamo arrivati.
Il cancello intorno alla proprietà è stato aperto e la folla è entrata nella proprietà, il loro striscione è stato rimosso e sostituito con i cartelli della marcia, è comparsa una scatola di gessetti e abbiamo lasciato la proprietà adornata di slogan. Forse un piccolo gruppo di persone più preparate potrebbe passare al livello successivo, oppure un gruppo comunitario potrebbe organizzare una protesta durante l’orario di apertura. Come hanno detto i manifestanti, “Noi non otteniamo giustizia, loro non ottengono la pace”.

Austin Police arrest demonstrators out of the middle of Abortion Autonomy March earlier Tuesday. Fuck the Supreme Court and Fuck the Police. pic.twitter.com/4i2PXTgad5

— Stop The Sweeps ATX (@stop_sweeps_atx) May 4, 2022

Nel complesso la folla, soprattutto nella seconda parte della serata, è sembrata aperta alla sperimentazione e al confronto. I dibattiti sulla polizia, che hanno tenuto in sospeso anni di movimenti di strada, sembravano essere stati spazzati via all’indomani della rivolta del 2020. Le persone giovani hanno incoraggiato le altre a occupare tutte le corsie del traffico e non hanno subito alcuna reazione. Ha contribuito il fatto che la presenza di ONG consolidate fosse scarsa o inesistente, o che quelle che hanno partecipato non fossero interessate a guidare la manifestazione.
La situazione potrebbe cambiare nei prossimi giorni, man mano che le manifestazioni diventeranno meno spontanee e dirette, ma se le persone giovani che si sono affermate negli ultimi anni rimarranno scaltre e creative, sapranno mantenere la loro iniziativa e continueranno a portare avanti il confronto aperto con lo Stato.

Note del traduttore

[1] In originale Crisis pregnancy centers. Si tratta di finte cliniche o di furgoni da unità di strada che in apparenza offrono servizi medici per chi cerca di accedere all’aborto, ma che in realtà tentano di dissuadere le persone dall’avere un aborto, ricorrendo a pratiche di terrorismo psicologico e manipolazione.

 

Los Angeles
Traduzione dell’articolo “People Push Back Against LAPD and DHS Attempts to Smash Pro-Choice Protest
Le persone reagiscono ai tentativi della polizia di Los Angeles e del Dipartimento di Sicurezza Nazionale di distruggere la protesta a favore del diritto di scelta

Questo articolo si basa su un’analisi indipendente dei filmati della protesta e delle informazioni fornite dai testimoni, redatta da un terzo anonimo.

La rivelazione del 2 maggio sulla decisione della Corte Suprema di rovesciare la legge Roe contro Wade ha avuto l’effetto immediato di galvanizzare gli attivisti di sinistra e quelli a favore dell’aborto in tutta la nazione, in una mobilitazione che non si vedeva dai tempi della ribellione [dopo la morte di] George Floyd. Pur non raggiungendo le dimensioni di quella rivolta, la risposta è stata comunque notevolmente massiccia e le proteste nelle città di tutto il Paese si sono protratte per tutta la giornata successiva, il 3 maggio.

Some of the protestors and police have clashed. pic.twitter.com/9YyyQvx6uU

— Andrew J. Campa (@campadrenews) May 4, 2022

Qui, nella terra di Tongva, nella cosiddetta “Los Angeles”, le azioni si sono trasformate in scontri di strada con gli agenti fascisti della polizia di Los Angeles e la polizia federale del DHS. Alle 20.40 circa, è iniziato un confronto tra manifestanti autonomi che volevano prendere l’incrocio e marciare verso il municipio, incoraggiando i manifestanti di una protesta adiacente ad unirsi, e i poliziotti in un furgone sotto copertura, che stavano cercando di attraversare e costringere i manifestanti a spostarsi.

Solidarity with LA! What a statement as the whole country makes a push! Smash patriarchy! Smash white supremacy! #ACAB pic.twitter.com/9Gpg0zJdCx

— Antifa Sacramento (@AntifaSac_) May 4, 2022

Quando il confronto è diventato più intenso, gli agenti sono usciti dai veicoli e hanno iniziato a spingere e colpire i manifestanti con i manganelli. La polizia del DHS è entrata rapidamente in scena, guidando due volte le proprie auto contro la folla nel tentativo di spaventare i manifestanti.
Questo scontro ha attirato le persone lontane dalla protesta precedente (una manifestazione pacifica guidata dal PSL) verso la scena dello scontro per stare con e assistere i manifestanti che cercavano di prendere la strada, chiedendo che i poliziotti che respingevano le persone si allontanassero.

I poliziotti hanno continuato a far degenerare la situazione, picchiando, spintonando e minacciando diversi manifestanti, mentre continuavano a cercare di farsi strada con la forza tra la folla. Alla fine la situazione è degenerata e i manifestanti si sono spostati su Hill Street mentre i poliziotti continuavano a respingerli e a picchiarli.

LA cops beating on protesters at Pro-Choice rally and a masterful de-arrest. Cops need to go home#RoeVsWade pic.twitter.com/PtCYziM83M

— John #ProtectThackerPass (@Johnnthelefty) May 4, 2022

Due de-arresti [1] sono avvenuti quando gli agenti della polizia di Los Angeles hanno attaccato i manifestanti su Hill St., ma questi tentativi sono stati rapidamente circondati e costretti a consegnare gli arrestati.
I manifestanti hanno quindi iniziato a chiedere alla folla di continuare a risalire la collina per evitare un tentativo di kettle [2] da parte dei poliziotti. La polizia di Los Angeles tenterà altre due volte di intrappolare in un kettle i manifestanti quella notte; in entrambi i casi, gli abitanti dei quartieri di Los Angeles hanno dimostrato familiarità con tale concetto e sono riusciti ad aggirare questi tentativi con continui movimenti imprevedibili e posizionamenti strategici.
Nel 2021, i manifestanti di Los Angeles hanno mostrato per la prima volta la capacità di sfuggire ad un kettle, avvicinandosi ai bordi della linea di polizia dotata di scudi e costringendo la polizia a indietreggiare, creando così lo spazio per permettere alla folla di fuggire e filtrare. Questa volta, tali misure sono state rese superflue da un movimento rapido e strategico.

Dopo essere fuggiti da Hill Street, i manifestanti hanno marciato verso il municipio e hanno tenuto l’incrocio, prima di spostarsi di nuovo per evitare un kettle e tornare al municipio, lasciando messaggi e opere d’arte e presumibilmente danneggiando un’auto della polizia abbandonata. La notte si è conclusa con piccoli ma insignificanti scontri con contro-manifestanti fascisti anti-aborto, ma questi sono stati rapidamente allontanati e la folla si è dispersa, evitando un altro kettle.

Didn’t get a chance to capture the original break. DHS car window broken. pic.twitter.com/1RFEgAxfkT

— Sean Beckner-Carmitchel (@ACatWithNews) May 4, 2022

La serata si è conclusa con alcuni feriti, per lo più lievi, e un solo arresto. Il successo della serata dimostra sia la disinvolta posizione anti-polizia dei comuni civili e la loro volontà di partecipare con vigore a un’azione seria, sia la nostra capacità di superare la polizia, di adattarci rapidamente a situazioni complesse e di proteggere i nostri compagni dalla repressione. Potere e solidarietà alle persone di Los Angeles!

