Catania: le ipocrisie borghesi-clericali

In un incontro tenutosi oggi, 2 Novembre, presso la sede di Confindustria Catania, l’arcivescovo della città etnea Luigi Renna ricorda agli imprenditori riuniti che per la dignità e il benessere dell’uomo, la virtù dell’imprenditore cristiano è “la condivisione che si concretizza nella filantropia, nella contribuzione fiscale tesa a favorire la distribuzione della ricchezza, nella creazione di posti di lavoro, nell’impostazione di un’impresa secondo criteri personalistici e comunitari”.

Plausi e soddisfazioni da parte dei presenti. Antonello Biriaco, presidente di Confindustria Catania spiega come le parole di Renna si inseriscano “in un quadro dove si mettono mettiamo al centro il ruolo sociale dell’imprenditoria. Fare impresa non significa solo fare utile, c’è da attenzionare anche il ruolo sociale. Questi sono temi, che abbiamo già affrontato nell’incontro avuto con il Papa, utili per rimarcare ancora di più l’unione e la grande rete che deve fare il mondo dell’impresa con il mondo sociale, ecclesiastico e con tutto quello che va incontro a diminuire la più grande frattura economica e sociale che c’è nel nostro Paese […]

Queste dichiarazioni di Renna e, soprattutto, di Buriaco ci fanno tornare in mente cosa significhi effettivamente non pensare solo all’utile e avere rispetto e dignità delle persone.

Durante le fasi acute della pandemia da Sars-COVID 19, Confindustria strepitava nel voler mantenere aperte ed attive le aziende e le relative produzioni.

Chi lavorava in simili contesti si ammalava e, spesso, ci lasciava le penne.

Poi sono arrivati i “certificati verdi” (green pass) e il blocco dei licenziamenti. E in quei casi lo Stato ha dimostrato la più totale dabbenaggine nella gestione sanitaria e un utilizzo del metodo repressivo nel prevenire possibili proteste sociali endemiche e incontrollate.

La fase discendente della pandemia e le aperture a tutto spiano, hanno ripristinato lo stato di cose precedenti – in particolare lo sblocco dei licenziamenti. Ma la guerra in Ucraina e gli aumenti dei beni energetici e alimentari, hanno messo (e la mettono tuttora) a dura prova la tenuta repressiva-economica dello Stato e della borghesia.

Con i salari che non aumentano e l’inflazione a quasi il 12%, l’attuale governo vara una nuova norma, l’articolo 434bis del codice penale, con cui si vieta l’invasione arbitraria “di terreni ed edifici altrui, pubblici o privati, commessa da un numero superiore di 50 persone” e che possa mettere in pericolo l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica.

La prevenzione tramite demotivazione di possibili e future proteste e picchetti da parte dei lavoratori e delle lavoratrici è servita su un piatto d’argento.

E questo significa avere dignità per le persone? Se per dignità intendiamo “il rispetto della personalità altrui e di se stessu, soprattutto nei rapporti che si intrattengono con i propri simili”, allora possiamo dire tranquillamente che la borghesia (italiana e non) usa tale termine per fare accettare: i rapporti lavorativi da cui deriva un supposto benessere per i lavoratori e le lavoratrici; i focolai pandemici degli allevamenti animali non umani; l’inclusione e/o l’esclusione di determinate comunità umane.

Detto ciò, il ruolo sociale della borghesia è quello di intortare e mischiare le carte dove gli obiettivi reali e principali sono i seguenti: fatturare in positivo, sfruttare chi lavora e creare lobby economiche che si scontreranno o si alleeranno a secondo della situazione contingente.

Di fronte a tutto questo, è necessario liberarci da un modello economico sfruttatore e con velleità speculative e di profitto e, soprattutto, da una cultura del dominio che asfissia e rende apatici gli individui.

Pubblicato in Articoli | Contrassegnato , , | Commenti disabilitati su Catania: le ipocrisie borghesi-clericali

Cuba: richieste di solidarietà e supporto

Inoltriamo due lettere di due compagnu (una nostra collaboratrice e un compagno cubano del Taller Libertario Alfredo López y el Centro Social y Biblioteca Libertaria ABRA) in cui si richiede aiuto per far pervenire delle medicine a Cuba – e quindi bypassare l’inefficienza statale cubana.

Ai compagni e alle compagne della Federazione Anarchica Italiana,
Mi chiamo Boris Milián Díaz, sono un anarchico cubano attivo dal 2015 e vivo nel Centro sociale libertario e biblioteca ABRA. Soffro di atrofia muscolare di Werdnig-Hoffmann di tipo II, una malattia che mi causa grave disabilità. Negli ultimi due anni, a causa della pandemia di coronavirus e del generale peggioramento delle condizioni di vita a Cuba, mi sono limitato ad attività di organizzazione online, coordinando azioni volte ad alleviare gli effetti della repressione, denunciando le azioni dello Stato cubano e sostenendo le sue vittime più dirette. Parlare delle cause dell’attuale situazione a Cuba può portare a uno sterile dibattito sulla storia della “Rivoluzione cubana”, sulla geopolitica e sulla legittimità degli “Stati rivoluzionari”, che si risolve con il deterioramento delle condizioni di vita nel Paese e con un progressivo ma inarrestabile collasso delle istituzioni. In sintesi, potremmo dire che la pandemia ha catalizzato la già complessa situazione socio-politica in uno scenario di malcontento popolare di fronte all’impoverimento e alla radicalizzazione del governo verso pratiche più autoritarie e violente.
L’Avana, in quanto sede del governo centrale e città più popolosa del Paese con quasi un quinto della popolazione totale, è privilegiata in termini di allocazione delle risorse, nonostante l’evidente carenza generale di prodotti di base (per esempio il pane), o il loro prezzo elevato, nonché la bassa qualità dei prodotti stessi. O ancora, la mancanza generalizzata di forniture mediche nel bel mezzo di una crisi inflazionistica. Il contesto immediato è quello di una serie di misure neoliberali che hanno aumentato la vulnerabilità dei gruppi più fragili nel tentativo dello Stato di salvare il capitalismo nazionale a scapito degli investimenti nei programmi sociali.
La situazione nelle province è molto più critica. Si parla di blackout di dodici ore, di carenza quasi totale di cibo, prodotti per l’igiene e forniture mediche, nonché di una maggiore presenza di polizia e militari nelle località in cui si sono svolte le proteste. Accompagnare Caterina nel viaggio che intende fare per consegnare i farmaci mi permetterebbe di verificare la realtà sul territorio, individuare i problemi specifici e stabilire una rete di contatti che potrebbero contribuire ad alleviare la difficile situazione.
È quasi altrettanto importante sottolineare la presenza anarchica fuori dall’Avana, come contrappeso all’ascesa di una discorsività anticomunista e della radicalizzazione a destra di gran parte della popolazione. Alla fine, potrebbe servire a dare una svolta autonoma che catalizzi le proteste, anche se ciò richiederebbe un lavoro più ampio e attento. Un’altra preoccupazione sarebbe la sicurezza di Caterina, che, in quanto donna e straniera, è più vulnerabile alla predazione economica e di genere. Infine, si tratterebbe di lasciare una traccia grafica e scritta di tutto ciò che troveremo e osserveremo.
A tal fine, vorremmo essere affiancati da un altro compagno, per assistermi e anche per aumentare la nostra capacità di lavoro in questo breve periodo. Tutto sommato, credo che sarebbe un viaggio molto proficuo. Dal nostro piccolo e precario rifugio di libertà, salute e anarchia.
Boris Milián Díaz

=============================================

Carx compagnx,
mi chiamo Caterina Camastra, sono italiana, ho 46 anni e vivo in Messico da più di venti anni. Sono un’individualità anarchica e per il momento non faccio parte di nessun collettivo. In qualità di “gatta sciolta” ho collaborato negli ultimi mesi con il blog del Gruppo Anarchico Galatea – FAI Catania e con Umanità Nova Online. (*)
A partire dal 2014 ho cominciato ad andare a Cuba abbastanza assiduamente, per ragioni professionali, e ho dovuto finire per notare e ammettere la realtà più cruda, quella di una spietata dittatura stalinista che non ha niente da invidiare all’assortimento di capitalismi oppressivi installati in America Latina (e nel mondo). Ho visto con i miei occhi una serie di ingiustizie, incompetenze, corruzioni, repressione poliziesca e militare, discriminazioni socio-razziali e sofferenze, in totale contrasto con la retorica del parco giochi del socialismo caraibico che il regime dittatoriale cubano vende al mondo, in particolare al turismo di sinistra europeo e latinoamericano. Un regime dittatoriale che ha promosso fin dall’inizio l’arricchimento della famiglia Castro e di una ristretta cupola militare.
A partire dalla pandemia la situazione è precipitata. In tutto il mondo sono scoppiate le cuciture delle ingiustizie dei rispettivi sistemi sanitari nazionali, cosa che ha messo in evidenza carenze e cattive gestioni. Cuba non è stata da meno, nonostante la retorica ufficiale sulla ricerca locale riguardo lo sviluppo di un vaccino “sovrano”.
I dati esatti di mortalità per COVID-19 sono incerti, data la mancanza di informazione indipendente e trasparente al riguardo; quello che è evidente è il proliferare di tutta una serie di patologie evitabili dovute alla denutrizione e alla mancanza di medicinali, nonché a condizioni igieniche e strutturali sempre più deteriorate: tra le altre, affezioni cutanee, dengue, leptospirosi.
Alla situazione sanitaria disastrosa, va aggiunta una gestione pessima degli eventi climatici estremi. Un susseguirsi di incidenti e catastrofi naturali ha messo in evidenza i gravi difetti strutturali nonché l’incompetenza delle autorità: facendo riferimento al solo 2022 possiamo contare l’esplosione dell’Hotel Saratoga all’Avana a maggio, l’incendio della centrale termoelettrica Antonio Guitera a Matanzas ad agosto, il passaggio dell’uragano Ian a settembre. L’embargo statunitense, che pure esiste, non è il principale responsabile della situazione dell’isola caraibica, che sconta invece l’incompetenza, l’incuria e la corruzione del regime. La quantità di persone cubane emigrate illegalmente negli Stati Uniti nel corso di quest’anno si aggira sulle 200 mila unità, e questo senza contare quelle arrivate in altri Paesi.
In questa situazione, la risposta solidale della società civile organizzata dentro e fuori da Cuba è stata fondamentale per alleviare la crisi umanitaria. Più che di organizzazioni non governative come tali strutturate, quelle che si sono attivate sono reti di solidarietà di base. Hilda Landrove, più avanti menzionata in questa stessa lettera, ne è un esempio con il gruppo “Hilos de solidaridad” (https://www.facebook.com/hilosdesolidaridad).
In questo ordine di idee, andrò a Cuba a dicembre partendo dal Messico con l’obiettivo di consegnare 46 kg di medicinali (due valigie da 23 kg ciascuna, il massimo permesso dall’aerolinea) a contatti della società civile (la cui identità è confidenziale per questioni di sicurezza, stiamo parlando di uno stato totalitario che guarda con sospetto l’autorganizzazione) che si occupino di distribuirli a persone che ne hanno bisogno, senza passare per nessun canale statale ufficiale, giacché sono tristemente noti casi di furto degli aiuti umanitari, poi venduti o distribuiti in modo clientelare, o comunque di gestione iperburocratica, inefficiente e poco trasparente (per esempio, con riferimento al caso dell’Hotel Saratoga [1] e più in generale sul traffico di medicine [2]).
Poiché far arrivare aiuti fuori dalla capitale è sempre più complicato, in quanto i mezzi di trasporto sono scarsi ed altamente inefficienti, le due valigie verranno consegnate nelle città di Ciego de Ávila e Camagüey, a circa sei-sette ore di distanza dall’Avana. Per questo motivo, ho intenzione di affittare una macchina per potermi spostare più agevolmente e raggiungere alcuni dei posti che di solito meno beneficiano degli aiuti umanitari.
Per coprire le spese che mi si presenteranno, e che prevedibilmente non saranno basse, ho deciso allora di lanciare una sottoscrizione.
Una lista, parziale, delle spese da coprire è la seguente:
• trasporto terrestre e aereo, €550;
• trasporto di due valigie extra, €50;
• affitto macchina 5 giorni, €600;
• 46 kg di medicinali (valigie comprese), costo ancora da definire.
La raccolta e imballaggio dei medicinali sarà organizzata da Hilda Landrove, antropologa, giornalista e attivista cubana residente a Città del Messico;*
• benzina;
• vitto e alloggio per tre persone per quattro giorni, giacché mi accompagneranno a partire dall’Avana il compagno Boris Millán Díaz, del Taller Libertario Alfredo López y el Centro Social y Biblioteca Libertaria ABRA, ed un suo caregiver (Boris è affetto da atrofia muscolare).

Note
(*) Vedasi https://umanitanova.org/tra-unoligarchia-e-laltra-una-cosa-chiamata-popolo-cubano/
[1]https://web.archive.org/web/20221027100415/https://eltoque.com/donaciones-en-cuba-tiene-el-gobierno-que-ser-intermediario
“Donaciones en Cuba: ¿tiene el Gobierno que ser intermediario?”, 31 maggio 2022, Eltoque.com
Dopo l’esplosione dell’Hotel Saratoga nel maggio 2022, le forze dell’ordine cubane hanno tentato di impedire che singole persone potessero portare aiuti umanitari scavalcando la struttura statale, arrivando anche a perquisizioni domestiche di singoli individui che volevano effettuare donazioni. La legislazione cubana è impostata in maniera tale che l’apparato statale possa agire quale unico intermediario per gli aiuti umanitari in caso di disastri o catastrofi. Questo, a detta dello Stato, per evitare che “individui con secondi fini possano interferire”. Tutto ciò comporta che le donazioni spesso e volentieri rimangono appannaggio di funzionari e uffici statali, che fanno il bello e il cattivo tempo e possono decidere di trattenere gli aiuti.
[2]https://web.archive.org/web/20221027101236/https://periodismodebarrio.org/2021/06/crisis-de-medicamentos-en-cuba-trueques-donaciones-avisos-venta-y-contrabando/amp/
“Crisis de medicamentos en Cuba: trueques, donaciones, avisos, venta y contrabando”, periodismodebarrio.org
La grave mancanza di medicinali e attrezzature sanitarie a Cuba e l’incuria istituzionale hanno portato la popolazione ad auto-organizzarsi, usando i social network, per scambiare in maniera gratuita farmaci ed apparecchiature di cui hanno necessità ma che non riescono a trovare. La situazione è stata talmente disperata che in alcune zone dell’isola caraibica sono mancati i più elementari oggetti usati negli ospedali, come guanti, siringhe o disinfettanti, rendendo difficile perfino effettuare un prelievo di sangue.
Se da una parte l’auto-organizzazione delle persone comuni ha supplito alla carenza generale di medicinali, dall’altra la mancanza di una supervisione medica autorevole ha fatto sì che venissero messi in atto comportamenti rischiosi per la salute quale l’assunzione di farmaci senza ricetta, o scaduti o ancora di preparazioni per animali. La situazione di mercato nero che si è venuta a creare ha fatto sì inoltre che venissero vendute preparazioni medicinali dannose per la salute senza alcun controllo.
* Il lavoro giornalistico di Hilda Landrove può essere consultato sul suo profilo Facebook o sul sito di Rialta
Autrice su Rialta https://rialta.org/author/hilda-landrove
Profilo Facebook https://www.facebook.com/hilda.landrove.3
Indirizzo email lluviadearbol@gmail.com

Io, Caterina, posso essere contattata per email saeeda.bai@gmail.com o su Telegram @Catilaoruga
Per le donazioni:
AVVERTENZA IMPORTANTE
Poiché Cuba è sottoposta ad embargo, i siti principali di transazioni online spesso e volentieri bloccano i movimenti che abbiano a che fare con l’isola. Ad esempio, una transazione potrebbe essere bloccata se nella causale compare la parola “Cuba”. Per evitare un eventuale blocco di denaro, vi chiedo di scrivere semplicemente “Solidarietà” nella causale.
PayPal: saeeda.bai@gmail.com
Bonifico Bancario
Intestataria: Caterina Camastra
Banca: BPER
IBAN: IT79W0538757570000003313951

Pubblicato in Comunicati | Contrassegnato , , | Commenti disabilitati su Cuba: richieste di solidarietà e supporto

Il miliardario e gli anarchici

Traduzione dall’originale “The Billionaire and the Anarchists

Elon Musk ha preso possesso di Twitter, affermando di renderlo “un’unica piazza cittadina digitale”. Che tipo di piazza [potrà mai essere] quella posseduta da un singolo plutocrate? La piazza di una città aziendale, o di una monarchia. Cosa significherà questo per le persone comuni che dipendono da piattaforme come Twitter per comunicare e organizzarsi nell’era digitale?

 

Risolvere le tensioni all’interno della classe dominante

I conflitti che si sono svolti all’interno della classe capitalista durante la presidenza Trump hanno effettivamente contrapposto una coalizione di nazionalisti e capitalisti di vecchia data (come la lobby petrolifera) contro i “partigiani del neoliberismo” esemplificato, come al solito, nella stragrande maggioranza della Silicon Valley. Se non fosse stato per questi conflitti all’interno della classe [dominante], lo sforzo di Trump nel consolidare il controllo del governo degli Stati Uniti attraverso il suo particolare tipo di autoritarismo nazionalista, avrebbe già potuto avere successo.

I movimenti di base hanno guidato la resistenza alle politiche di Trump e il supporto a livello di strada, ma anche la Silicon Valley ha preso parte a ciò, culminando con Twitter che ha cacciato Trump dalla sua piattaforma sulla scia del fallito tentativo di golpe del 6 Gennaio.

Questo ha sottolineato ciò che era già chiaro dall’estate 2020: Trump non era riuscito a costruire un solido sostegno tra la classe capitalista per mantenere il suo potere.

Le decisioni dei precedenti amministratori di Twitter durante l’era Trump hanno rivelato le linee di frattura all’interno della classe capitalista.

 

E se Trump fosse stato in grado di fare causa comune con una massa critica di miliardari della Silicon Valley? Le cose sarebbero andate diversamente? Questa è una questione importante, perché il conflitto a tre tra nazionalisti, neoliberisti e movimenti sociali partecipativi non è finito.

Per dirla in termini dialettici volgari:

Tesi: Lo sforzo di Trump per consolidare un nazionalismo autoritario

Antitesi: L’opposizione dei magnati neoliberisti della Silicon Valley

Sintesi: Elon Musk compra Twitter

Inteso così, l’acquisizione di Twitter da parte di Musk non è solo il capriccio di un plutocrate -è anche un passo verso la risoluzione di alcune delle contraddizioni interne della classe capitalista: meglio stabilire un fronte unificato contro gli operai e tutti coloro che subiscono la violenza del sistema capitalista. Qualunque cambiamento Musk introduca, sicuramente rifletterà i suoi interessi di classe come uomo più ricco del mondo.

Di tutti i giganti dei social media, e nonostante la notoria presenza di Trump sulla piattaforma, gli amministratori di Twitter erano probabilmente meno accomodanti per l’agenda di Trump rispetto a quelli di Facebook o Youtube. Mentre Mark Zuckerberg ha incontrato ripetutamente Trump e i suoi sostenitori di estrema destra come Tucker Carlson, e Facebook e Instagram hanno accolto le richieste dell’estrema destra nel bandire anarchici e antifascisti dalle loro piattaforme, Twitter ha bandito i fascisti con la stessa facilità con cui ha bandito anarchici e altri attivisti. Al momento, abbiamo ipotizzato che questo sia accaduto perché Twitter era ancora effettivamente sotto la gestione dei fondatori originali.

Qui ripercorreremo la storia di Twitter dalle sue origini come strumento di protesta per gli attivisti fino all’acquisizione da parte di Musk, tracciando una storia dell’acquisizione capitalistica del microcosmo Internet.

Innovazione e cooptazione
Con l’acquisto di Twitter da parte di Musk, si conclude un ciclo di innovazione e cooptazione nel campo delle comunicazioni. Alla fine del XX secolo, i modelli politici e tecnologici dominanti erano monolitici e unidirezionali: reti televisive e partiti politici di massa. In risposta a ciò, gli anarchici e altri ribelli hanno sperimentato media indipendenti e reti clandestine, producendo modelli innovativi orizzontali e decentralizzati come indymedia.org. Le aziende tecnologiche hanno poi monetizzato questi modelli come media partecipativi del Web 2.0 – tipo Facebook. Tuttavia, dall’inizio del secolo fino alle rivolte del 2020, gli aspetti orizzontali e partecipativi di Internet in generale e dei social media in particolare, hanno continuato a dare potere a coloro che cercavano di raggiungere una maggiore autodeterminazione, come testimoniano i graffiti “Grazie Facebook” in Tunisia dopo le rivolte della cosiddetta “primavera araba” del 2010-2011.

Nell’ultimo decennio, tuttavia, le aziende e i governi hanno introdotto una sorveglianza e un controllo online sempre maggiore. L’acquisizione di Twitter da parte di Musk è l’ultima tappa di un giro di vite reazionario dalle implicazioni cupe.

Febbraio 2011: graffiti a Tunisi dopo la caduta del presidente Ben Ali. Fotografia di Habib Nassar.

Musk e i suoi colleghi vedono il capitalismo come una meritocrazia in cui i concorrenti più scaltri e laboriosi salgono inesorabilmente al vertice. Da qui, presumibilmente, il loro stesso successo.

Naturalmente, se Musk volesse dimostrare che il suo successo non è solo la conseguenza di privilegi e fortuna – di buona sorte ed auspicio -, potrebbe dimostrarlo abbastanza facilmente dando via le sue ricchezze, tagliando i suoi legami sociali, cambiando nome e ripetendo una seconda volta la sua presunta impresa “dalle stalle alle stelle.” Se fosse in grado di scalare la piramide una seconda volta senza il beneficio di essere cresciuto da bianco nel Sudafrica dell’apartheid (mettendo da parte per ora la questione degli investimenti degli smeraldi paterni), potremmo ascoltare le sue affermazioni secondo cui il mercato l’avrebbe innalzato grazie alle sue qualità personali, anche se ciò non dimostrerebbe che il capitalismo premi gli sforzi più vantaggiosi per l’umanità.

Secondo la narrativa della Silicon Valley, le piattaforme come Twitter sono invenzioni di singoli imprenditori, spinte alla nascita dal capitale finanziario di investitori scaltri.

Ma Twitter non è semplicemente spuntato, formato completamente come Atena, dal capo dell’azienda e cofondatore Jack Dorsey. In realtà, si trattava di un modesto perfezionamento di un modello già dimostrato da TXTmob, il programma di messaggistica SMS sviluppato dall’Institute for Applied Autonomy per le proteste alle convention nazionali democratiche e repubblicane.[1]

Blaine Cook e Evan Henshaw-Plath [sono due] sviluppatori anarchici che hanno lavorato a fianco di Dorsey nella sua precedente società Odeo; hanno contribuito a perfezionare TXTmob e, in seguito, hanno portato questo modello nelle conversazioni con Dorsey, dando vita a Twitter.

Se l’urgenza incessante dei social media in generale e di Twitter in particolare può essere estenuante, c’è da aspettarselo: l’infrastruttura di Twitter è stata originariamente progettata per le comunicazioni di strada durante le mobilitazioni di massa ad alto rischio, in cui le informazioni devono essere diffuse immediatamente, ridotte all’essenziale. Non è un caso che, nonostante i suoi difetti, la piattaforma abbia continuato a essere utile agli attivisti di strada e ai giornalisti di guerra.

I bei tempi andati, quando i graffiti pro-Twitter apparivano in piazza Tahrir durante la rivoluzione egiziana.

Il punto è che i modelli innovativi non emergono necessariamente dall’imprenditorialità commerciale dei grandi della storia e dell’economia. Spesso emergono nel corso di sforzi collettivi per risolvere uno dei problemi creati dall’ordine capitalistico. La resistenza è il motore della storia. In seguito, opportunisti come Musk usano la grande leva economica – che un mercato guidato dal profitto gli concede -, per acquistare nuove tecnologie e rivolgerle definitivamente contro i movimenti e i contesti che le hanno originariamente prodotte.

Possiamo individuare due fasi nell’appropriazione capitalistica del modello TXTmob.

Nella prima fase, una struttura originariamente progettata da volontari ed utilizzata da semplici manifestanti, è stata trasformata in una società quotata in borsa, nello stesso periodo in cui gli spazi aperti dell’Internet Web 2.0 venivano colonizzati dai sistemi di sorveglianza a scopo di lucro.

Nella seconda fase, questa società quotata in borsa è stata trasformata nel giocattolo privato di un unico magnate titolato, con conseguenze ancora tutte da verificare.

Musk sostiene che il suo obiettivo è quello di aprire la piattaforma a una più ampia gamma di discorsi. In pratica, non esiste la “libertà di parola” nella sua forma pura: ogni decisione che può modellare le condizioni del dialogo ha inevitabilmente implicazioni su chi può partecipare, chi può essere ascoltato e cosa può essere detto. Per quanto ne possiamo dire contro di loro, i precedenti moderatori dei contenuti di Twitter non hanno impedito alla piattaforma di servire i movimenti di base. Dobbiamo ancora vedere se Musk prenderà di mira intenzionalmente gli attivisti e gli organizzatori o semplicemente permetterà ai reazionari di farlo su base crowdsourcing; ma sarebbe estremamente ingenuo credere che il suo obiettivo sia rendere Twitter più aperto.

(traduzione: “Questo farebbe implodere Twitter, lasciandolo in un pozzo nero di disinformazione, discorsi di odio e CSAM (child sexual abuse materials, ndt), mentre i sistemi critici si rompono. Non c’è modo di gestire questo sito con il 75% del suo personale sparito. Sarà una spirale di morte”)

Il miliardario versus gli anarchici

Immaginate di non credere che Elon Musk meriti di avere più potere su ciò che accade su Twitter rispetto ai circa 238 milioni di persone che lo usano oggi. Ai fini di questo esperimento mentale, immaginate di credere che nessuno meriti di avere un potere così sproporzionato sui mezzi con cui gli esseri umani comunicano tra loro. In altre parole, immaginate di essere degli anarchici.

Cosa potete fare per garantire che le persone possano controllare le tecnologie che ci connettono? Potete creare nuove piattaforme che rispondano direttamente a chi le usa? E, cosa ancora più importante, potete renderle popolari, allontanando gli utenti dai recinti chiusi dei social media aziendali? È possibile riunire le persone in altri forum, spazi che non possono essere comprati e controllati da miliardari?

In effetti, l’acquisizione di Twitter da parte di Musk ci riporta agli anni ‘80, quando i principali mezzi di comunicazione erano interamente controllati dalle grandi aziende. La differenza è che oggi le tecnologie sono partecipative piuttosto che unidirezionali: invece di vedere semplicemente giornalisti e celebrità, gli utenti vedono le rappresentazioni dell’altro, accuratamente curato da chi gestisce le piattaforme. Se non altro questo rende più insidioso e persuasivo la pretesa dei social media di rappresentare i desideri della società nel suo complesso – più di quanto possano mai essere gli spettacoli delle reti televisive.

Twitter stesso è probabilmente una causa persa; ma non dovremmo cedere frettolosamente qualsiasi territorio attraverso il quale potremmo comunicare e organizzarci contro i nostri oppressori. In un mondo globalmente connesso in rete, i nostri avversari nei governi, nelle aziende e nei movimenti reazionari continueranno a sfruttare la tecnologia digitale per agire con velocità e coordinamento. Non possiamo permetterci di non fare lo stesso, anche se a lungo andare cerchiamo forme di connessione molto più ricche di quelle che la tecnologia digitale può fornire.

Siete voi contro i miliardari. Loro hanno a disposizione tutta la ricchezza e il potere del più formidabile impero della storia del sistema solare. Tutto ciò che avete a disposizione è il vostro ingegno, la solidarietà dei vostri compagni e la disperazione di milioni di persone come voi. I miliardari hanno successo, concentrando il potere nelle loro mani a spese di tutti gli altri. Per avere successo, dovete dimostrare come tutti possano diventare più potenti. In questa gara si confrontano due principi: da un lato, l’accrescimento individuale a spese di tutti gli esseri viventi; dall’altro, il potenziale dell’individuo per aumentare l’autodeterminazione di tutti gli esseri umani, di tutte le creature viventi.

La buona notizia è che il loro racconto sull’origine dell’innovazione è una menzogna. Gli anarchici hanno avuto più a che fare con le origini di Twitter che con i plutocrati come Musk. Possiamo creare altre piattaforme, altri punti di partenza per la connessione, altre strategie per cambiare il mondo. Dobbiamo farlo.

Nota
[1] Potremmo risalire ancora più indietro, alle proteste contro il vertice dell’Unione Europea a Göteborg, dal 14 al 16 giugno 2001, durante il quale alcuni partecipanti organizzarono una “centrale di comunicazione” utilizzando un programma rozzo per la distribuzione di massa di messaggi SMS. Tutti potevano iscriversi al servizio, ma l’infrastruttura non era decentralizzata, il che la rendeva vulnerabile. La polizia ha effettuato un raid e otto persone hanno scontato un anno o più di carcere a testa. Retate simili sono seguite durante le proteste alla Convention nazionale repubblicana del 2008 a St. Paul e al vertice del G20 del 2009 a Pittsburgh, prima che le autorità passassero dal perseguire chi forniva informazioni al pubblico durante le proteste a colpire chi inavvertitamente forniva troppe informazioni su di sé attraverso i social media.