Fonti
https://www.politico.com/news/2022/05/02/supreme-court-abortion-draft-opinion-00029473
https://twitter.com/VPS_Reports/status/1521696883827118081?s=20&t=JOnm9TiOJgke3gTdY8_6SA
https://twitter.com/PplsCityCouncil/status/1521702215118770176?s=20&t=JOnm9TiOJgke3gTdY8_6SA
https://www.latimes.com/california/story/2022-05-03/downtown-los-angeles-roe-wade-protest
https://www.dailymail.co.uk/news/article-10780835/DHS-agent-shoves-pro-abortion-protesters-thousands-streets.html

Note del traduttore
[1] Pratica comune da parte dei manifestanti durante la rivolta che è seguita alla morte di George Floyd. Si tratta di un’azione tesa a liberare le persone arrestate dalla polizia, solitamente tirando via la persona arrestata o confrontando fisicamente i poliziotti per liberare tale persona.
[2] Controllare una folla di persone circondandole e impedendo loro di muoversi o allontanarsi. Fonte: “kettle”, MacMillan Dictionary.

Atlanta
Traduzione dell’articolo “Reactionary Protests in Atlanta: What is to Be Done?
Proteste reazionarie ad Atlanta: Cosa fare? Critica delle recenti proteste ad Atlanta, in Georgia, contro le minacce alla libertà riproduttiva.

Con l’imminente seconda protesta di sabato contro la decisione trapelata della Corte Suprema in merito al Roe vs Wade, un crescente livello di malcontento per lo stato delle azioni in varie parti del movimento di Atlanta dovrebbe spingerci a riflettere sulla natura di un certo tipo di azioni che si vedono spesso qui: le proteste di marcia noiose ed inette.

Il problema di queste proteste è che l’organizzazione e i particolari organizzatori che le guidano, sono di natura reazionaria. Cercano di “ritornare” o di mantenere una parvenza di status quo.

Quando il Partito per il Socialismo e la Liberazione (PSL) si presenta alle proteste del BLM con cartelli come “poliziotti assassini in prigione”, indica la sua convinzione che il sistema carcerario, anziché da abolire, sia accettabile e che debba solo essere adattato.

Quando i Socialisti Democratici d’America (DSA) spendono i loro sforzi nel tentare di risolvere elettoralmente i problemi dell’America imperialista, indicano la loro convinzione che il sistema elettorale funzioni, ma deve essere adattato per lavorare per il popolo.

Quando l’anno scorso gli organizzatori del PSL si sono fatti beffe degli anarchici che si presentavano alle loro proteste ma si rifiutavano di portare quei cartelli pro-carcerari, hanno mostrato una mancanza di mentalità rivoluzionaria.

Quando il DSA di Atlanta evita di infrangere la legge – al di là del camminare per strada per piazzarsi di fronte a un edificio vuoto del Campidoglio per urlare contro nessuno in particolare, mentre vengono osservati dai poliziotti divertiti, comodamente indisturbati all’interno della rete di sicurezza o delle fortificazioni appena erette -, mostrano un grande disagio verso la mentalità rivoluzionaria.

Quando gli organizzatori locali del DSA e del PSL, all’ultima marcia per “difendere la Roe”, hanno bloccato fisicamente altri manifestanti consenzienti nell’unirsi con gli anarchici che cercavano di creare una fazione di rottura della marcia per un’azione diretta finalizzata alla disgregazione attraverso una disobbedienza civile non distruttiva, hanno messo a nudo il cuore reazionario che sta alla base di ciò che affligge vasti settori del movimento di Atlanta.

Quando la squadra di “sicurezza” della recente contromanifestazione a Stone Mountain ha proclamato a gran voce che i partecipanti attivisti devono seguire i loro ordini a causa della natura del rapporto tra sicurezza e manifestanti regolari, ha soffocato il potere della risposta creativa contro le aperte manifestazioni di fascismo.

Queste tendenze reazionarie, qualunque sia la loro origine, per la loro stessa natura e per la loro espressione attraverso il controllo di una protesta, soffocano il potenziale e il potere rivoluzionario che si manifesta in momenti storici come quello che stiamo vivendo.

Il PSL o il DSA di Atlanta hanno alcune posizioni rivoluzionarie? Certamente. Gli organizzatori al centro di queste proteste hanno uno spirito rivoluzionario? Senza dubbio. Tuttavia, continuano a comportarsi come reazionari incapaci di lanciare una vera sfida allo Stato e allo status quo.

Questa espressione di intenti rivoluzionari in alcune aree e di paura reazionaria in altre, deriva, credo, da una visione liberale verso ogni espressione di lotta come un caso a sé stante, piuttosto che dalla visione rivoluzionaria di ogni conflitto come facce diverse della stessa lotta interconnessa. L’origine della battaglia per i diritti riproduttivi è la stessa per la difesa della foresta di Atlanta, per il movimento per la restituzione della terra, per la richiesta di abolizione della polizia, per il movimento “Black Lives Matter”, per il diritto alla casa, per il movimento operaio e per qualsiasi altro campo di battaglia in cui la sinistra si confronta con lo Stato e il capitale.

Questo non significa che Atlanta sia del tutto priva di lavoro rivoluzionario. Esistono gruppi in cui la tiepidezza è sostituita da audaci interruzioni, la carità da un significativo aiuto reciproco e gli interessi miopi da una profonda comprensione comunitaria della lotta interconnessa.

Queste organizzazioni rivoluzionarie non sono l’oggetto di questa lettera; parlo, invece, agli organizzatori e alle organizzazioni che sprecano l’energia del momento e a quegli individui che si stanno risvegliando [a causa] della necessità di un’azione di massa.

Alle organizzazioni e agli organizzatori dico: fate un passo indietro rispetto al vostro ego e ai vostri tentativi di controllare o di giudicare a cosa debba assomigliare una protesta accettabile per le masse. Il vostro compito, come organizzatori esperti, è al massimo quello di ascoltare e aiutare a incanalare l’espressione del desiderio rivoluzionario in un’azione che interrompa la macchina dello Stato.

Non c’è più posto per le proteste o le marce controllate dai reazionari. Le minacce che dobbiamo affrontare diventano sempre più immediate per una fascia sempre più ampia della popolazione. Mettere in contatto questi nuovi arrivati con coloro che hanno affrontato queste lotte per molto più tempo, permette ai nuovi di imparare dagli esperti e agli esperti di essere rinvigoriti dai nuovi.

Ai nuovi arrivati dico: non lasciate che il vostro spirito rivoluzionario venga alterato da coloro che vogliono usarvi per dare impulso alle loro organizzazioni o per cooptare la vostra energia in un’altra marcia inutile dal Centennial Olympic Park al Campidoglio. Lo Stato non ha paura di queste marce. La polizia di Atlanta ride di voi dalle sue pattuglie mentre vi guarda marciare. Gli organizzatori di queste marce si consultano con la polizia per proteggersi. Quali atti rivoluzionari potrebbero nascere da un terreno così controllato e compromesso?

Trovate altri in queste proteste che siano disposti a superare i limiti. Proteggete voi stessi e la vostra identità. Conoscete i limiti di ciò che vi sentite a vostro agio a fare e ignorate coloro che brandiscono megafoni che vi dicono di stare al loro copione. Non è necessario distruggere proprietà o affrontare fisicamente fascisti o polizia. Dovete però essere disposti a impegnarvi nella disobbedienza civile e a smantellare la macchina dello Stato e del Capitale.

Infine, sarei negligente se non mi rivolgessi al gruppo di manifestanti appena arrivate o di ritorno, svegliate dal loro sonno pacifico e dai brunch solo [perché si] minaccia la loro autonomia corporea: le femministe bianche.

La vostra presenza è necessaria. È necessaria la vostra energia. È necessaria la vostra creatività. Tuttavia, queste cose non possono essere portate a compimento senza prima esaminare la natura del vostro arrivo in questo movimento.