Pubblicato in Articoli | Contrassegnato , | Commenti disabilitati su Il miliardario e gli anarchici

Patrioti e traditori online. La guerra, l’autoritarismo e il vigilantismo digitale sponsorizzato dallo Stato in Russia

Traduzione dall’originale “Online Patriots and Traitors: The War, Authoritarianism, and State-Sponsored Digital Vigilantism in Russia

Il 24 febbraio la Russia ha iniziato un’invasione su larga scala dell’Ucraina. Dal punto di vista strategico, questa decisione è stata un errore di calcolo basato su una scarsa intelligence e su cicli di informazioni che hanno portato Putin a sottovalutare l’esercito e i cittadini ucraini e a sopravvalutare le capacità dell’esercito russo. [1] Tuttavia, nonostante i fallimenti militari della Russia, la campagna sembra aver raggiunto una serie di obiettivi politici in patria. In particolare, è diventata un punto di svolta nel processo di autocratizzazione della Russia stessa. Se prima della guerra le ondate di repressione politica avevano in gran parte schiacciato l’opposizione al regime, la guerra con l’Ucraina ha permesso al regime di consolidare ulteriormente queste conquiste e di consolidare una forma più palese di dittatura.

Essendo la Russia un Paese altamente digitalizzato, il processo di arretramento democratico è stato profondamente intrecciato con l’uso delle tecnologie digitali. Fino alla fine degli anni Duemila, il regime non considerava la sfera dei media online come una minaccia politica significativa. [2] Tuttavia, nell’ultimo decennio si è assistito ad una proliferazione di tecniche avanzate di controllo e di censura della sfera pubblica online, come il blocco, la sottrazione di infrastrutture Internet, la creazione di un ambiente legale per normalizzare la censura online, la manipolazione degli intermediari digitali e il modellamento proattivo delle discussioni online tramite bot e “troll”. L’aggressione all’Ucraina è stata sfruttata per aumentare ulteriormente il controllo del regime sullo spazio informativo. Vietando i restanti media online indipendenti e le piattaforme mediatiche globali con il pretesto della sicurezza nazionale in tempo di guerra, il governo ha rafforzato il controllo sullo spazio informativo.
Sebbene il Cremlino abbia sperimentato per un decennio varie tecniche di controllo della sfera online, la guerra ha portato alla ribalta nuove strategie. Oltre a censurare o manipolare le informazioni, la guerra ha incoraggiato e facilitato il vigilantismo digitale – sponsorizzato dallo Stato come parte dell’autoritarismo consolidato. A differenza delle precedenti forme di controllo online, che implicavano la passività dei cittadini, il governo ha iniziato a fare affidamento sul potenziale dei media digitali per dare a coloro che sono fedeli al regime la possibilità di fornire assistenza nella persecuzione dei concittadini che si oppongono alla guerra.

La sfera online è stata a lungo considerata uno spazio democratico che incoraggia la partecipazione e il libero flusso di informazioni. Tuttavia, quando gli Stati autoritari hanno iniziato ad adattarsi alle sfide digitali tra la fine degli anni 2000 e l’inizio del 2010, molti studiosi hanno sottolineato come i media digitali possano essere utilizzati per rafforzare il controllo autoritario. Gli autocrati esperti di tecnologia hanno abbracciato il potere dei media digitali costruendo varie forme di quello che Rebecca McKinnon chiama “autoritarismo in Rete” (in originale “networked authoritarianism”, ndt)[3]. In linea con questa tendenza, il regime di Putin ha sperimentato tecniche avanzate di controllo. Ad esempio, ha investito ingenti risorse nello sviluppo di media online di Stato favorevoli al regime, [4] nella manipolazione dei motori di ricerca [5] e degli aggregatori di notizie [6], nell’utilizzo di bot [7] e “troll” a pagamento [8] per manipolare le discussioni online e gli algoritmi dei social media plasmando così l’opinione pubblica online. Tuttavia, queste tecniche sono state raramente concepite per coinvolgere attivamente i cittadini. Come altri regimi autoritari, il regime di Putin pratica la smobilitazione. Invece di coinvolgere attivamente i cittadini nella politica, ha fatto affidamento sull’apatia politica, cercando di tenere i cittadini lontani dalla politica. [9] Adottando le nuove tecnologie digitali, le autorità hanno cercato di fabbricare il consenso e di presentare la leadership come popolare, limitando i flussi di informazione alternativi o scatenando bot e troll a pagamento per esaltare la popolarità, piuttosto che coinvolgere attivamente i cittadini nella politica, come accadeva nei passati regimi violenti. [10]

L’invasione russa dell’Ucraina rappresenta sia una continuazione che una rottura con la strategia precedente. Da un lato, il regime ha usato la guerra come pretesto per espandere la sua presa sulla sfera online, portando avanti quella che Gregory Asmolov chiama “società disconnessa” – uno stato di dominio sui flussi di informazione e di isolamento dallo spazio mediatico globale. [11] In definitiva, questa strategia mira a rendere i cittadini meno informati e passivi, limitando l’accesso a informazioni alternative e creando la visibilità di un sostegno massiccio all’invasione. D’altra parte, sfruttando le nuove opportunità offerte dai social media e dai dati open-source, il governo ha introdotto molteplici iniziative per incoraggiare il vigilantismo digitale e dare a coloro che sono favorevoli al regime e alle sue azioni in Ucraina gli strumenti per contribuire alla persecuzione di altri cittadini considerati non leali.
Il vigilantismo digitale non è un fenomeno nuovo nel mondo online. Benjamin Loveluck definisce il vigilantismo digitale come “[una serie di] azioni dirette online di sorveglianza mirata, dissuasiva o punitiva che tendono a basarsi sulla denuncia pubblica o su un eccesso di attenzione non richiesta, e sono eseguite in nome della giustizia, dell’ordine o della sicurezza”. [12] Esistono almeno quattro tipi diversi di vigilantismo digitale, come il flagging (segnalare dei comportamenti incivili collettivi, piuttosto che individuali, sui social media), l’investigazione ( indicare sui social media i nomi di individui specifici sospettati di illeciti), l’hounding (una forma intensa di investigazione guidata dall’indignazione dell’opinione pubblica, supportata da prove incriminanti e, in ultima analisi, dall’umiliazione del sospettato) e il leaking organizzato (far trapelare informazioni sensibili su istituzioni e organizzazioni). Tuttavia, una caratteristica distintiva di queste forme di vigilantismo digitale è che sono svolte dagli utenti dei social media di propria iniziativa. Raramente, se non mai, i vigilanti tentano di provocare la risposta delle autorità o lo Stato stesso affida ai cittadini le funzioni di applicazione della legge.
A differenza delle forme di vigilanza digitale dal basso verso l’alto, il regime di Putin ha cercato di avviare pratiche di vigilanza dall’alto, esplorando il potenziale dei social media e degli open data. Esistono diverse forme di vigilantismo sponsorizzate dallo Stato.

Ad esempio, l’organizzazione denominata Comitato per la Difesa degli Interessi Nazionali (CDNI) si è occupata di raccogliere dati da fonti aperte e dai social media per creare un dataset sui cittadini non fedeli allo Stato e/o critici alla guerra. I profili dei cittadini non fedeli [al regime] sono pubblicati sui profili dei social media del CDNI: Vkontake, Odnoklassniki e Telegram. Pur presentandosi come un gruppo di “cittadini preoccupati”, l’organizzazione è collegata al partito al potere (“Russia Unita”) e a una serie di organizzazioni civiche controllate dal regime. Prima dell’invasione dell’Ucraina, [l’organizzazione] stava raccogliendo un database di cittadini critici nei confronti del governo. Dal 2012, il regime di Putin ha introdotto una serie di “leggi sugli agenti stranieri” per reprimere l’opposizione politica. Queste leggi sono utilizzate per creare atteggiamenti negativi nei confronti dei critici del regime, ma anche per imporre restrizioni finanziarie e burocratiche verso l’opposizione politica, ostacolandone [in tal modo] le attività.

Poiché il governo dispone di risorse limitate, nel momento in cui scriviamo (13 Giugno, ndt) ha etichettato come agenti stranieri solo ottantacinque organizzazioni, quarantacinque organi di informazione e 121 persone. Basandosi sulle apparizioni nei media e sui dati dei social media, il CDNI ha compilato un database molto più ampio di circa 1.000 persone presentate come agenti stranieri.

Il CDNI etichetta come traditori i giornalisti russi Dmitry Muratov, Yuriy Dud, Leonid Parfenov e il cantante Boris Grebenshikov per aver espresso opinioni contrarie alla guerra. Le loro dichiarazioni sui social media sono presentate come prove incriminanti.

Dopo l’inizio della guerra, l’organizzazione ha cambiato obiettivo e ha iniziato a raccogliere informazioni sui “traditori” (cittadini russi critici nei confronti dell’invasione russa dell’Ucraina) e sui “nemici” (cittadini dell’Ucraina e di altri Paesi critici nei confronti dell’invasione russa dell’Ucraina).

Durante questi tre mesi di guerra, [il CDNI] ha creato più di 300 profili basati su profili di social media e apparizioni sui media. Poiché il CDNI non è gravato da regolamenti burocratici, integra il lavoro [svolto lentamente] dalle agenzie statali. Di conseguenza, i vigilantes digitali svolgono alcuni dei ruoli dell’apparato repressivo, utilizzando le potenzialità offerte dai media digitali: una ricchezza di dati pubblicamente disponibili, la velocità dei social media e l’anonimato.

Pur essendo collegato al regime, il CDNI è stato creato da “cittadini preoccupati”. Dall’inizio dell’invasione, il regime di Putin ha avviato una forma più diretta e dall’alto verso il basso di vigilantismo digitale: rapporti anonimi su coloro che si oppongono alla guerra. Il 4 Marzo 2022, il Parlamento russo ha approvato la legge federale n. 32 che criminalizza le critiche alle azioni dell’esercito russo. Le sanzioni per le violazioni di questa legge possono variare da multe significative fino a quindici anni di reclusione. Nel momento in cui scriviamo (13 Giugno, ndt), ci sono stati circa 2.000 casi amministrativi e sessanta casi penali in base a questa nuova legge sulla censura. Per facilitare l’attuazione della legge, il governo ha creato dei bot Telegram per segnalare le violazioni della legge. I bot di Telegram sono applicazioni di terze parti che girano all’interno di questa piattaforma. I bot possono svolgere diverse funzioni, come la raccolta di informazioni, l’esecuzione automatica di canali Telegram e l’integrazione con altri servizi. I governi locali di sette regioni hanno creato dei bot che raccolgono segnalazioni anonime di cittadini che protestano contro la guerra. Allo stesso modo, il partito al potere “Russia Unita” ha creato un proprio bot (er_stopfake_bot) che invita gli utenti ad inviare informazioni sui cittadini che diffondono “fake news” sull’esercito russo o che protestano contro la guerra. Dopo la segnalazione fatta al bot, il partito sostiene di inviare queste informazioni ai servizi di sicurezza. Alla fine di Aprile 2022, il partito ha dichiarato di aver ricevuto 5.000 segnalazioni da parte dei cittadini.

Tuttavia, questi tentativi di utilizzare i media digitali per segnalazioni e denunce anonime spesso incontrano [una decisiva opposizione]. Ad esempio, i bot creati dai governi locali hanno nomi identici [del tipo] ZaPravdu5XX_bot, dove XX sta per il numero della regione. Poiché i bot sono stati creati solo per sette regioni, gli utenti critici nei confronti della guerra hanno risposto rapidamente a questa iniziativa creando bot e canali Telegram con nomi identici per altre regioni non prese di mira dal governo. Mentre i bot sono disfunzionali e vengono utilizzati per confondere chi vuole denunciare i propri concittadini, i canali rispondono agli aspiranti vigilanti con dichiarazioni contro la guerra, informazioni alternative sulla guerra o messaggi umilianti che condannano la pratica delle denunce.

Ad esempio, quando si accede al bot ZaPravdu39 per inviare informazioni sulle violazioni della legge sulla censura, sembra che questo canale faccia riferimento a due articoli del Codice penale russo – il 353 (“Pianificazione, preparazione, lancio o scatenamento di una guerra aggressiva”) e il 354 (“Inviti pubblici ad iniziare una guerra aggressiva”). Queste leggi prevedono pene detentive fino a vent’anni. Il messaggio [in questione] suggerisce che l’attacco all’Ucraina è un crimine e che il presidente Putin e il governo dovrebbero essere puniti dalla legge. Il bot ZaPravdu55_bot fornisce un elenco di link a canali Telegram di media indipendenti che forniscono informazioni obiettive sulla guerra. Alcuni canali che si travestono da bot fanno semplicemente dichiarazioni umilianti e contro la guerra, come “Volevi fare la spia su qualcuno, stronzo?”. (ZaPravdu50_bot, Zapravdu77_bot, e ZaPravdu99_bot), “No alla guerra. Volevi fare la spia su qualcuno? Figlio di puttana” (ZaPravdu71_bot), “Le denunce nello stile di Pavlik Morozov sono sbagliate. Non porteranno a nulla di buono”. (ZaPravdu12_bot). (Nella propaganda sovietica, Pavlik Morozov era un ragazzo che denunciò il padre per aver venduto grano a contadini ricchi e venne ucciso dai familiari per questo, ndt).

Un bot creato dal governo che invita gli utenti a presentare prove di provocazioni e violazioni della legge (a sinistra) e un canale pubblico con nome simile che elenca gli articoli del Codice penale che stabiliscono le punizioni per l’inizio di una guerra (a destra).

Finora, il numero di contro-bot creati dai critici del governo è superiore al numero di bot originali creati dallo Stato. Poiché è abbastanza facile trovare i bot originali, è improbabile che queste contromisure impediscano ai sostenitori del regime di denunciare. Tuttavia, è probabile che almeno alcuni dei vigilanti si perdano in una moltitudine di bot identici e disfunzionali o che almeno percepiscano la condanna pubblica verso la pratica della segnalazione.

Da tempo gli studiosi avvertono che le tecnologie digitali, piuttosto che essere “tecnologie di liberazione” [13] di default, vengono riproposte e utilizzate sia dai cittadini che dai governi per obiettivi democratici e non democratici. [14] Uno dei modi non democratici in cui i governi possono utilizzare i media digitali è la sorveglianza dei cittadini e la raccolta di dati per la repressione. Il vigilantismo digitale sponsorizzato dallo Stato rappresenta una nuova tappa nell’evoluzione dell’uso non democratico dei media digitali. Utilizzando la guerra come pretesto per un’ulteriore autocratizzazione, il regime di Putin ha esternalizzato alcune delle sue funzioni repressive a vigilanti disposti a impegnarsi volontariamente nella sorveglianza e a perseguitare i propri concittadini. Abbracciando il potenziale dei media digitali, il regime non solo ha trasformato i contenuti generati dagli utenti in uno dei suoi strumenti, ma ha anche consegnato questo strumento a coloro che sono disposti a usarlo.

Note
[1] Vladimir Gel’man, “Why the Kremlin Invaded Ukraine,” Riddle, March 12, 2022, https://ridl.io/en/why-the-kremlin-invaded-ukraine/“>https://ridl.io/en/why-the-kremlin-invaded-ukraine/
[2] Sarah Oates, Revolution Stalled: The Political Limits of the Internet in the Post-Soviet Sphere (Oxford: Oxford University Press, 2013).
[3] Rebecca McKinnon, “Liberation Technology: China’s “Networked Authoritarianism,”” Journal of Democracy 22, no. 2 (2011): 32–46.
[4] Ilya Yablokov, “Conspiracy Theories as a Public Diplomacy Tool: The Case of Russia Today (RT),” Politics 35, no. 3–4 (2015): 301–315.
[5] Daria Kravets and Florian Toepfl, “Gauging Reference and Source Bias Over Time: How Russia’s Partially State-Controlled Search Engine Yandex Mediated an Anti-Regime Protest Event,” Information, Communication, & Society (2021), Advance online publication.
[6] Françoise Daucé and Benjamin Loveluck, “Codes of Conduct for Algorithmic News Recommendation: The Yandex.News Controversy in Russia,” First Monday 26, no. 5-3 (2021).
[7] Denis Stukal, Sergey Sanovich, Richard Bonneau, and Joshua A. Tucker. “Detecting bots on Russian political Twitter,” Big data 5, no. 4 (2017): 310–324.
[8] Anton Sobolev, “How Pro-government “Trolls” Influence Online Conversations in Russia” (Preprint, 2019), http://www.wpsanet.org/papers/docs/2019W-Feb-Anton-Sobolev-Trolls-VA.pdf.
[9] Maxim Alyukov, “Making Sense of the News in an Authoritarian Regime: Russian Television Viewers’ Reception of the Russia–Ukraine Conflict,” Europe-Asia Studies 34, no. 3 (2022): 337–359.
[10] Sergei Guriev and Daniel Treisman, “Informational autocrats,” Journal of Economic Perspectives 33, no. 4 (2019): 100–127.
[11] Gregory Asmolov, “Russia, Ukraine, and the Emergence of “Disconnective Society,” Riddle, April 21, 2022, https://ridl.io/en/russia-ukraine-and-the-emergence-of-disconnective-society/.
[12] Benjamin Loveluck, “The Many Shades of Digital Vigilantism. A Typology of Online Self-justice,” Global Crime 21, no. 3–4 (2020): 213–241.
[13] Larry Diamond, “Liberation technology,” Journal of democracy 21, no. 3 (2010): 69–83.
[14] Sheena Chestnut Greitens, “Authoritarianism Online: What Can We Learn From Internet Data in nondemocracies?” PS: Political Science & Politics 46, no. 2 (2013): 262–270.
[15] Evgeny Morozov, The Net delusion: How not to Liberate the World (Westminster, UK: Penguin Books, 2011).

Pubblicato in Articoli | Contrassegnato , , , | Commenti disabilitati su Patrioti e traditori online. La guerra, l’autoritarismo e il vigilantismo digitale sponsorizzato dallo Stato in Russia

[Catania] Historia non magistra vitae. Onora i morti, dileggia i vivi.

Da qualche giorno fa notizia e scalpore che a Catania sia stata “scoperta” una tomba romana in via Antico Corso sotto un palazzo dell’Istituto Autonomo Casa Popolare.
La tomba veniva utilizzata come deposito di bracieri e quant’altro fino all’intervento, nel 2010, dei carabinieri e della Sovraintendenza dei Beni Culturali. Da quel momento fino ad oggi, Ottobre del 2022, la tomba è rimasta lì nell’incuria più totale.
Ora che la tomba è finita sotto i riflettori mediatici, Catania riscopre nuovamente la sua storia.
L’amore per il proprio passato, però, è solo uno specchio per le allodole e nel caso catanese non è mai stato un qualcosa da risaltare.

Il Duca di Camastra, in nome della ricostruzione e del ripristino del prestigio della città etnea dopo il terremoto della Val di Noto di fine Seicento, ne modificò l’urbanistica, abbattendo quelle poche costruzioni medievali e di origine greco-romana scampate al terremoto e mettendo in risalto lo stile barocco dei nuovi palazzi ricostruiti del patriziato e del clero catanese – nascondendo i “pezzenti” e i loro quartieri dietro tali costruzioni.

Nel corso di due secoli (Settecento-Novecento), Catania è urbanisticamente lievitata: l’allargamento edilizio verso il nord della città; lo sventramento di San Berillo e la nascita/cementificazione dei quartieri di Nesima Superiore e di San Leone ad opera del gruppetto “Drago,Majorana,Rebecchini&Co” negli anni ’50-’60 del Novecento; le costruzioni sorte come funghi nei quartieri di Ognina e della cosiddetta “città satellite” di Librino degli anni ’70-’80.
Dopo questa fase fatta di cementificazione, abbattimento del superfluo e deportazioni, i cambiamenti sociali e politici catanesi della prima metà degli anni ’90 hanno portato l’establishment locale a riconsiderare il proprio passato architettonico.

Il motivo è abbastanza semplice: bisognava aprire nuovi segmenti di mercato.
Considerato che a livello economico l’edilizia era entrata in una fase di stagnazione (e successiva crisi), le nuove leggi urbanistiche impedivano nuove costruzioni e modifiche dei Piani Regolatori, e nel territorio non si riusciva ad assorbire la forza inoccupata in altri settori economici (agricoltura in primis), l’unico mercato adatto a risolvere parzialmente questo problema di disoccupazione e crisi capitalistica era (e lo è ancor oggi, nel 2022) quello turistico.

Con un minimo di preparazione professionale e fondi europei e nazionali verso il settore turistico, quest’ultimo si è rivelato un vero e proprio salvagente in territori come Catania dove sono totalmente assenti grosse industrie manifatturiere e la crisi ciclica del Capitale si fa sentire in modo pesante a tutti i livelli.

Restaurare edifici o tombe per far “girare” l’economia, pubblicizzando il tutto come “è stato seppellito Caio Sempronio” o “un nobile ha ammazzato la propria consorte in stile Baronessa di Carini”, dimostra solo una cosa: viviamo in una società di morte dove si odia la vita e, allo stesso tempo, si crede in un altro mondo che esiste solo nelle menti dei mentecatti adoratori di una o più divinità.

Pubblicato in Articoli | Contrassegnato , , , | Commenti disabilitati su [Catania] Historia non magistra vitae. Onora i morti, dileggia i vivi.

Proteste, fughe e repressione in Russia – 2

-Articoli di Zenskaya Pravda, n. 12, 3 Ottobre 2022

Per proteggere i nostri uomini
di Maria Tsvetochkina


Mobilitazione… Per molte famiglie questa parola significa una cosa soltanto: gli uomini saranno portati via e potrebbero non tornare mai più vivi. Per intere regioni, la decisione del presidente [Putin] sulla mobilitazione «parziale» è stata un colpo che non intendono tollerare. Qualcuno vuole un marito, un figlio o un fratello dentro una bara di zinco?
Le donne devono proteggere i nostri uomini. Dal 21 Settembre, [le donne] sono uscite in varie parti del nostro paese. Le donne in Cecenia sono state tra le prime ad opporsi alla guerra e alla mobilitazione. Secondo loro, la paura per [la morte dei] loro uomini le ha motivate a prendere tali misure estreme contro la Repubblica cecena. Una delle donne ha detto ai giornalisti che ha molta paura delle rappresaglie di Kadyrov [1] e delle sue forze di sicurezza, ha paura per se stessa e la sua salute, ma non ha nulla da perdere.
In Buriazia, nel primo giorno di mobilitazione, i residenti di Ulan-Ude sono scesi per le strade della città; molti sono stati arrestati. Ad una donna hanno rotto la spalla e ha dovuto chiamare un’ambulanza! Questi sono i nostri tutori della legge: alzano le mani contro le donne che cercano di salvare i loro mariti, figli e fratelli dalla morte. Ma i buriati non avevano paura e il 24 Settembre, il giorno della protesta panrussa contro la mobilitazione, sono di nuovo scesi in strada! [Vi sono state] decine di detenzioni… Ascoltate la voce del popolo!
Il Daghestan è al centro della protesta. Già prima dell’annuncio della mobilitazione, più di 300 soldati che avevano combattuto in Ucraina erano tornati morti in questa repubblica! Cosa significano queste cifre? Ognuno di questi ragazzi tornati a casa dentro le bare erano i figli, i mariti o i fratelli di qualcun*. E quanto dolore hanno accumulato i daghestani. Di certo non tollereranno altri morti tra i loro cari. Il 24 Settembre, quando tutti pensavano che le proteste contro la mobilitazione in tutta la Russia fossero finite, a Makhachkala c’è stata una vera e propria lotta per [difendere] gli uomini [mobilitati]! La polizia è scappata dalle donne arrabbiate e si udiva la folla gridare “No alla guerra!”, “I nostri figli non sono concime!”
Solo in quel giorno sono stati arrestati più di cento uomini. La polizia ha picchiato brutalmente le persone, ha usato spray al peperoncino, manganelli, taser, ha sparato in aria e ha disperso i manifestanti come meglio poteva. Ma nessuno dei manifestanti si è lasciato scoraggiare: si sono ripresentati il giorno dopo. Proteste simili si sono tenute a Khasavyurt.
In Daghestan sono stati aperti circa 30 (!!!) casi penali a causa delle proteste. Le persone sono accusate di aver presumibilmente usato violenza contro gli agenti di polizia. Solo che era il contrario:
il 71% delle persone arrestate [, per esempio, ] dopo la manifestazione contro la mobilitazione a Mosca erano donne.
Gli avvocati di tutte le persone coinvolte parlano di detenuti feriti: lividi, commozioni cerebrali, fratture. Tutte queste cose la polizia di Makhachkala e Khasavyurt le ha fatte ai detenuti nei loro reparti. E tutte [queste proteste sono state fatte] perché non si vogliono vedere nuove bare nella Repubblica.
Ci sono state proteste anche in altre città. A Nalchik o Yakutsk, per esempio. Per rassicurare alcune decine di manifestanti a Nalchik, alcuni funzionari dell’amministrazione si sono avvicinati a loro. E… hanno dichiarato che i manifestanti stavano “lavorando per farsi pubblicità”! Pubblicità! Ecco come l’amministrazione ha descritto il desiderio delle donne nel salvare i propri uomini dalla morte!
Anche a Yakutsk le donne sono intervenute per difendere i loro figli e mariti. Hanno circondato i poliziotti [e si sono divise in] file, ballando intorno a loro con la tradizionale danza “osuochaj” e cantando “no al genocidio!” e “no alla guerra”. Gli uomini si sono fatti da parte, sostenendo le donne con un applauso. Diverse manifestanti donne sono state arrestate. E in seguito un canale federale locale ha sfacciatamente mentito sull’accaduto, definendo la protesta degli yakut come un “ballo benedetto [e nulla più]” !
Anche le tuvane si sono schierate in difesa dei loro uomini. Il 29 Settembre hanno manifestato a Kyzyl. Chi è stata la prima persona che la polizia ha arrestato? Una donna con un bambino al petto naturalmente! Lei e il bambino sono stati messi in una macchina della polizia e portati alla stazione di polizia! La donna è stata trattenuta per più di tre ore (cosa del tutto illegale) e minacciata di privarla dei suoi diritti di genitore. È così che le coraggiose forze dell’ordine rispondono all’opinione del popolo. Non capiscono il dolore che prova una madre quando le viene portato via il figlio. E quante madri perderanno i loro figli a causa di questa tragedia? E chi risponderà alle madri per loro?
Nota dei traduttori
[1] Ramzan Akhmatovič Kadyrov è il presidente della Repubblica cecena dal 2007.
Durante la prima guerra cecena (1994-1996), Ramzan Kadyrov prese parte alle operazioni militari contro le truppe federali russe. Nella seconda guerra cecena (1999-2009), insieme al padre Akhmat Kadyrov, passò dalla parte del governo federale russo. Quando il padre divenne presidente della Cecenia (2000-2004), Ramzan ha assunto la carica di capo del suo servizio di sicurezza. Dal 2005 al 2007, Ramzan Kadyrov è stato presidente del governo della Cecenia; dal 2007 è presidente. Membro del Consiglio Supremo del partito “Russia Unita” e colonnello generale dell’Esercito Federale, Kadyrov si è macchiato di numerosi crimini, primo fra tutti quello di aver adottato un controllo poliziesco e militare in Cecenia, oltre a numerosi abusi ai danni dei civili ceceni.

 

Non ho prestato servizio nell’esercito, ma sono favorevole alla mobilitazione!
di Rita Dvorkina

I politici e i funzionari russi in televisione cercano di convincere tutti che se non fosse per la necessità di “servire il popolo” nei luoghi caldi e accoglienti di Mosca, andrebbero sicuramente in prima linea. Ma lo hanno fatto? “Zhenskaya Pravda” ha deciso di ricordare chi dei nostri politici non ha mai provato una vera uniforme da soldato nemmeno in tempo di pace!
Secondo la legge, le persone che hanno esperienza militare o che hanno prestato servizio militare sono soggette alla mobilitazione in primo luogo.
Tuttavia, ad esempio, lo stesso Presidente russo Vladimir Putin non è mai stato un soldato dell’esercito. Dalla facoltà di giurisprudenza è passato al servizio militare a breve termine con lo status di comandante di plotone, dopodiché è entrato nel KGB.
L’ex presidente Dmitry Medvedev è stato esentato dalla leva a causa dei suoi studi post-laurea. Anche il presidente della Duma di Stato Vyacheslav Volodin e il primo ministro Mikhail Mishustin hanno ottenuto rinvii grazie all’università e poi sono stati rimossi dall’elenco degli idonei al servizio militare.
Il capo di “Roskosmos”, Dmitri Rogozin, ha avuto un percorso simile: ha frequentato il dipartimento militare dell’Università statale di Mosca.
Sorprendentemente, anche il Ministro della Difesa Sergei Shoigu non era un militare di leva. Ha frequentato il dipartimento militare, poi ha ricevuto il grado di maggiore generale nel Ministero delle Situazioni di Emergenza (scavalcando capitano, maggiore, tenente colonnello e colonnello), e nel Ministero della Difesa è arrivato già con il grado di generale dell’esercito.
Si scopre che l’intero vertice del nostro governo ha evitato di prestare servizio nell’esercito con un pretesto o un altro. Ma questo non impedisce loro di inviare centinaia di migliaia di cittadini comuni sul campo di battaglia.