Venite perché non vi sentite più al sicuro e desiderate un ritorno a un passato che non esiste più, in cui la Roe è rimasta incontrastata. Il vostro concetto di sicurezza è andato in frantumi, ma non siete le prime a trovarvi in questa posizione. La lotta per l’autonomia corporea non è solo vostra, né è l’unica importante. Vi incoraggio a esaminare la natura reazionaria che solo ora vi ha spinto all’azione e a liberarvi da queste inclinazioni reazionarie.

La lotta per l’autonomia corporea non si vincerà combattendo solo su questo fronte. Prestatevi ad altre cause e imparate da coloro che sono stati impegnati nella lotta rivoluzionaria per la maggior parte o per tutta la loro vita.

Non vinciamo agendo come individui preoccupati solo per le nostre vite. Vinciamo attraverso la coscienza di classe e la solidarietà. Vinciamo con l’azione di massa e la disgregazione. Vinciamo cogliendo ogni opportunità per colpire lo status quo, lo Stato e il Capitale.

-Anonimo

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Amadeo Bordiga, “Omicidio dei Morti”

Ci si può chiedere cosa spinge un gruppo anarchico a pubblicare uno scritto di quella che fu tra le figure-chiave del Partito Comunista d’Italia, cioè Amadeo Bordiga.

Nonostante le forti differenze che sono intercorse tra comunisti internazionalisti ed anarchici, e nonostante le critiche spesso aspre, quando non immotivate, dei primi verso i secondi, è da riconoscere a Bordiga una lucidità di analisi per quanto riguarda la critica dell’economia politica che, difficilmente, nel corso della storia del movimento operaio e dei movimenti di liberazione, ha trovato eguali.

L’articolo che presentiamo venne pubblicato all’indomani del disastro del Polesine con il titolo “L’omicidio dei morti”; all’interno si trova un’analisi puntuale della genesi del disastro, attraverso il ricorso alla visione economica marxiana.

Quella di Bordiga è un’analisi dei rimedi, o pannicelli caldi, che il capitalismo, inteso come rete di interessi pubblici e privati, ha messo in atto all’indomani di tale disastro.

Allargando lo sguardo, pensiamo che tale principio può essere generalizzato.
Se pensiamo agli ultimi due anni di pandemia da Covid-19, un metodo simile permette di capire perché la diffusione del virus ha assunto una portata tale che l’OMS ha dichiarato lo stato di pandemia.

Al tempo stesso ci permette di smontare una serie di ipotesi dietrologiche, quando non apertamente complottiste, circolate negli ultimi due anni.
L’esempio più lampante è la Teoria del Grande Reset, circolata in ampi settori della borghesia di tutte le nazioni.

Lo shock economico derivato dai lockdown non ha infatti risparmiato nemmeno la stessa Cina – che secondo altre teorie complottiste avrebbe rilasciato il virus intenzionalmente per indebolire economicamente il resto del mondo. È chiaro che queste sono fantasie di classi allo sbando, prive di metodologia scientifica e che vedono minacciati i loro privilegi di fronte all’inferno della proletarizzazione.

Quello che è successo, in realtà, può essere spiegato su base scientifica.
Esistono pubblicazioni precedenti al 2020 che avvertivano, sulla scorta dei dati raccolti nel corso del tempo sulle epidemie degli ultimi vent’anni (Sud-est asiatico soprattutto), dell’emergere di una pandemia di lì a pochi anni.

Anche divulgatori scientifici come David Quammen, autore dell’ormai celebre Spillover, avevano avvertito prima del 2020 di un possibile diffondersi di virus su scala globale.

Quello che noi chiamiamo Capitalismo, mette a disposizione una serie di strumenti per studiare e prevenire il verificarsi di potenziali disastri.
Eppure questi strumenti non vengono adottati nella loro interezza perché il lavoro di manutenzione e prevenzione non comporta profitti economici, anzi li erode.

Si preferisce fare quanti più profitti possibile sulla costruzione, ad esempio di infrastrutture o di edifici, facendo la cresta sui costi di materiali e di lavorazione, salvo poi piangere lacrime di coccodrillo a livello massmediatico quando tali strutture crollano come castelli di sabbia.

Ciò lo abbiamo visto in tanti casi italiani: dal Polesine al Vajont, passando per l’Abruzzo e il Centro Italia, fino al crollo del Ponte Morandi di Genova.

Il discorso di Bordiga, nonostante siano passati 71 anni, è valido in un contesto odierno dove il linguaggio dominante giustifica ed esalta una serie di azioni emergenziali o da tappa buchi frutto del peggior prodotto di questa economia capitalista.

post scriptum: in questi mesi ci siamo occupati di allevamenti e agenti virali. Queste questioni rientrano pienamente nel discorso di come, nel nome del guadagno, si ignorino volutamente studi e pubblicazioni sul pericolo della perdita di biodiversità, sullo spreco di risorse alimentari che si potrebbero destinare direttamente al consumo umano, e, non in ultimo, un pericolo di focolai virali negli allevamenti che mettono in pericolo animali umani e non.

da “Battaglia Comunista” n. 24 del 19-31 dicembre 1951

In Italia abbiamo una vecchia esperienza delle “catastrofi che si abbattono sul paese” ed abbiamo una certa specializzazione nel “montarle”. Terremoti, eruzioni vulcaniche, inondazioni, nubifragi, epidemie… Indiscutibilmente gli effetti sono sensibili soprattutto sui popoli ad alta densità e più poveri, e se cataclismi spesso più terrificanti assai dei nostri si abbattono su tutti gli angoli della terra, non sempre tali sfavorevoli condizioni sociali coincidono con quelle geografiche e geologiche. Ma ogni popolo ed ogni paese ha le sue delizie: tifoni, siccità, maremoti, carestie, onde di caldo e di gelo ignote a noi del “giardino d’Europa”; e aprendo il giornale se ne trova immancabilmente più di una notizia, dalle Filippine alle Ande, dalla calotta glaciale ai deserti africani.

Il nostro capitalismo, come cento volte detto, poco importante quantitativamente, ma all’avanguardia non da oggi, in senso “qualitativo”, della borghese civiltà, di cui offrì i più grandi precursori tra lo splendere del Rinascimento, ha sviluppato in modo maestro l’economia della sciagura.

Noi non ci sogniamo di spremere una lagrimuccia se i monsoni spiantano intere città sulle coste dell’Oceano Indiano, e se le sommerge nel raz de marée il mare scatenato da terremoti subacquei, ma per il Polesine abbiamo saputo fare arrivare elemosine da tutto il mondo.

La nostra monarchia era gloriosa per sapere accorrere non dove si danzava (Pordenone) ma dove si moriva di colera (Napoli), o sulle rovine di Reggio e Messina rase al suolo dalle scosse sismiche del 1908. Oggi il nostro pezzettino di Presidente lo hanno portato in Sardegna e, se gli stalinisti non han detto balle, gli hanno fatte vedere squadre in azione di “lavoratori di Potemkin” che poi correvano all’altra bocca di scenario, come fanno i guerrieri dell’Aida. Dalle acque del Po esondato non si faceva a tempo a trarre i profughi, ma ben vi si ponevano a mollo stival-gommati deputati deputatesse e ministri, dopo aver predisposto macchine da presa e microfoni per la pitoccata mondiale in grande stile.

Qui abbiamo la formula geniale: interviene lo Stato! E la stiamo applicando da buoni novant’anni. Il sinistrato italico di professione al posto della grazia di Dio e della mano della Provvidenza ha posto il contributo statale, ed è convinto che il bilancio nazionale ha limiti più vasti della misericordia del Signore. Un buon italiano spende con gioia diecimila lire spremute dalle sue tasche per arrivare dopo mesi e mesi a “mangiarsi mille lire del governo”. E non appena in una di queste contingenze periodiche, che oggi si chiamano con termine di moda emergenze, ma che affiorano ad ogni novella stagione, si innestano le immancabili misure e provvidenze del potere centrale, una banda di non meno specializzati “sinistristi”, rimboccatesi le maniche, si tuffa nella ruffianeria delle pratiche e nell’orgia degli appalti.

Con autorità, il ministro delle Finanze di turno, oggi Vanoni, sospende ogni altra funzione dello Stato e dichiara che non darà un soldo di finanza per tutte le altre “leggi speciali”, perché tutti i mezzi vanno convogliati nei provvedimenti per la sciagura di attualità.

Miglior prova non si potrebbe avere che lo Stato non serve a nulla e che se la mano di Dio ci fosse, farebbe un vero regalo ai sinistrati di tutti i tipi terremotando o bancarottando questo Stato ciarlatano e dilettante.

Ma se la scempiaggine del piccolo e medio borghese rifulge al massimo quando cerca rimedio al terrore che lo gela nella tepida speranza del sussidio e dell’indennizzo largitogli dal governo, non meno insensata appare la reazione dei capoccia delle masse lavoratrici che nel disastro, essi gridano, hanno tutto perduto, e purtroppo non le loro catene.

Questi capi che si pretendono “marxisti” hanno, in queste congiunture supreme, che spezzano nel proletariato il benessere derivante dal normale sfruttamento capitalistico, una formula economica più scema ancora di quella dell’intervento di Stato. La formula è ben nota: paghino i ricchi!

Vanoni viene allora vituperato perché non ha saputo scoprire e tassare gli alti redditi.

Ma un briciolo solo di marxismo basta a stabilire come gli alti redditi allignano dove avvengono le alte distruzione, e su esse si innestano i grandi affari. La borghesia si paghi la guerra! dissero nel 1919 quei falsi pastori anziché invitare il proletariato ad abbatterla. La italica borghesia è sempre lì, e con entusiasmo investe i suoi redditi nel pagarsi guerre ed altri flagelli, che glieli riportano quadruplicati.

Ieri
Quando la catastrofe distrugge abitazioni coltivazioni e fabbriche e piomba nella inattività popolazioni lavoratrici, essa indubbiamente distrugge una ricchezza. Ma non è possibile rimediarvi con un prelievo sulla ricchezza altrove esistente, come con la miserabile operazione di razzolare in giro pastrani vecchi, quando la propaganda, raccolta e trasporto costano assai più del valore del logoro indumento.

Quella ricchezza sparita era accumulo di lavoro passato, secolare. Per eliminare l’effetto della catastrofe occorre una massa enorme di lavoro attuale, vivente. Se quindi della ricchezza diamo la definizione non astratta, ma concreta e sociale, essa ci appare come il diritto in certi individui formanti la classe dominante di prelevare sul lavoro vivo e contemporaneo. Nella nuova mobilitazione di lavoro si formeranno nuovi redditi e nuova ricchezza privilegiata; e l’economia capitalista non offre nessun mezzo di “spostare” ricchezza altrove accumulata per sanare il vuoto fatto in quella sarda o veneta, come non si potrebbe pigliar pari pari gli argini del Tevere per ristabilire quelli inghiottiti dal Po.

Ecco perché è una cretinata l’idea di fare un prelievo patrimoniale contro i titolari di campi e case e officine intatti, per ripristinare quelli sconvolti.

Centro del capitalismo non è la titolarità su tali immobili, ma un tipo di economia che consente prelievo e profitto su quanto in cicli incessanti crea il lavoro dell’uomo, e subordina a quel prelievo l’impiego di questo lavoro.

Così l’idea di rimediare alla crisi edilizia di guerra col blocco dei redditi dei proprietari di case non distrutte, ha condotto la dotazione di abitazioni a condizioni peggiori di quelle determinate dai bombardamenti. Ma i demagoghi urlano, con facile argomento, e dicendo cose “accessibili alle masse lavoratrici”, perché non si tocchi il blocco.

Base dell’analisi economica marxista è la distinzione tra lavoro morto e lavoro vivente. Noi definiamo il capitalismo non come titolarità sui cumuli di lavoro passato cristallizzato, ma come diritto di sottrazione dal lavoro vivo ed attivo. Ecco perché l’economia presente non può condurre ad una buona soluzione che realizzi, col minimo di sforzo di lavoro attuale, la razionale conservazione di quanto ci ha trasmesso il lavoro passato, e le basi migliori per l’effetto del lavoro futuro. Alla economia borghese interessa la frenesia del ritmo di lavoro contemporaneo, ed essa favorisce la distruzione di masse tuttora utili di lavoro passato, fregandosene dei posteri.

Marx spiega che le economie antiche, fondate più sui valori di uso che sul valore di scambio, non avevano quanto la presente necessità di estorcere sopralavoro, e ricorda che era solo una eccezione ai fini della estrazione dell’oro e dell’argento (non per nulla dalla moneta nacque il capitalismo) il sottoporre il lavoratore allo sforzo fino alla morte, come in Diodoro Siculo.

La fame di sopralavoro (Capitale VIII, 2: Il capitale famelico di sopralavoro) non solo conduce ad estorcere ai vivi tanta forza di lavoro da abbreviarne l’esistenza, ma rende un buon affare la distruzione di lavoro morto, al fine di sostituirne i prodotti ancora utili con altro lavoro vivo. Come Maramaldo, il capitalismo, oppressore dei vivi, è omicida anche dei morti:

“Appena popoli la cui produzione si muove nelle forme inferiori del lavoro degli schiavi, della corvée ecc., vengono attratti in un mercato internazionale dominato dal modo di produzione capitalistico, il quale fa evolvere a interesse preponderante la vendita dei loro prodotti all’estero, allora sull’orrore barbarico della schiavitù, della servitù della gleba, ecc. s’innesta l’orrore civilizzato del sovraccarico di lavoro”.

Il titolo originale del citato paragrafo è: “Der Heisshunger nach Mehrarbeit”, letteralmente: “la fame ardente di sopralavoro”.

La fame di sopralavoro del capitalismo pargoletto, definita dalla potenza della nostra dottrina, contiene già tutta l’analisi della moderna fase di capitalismo cresciuto a dismisura: la feroce fame di catastrofe e di rovina.

Lungi dall’essere una nostra trovata (all’inferno i trovieri, soprattutto quando stonano perfino nel fare “doremifa”, e si credono creatori) la distinzione tra lavoro morto e vivo sta nella basilare distinzione di capitale costante e capitale variabile. Tutti gli oggetti prodotti dal lavoro, che non vanno al diretto consumo ma sono impiegati in altra lavorazione (oggi dicono beni strumentali) formano il capitale costante.

“Col loro ingresso in nuovi processi lavorativi in qualità di mezzi di produzione, i prodotti perdono il carattere di prodotti e funzionano ormai soltanto come fattori oggettivi del lavoro vivente”.

Ciò vale per le materie prime principali ed accessorie, le macchine ed ogni altro impianto che progressivamente si logora: la perdita del logorio che va compensata chiede al capitalista di investire altra quota, sempre di capitale costante, che l’economia corrente chiama di ammortamento. Ammortizzare velocemente, è l’ideale supremo di questa economia necroforica.

Ricordammo, a proposito del “diavolo in corpo”, come in Marx il capitale ha la funzione demoniaca di incorporare lavoro vivente nel lavoro morto, diventato cosa. Che gioia che gli argini del Po non siano immortali, e vi si possa oggi allegramente “incorporare lavoro vivente”! Progetti e capitolati sono stati approntati in pochi giorni! Ma bravi: avete il diavolo in corpo.