 

Cosa sta accadendo?
di Zoya VishnyovA

Gli scolari di Mosca hanno chiesto di non mobilitare il loro insegnante preferito. Igor Rutskiy, insegnante della scuola n. 1539 e padre di un bambino di un anno, è stato chiamato al fronte. I suoi studenti e i loro genitori non vogliono lasciarlo andare. Si dice che Igor sia l’unico insegnante che sia riuscito a conquistare i bambini.
A Mosca hanno chiamato un padre con molti figli. Yevgeniy, 40 anni, ha tre figli minori. Il più giovane è disabile a causa di un problema cardiaco. L’uomo, convocato, si è presentato all’ufficio di arruolamento; è stato immediatamente obbligato a recarsi al campo di addestramento. La moglie di Yevgeniy è temporaneamente disoccupata e Yevgeniy mantiene la famiglia.
Il commissario per i diritti del bambino Maria Lvova-Belova, in una conferenza stampa, ha ammesso che la sua squadra ha rimosso con la forza 30 bambini dall’Ucraina. Secondo Lvova-Belova, i bambini hanno criticato Vladimir Putin e hanno cantato l’inno ucraino. Maria ha assicurato di aver già preso il controllo della loro “integrazione”.
Dall’inizio della tragedia, ci sono stati più di 50 attacchi incendiari ai centri di reclutamento militare. Nessuna persona è stata ferita. Vengono bruciati per distruggere i fascicoli personali dei coscritti e per evitare che essi vengano mobilitati.
A Penza, gli studenti sono stati fatti uscire dalle classi e mandati a preparare i letti per i mobilitati. Il complesso di educazione fisica Olympus, di proprietà della scuola N° 23, è stata temporaneamente utilizzata per ospitare gli uomini mobilitati. I ragazzi facevano i letti al posto delle lezioni e le ragazze lavavano la biancheria.
3,3 miliardi di rubli saranno stanziati per sostenere i territori recentemente annessi:Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhya e Kherson. Il vice capo dell’amministrazione presidenziale Sergey Kirienko ha dichiarato questa cifra.
A Vladivostok, lo staff del comando militare ha cercato [di far scendere] i residenti [di un condominio] all’ingresso [dello stabile]. Hanno fatto scattare l’allarme antincendio e hanno detto al portiere di non dire che l’allarme fosse falso. I residenti di uno degli appartamenti, vedendo tutto questo nelle telecamere, hanno avvertito i vicini in una chat room. Nessuno [è sceso e quindi non] hanno ricevuto la notifica [per l’arruolamento].
Ad un moscovita è stata notificata la chiamata alle armi quando si è recato al “Centro multifunzionale per la fornitura di servizi statali e municipali” (in russo “Многофункциональный центр (МФЦ)”) per ritirare il passaporto. In una conversazione con Mediazone, il 39enne ha specificato di non lavorare, di non essersi diplomato e di avere un’idoneità limitata al servizio militare.
Un pensionato di 77 anni è stato perquisito a Petrozavodsk per un caso di diffamazione verso l’esercito.
Secondo un testimone, Tatiana Savinkina ha scritto una dichiarazione pacifista su una fermata dell’autobus. Savinkina lo nega. La sua difesa ha chiesto alla corte le riprese delle telecamere a circuito chiuso, ma [questo] è stato negato.
Su Vkontakte sono comparsi post di blogger con l’hashtag #безпаники (trad: “niente panico”). Gli autori invitano a mantenere la calma e usano l’esempio di una confezione di marmellata per dimostrare che la perdita di 300.000 persone non è terribile (secondo il ministro della Difesa Shoigu verranno chiamati solo l’1% su 25 milioni [di persone da arruolare]).
Tre partecipanti alle letture di poesie sono stati arrestati a Mosca. Sono sospettati di “incitamento all’odio contro le formazioni armate volontarie della LNR e della DNR”. Uno di loro, Artyom Kamardin, ha accusato le forze di sicurezza di stupro. La sua ragazza ha parlato di torture e minacce di stupro di gruppo. Ora Kamardin è in detenzione preventiva.
Nell’azienda“Tatprof” di Naberezhnye Chelny veniva impedito ai dipendenti di lasciare l’azienda se non avessero ritirato alla reception la convocazione [per la’arruolamento].
Due dipendenti sono riusciti a fuggire.

 

-dal canale telegram di “Resistenza Femminista Anti-Militarista” (Feministskogo Antivoyennogo Soprotivleniya (FAS) (Феминистского Антивоенного Сопротивления (ФАС))

 

La studentessa di Kazan che ha lanciato bombe molotov contro l’ufficio di arruolamento militare è agli arresti domiciliari (5 Ottobre)

Lunedì 3 Ottobre, una ragazza dell’Undicesimo Grado [1] ha lanciato due bombe molotov contro l’ufficio di registrazione e arruolamento militare di Kazan. Il tentativo di incendio doloso non ha causato danni all’edificio, poiché una bottiglia lanciata ha mancato il bersaglio e l’altra è stata sequestrata alla ragazza durante l’arresto. La ragazza è stata accusata di tentata distruzione intenzionale di proprietà con un atto di violenza. È stata portata in tribunale dal centro di detenzione in manette. Il tribunale ha disposto gli arresti domiciliari per la ragazza fino al 3 Dicembre.
Il commissario per i diritti all’infanzia del Tatarstan ha dichiarato che “esiste una forte possibilità che qualche gruppo di persone abbia agito e usato la ragazza per raggiungere i propri obiettivi. Questo è un monito per tutti i genitori nel tenere d’occhio i propri figli che possono essere manipolati attraverso i social media”.
Questo è un altro esempio di come le autorità, di fronte ad una situazione di opposizione politica (specie quella adolescenziale che è sotto gli occhi di tutti), stiano facendo girare la voce su alcune sinistre forze segrete in grado di “controllare i/le ragazzi/e”. Nel frattempo, le stesse autorità non disdegnano di sfruttare gli/le studenti per la propaganda a favore di Putin e della guerra, introducendo lezioni di propaganda nei programmi scolastici.
Nota dei traduttori
[1] L’istruzione generale in Russia è divisa nel seguente modo: primaria dal Primo al Quarto Grado (dai 7 ai 10 anni); secondaria inferiore dal Quinto al Nono Grado (dagli 11 ai 15 anni); secondaria superiore dal Decimo all’Undicesimo Grado. Gli studenti completano l’istruzione secondaria tra i 17 e i 18 anni.
La scuola è obbligatoria fino all’Undicesimo Grado; dopodichè viene rilasciato un diploma di maturità detto “Certificato di istruzione secondaria generale”.
Fonte: https://apnnic.net/country-profile/russia/https-apnnic-net-country-profile-russia-education-system/

 

Perquisizione e detenzione di una studentessa di Quinto Grado. La ragazzina viene portata alla stazione di polizia di Mosca per il suo avatar giallo e blu (9 Ottobre)

L’«operazione speciale» procede rigorosamente secondo il piano, e la polizia, come sempre, vigila sulla pace e la tranquillità della società. Proprio l’altro giorno, le forze di sicurezza sono riuscite a catturare un criminale particolarmente pericoloso! Alla fine di Settembre, la madre di una studentessa di Quinto Grado della «Scuola di Nekrasovka» è stata convocata per l’assenteismo [della ragazzina], come riferito all’OVD-Info (un progetto mediatico indipendente russo sui diritti umani volto a combattere la persecuzione politica, ndt)
Durante la conversazione, il vicepreside, il preside e gli educatori sociali erano interessati al motivo per cui la ragazza non “parlasse di cose importanti” e perché avesse un avatar con colori giallo-blu in una chatroom con i suoi compagni di classe.
Il 29 Settembre, il preside della scuola ha scritto una lettera al dipartimento di polizia del distretto di Nekrasovka, chiedendo “di esaminare le condizioni di vita della famiglia e stabilire le correlazioni di tale comportamento della ragazzina e la sua posizione civile”, e allo stesso tempo “valutare la posizione educativa” della madre in modo che non “influenzi” la figlia con “convinzioni politiche” e non la incoraggi “nel discutere di questioni inter-etniche e politiche in classe.”
Il 5 Ottobre, la polizia è arrivata a scuola. Hanno deciso di portare [la ragazzina] al Dipartimento degli Affari Interni, separandola da sua madre. Davanti ad una ragazzina di Quinto Grado che piangeva, le forze di sicurezza hanno condotto brutalmente sua madre all’uscita. Nel Dipartimento di Polizia, gli agenti del centro anti-estremismo hanno perquisito il telefono della donna, leggendo la sua corrispondenza. Dopo tre ore, le forze di sicurezza hanno chiesto alla madre e alla figlia perché la studentessa abbia scelto questa foto come avatar e con una tale combinazione di colori. Più tardi, le forze di sicurezza sono andati a casa loro, leggendo la corrispondenza e la cronologia del telefono e del computer e cercando [materiale compromettente] nella biancheria da letto. La famiglia ha promesso di chiamare un incontro per riportare [pubblicamente la situazione subita].

 

[Testimonianza] È molto importante aderire alle tattiche di insubordinazione (12 Ottobre)

Condividiamo questa storia di resistenza all’interno del sistema russo di un nostro abbonato che lavora come psicologo infantile in un istituto statale.
“Sono uno psicologo infantile di un istituto educativo. Lavoro con bambini in età prescolare e amo il mio lavoro. Da quando è iniziata questa terribile storia, ho cominciato a educare tranquillamente i bambini. Naturalmente, ho molti avversari e anche dei sostenitori. Sono offeso quando sento che gli insegnanti in Russia sono persone disgustose e senza scrupoli che sostengono la guerra e la dittatura. Mia madre è andata in pensione a causa della guerra, anche se in precedenza aveva pianificato di lavorare ancora (era un’insegnante della scuola primaria) Non potevo mentire ai bambini sulla guerra e i suoi istigatori…tengo duro come posso. È molto importante in tali situazioni aderire alla tattica dell’insubordinazione. E così, oggi ho ricevuto un ordine dalle autorità di dichiarare che donerò volontariamente (!) un giorno del mio stipendio in beneficenza ai veterani di guerra (un’organizzazione cosacca locale). Io vivo nella città di Lüberce, e l’ordine è stato emesso per tutto il nostro distretto urbano, per tutte le organizzazioni. In caso contrario, hanno minacciato di privare gli insegnanti degli incentivi [economici]. Per capirci, per gli insegnanti questo equivale a circa metà del loro stipendio. Ma io ho rifiutato.”

 

Legge marziale parziale” cosa significa (20 Ottobre)

Dopo la dichiarazione della legge marziale, Putin ha firmato un decreto che introduce vari regimi di preparazione in tutta la Russia.
-Nelle regioni della Russia confinante con l’Ucraina (Belgorod, Bryansk, Kursk, Voronezh e Rostov, territorio di Krasnodar) così come in Crimea e Sebastopoli, è stato introdotto un “livello di risposta media”. Le misure di mobilitazione saranno effettuate nel campo dell’economia. È stato introdotto un “regime speciale” di ingresso e uscita, nonché restrizioni alla libertà di circolazione. I residenti di queste regioni potranno essere trasferiti in altre aree.
-Nelle regioni dei distretti federali centrali e meridionali, tra cui Mosca, è stato introdotto un livello di allerta elevato. Ciò significa che è stata rafforzata la protezione dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica, la limitazione del traffico e l’ispezione dei veicoli, il regime di protezione e controllo dei trasporti, delle comunicazioni e delle strutture di comunicazione, nonché delle stamperie, dei centri di calcolo e dei sistemi automatizzati, e “utilizzare questi per esigenze di difesa”. Le autorità hanno il diritto di “attuare misure per soddisfare le esigenze militari”.
Uno dei paragrafi del decreto di Putin permette di applicare “altre misure” previste dalla legge “Sulla legge marziale” in tutta la Russia.
-Il portavoce del presidente Dmitry Peskov ha detto che la Russia non intende chiudere i suoi confini alla luce dell’imposizione della legge marziale in quattro regioni.
Allo stesso tempo, Putin, durante una riunione del Consiglio di sicurezza russo, ha chiesto di “adeguare l’attuale concetto di politica migratoria statale”a causa dell’esodo di massa dei cittadini [russi] tra Marzo e Settembre. Ricordiamo che meno di un mese fa, il 26 settembre, Dmitriy Peskov negava come il governo volesse imporre la legge marziale.

Pubblicato in Articoli, Comunicati | Contrassegnato , , , , | Commenti disabilitati su Proteste, fughe e repressione in Russia – 2

Cos’è la nuova legge anti-LGBTQ+ in Russia – e cosa minaccia?

 

dal canale telegram di “Resistenza Femminista Anti-Militarista” (Feministskogo Antivoyennogo Soprotivleniya (FAS) (Феминистского Антивоенного Сопротивления (ФАС))

Non possiamo perdere questa battaglia, poiché da essa dipende il futuro della civiltà russa.”
(Pyotr Tolstoy)

Ieri (17 Ottobre, ndt) la Duma di Stato ha tenuto una riunione di alto profilo sulle nuove proposte di legge contro le persone LGBTQ+. Tralasciando le accuse di sodomia [del cartone animato] Peppa Pig (in riferimento ad un episodio in cui due genitori sono femmine, ndt), i tentativi di “giustificare Nabokov” e il costante ritornello sul satanismo, la situazione è estremamente allarmante.

I deputati e gli esperti invitati hanno esaminato due pacchetti di documenti.

Il primo, su iniziativa di Nina Ostanina (Partito Comunista della Federazione Russa (Kommunističeskaja partija Rossijskoj Federacii (KPRF)), presidente della Commissione per la Famiglia, le Donne e i Bambini della Duma, a cui si sono aggiunti deputati del KPRF, di “Russia Giusta – Per la Verità” (Spravedlivaja Rossija – Za pravdu, (SRZP)) e del Partito Liberal Democratico di Russia (Liberal’no-demokratičeskaja partija Rossii (LDPR)), è di dominio pubblico sul sito web della Duma di Stato. [1]

Il secondo – più famoso – rappresentato dal deputato Alexander Khinshtein di “Russia Unita” (Edinaja Rossija (ER)), è già stato discusso sui social network; non è pubblicato sulle piattaforme ufficiali, ma sul canale telegram di Khinshtein.