“Commendatore, l’ufficio progetti della nostra Impresa si è fatto un dovere di predisporre studi tecnici ed economici: le sottopongo la pappa già bella e cucinata”. E i sassi di Monselice sono stimati, nell’analisi dei prezzi, più del marmo di Carrara:

“Conservare valore aggiungendo valore è una dote di natura della forza lavoro in atto, del lavoro vivente; dote di natura che non costa niente all’operaio, ma frutta molto al capitalista: gli frutta la conservazione del valore capitale esistente”.

Questo capitale semplicemente “conservato”, grazie sempre all’opera del lavoro vivente, è chiamato da Marx parte costante del capitale, o capitale costante. Ma:

“la parte del capitale convertita [vulgo: investita] in forza lavoro [salario] cambia [invece] il proprio valore nel processo di produzione. (…) E produce un’eccedenza, il plusvalore”.

La diciamo perciò parte variabile, e semplicemente capitale variabile.

La chiave è tutta qui. La economia borghese mette il guadagno in rapporto al capitale costante, che sta lì e non si muove: anzi che andrebbe al diavolo se l’opera del lavoratore non lo “conservasse”. L’economia marxista mette all’opposto il profitto in rapporto al solo capitale variabile e dimostra come il lavoro attivo proletario: a) conserva il capitale costante (lavoro morto); b) esalta il capitale variabile (lavoro vivo). Questa esaltazione, il plusvalore, è l’imprenditore che se la becca.

Questo, spiega Marx, di stabilire il saggio senza tener conto del capitale costante, equivale a porre lo stesso uguale a zero: operazione corrente nell’analisi matematica di tutte le questioni in cui giocano grandezze variabili.

Posto il capitale costante nullo, resta in piedi il giganteggiare del profitto capitalistico. Dire questo, è lo stesso che dire che resta il profitto di intrapresa, se l’incomodo di custodire il capitale costante è tolto al capitalista.

Questa ipotesi non è che la odierna realtà del capitalismo di stato.

Passare il capitale allo Stato, significa porre il capitale costante uguale a zero. Nulla muta nel rapporto tra imprenditore ed operaio perché questo dipende solo dalle grandezze capitale variabile e plusvalore.

Analisi del capitalismo di Stato cosa nuova? Senza prosopopea, siamo in grado di servirla quale la sappiamo dal 1867 e da prima. È brevissima: c = 0.

Non lasceremo Marx senza dare, dopo la fredda formuletta, un passo ardente:

“Il capitale è lavoro morto, che si ravviva, come un vampiro, soltanto succhiando lavoro vivo e più vive quanto più ne succhia”.

Il capitale moderno, avendo bisogno di consumatori perché ha bisogno di produrre sempre di più, ha tutto l’interesse ad inutilizzare al più presto possibile i prodotti del lavoro morto per imporne la rinnovazione con lavoro vivo, il solo dal quale “succhia” profitti. Ecco perché va a nozze quando la guerra viene, ed ecco perché si è così bene allenato alla prassi della catastrofe. In America la produzione di automobili è formidabile, ma tutte o quasi le famiglie hanno la macchina: si arriverebbe all’esaurimento delle richieste. Ed allora conviene che le automobili durino poco. Per ottenere tanto, prima di tutto si costruiscono male e con serie di pezzi abborracciate. Se gli utenti si rompono più spesso l’osso del collo importa poco: si perde un cliente, ma vi è una macchina di più da sostituire. Poi si fa ricorso alla moda, col largo sussidio cretinizzante della propaganda pubblicitaria, per cui tutti vorrebbero avere l’ultimo modello, come le donne che si vergognano se portano un vestito, magari intatto, “dell’anno scorso”. I fessi abboccano, e non importa se ha più vita una Ford costruita nel 1920 che una vettura nuova di trinca 1951. Ed infine le macchine disusate non si utilizzano nemmeno come ferraccio, e si gettano nei cimiteri delle automobili. Chi osasse prenderne una dicendo: la avete buttata via come cosa senza valore, che c’è di male se me la aggiusto e vado in giro? riceve una schioppettata ed una condanna penale.

Per sfruttare lavoro vivo il capitale deve annientare lavoro morto tuttora utile. Amando suggere sangue caldo e giovane, uccide i cadaveri.

Così mentre la manutenzione dell’argine del Po per dieci chilometri esige lavoro umano, poniamo, per un milione all’anno, è più conveniente al capitalismo rifarlo tutto spendendo un miliardo. Altrimenti gli toccherebbe aspettare mill’anni. Ciò vuol forse dire che il governo nero ha sabotato gli argini del Po? No di certo. Vuol dire che nessuno ha fatto pressioni perché stanziasse il misero annuo milioncino, e questo non si è speso perché ingoiato nei finanziamenti di altre “opere grandiose”, di “nuova costruzione”, che preventivavano miliardi. Ora che il diavolo ha portato via l’argine, si trova qualcuno che, con ottimi motivi di sacrosanto interesse nazionale, attiva l’ufficio progetti, e lo rifà.

A chi la colpa di far preferire i grandiosi investimenti? Ai neri, e ai rossastri. Gli uni e gli altri cianciano che vogliono una politica produttivistica e di pieno impiego. Ora il produttivismo, creatura prediletta di don Benito, consiste nel mettere su cicli “attuali” di lavoro vivo, su cui l’alta impresa e l’alta speculazione fanno miliardi. E allora aggiorniamo a spese di Pantalone le macchine invecchiate degli alti industriali, e aggiorniamo anche gli argini dei fiumi dopo averli lasciati sfondare. La storia di questi ultimi anni di gestione amministrativa dei lavori di stato, e della protezione all’industria, è piena di questi capolavori, che vanno dai rifornimenti di materie prime rivenduti sotto costo ai lavori “a regìa” consistenti nella “lotta contro la disoccupazione” a base di “capitale costante uguale a zero”. In parole povere, spendiamo tutto in salari, e l’impresa non avendo altra attrezzatura che un badile per uomo, convince il commendatore come sia utile un movimento di terra; prima la si porta tutta da qui a lì; e subito dopo la si riporta da lì a qui.

Se il commendatore esitasse, l’impresa ha sottomano l’organizzatore sindacale: una dimostrazione dei braccianti, badile in spalla, sotto le finestre del ministero, e ci siamo. Viene il troviero e supera Marx: i badili, solo capitale costante, han figliato plusvalore.

Oggi
Indubbiamente le proporzioni del disastro lungo il Po sono state imponenti, e le valutazioni dei danni sono crescenti. Ammettiamo che la superficie coltivata italiana ha perduto 100 mila ettari ossia 1.000 chilometri quadrati, all’incirca un trecentesimo del totale, un 3 per mille. Centomila abitanti hanno dovuto lasciare tale sede, non la più addensata d’Italia, ossia in cifra tonda un cinquecentesimo della popolazione, il 2 per mille.

Se l’economia borghese non fosse pazza, si potrebbe fare un conticino banale. Il patrimonio nazionale ha subito un grave colpo, comunque nella zona non è che in parte distrutto, ad acque ritirate: in sostanza la terra agraria è rimasta e la decomposizione di sostanze vegetali, con l’apporto di melma, in parte compensa la fertilità perduta. Se il danno è un terzo del capitale totale, esso vale l’uno per mille del capitale nazionale. Ma questo ha un “reddito” medio del 5 per cento ossia del 50 per mille. Se per un anno ogni italiano risparmia appena un cinquantesimo del suo consumo, il vuoto è colmato.

Ma la società borghese tutto è, fuori che una cooperativa, anche se gli alti filibustieri del capitale indigeno sfuggono Vanoni dimostrando che le “carature” della loro azienda le hanno distribuite tra tutti i dipendenti.

Tutte le operazioni produttivistiche della economia italiana e internazionale sono dal più al meno tanto distruttivistiche quanto lo sconvolgimento padano: l’acqua entra da una parte e scappa dall’altra.

Un tale problema è insuperabile in campo capitalistico. Se si trattasse del piano di fare in un anno le armi per dare ad Eisenhower le sue cento divisioni, la soluzione si trova. Sono tutte operazioni a ciclo breve ed il capitalismo va a nozze se la commessa di diecimila cannoni ha il termine di cento giorni e non di mille. Non per nulla c’è il pool dell’acciaio!

Ma il pool dell’organizzazione idrogeologica e sismologica non si può fare, a meno che l’alta scienza del tempo borghese non riesca davvero a provocare in serie, come i bombardamenti, anche le alluvioni e i terremoti.

Qui si tratta di lenta e non accelerabile trasmissione secolare, di generazione in generazione, di risultati di lavoro “morto” ma tutelatore dei viventi, della loro vita e del loro minore sacrificio.

Ammesso ad esempio che dal Polesine l’acqua vada via in pochi mesi e si chiuda prima di primavera la falla di Occhiobello, si tratterà di un solo ciclo annuo di raccolto perduto: qualunque “investimento” produttivo non potrà rifarlo, ma la perdita è ridotta.

Se invece si pensa che tutti gli argini del Po e degli altri fiumi potrebbero cadere in difetto frequentemente, tanto per le conseguenze della trascurata manutenzione di un trentennio di crisi, quanto per il disastroso disboschimento in montagna, allora il rimedio riesce ancora più lento. Nessun capitale verrà ad investirsi per la bella faccia dei nostri pronipoti.

Invano scrissero i nostri babbi: Non restano che pochi saggi di foresta vergine, che vegeta senza intervento del lavoro umano. Il sistema forestale diventa quindi pressoché afrodisiaco, malgrado il minimo capitale di esercizio. Tuttavia il bosco di alto fusto, il più importante nei riguardi della pubblica economia, esige sempre lunghissima attesa prima di dar prodotti apprezzabili. Sebbene la scienza forestale abbia mostrato che l’anno per il più utile taglio non è quello della massima longevità della essenza, ma quello in cui l’accrescimento corrente equivale l’accrescimento medio, bisogna sempre contare ad esempio in una foresta di querce su 80, 100 e anche 150 anni di attesa. Capitale minimo; attesa a vederlo rendere 150 anni! Di Vittorio e Pastore scaraventerebbero il libro, se mai l’avessero aperto, dalla finestra.

Come nell’operetta: rubar, rubar, il Capital (l’amor) non sa aspettar … !

Vi è di peggio. Relativamente poco si è parlato del disastro in Sardegna, Calabria e Sicilia. Qui il dato geografico è radicalmente diverso.

Nella Valle padana la scarsissima pendenza ha determinato il ristagno delle acque, impantanate su terre argillose e impermeabili nel fondo. Nel Meridione e nelle Isole, per le stesse cause di forte precipitazione e di disboscamento in monte, è stata la enorme pendenza con cui la costa scende sul mare a causare la rovina, e i torrenti in poche ore hanno strappato dall’ossatura rocciosa sabbie e ghiaie, distrutto campi e case, pur facendo poche vittime.

Non solo irreparabile è il saccheggio operato dai liberatori alleati nelle magnifiche foreste dell’Aspromonte e della Sila, ma qui il ripristino dei terreni percorsi dall’alluvione è praticamente impossibile; non solo antieconomico ai fini degli “investitori” e dei, “soccorritori” (più pelosi dei primi, se pensabile).

La poca terra vegetale non solo, ma i radi strati non rocciosi che le facevano da labile supporto sono stati asportati; terra che molte volte in lunghi decenni era stata portata su, cosa incredibile, dal miserrimo coltivatore. Ogni piantagione, anche arborea, è venuta giù colla terra; e galleggiavano sulle acque del mare gli alberi di aranci e limoni divelti, alimento di una coltura e di una industria in certi paesi assai redditizie.

Il nuovo impianto di un vigneto distrutto può farsi entro due anni, ma di un agrumeto non si arriva alla piena resa in frutto che dopo 7 o 10 anni: i capitali di impianto e di esercizio sono fortissimi. Naturalmente non troveremo nei buoni trattati il costo dell’opera impensabile di portare di nuovo la terra sciolta a centinaia di metri di quota; e le acque la riporterebbero via prima che le radici delle piante l’avessero fissata al sottosuolo.

Nemmeno le case si possono ricostruire dove erano: per ragioni tecniche e non economiche. Cinque o sei disgraziati paesi della costa jonica della provincia di Reggio Calabria non saranno più ricostruiti nell’antica sede in collina, ma sulle marine.

Nei secoli di mezzo e dopo che le devastazioni avevano fatte sparire anche le tracce delle magnifiche città costiere della Magna Grecia, all’apice della coltura e dell’arte nel mondo antico, le misere popolazioni agricole si salvarono dalle incursioni di pirati saraceni abitando villaggi costruiti su picchi di monte, poco accessibili e meglio difendibili.

Venuto il governo “piemontese” fece lungo il litorale strade e ferrovie, e dove la malaria non lo vietava, per la prossimità tra monte e spiaggia, ogni paese ebbe presso la stazione la sua “marina”. Si rese così conveniente portar via legname.

Non resteranno domani che le marine, ed in esse si ricostruiranno faticosamente alcuni abitati. A che pro’ d’altra parte il contadino risalirebbe la pendice, ove nulla più può allignare, e gli stessi strati rocciosi denudati e slittanti non consentono di rifare le case? E quei lavoratori, alla marina, che faranno? Oggi essi non possono più emigrare; come i calabresi delle bassure malsane ed i lucani delle “crete maledette”, rese sterili dall’ingordo taglio dei boschi che rivestivano il monte e degli alberi che erano disseminati per i pascoli di collina.

Certo che in simili condizioni nessun capitale e nessun governo interverrà, a totale vergogna della indecente ipocrisia con cui si è esaltata la solidarietà nazionale ed internazionale.

Non è un fatto morale o sentimentale che sta alla base di tutto questo, ma la contraddizione tra la dinamica convulsa del supercapitalismo a cui siamo arrivati, e ogni sana esigenza di organizzazione del soggiorno dei gruppi umani sulla terra, in modo da trasmettere utili condizioni di vita nel corso del tempo.

Il “premio Nobel” Bertrand Russel, che pontifica in tono pacato sulla stampa internazionale, denunzia che l’uomo sta troppo saccheggiando le risorse naturali, e già se ne può calcolare l’esaurimento. Riconosce che i grandi poteri fanno una politica assurda e pazza, denunzia le aberrazioni dell’economia individualista, e scherza sull’Irlandese che dice: perché devo pensare ai posteri? hanno essi mai fatto nulla per me?

Il Russel pone tra le aberrazioni, insieme a quelle del mistico fatalismo, quella del comunista affermante: togliamo di mezzo il capitalismo e la questione si risolve. Dopo tanto sfoggio di scienza fisica biologica e sociale, egli non riesce a vedere come un fatto altrettanto fisico l’enorme grado di dispersione di risorse sia naturali che sociali, essenzialmente legato ad un dato tipo di produzione, e pensa che tutto si risolverebbe con un predicozzo morale o un fabiano appello alla saggezza degli uomini in alto e in basso.

Il ripiegamento è pietoso: La scienza diviene impotente davanti ai problemi dell’anima!