Entrambi riguardano le leggi sui media, sull’informazione, sulle tecnologie informatiche e sulla protezione delle informazioni, nonché il sostegno statale al cinema; ma Khinshtein ha incluso anche emendamenti legislativi sulla protezione dei bambini dalle informazioni dannose e sulla pubblicità, proponendo inoltre di ampliare il famoso articolo 6.21 del Codice dei reati amministrativi del 2013 (propaganda sulle relazioni sessuali non tradizionali tra i minori) e di aumentare le sanzioni.

A seguito dell’incontro, il presidente della Duma di Stato, Viacheslav Volodin, ha incaricato un gruppo di lavoro interpartitico nel combinare entrambi i pacchetti, che dovrebbe essere guidato da un altro combattente ardente per i valori tradizionali della famiglia: Pyotr Tolstoy.

Nel post del suo canale telegram, Volodin ha promesso di proteggere i cittadini russi dal degrado e dall’estinzione, e quindi la nuova versione combinata del disegno di legge sarà esaminata in breve tempo – già giovedì prossimo, e probabilmente firmata a Novembre.

Quindi, cosa minacciano di modificare queste leggi?

-Prima di tutto: la legge “proteggerà” tutti, indipendentemente dall’età;

-Oltre alla “propaganda”, è stata aggiunta una “dimostrazione” (viene imposto il divieto di “descrizione, rappresentazione di relazioni e/o preferenze sessuali non tradizionali”) [che] finora [valeva] solo per i minorenni. Ma come possiamo vedere, i limiti di età vengono facilmente ampliati. Ciò significa che la rappresentazione nei media e nella cultura di qualsiasi cosa diversa dalla legge, verrà punita con multe e, se i requisiti degli esperti saranno soddisfatti, con un’azione penale;

-Il gioco di parole è una delle armi più efficaci della guerra in corso. Molti oratori hanno suggerito di usare “concetti comprensibili e familiari” come “sesso” (biologico), “sodomia” e “omosessualismo” al posto delle parole aliene quali “genere” ed “LGBTQ+”. Ovviamente la nostalgia per l’articolo 121 del Codice Penale Sovietico [(quello in cui venivano condannate le persone] “per sodomia”) è ora più forte che mai;

– Pedofilia e “relazioni non tradizionali” vanno insieme – questo è un unico pacchetto di documenti. La discussione ha fatto spesso riferimento all’ “estremismo”, alla “compromissione delle norme costituzionali” e alla richiesta di perseguitare i simboli LGBTQ+, il che delinea chiaramente le prospettive future delle autorità in questa direzione;

-Durante la discussione del disegno di legge, è emersa una retorica militarista. La propaganda LGBTQ+ è stata definita come il fulcro di una guerra spirituale ibrida dichiarata dall’ “intero Occidente” contro la Russia.
Secondo il deputato e proprietario del canale “Tsargrad”, Konstantin Malofeev, la negazione dei valori familiari tradizionali si trova nell’avanguardia di questa guerra, ovvero al fronte. Tant’è che i fallimenti [dell’attuale conflitto] sono stati associati al declino della moralità: sconfiggere la “sodomia” porterà a vincere la guerra;

-Gli attacchi aggressivi di Volodin – che usa un linguaggio più duro degli stessi autori delle proposte di legge -, e il costante riferimento di Putin a tematiche quali“certi generi” e “genitori numero 1 e 2”, fanno pensare che le leggi saranno probabilmente adottate al più presto e saranno utilizzate per la caccia alle streghe o rappresaglie dimostrative contro gli “agenti della guerra ibrida” – interpretate da famiglie LGBTQ+, editori di libri e registi.

Non vogliamo diffondere il panico, ma riteniamo che la situazione sia pericolosa e che si debba lottare contro di essa!

Nota dei traduttori
[1] “La presidente della Commissione per la Famiglia, le Donne e i Bambini, Nina Ostanina, ha osservato che il concetto di relazioni familiari non tradizionali dovrebbe essere sancito dalla legge in modo che la loro propaganda possa essere punita. “Abbiamo il nostro modo di svilupparci, non abbiamo bisogno dell’imposizione delle relazioni non tradizionali europee [occidentali] ”, afferma.”
“La Duma di Stato ha discusso sulle iniziative legislative dirette contro la propaganda sulle relazioni sessuali non tradizionali”, duma.gov.ru, 17 Ottobre 2022.
Link: http://duma.gov.ru/news/55510/

Pubblicato in Articoli | Contrassegnato , , | Commenti disabilitati su Cos’è la nuova legge anti-LGBTQ+ in Russia – e cosa minaccia?

L’uragano Ian devasta le prigioni della Florida

Traduzione dall’originale Hurricane Ian Devastates Florida Prisons

Fight Toxic Prisons” riferisce della lotta per far evacuare i prigionieri mentre si abbatte nella cosiddetta Florida l’uragano Ian.

Mentre l’uragano Ian continua a colpire la Florida [- classificato] come uragano di categoria 4 mercoledì pomeriggio (28 Settembre, ndt) -, oltre 176.000 prigionieri si sono trovati direttamente sul percorso della tempesta. Mentre alcune unità sono state evacuate, altre sono state messe in isolamento e sono a corto di organico. In queste situazioni, l’accesso all’acqua, al cibo e all’elettricità può essere scarso per giorni o settimane dopo un uragano.

Il “Fight Toxic Prisons Disaster Response Team” (FTP) si è mobilitato prima e durante l’uragano per fare pressione sulle evacuazioni, le scorte e i rilasci di massa, evitando che gli orrori accaduti all’FCI Beaumont durante l’uragano Harvey [1] e il disastro che i prigionieri della Florida hanno dovuto sopportare durante l’uragano Michael [2] non si ripetano.

“A tutti i livelli del sistema carcerario, c’è una pericolosissima mancanza di protocolli di evacuazione e sicurezza”, ha dichiarato Mei Azaad, portavoce della FTP. “La maggior parte delle morti e delle malattie causate dagli uragani non avviene a causa della velocità del vento tempestoso o dei detriti, ma piuttosto per la mancanza di acqua potabile nei giorni successivi. Questi decessi sono spesso sconosciuti”.

Nei giorni precedenti la tempesta, la FTP ha organizzato una serie di campagne di telefonate di massa per incoraggiare le strutture [ricadenti] nelle zone di evacuazione a prendere precauzioni per garantire la sicurezza dei detenuti. Il carcere della contea di Charlotte è stato uno di quelli che si è rifiutato di evacuare, nonostante si trovasse in una zona soggetta ad un’ondata di tempesta catastrofica. Il CI di Charlotte, un’altra struttura che si trova sulla traiettoria dell’uragano Ian, dispone solo di personale parziale e sta ammassando le persone in alcuni dormitori in isolamento, senza alcuna spiegazione. “La mancanza di personale in strutture chiuse è la stessa condizione che ha portato alle morti a Beaumont dopo l’uragano Harvey”, ha dichiarato Sloan, un altro organizzatore della FTP.

Azaad spiega: “Queste morti sono evitabili. Ecco perché il lavoro che svolgiamo in preparazione di una tempesta è così importante[ : serve] per far evacuare le persone. Come risultato diretto della nostra pressione, quest’anno e in passato abbiamo assistito a dei successi.”

Ad esempio, il 27 Settembre, il giorno dopo che la FTP aveva organizzato una campagna di chiamata di massa per sollecitare l’evacuazione delle strutture di quelle contee [che avevano ricevuto] ordini di evacuazione obbligatoria, l’Ufficio Affari Pubblici dello sceriffo di Hillsborough ha annunciato che il carcere di Orient Road era stato evacuato.

Tuttavia, la maggior parte delle strutture che rischiavano di essere colpite ha scelto di non evacuare. Jordan Mazurek, portavoce della “Campain to Fight Toxic Prisons”, spiega la situazione a Key West [3]: “Abbiamo detto loro di evacuare, hanno risposto che stavano bene con 2 piedi di acqua e non avrebbero evacuato. Ora con 3 piedi d’acqua non conosciamo lo stato di questa prigione o le acque alluvionali che la gente all’interno ha dovuto sopportare. Non sappiamo se le loro scorte sono a posto o se ora sono intrappolati in una prigione allagata senza acqua né cibo”.

Fight Toxic Prisons è un collettivo nazionale composto da abolizionisti, organizzatori per la giustizia ambientale, persone che sono state (o sono attualmente) incarcerate e i loro cari. Dal 2018, la “FTP Disaster Response Team” lavora con i detenuti per garantire la sicurezza delle persone incarcerate nelle strutture colpite dagli uragani.

Consultate il nostro Phone Zap per aggiornamenti, richieste e modalità di supporto.

Articoli citati:
[1]https://www.democracynow.org/2017/9/8/texas_prisoners_are_facing_horrid_conditions
[2]https://www.buzzfeednews.com/article/zahrahirji/this-florida-prison-took-in-evacuated-inmates-then-it-was
[3]https://grist.org/extreme-weather/hurricane-ian-storm-surge-fort-myers-florida/

Letture aggiuntive
https://www.prisonlegalnews.org/news/2018/may/17/eye-storm-when-hurricanes-impact-prisons-and-jails/

Pubblicato in Articoli | Contrassegnato , , | Commenti disabilitati su L’uragano Ian devasta le prigioni della Florida

Proteste e scioperi nelle prigioni dell’Alabama – 3

Dalle ultime notizie arrivate oggi, 20 Ottobre, i detenuti nelle carceri dell’Alabama hanno concluso temporaneamente lo sciopero del lavoro che si protraeva da circa tre settimane.
Diyawn Caldwell, presidente di “Both Sides of the Wall” e organizzatrice delle manifestazioni fuori dalle carceri, ha dichiarato che se il governo dell’Alabama non soddisferà le loro richieste, lo sciopero riprenderà. La fiducia verso le istituzioni è ad un livello molto basso; come abbiamo tradotto nelle precedenti parti, la situazione carceraria dell’Alabama, tra marginalizzazione, stupri, violenze fisiche e sfruttamento lavorativo, è una vera e propria polveriera pronta a scoppiare nuovamente.
Per il momento concluderemo con questo post la questione carceraria in Alabama, pronti a riprenderla in caso che vi siano degli aggiornamenti.

Terza settimana di sciopero nelle carceri dell’Alabama, tra morti, omicidi e pestaggi di detenuti da parte del personale

Traduzione dall’originale “Alabama prison strike in third week amid reports of deaths, murder and staff beating of inmate

Lo sciopero dei detenuti del sistema carcerario dell’Alabama è giunto alla sua terza settimana. I detenuti non pagati forniscono la maggior parte della manodopera all’interno delle carceri; le interruzioni del lavoro hanno avuto, quindi, un impatto sulle lavanderie e servizi di ristorazione, oltre che su altri compiti essenziali. Sebbene il Dipartimento di Correzione dell’Alabama (ADOC) si sia affrettato a dichiarare che le interruzioni del lavoro fossero in gran parte terminate, i detenuti di cinque delle 14 carceri dello Stato continuano a scioperare.

Secondo quanto riferito, gli scioperi sono proseguiti questa settimana negli istituti correzionali di St. Clair, Staton, Donaldson, Fountain e Bibb, che ospitano circa 7.000 detenuti ciascuno. Le visite del fine settimana sono state annullate in queste strutture.

Lo sciopero è iniziato il 26 settembre con la richiesta di abrogazione retroattivadelle leggi sulle condanne per reati comuni, di riformare la politica sulla libertà vigilata e sui reati capitali commessi da minori e di creare una commissione di controllo per indagare su eventuali condanne ingiuste. Nel giro di poche ore, lo sciopero è stato adottato in tutti i penitenziari dello Stato.

Venerdì scorso (7 Ottobre, ndt), l’ADOC ha rilasciato una dichiarazione in cui affermava: “La situazione generale delle interruzioni del lavoro dei detenuti presso il Dipartimento di Correzione dell’Alabama (ADOC) sta migliorando in tutto lo Stato. Tutte le strutture femminili continuano a funzionare normalmente e la maggior parte delle strutture maschili sta tornando a funzionare normalmente, compreso il regolare servizio pasti e le visite nel fine settimana.”

Fin dall’inizio, lo Stato ha risposto con mancanza di rispetto ed omissioni. Cinque giorni dopo l’inizio dello sciopero, il governatore repubblicano Kay Ivey ha dichiarato alla stampa che l’ADOC aveva la situazione “sotto controllo”. Le foto e i video dall’interno delle carceri dipingono un ritratto molto più preoccupante.

I filmati dei cellulari ottenuti dal Marshall Project rivelano che la spazzatura si accumula nei corridoi e i detenuti hanno dichiarato di ricevere solo due pasti al giorno, entrambi freddi e non nutrienti. Sui social media sono circolate foto di panini alla mortadella e di una fetta di pane e formaggio ciascuno. I detenuti con esigenze alimentari particolari sono stati lasciati a se stessi senza alcuna considerazione.

Nella prima settimana di sciopero, diversi detenuti hanno presentato una mozione d’urgenza per intervenire nella causa intentata dal Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti (DOJ) contro l’ADOC e lo Stato dell’Alabama del Dicembre 2020

La mozione sostiene che la mancanza di sostentamento è “sistematica e intenzionale”, una punizione crudele e insolita rivelata [persino] dalla causa [intentata dal DOJ]. I querelanti sostengono che il programma dei pasti e le porzioni [attuali] siano atti di ritorsione, citando un promemoria del Donaldson Correctional Facility di Bessemer che afferma che “le riduzioni dei pasti continueranno fino alla fine dello sciopero del lavoro”.

“I pasti includono fette di pane condite con una sorta di melma, hot dog non cotti e porzioni minuscole di frutta in scatola”, ha dichiarato Clifford Harvey, avvocato dei querelanti.

Harvey stima che questi pasti forniscano circa 800 calorie al giorno; un uomo adulto medio ha bisogno di circa 2.500 calorie al giorno.

Durante le precedenti interruzioni del lavoro, l’ADOC ha portato nelle carceri delle persone provenienti da programmi di rilascio – in modo che essi lavorassero per fornire i pasti. Molti di questi detenuti hanno raccontato di essere stati minacciati di isolamento o di trasferimento in una struttura di sicurezza superiore in caso di rifiuto.

Nel penitenziario di Limestone, vicino a Huntsville, un detenuto che era stato portato a preparare i pasti durante lo sciopero, è stato filmato mentre affermava che un tenente gli avesseintimato di andare “a qualunque costo.”

“Mi hanno costretto a venire qui da Decatur, mettendo a rischio la mia vita, lavorando contro i detenuti, la mia stessa gente”, ha detto Doyle Lebron Gregory in un video.

Gregory afferma che almeno due detenuti del penitenziario di Decatur sono stati rinchiusi per essersi rifiutati di partecipare. Robert Earl Council, il detenuto e attivista che ha filmato le dichiarazioni di Gregory, sostiene che gli agenti di custodia lo abbiano picchiato e messo in isolamento per aver girato il video.

Lo Stato che afferma di avere le carceri “sotto controllo” è una barzelletta oscena. Dall’inizio dello sciopero, nove detenuti sono morti, tre solo il 6 Ottobre. Infatti, un detenuto di Donaldson è stato accoltellato a morte meno di 24 ore dopo che Ivey aveva detto ai giornalisti che “tutto è operativo”.

Un video girato da un detenuto con un cellulare sembra mostrare l’accoltellamento. L’ADOC non ha confermato né smentito l’autenticità del video; ha solo confermato l’accoltellamento mortale del trentenne Denarieya Smith. I detenuti di Donaldson sono responsabili di quattro dei nove decessi dall’inizio dello sciopero.

Carla Crowder, direttrice esecutiva del gruppo di difesa “Alabama Appleseed”, ha dichiarato al Montgomery Advertiser che le parole di Ivey sono “prive di senso” e “non ancorate nella realtà”.

“Quello che abbiamo visto in quel video è oltraggioso”, ha detto Crowder, “ma è stato oltraggioso nell’ADOC per tanto tempo, e non si è mai fermato. Non è insolito avere più omicidi o [morti per] overdose di droga in una settimana, o video che circolano dove le guardie dormono e la droga circola apertamente nei dormitori. È la nuova normalità”.

All’indomani dell’omicidio di Smith, i funzionari dell’ADOC si sono rifiutati di fornire i dati ai giornalisti, ma hanno affermato che la prigione era dotata di personale sicuro. I rapporti dell’ADOC smentiscono queste affermazioni: secondo i rapporti trimestrali del 20 Settembre, l’intero sistema carcerario impiega solo 1.895 persone. Solo Donaldson imprigiona quasi 1.500 persone. In tutto lo Stato, l’ADOC imprigiona oltre 26.000 uomini e donne in un sistema penitenziario progettato per ospitarne poco più di 15.000.

Diyawn Caldwell di “Both Sides of the Wall” afferma che “il numero di morti è aumentato in modo significativo” da quando il Dipartimento di Giustizia ha fatto causa allo Stato, secondo il Marshall Project. “Il personale è insufficiente. Gli agenti portano le droghe che uccidono le persone. Le condizioni sono barbare. Ci sono persone che si suicidano. Nessuno ottiene la libertà vigilata. Che altro possiamo fare?”

I querelanti, nella mozione di intervento, affermano che le condizioni “sono peggiorate notevolmente” in questo lasso di tempo.

L’ADOC riferisce di un tasso di riduzione del personale in costante aumento. Ha perso 495 membri del personale tra il Settembre 2021 e il Settembre 2022 e ha oltre 500 posti vacanti. Allo stesso tempo, il tasso di rifiuto della libertà vigilata è aumentato drasticamente, raddoppiando tra il 2017 e il 2021. Nel 2017, la commissione per la libertà vigilata ha negato il 46% delle domande. Nel 2021, ha negato l’84% delle domande [- numeri che sono aumentati] dopo che il Dipartimento di Giustizia, nella sua causa [contro lo Stato dell’Alabama] ha citato il fattore del sovraffollamento.

La carenza di personale non è l’unico problema delle carceri dell’Alabama. I farmaci, in particolare gli oppioidi da prescrizione, entrano nelle carceri anche durante i periodi di lockdown. I detenuti hanno denunciato numerosi abusi.

Nel 2014, il “Southern Poverty Law Center” ha rappresentato diversi detenuti malati di mente che hanno denunciato di essere stati penalizzati e maltrattati a causa delle loro malattie. Ai denuncianti sono stati negati i servizi professionali durante le crisi acute, sono stati sanzionati per aver mostrato i sintomi delle loro malattie e, in alcuni casi, sono stati incoraggiati a suicidarsi.

La denuncia offre un’illustrazione particolarmente brutale: “Dopo che un detenuto aveva richiesto ripetutamente assistenza per la propria salute mentale,si era tagliato con uno dei rasoi. Un agente penitenziario gli ha detto: “Se muori, muori.””

Il detenuto aveva ricevuto i rasoi da un agente penitenziario.

Nel 2017, il giudice distrettuale statunitense Myron Thompson si è pronunciato contro l’ADOC in quella causa [intentata dai detenuti con malattie mentali]. Ha sottolineato i diversi deficit dell’ADOC nel trattare i detenuti con problemi mentali e ha evidenziato il sovraffollamento e la carenza di personale con particolare preoccupazione.

Thompson ha scritto nella sua sentenza che “la gravità e l’urgenza” dei reclami richiedevano che “il soccorso fosse sia immediato che a lungo termine”.

L’unico soccorso immediato è arrivato quando un detenuto si è suicidato due settimane dopo aver testimoniato nel processo. L’ADOC ha apportato alcune modifiche alle sue linee guida per la sorveglianza dei suicidi; ma la carenza di personale è peggiorata insieme al sovraffollamento. I detenuti hanno continuato a denunciare abusi da parte del personale.

Proprio la settimana scorsa, un video [proveniente dal] carcere di Elmore e che ritraeva l’agente di custodia Ell White picchiare un detenuto nel bel mezzo di una crisi mentale, è diventato virale sui social media ed è stato diffuso in tutto il mondo.

Il detenuto, Jimmy Norman, 44 anni, ha assunto un avvocato e vuole intentare una causa. Il pestaggio è avvenuto a Settembre; l’ADOC ha messo White in congedo la scorsa settimana quando il video è stato reso pubblico.

White è stato coinvolto nell’uccisione, nel 2017, di Billy Smith, un detenuto del carcere di Elmore che era stato picchiato e legato dagli agenti di custodia dopo un alterco con altri detenuti. Tenuto a faccia in giù sul pavimento, Smith ha vomitato e ha iniziato a soffocare.

White era uno degli agenti di custodia incaricati di trasportare Smith in un altro carcere per ricevere cure mediche. Smith non rispondeva quando è stato fatto scendere dal furgone di trasporto e in seguito è stato dichiarato morto. Gli infermieri che hanno visitato Smith hanno riferito di aver sentito dell’acqua nei polmoni; dopo le indagini, White ha ammesso di aver versato dell’acqua su Smith, presumibilmente per risvegliarlo, un dettaglio che aveva omesso nel rapporto originale.

White non ricevette alcuna azione disciplinare nonostante l’indagine interna dell’ADOC lo ritenesse responsabile nel pestaggio e nella morte di Smith. In seguito è stato citato in numerose denunce per uso eccessivo della forza da parte degli agenti di custodia a Elmore – dove l’ “Equal Justice Initiative” (EJI) afferma che la violenza contro i detenuti è “endemica”. In un periodo di sei mesi, l’EJI ha scoperto più di una dozzina di denunce di detenuti immobilizzati, spogliati e picchiati dagli agenti.

L’incarico di White dimostra che lo Stato non si riformerà da solo; anche ora si sta facendo beffe della causa intentata dal Dipartimento di Giustizia.

Pubblicato in General | Contrassegnato , , , | Commenti disabilitati su Proteste e scioperi nelle prigioni dell’Alabama – 3

Proteste e scioperi nelle prigioni dell’Alabama – 2

Alabama: i carcerati scioperano in massa

Traduzione dall’originale “Alabama prisoners wage massive strike

2 Ottobre. Al grido “Non contribuiremo più alla nostra oppressione”, migliaia di lavoratori carcerati del sistema penitenziario dell’Alabama hanno iniziato, il 26 Ottobre, uno sciopero di massa per protestare contro le condizioni brutali, i verdetti razzisti e lo sfruttamento lavorativo.

Circa 25.000 persone si trovano nelle 14 principali prigioni dello Stato. Lavorano per mantenere in vita le strutture – cucinare, pulire, produrre uniformi, fare riparazioni e lavori di attrezzature.

L’organizzazione dello sciopero è iniziata a Giugno attraverso il “Free Alabama Movement” (FAM), – all’interno delle carceri -, e il gruppo di difesa “Both Sides of the Wall”. [Secondo] questi gruppi circa l’80% delle persone nelle carceri dell’Alabama sono in sciopero. (New York Times, 28 Settembre)

Il primo giorno dello sciopero, “Both Sides of the Wall” ha tenuto una manifestazione composta da ex persone incarcerate, familiari e sostenitori davanti la sede del Dipartimento di Correzione dell’Alabama (ADOC) nella capitale dello Stato, Montgomery. Gli oratori hanno chiesto di migliorare l’assistenza medica e le condizioni carcerarie e di riformare le leggi sulla pena e sulla libertà vigilata.

In un comunicato stampa del 28 Settembre, il Dipartimento di Correzione dell’Alabama ha preso l’insolita iniziativa di confermare che c’era una “interruzione del lavoro” nella maggior parte delle prigioni. La dichiarazione dell’ADOC ha interrotto [il suo modus operandi] di negazione dei fatti – in questo caso l’azione politica dei prigionieri – e ha confermato la probabilità che la partecipazione sia stata diffusa.

Nel tentativo di interrompere lo sciopero, le autorità carcerarie hanno ridotto il cibo a pasti freddi, due volte al giorno; hanno fatto entrare in carcere quei detenuti in regime di rilascio per costringerli a lavorare e preparare il cibo. Lo Stato sta anche allestendo squadre antisommossa, secondo i messaggi del FAM:

“Giorno 5: Mentre lo storico sciopero delle carceri dell’Alabama si avvia verso gli ultimi giorni della sua prima settimana, sembra abbastanza chiaro che l’ADOC voglia la violenza. Nelle ultime 72 ore, l’ADOC ha iniziato a chiamare squadre antisommossa nelle prigioni in piena CERT [team di risposta alle emergenze correzionali], anche se gli scioperi dal lavoro rappresentano i periodi più tranquilli all’interno delle tormentate carceri dell’Alabama.”

Le richieste dei carcerati

Nel 2020, l’U.S. Department of Justice ha citato in giudizio lo Stato dell’Alabama sostenendo che le condizioni nelle prigioni maschili violino la Costituzione a causa della mancata protezione delle persone incarcerate dalla violenza tra i prigionieri stessi, dagli abusi sessuali, dall’uso eccessivo della forza da parte del personale e dal mancato mantenimento delle condizioni di sicurezza. Il rapporto ha rilevato che le principali prigioni dell’Alabama erano al 182% della capacità.

Le nove richieste emesse dai prigionieri in sciopero, attraverso il Free Alabama Movement, affrontano questi problemi e altro ancora, andando al cuore dell’ingiustizia razzista e classista perpetrata dallo Stato. (https://youtube.com/watch?v=E8_A2CLjiO4)

Una richiesta importante del FAM è quello di “abrogare immediatamente la legge sui delinquenti abituali.”

Questa legge punisce con l’ergastolo e senza condizionale un detenuto che abbia tre condanne per reati – anche se uno o più di questi sono vecchi di decenni o non sono reati violenti. Il 75% delle persone punite con questa orrenda pena in Alabama sono nere.(https://alabamasmartjustice.org/reports/hfoa)

Le richieste del FAM includono “criteri di libertà condizionale obbligatori e garantiti a tutte quelle persone idonee”, “un processo semplificato per le licenze mediche e la revisione processuale – con rilascio immediato – per gli anziani incarcerati” e “ripristinare i “good-time credit” [1] per tutte le condanne.”

Le altre richieste cercano di abrogare o modificare le leggi che prevedano l’applicazione di pregiudizi razzisti, come la presunta condanna, il “drive-by shooting” [2] o il minimo di 30 anni per la libertà vigilata per i delinquenti minorenni.

Il Board of Pardons and Paroles dell’Alabama non concede quasi nessun perdono; nella sua riunione del 28 Settembre, ha ascoltato 40 richieste e ne ha concesse solo tre. L’Alabama ha avuto il più alto tasso di morti in carcere a causa del COVID-19 negli Stati Uniti. (Brennan Center for Justice, Oct. 23, 2021)

Secondo Interrogating Justice, l’Alabama ha il sistema carcerario più pericoloso del paese. Il tasso medio di mortalità carceraria degli Stati Uniti nel 2018 era tra i 200 e i 300 morti ogni 100.000 detenuti. Il tasso di mortalità dello Stato era di oltre 600 morti ogni 100.000. Gli assalti fisici e sessuali erano alti. (https://webcache.googleusercontent.com/search?q=cache:EjXvefP_7tEJ:https://interrogatingjustice.org/https-interrogatingjustice-org-governmental-accountability/something-rotten-in-alabama-death-rampant-in-states-prisons/&client=firefox-b-lm&hl=it&gl=it&strip=1&vwsrc=0)

Ora l’Alabama prevede di mettere 400 milioni di dollari – quasi il 20% del suo finanziamento federale COVID-19 -, per la costruzione di due mega-prigioni maschili da 4.000 letti ciascuna. La governatrice Kay Ivey ha preso questa decisione dopo che la sua amministrazione repubblicana è stata ostacolata nel firmare i contratti con le società carcerarie private dalla comunità locale, dal Black Lives Matter e dall’organizzazione abolizionista.

Schiavitù dietro le mura della prigione
Oggi nelle prigioni dell’Alabama, il lavoro forzato, le condizioni disumanizzanti e il numero sproporzionato di neri sono la continuazione della schiavitù sotto un altro nome. Nelle lettere [provenienti] dall’interno [delle carceri], gli organizzatori incarcerati si firmano come “schiavi dell’Alabama” e dicono che lo sciopero è “una protesta contro la continua istituzione della neo-schiavitù” (https://wagingnonviolence.org/2022/09/alabama-prison-strike-over-neo-slavery-conditions-continues-amidst-claims-of-severe-crackdown/)

L’Alabama iniziò ad affittare le prigioni alle imprese private nel 1842. Con l’emancipazione delle persone ridotte in schiavitù nel 1865, lo Stato iniziò il “sistema di locazione dei detenuti”, progettato per ri-schiavizzare i neri, criminalizzandoli e vendendo il loro lavoro.

Questo sistema è continuato fino ad oggi in Alabama – e negli Stati Uniti in generale – perché è stato legalizzato dal 13º emendamento della Costituzione degli Stati Uniti. Questo permette ancora la “schiavitù” o la “servitù involontaria . . come punizione per il crimine di cui la parte è stata debitamente condannata.”

L’Alabama è uno dei soli sette Stati che non pagano le persone incarcerate per il loro lavoro, insieme ad Arkansas, Florida, Georgia, Mississippi, Carolina del Sud e Texas – tutti ex Stati della Confederazione.