Quelli che veramente traversano la strada all’umanità nel fare decisivi passi avanti nell’organizzazione della sua vita non sono davvero i sopraffattori e dominatori che ancora osassero fare vanto della loro volontà di potere; ma è il pullulare dei benefattori slavati e dei lanciatori di piani ERP e di catene della fraternità, come di colombaie della pace.

Passando dalla cosmologia all’economia, Russel fa la critica delle illusioni liberali sul toccasana della concorrenza, e deve ammettere:

“Marx aveva predetto che la libera concorrenza tra capitalisti sarebbe finita nel monopolio, la quale previsione si dimostrò giusta quando Rockefeller stabilì virtualmente per il petrolio un regime monopolistico”.

Partito dalla esplosione del sole che ci trasformerà un giorno all’istante in gas (il che darebbe ragione all’Irlandese), Russel finisce miseramente, nel lattemiele:

“Le nazioni che desiderano la prosperità devono cercare più la collaborazione che la concorrenza”.

È un caso, signor premio Nobel, per voi che avete scritto trattati di logica e metodologia scientifica, che Marx abbia calcolato l’avvento del monopolio con cinquanta anni buoni di anticipo?

Se quella era buona dialettica, l’opposto della concorrenza è il monopolio, non la collaborazione.

Prendete buona nota che Marx previde anche come scioglimento dell’economia capitalistica, monopolio di classe, non la collaborazione, che con tutti i Truman e gli Stalin di buona volontà siete dedito ad incensare, ma la guerra delle classi.

Com’è venuto Rockefeller, “à da venì Baffone”! Ma non dal Kremlino. Quello, in barba a Marx, sta per rasarsi all’americana.

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A come Aviaria

Pubblicato sul n. 19 di Umanità Nova, 5 Giugno 2022

I fatti

L’8 Aprile, un bambino di 4 anni della Provincia di Henan era stato portato dai suoi genitori in ospedale per una sospetta polmonite. Nell’arco di ventiquattro ore, il bambino ha cominciato ad accusare sintomi quali mancanza d’aria e difficoltà a respirare e, il 10 Aprile, è stato trasferito nell’unità di terapia intensiva pediatrica dell’Ospedale del Popolo della Provincia di Henan, sottoposto immediatamente ad ossigenazione extracorporea a membrana (ECMO) [1].

Dalle analisi del lavaggio broncoalveolare [2] e dei campioni di sangue sono state rilevate tracce di virus H3N8 noto come “influenza aviaria”. Una parte del campione di liquido del lavaggio broncoalveolare è stata inviata al Centro per il controllo e la prevenzione delle malattie che, attraverso, il sequenziamento dell’intero genoma, ha confermato la positività al virus.

Dalle indagini epidemiologiche condotte nella casa del bambino, si è riscontrato il virus all’interno delle gabbie delle galline – abbattute prima che il bambino entrasse in ospedale.

Il 26 aprile la “Commissione nazionale per la salute e il benessere” della Repubblica Popolare Cinese ha riportato che nella provincia di Henan era stato riscontrato un caso di infezione umana da influenza aviaria H3N8.

La commissione specifica ha dato istruzioni alla provincia di Henan di adottare misure di prevenzione e di controllo in conformità ai protocolli pertinenti, organizzando allo stesso tempo una squadra di esperti per condurre la valutazione del rischio.

Secondo la valutazione preliminare degli esperti, il virus dell’influenza aviaria H3N8 non ha ancora la capacità di infettare efficacemente gli esseri umani.

Questo fatto accaduto nella provincia di Henan fa il paio con i casi registrati di un’altra tipologia di influenza aviaria (l’H5N6 per l’esattezza) nella regione autonoma di Guangxi Zhuang e nella provincia di Sichuan.

I casi di aviaria avvenuti in Cina in poco meno di un mese hanno fatto il giro del mondo, generando non poche preoccupazioni a causa dell’attuale pandemia da Covid-19 e dal linguaggio terroristico adottato dalle testate giornalistiche.

L’influenza aviaria

Nella classificazione dei virus, l’Influenza Aviaria (Avian Influenza Viruses (AIV)) [3] appartiene alla famiglia degli Orthomyxoviridae [4], precisamente al genere delle “Alphainfluenzavirus”.

Partendo dalle proprietà genetiche e antigeniche delle loro glicoproteine di superficie [5] (emoagglutinina (HA) [6] e neuraminidasi (NA)[6]), questo genere di virus ha, al momento, sedici sottotipi di HA e nove di NA.

I virus dell’influenza aviaria seguono lo stesso ciclo di replicazione dei virus influenzali dei mammiferi: attacco, ingresso, fusione, trasporto del genoma del RNA nel nucleo, trascrizione, replicazione, traduzione [7], assemblaggio ed esportazione.

Il contagio vero e proprio avviene qualora degli uccelli infetti vengono a contatto diretto (feci e saliva) con altri loro simili oppure attraverso mangimi e acqua contaminati.

Per quanto riguarda la diffusione virale, i fattori che agevolano la diffusione sono il commercio internazionale con relative catene logistiche di distribuzione della merce, gli allevamenti, la vendita di volatili vivi nei mercati e gli spostamenti migratori degli uccelli selvatici.

A causa della natura resistente del virus – inclusa la capacità di sopravvivere per lunghi periodi alle basse temperature -, esso può anche essere trasportato sulle attrezzature agricole e può diffondersi facilmente da un’azienda agricola all’altra.

Dai dati raccolti dall’Organizzazione Mondiale per la Salute Animale (OIE), la diffusione dell’AIV è più bassa a settembre, inizia ad aumentare in ottobre per poi raggiungere il picco a febbraio. [8]

Le epidemie da AIV possono minacciare la biodiversità per via dell’alta contagiosità e mortalità delle specie volatili, oltre ad avere un impatto significativo sull’economia qualora vengano infettati i cosiddetti uccelli “da cortile” e “da allevamento”.

Oltre a colpire i volatili, i virus possono essere trasmessi ai mammiferi, umani compresi. In tal caso, come abbiamo imparato negli ultimi due anni, siamo in presenza del fenomeno del salto di specie, o spillover.

Il salto di specie o spillover tra uccelli e mammiferi può avvenire qualora il virus riesce ad interagire con le cellule di quest’ultimi, provocandone l’infezione.

Nel caso dell’essere umano, ci sono stati storicamente dei gravi problemi in ambito pubblico (1918, 1957, 1968, 1977, 1997, 2003 e 2009).

Le cause sono dovute ai riassortimenti virali [9] dell’AIV tra uccelli ed umani, portando i sottotipi virali quali H5, H6, H7, H9 e H10, ad essere associati a infezioni zoonotiche (o zoonosi) nell’uomo.

Nell’ “Aggiornamento sulla situazione globale dell’AIV con potenziale zoonotico” [10] dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO), viene rilevato che dal 1 Ottobre 2021 al 27 Aprile 2022 vi siano stati 991 focolai in quattro regioni geografiche del mondo (Africa, Americhe, Asia ed Europa) causati da HPAI [11] (51 casi), H5 HPAI (25 casi), HPAI H5N1 (908 casi), HPAI H5N5 (4 casi), HPAI H5N8 (2 casi) e HPAI H7N3 (1 caso).

Nel caso cinese e dell’AIV, in una lettera inviata all’Editore del “Journal of Medical Virology”, viene riportato che l’emergente influenza aviaria durante la circolazione del Covid-19 a livello mondiale, possa portare ad un “possibile rischio di una prossima pandemia umana.” [12]

Una simile evenienza è da prendere in considerazione visto che per l’AIV vi è una mancanza di immunità nella popolazione umana, oltre che una continua evoluzione del virus [13], portando così alla creazione di una serie di varianti virali.