Ribellione, resistenza, liberazione
Ma l’Alabama è la sede di una lunga storia di resistenza dei neri a qualsiasi forma di schiavitù: dalla rivolta incompiuta del 1864 a Troy – denominata da Herbert Aptheker come “l’ultima cospirazione degli schiavi” negli Stati Uniti -, all’organizzazione militante dei carcerati dell’Alabama dal 1969 fino alla fine degli anni ‘70. (“American Negro Slave Revolts”, p. 367)

Le condizioni nelle prigioni dell’Alabama di 50 anni fa erano le stesse di oggi: sovraffollamento, negazione di bisogni fondamentali come acqua potabile e utensili da cucina, violenza incontrollata e lunghi periodi di isolamento.

All’epoca i prigionieri si sono organizzati come “Inmates for Action” (IFA) e si sono impegnati nel bloccare i lavori e scioperare all’interno delle prigioni di Atmore e di Holman. L’IFA aveva anche condotto lezioni per i prigionieri sulla teoria rivoluzionaria e sulla storia nera. I leader dell’IFA Chagina (George Dobbins), Yukeena (Tommy Dotson) e Frank X. Moore sono stati uccisi in prigione, e la campagna “Justice for the Atmore-Holman Brothers” si è battuta per denunciare la complicità dello Stato nel loro omicidio. (https://search.freedomarchives.org/)

Questa linea di resistenza continua. Nell’aprile 2014 i membri del Free Alabama Movement hanno scioperato per chiedere salari per il lavoro carcerario non pagato – e che svolgevano per lo Stato -, e hanno organizzato un altro sciopero nel 2016. (“Alabama Prison Uprising”, Workers World, 24 Marzo 2016)

In “A Flicker Turns into a Flame”, il FAM ha dichiarato: “L’incarcerazione di massa, il sovraffollamento incarcerario incostituzionale e il trattamento disumano riguardano più l’economia che l’umanità delle persone… I numeri supportano la nostra tesi che il “DENARO” è il motivo e il fattore più importante per spiegare le politiche e le condizioni all’interno del Dipartimento Carcerario” (https://freealabamamovement.com)

I detenuti dell’Alabama continuano la lotta per porre fine alla schiavitù e ai lavori forzati. Si uniscono ad altre migliaia di lavoratori dell’Alabama – come i Brookwood United Mine Workers al loro secondo anno di sciopero e i lavoratori della Bessemer Amazon ancora in lotta per un sindacato – e miliardi di altri lavoratori in tutto il mondo, che combattono per la liberazione.

Nota dei traduttori
[1] Il “good-time credit” viene ottenuto attraverso la “buona condotta”, descritta dalla legge come “esemplare rispetto delle regole disciplinari dell’istituto correttivo”. Il “good-time credit” riduce il tempo effettivo trascorso dal detenuto sotto la custodia del Bureau of Prisons (BOP).
Fonte
https://famm.org/wp-content/uploads/faq-federal-good-time-credit.pdf
[2] All’inizio degli anni ’90 ci fu una massiccia protesta pubblica contro le “gang”. Così, il governo dello Stato nel 1992 approvò l’ “Act no. 92-601” che puniva l’omicidio commesso con un’arma letale da o contro un veicolo con la sentenza di morte o l’ergastolo senza libertà condizionale.
I commi – 16, 17 e 18 – sono stati inseriti nella sezione 13A-5-40 dell’articolo 2 “Pena di morte ed ergastolo senza condizionale”, Capitolo 5 “Punizioni e Sentenze”, “Codice Penale dello Stato dell’Alabama”.
Questi commi, nel corso degli ultimi 30 anni, sono stati interpretati a secondo delle circostanze e, soprattutto, applicati ai danni della popolazione afro-americana.
Fonti
https://freealabamamovement.wordpress.com/2015/02/07/race-based-justice-alabamas-enduring-legacy-to-keep-african-americans-in-servitude/
https://law.justia.com/codes/alabama/2021/title-13a/chapter-5/article-2/section-13a-5-40/

 

Lo sciopero dei detenuti in Alabama entra nella sua seconda settimana

Traduzione dall’originale “Alabama inmate strike enters its second week

Con il sostegno dell’organizzazione di difesa dei detenuti “Both Sides of the Wall”, le interruzioni del lavoro sono iniziate lunedì scorso e si sono rapidamente diffuse in tutte le carceri dello Stato. Il lavoro non retribuito dei detenuti viene utilizzato nelle carceri in settori come la lavanderia e il servizio di ristorazione e lo sciopero ha di fatto portato alla sospensione di alcune di queste funzioni. I detenuti hanno riferito che dall’inizio dello sciopero il personale del carcere si rifiuta di servire loro più di due pasti freddi al giorno.

Il Dipartimento di Correzione dell’Alabama (ADOC) non ha esitato a minimizzare il significato e le conseguenze dello sciopero. Alcune ore dopo che le testate giornalistiche dell’Alabama avevano riferito che lo sciopero fosse giunto alla sua seconda settimana, l’ADOC ha rilasciato dichiarazioni in cui affermava che la maggior parte dei detenuti dello Stato era tornata al lavoro. L’ADOC ha negatocategoricamente le informazioni secondo cui starebbe negando ai detenuti il cibo e le visite per ritorsione.

I detenuti non sono d’accordo. Il primo giorno di sciopero, i detenuti hanno riferito ai familiari di non aver ricevuto il pranzo oltre l’orario stabilito. Kelly Betts, portavoce dell’ADOC, ha replicato che i ritardi sono dovuti alle interruzioni del lavoro, ma che nessuno è stato privato del cibo. Nel corso dell’ultima settimana, i detenuti di diverse strutture si sono lamentati di aver ricevuto a volte solo un panino con la mortadella o una singola fetta di formaggio invece di un pasto completo.

Un detenuto ha scritto su Facebook la scorsa settimana: “Stanno cercando di farci morire di fame a Staton”, a proposito delle condizioni degli oltre 1.300 detenuti del penitenziario di Staton, a nord di Montgomery.

Un detenuto del penitenziario di Ventress, che ha voluto mantenere l’anonimato, ha dichiarato al “Montgomery Advertiser” di aver sentito un capitano del carcere dire agli agenti: “Se non vogliono lavorare, fateli morire di fame.”

Altri detenuti hanno raccontato al “Montgomery Advertiser” che non si teneva conto dei detenuti con allergie o altre restrizioni dietetiche, lasciando che fossero i detenuti stessi a scegliere, proprio come avviene di solito per il servizio di ristorazione. L’ADOC ha messo tutte le carceri statali in isolamento, confinando i detenuti nelle loro celle o nei dormitori senza alcuna possibilità di movimento – i detenuti non possono recarsi allo spaccio per acquistare prodotti alimentari a prezzi eccessivi ed integrare, così, il cibo scadente [a loro dato]. Betts e l’ADOC hanno affermato che le razioni inadeguate non sono una rappresaglia orchestrata, ma sono solo il risultato delle interruzioni del lavoro. Poiché i detenuti rappresentano la quota maggiore del servizio di ristorazione carceraria, ha detto, l’ADOC è stato “costretto” a seguire quello che ha definito un “programma di vacanze” per i pasti.

Diyawn Caldwell, fondatrice del gruppo di difesa “Both Sides of the Wall”, ha ribattuto che l’ADOC è responsabile di garantire i pasti tre volte al giorno ai detenuti, indipendentemente dal fatto che scioperino o meno.

“I loro regolamenti dicono che devono essere nutriti tre volte al giorno, due delle quali con pasti caldi”, ha dichiarato ad AL.com. “E a causa della carenza di personale, li nutrono con il “programma delle vacanze”. Il che non dovrebbe essere un onere per i detenuti. È un onere del personale, perché è loro responsabilità assicurarsi che i detenuti siano nutriti.”

Shannon Barlow, detenuto presso il Limestone Correctional Facility nel nord dell’Alabama, ha dichiarato ai giornalisti della WBHM Public Radio: “Non c’è speranza, non c’è alcuna promessa di futuro, e in fondo siamo noi che abbiamo tenuto il soffitto sopra le nostre teste per tutti questi anni e ci siamo appena svegliati con la consapevolezza che tutto questo fosse sbagliato”.

Oltre a ridurre il servizio di ristorazione, l’ADOC ha cancellato le visite nei fine settimana, una mossa che secondo Caldwell non farà altro che alimentare il malcontento dei detenuti.

“Questi uomini/donne non vedono l’ora di vedere la propria famiglia. È l’unico contatto che hanno fisicamente con loro ed è per questo che molti di loro si tengono lontani dai guai. Molte famiglie si sono assentate dal lavoro, hanno pagato viaggi e alberghi in vista delle visite di questo fine settimana e le annullano bruscamente perché vogliono punire gli uomini/donne incarcerati/e solo perché hanno esercitato i diritti del 1° emendamento.”

“Stanno facendo esattamente quello che hanno fatto per tanto tempo, cioè cercare di mantenere il controllo attraverso la perdita dei privilegi per nessuna negligenza, le ritorsioni e la paura”, ha spiegato Caldwell ad AL.com.

I detenuti hanno elaborato otto richieste consegnate a “Both Sides of the Wall” prima dello sciopero: la garanzia della libertà condizionata per tutti i detenuti idonei, l’abrogazione della legge sui delinquenti abituali e l’applicazione retroattiva di leggi più flessibili sulle condanne, l’abolizione dell’ergastolo senza condizionale, la riduzione a 15 anni della pena massima di 30 anni per i minorenni autori di reati capitali, la revisione obbligatoria della libertà condizionata per tutti i detenuti che hanno scontato 25 o più anni di pena, un processo di revisione semplificato per il rilascio dei detenuti anziani e la creazione di un’unità per l’integrità delle condanne che indaghi su eventuali casi di condanne errate.

Secondo Caldwell, la forte riduzione delle libertà condizionali ha portato ad un inasprimento della disperazione che alimenta la violenza all’interno delle carceri.

“Non hanno via d’uscita… Perché sono seduti lì, tutti sono aggravati, sono agitati e il loro livello di tolleranza è molto basso. Hanno quindi bisogno di una speranza, di un incentivo e di una finestra per poter rientrare nella società. E fondamentalmente questo avviene attraverso la commissione per la libertà vigilata. Abbiamo bisogno di un po’ di sollievo”, ha detto Caldwell alla stampa.

Un detenuto del Fountain Correctional Facility di Atmore, in Alabama, ha dichiarato al Montgomery Advertiser: “State lavorando sul lavoro gratuito. Ma non ci lasciate andare. Non ci date la possibilità di essere rilasciati. Quindi qualcosa dovrà pur cambiare.”

Il commissario dell’ADOC Jon Hamm ha respinto le critiche sull’uso del lavoro non retribuito dei detenuti. Secondo lui, la maggior parte delle carceri si affida al lavoro dei detenuti per compiti essenziali come il servizio di ristorazione e la lavanderia. Tuttavia, l’Alabama è uno dei soli sette Stati – tutti nel profondo Sud – in cui ai detenuti viene negato un compenso anche solo nominale per il proprio lavoro.

La scorsa settimana, il governatore repubblicano Kay Ivey ha respinto le richieste dei detenuti definendole “assurde”. Secondo Ivey, due carceri da 4.000 posti letto, costruite con i fondi di soccorso per la pandemia, allevieranno le tensioni nelle prigioni; si prevede che saranno pronte ed occupate nel 2026.

Ha elogiato il Commissario Hamm per la sua gestione dello sciopero, affermando che “la situazione è sotto controllo… Tutto è ancora operativo, non ci sono interruzioni nei servizi essenziali. Abbiamo ancora le nostre due prigioni in costruzione, in modo da poter garantire meglio la sicurezza dei detenuti e dei lavoratori”.

Betts ha ripreso Ivey e ha affermato che i detenuti sanno che le loro richieste devono essere gestite attraverso le formulazioni di leggi – leggi che Ivey ha già denunciato come “sgradite in Alabama.”

L’ADOC funziona da tempo senza alcuna supervisione; i suoi abusi sui detenuti sono una miriade. L’agenzia si rifiuta di condividere il protocollo di iniezione letale dello Stato, anche dopo aver sbagliato numerose esecuzioni. Gli agenti di custodia si voltano dall’altra parte quando i detenuti vengono picchiati o aggrediti sessualmente dai loro compagni; questa violenza è una punizione aggiuntiva nell’arretrato sistema giudiziario penale dell’Alabama. Anche l’assistenza medica è pessima; le detenute incinte sono state costrette a lavorare in modo restrittivo.

Nel 2020, i prigionieri sono stati istruiti nel sottoscrivere i loro “Covid-19 stimulus check” governativi; sono stati invece destinati ai debiti e alle spese dei detenuti.

L’ADOC costringe i detenuti ad acquistare, a un prezzo elevato, beni di prima necessità come articoli da toilette e prodotti per l’igiene femminile; fondamentalmente, questo è un monopolio. I “Covid-19 stimulus check” avrebbero potuto alleviare la pressione di queste spese per i detenuti e le loro famiglie. Avrebbero anche potuto permettere ad alcuni detenuti di risparmiare in vista del loro rilascio.

Più recentemente, il trattamento riservato a Kastellio Vaughan, un detenuto del penitenziario di Staton, ha suscitato allarme a livello nazionale.

Giorni prima dello sciopero, la sorella di Vaughan, Kassie Vaughan, ha ricevuto un SMS contenente foto del fratello che appariva insensibile ed emaciato; “Chiama aiuto”, recitava il testo di accompagnamento. Vaughan era stato recentemente sottoposto a un intervento chirurgico per un’ostruzione intestinale; quando Kassie ha posto delle domande al personale del carcere, è stata inserita in una lista nera.

L’ADOC ha tergiversato, affermando da un lato che Vaughan aveva richiesto e ricevuto cure 11 diverse volte tra Luglio e Settembre; in seguito ha detto che aveva rifiutato le cure mediche. La sua famiglia sostiene che i documenti violano i diritti di Kastellio alla privacy sanciti dall’Health Insurance Portability and Accountability Act del 1996 (HIPAA).

In un post su Facebook del 4 ottobre, Kassie ha riferito che suo fratello stava meglio, ma che altri detenuti gli davano da mangiare e pulivano i pannolini che ha dovuto indossare dopo l’ostruzione.

Le carceri dello Stato sono talmente imbarazzanti che il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, rappresentante del sistema giudiziario più draconiano del mondo industrializzato, ha citato in giudizio l’ADOC nel 2020. Non ci si può aspettare che il processo fissato per il 2024 porti l’ADOC a rendere conto del suo operato: ciò richiederà la mobilitazione dell’intera classe operaia per rovesciare il marcio sistema sociale ed economico, il capitalismo, che riempie le carceri dell’Alabama.

Pubblicato in Articoli | Contrassegnato , , , | Commenti disabilitati su Proteste e scioperi nelle prigioni dell’Alabama – 2