Se l’agente virale in questione pone una serie di problemi sia per gli uccelli selvatici che per i mammiferi (esseri umani compresi), dall’altro però si ignora l’aspetto intermedio della questione: gli allevamenti come luoghi suscettibili di infezioni virali e batteriche.

Stragi in nome del Capitale

Le pandemie scoppiate fin dagli albori dell’industrializzazione (fine del Settecento) sono un chiaro esempio di come l’accentramento di animali non umani all’interno degli allevamenti, sia uno dei veicoli virali e batterici.

In contesti di sovraffollamento, la risposta immunitaria interna diventa sempre più deficitaria; e nonostante questi esseri vengano curati con antibiotici, antivirali e vaccini, gli agenti patogeni come virus e batteri diventano sempre più resistenti a causa delle loro varianti.

Ciononostante, questa merce vivente creata (tramite la procreazione) e selezionata, verrà successivamente abbattuta, trasformata, distribuita e commercializzata all’interno del mercato.

Le misure di sicurezza tanto richieste da enti istituzionali, sovra-nazionali (come l’Unione Europea) e inter-governative (come l’ONU) non vanno a beneficio dell’animale allevato.

L’OIE riporta questo in merito ai danni dell’AIV: “Gli agricoltori potrebbero sperimentare un alto livello di mortalità nei loro greggi, con tassi spesso intorno al 50%; La perdita di posti di lavoro nei paesi in via di sviluppo può essere significativa a causa della natura ad alta intensità della manodopera dell’industria avicola; […]Gli uccelli sani vengono spesso abbattuti per contenere i focolai, con conseguenti rischi per il benessere degli animali e dell’uomo, spreco di proteine e impatti economici; La presenza dell’HPAI limita il commercio internazionale di volatili vivi e carne di pollame. Ciò può avere un forte impatto sulle economie nazionali” [12]

La perdita economica e lo spreco di proteine è il tipico cinismo di chi detiene un privilegio di specie, un potere che gli consente di potersi disinteressare della sorte degli animali abbattuti (a causa di infezioni virali o per macellazione), trasformando quest’ultimi in esseri viventi subalterni e reificati, privi “di anima e di parola”.

Un sistema di poteri economici ed istituzionali che favorisce e difende a spada tratta (con norme di sicurezza e di vigilanza, aggiungiamo) gli allevamenti, non fa altro che favorire l’insorgere di agenti patogeni sempre più pericolosi per la vita su questo pianeta.

Di fronte a tutto ciò, non possiamo che schierarci per l’abolizione del modello dell’allevamento. Esso, tanto da un punto di vista della salute (umana e non) che dal punto di vista dei costi ambientali, si traduce come modello sempre più incompatibile per la prosecuzione della vita animale (umana e non).

In tutto ciò, il dominio mistifica le conoscenze mediche e scientifiche, svalutando la vita degli animali non umani, facendo passare le conoscenze parziali imposte come incriticabili, fornendo in tal modo una visione distorta delle medesime. Da tale visione, per il profitto di pochi gruppi industriali del settore agro-zoo-alimentare, deriva un grande rischio non solo per il resto di noi, ma per la fauna ed il pianeta tutto.

Note

[1] Tecnica che permette l’ossigenazione dei tessuti, superando nel breve termine l’ipossiemia refrattaria (carenza di ossigeno e aumento dell’anidride carbonica nel sangue) mediante un sistema a membrane che filtra il sangue arterioso o venoso (circuito artero-venoso o veno-venoso) veicolato da un circuito extracorporeo.
Fonte consultata: Rugarli Claudio, “Medicina interna sistematica”, Edra-Masson, 2015, Settima Edizione, pag. 1328
[2] Tecnica broncoscopica che consiste nell’instillazione di soluzione fisiologica nelle vie aeree (polmoni e bronchi) con seguente aspirazione e recupero del liquido. La tecnica prevede l’instillazione in un ramo bronchiale periferico di una quantità nota di soluzione salina e il suo recupero con un’aspirazione leggera.
La tecnica serve per diagnosticare delle patologie polmonari diffuse e infettive.
Fonte consultata: Rugarli Claudio, “Medicina interna sistematica”, Edra-Masson, 2015, Settima Edizione, pag. 988
[3] Per un’ulteriore approfondimento sull’Influenza Aviaria, consigliamo la lettura dello studio di Bravo-Vasquez Nicolas e Schultz-Cherry Stacey, “Avian Influenza Viruses (Orthomyxoviridae)”, in “Encyclopedia of Virology”, Elsevier, 2021, Volume 2, Quarta Edizione, pagg. 117-121
[4] Famiglia di virus a RNA a filamento negativo (-ssRNA)
[5] Famiglia di proteine, aventi funzioni strutturale o enzimatiche, caratterizzate dalla presenza di almeno un amminoacido legato tramite legame covalente ad uno zucchero o una catena glucidica.
Nel caso dei virus, le glicoproteine hanno la funzione di “bersagliare” specifiche cellule o specifici organi.
Fonte consultata: “Glicoproteine”, chimica-online.it. Link: https://www.chimica-online.it/biologia/glicoproteine.htm
[6] L’emoagglutinina consente ai virus influenzali di aderire e di entrare nelle cellule epiteliali (una sorta di barriera che si trova sulla superficie di un organo del corpo umano) delle vie respiratorie. La neuraminidasi consente la fuoriuscita delle particelle virali dalla cellula ospite, diffondendo l’infezione.
[7] Processo in cui le informazioni contenute nell’mRNA vengono utilizzate per specificare la sequenza di aminoacidi in una catena polipeptidica.
[8] Link: https://www.oie.int/app/uploads/2022/03/seasonal-trend-in-global-hpai-incidence-in-poultry.jpg
[9] Processo di ricombinazione genetica esclusivo dei virus a RNA segmentato in cui la coinfezione di una cellula ospite con più virus può portare al rimescolamento dei segmenti genici, generando virus progenitori con nuove combinazioni genomiche.
Fonte consultata: Vijaykrishna Dhanasekaran, Mukerji Reshmi, Smith Gavin J. D., RNA Virus Reassortment: An Evolutionary Mechanism for Host Jumps and Immune Evasion, PLoS Pathog, Luglio 2015, 11, (7)
[10] “Global AIV with Zoonotic Potential situation update”, 25 Maggio 2022
Link: https://www.fao.org/ag/againfo/programmes/en/empres/Global_AIV_Zoonotic_Update/situation_update.html
[11] Acronimo per “High Pathogenicity Avian Influenza” (Influenza Aviaria ad alta patogenicità). L’HPAI è insieme al “Low Pathogenicity Avian Influenza” (LPAI) (Influenza a bassa patogenicità), una delle categorie con cui si divide l’Influenza Aviaria. La “patogenicità” si riferisce alla capacità del virus di produrre la malattia specifica.
Fonte consultata: “USDA Avian Influenza”, Aprile 2015. Link: https://www.usda.gov/sites/default/files/documents/usda-avian-influenza-factsheet.pdf
[12] Yu Ye, Zaijiao Ye, Liangyu Yang, Bin Xiang, “Unignorable public health risk of avian influenza virus during COVID-19 pandemic”, Journal of Medical Virology, 17 Maggio 2022, Versione Online.
Link: https://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/jmv.27864
[13] Yamaji R, Saad MD, Davis CT, et al., “Pandemic potential of highly pathogenic avian influenza clade 2.3.4.4 A(H5) viruses”, “Reviews in Medical Virology”, Volume 30, Issue 3, Maggio 2020.
Link: https://onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1002/rmv.2099
[14] Link: https://www.oie.int/en/disease/avian-influenza/

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