[Catania] Historia non magistra vitae. Onora i morti, dileggia i vivi.

Da qualche giorno fa notizia e scalpore che a Catania sia stata “scoperta” una tomba romana in via Antico Corso sotto un palazzo dell’Istituto Autonomo Casa Popolare.
La tomba veniva utilizzata come deposito di bracieri e quant’altro fino all’intervento, nel 2010, dei carabinieri e della Sovraintendenza dei Beni Culturali. Da quel momento fino ad oggi, Ottobre del 2022, la tomba è rimasta lì nell’incuria più totale.
Ora che la tomba è finita sotto i riflettori mediatici, Catania riscopre nuovamente la sua storia.
L’amore per il proprio passato, però, è solo uno specchio per le allodole e nel caso catanese non è mai stato un qualcosa da risaltare.

Il Duca di Camastra, in nome della ricostruzione e del ripristino del prestigio della città etnea dopo il terremoto della Val di Noto di fine Seicento, ne modificò l’urbanistica, abbattendo quelle poche costruzioni medievali e di origine greco-romana scampate al terremoto e mettendo in risalto lo stile barocco dei nuovi palazzi ricostruiti del patriziato e del clero catanese – nascondendo i “pezzenti” e i loro quartieri dietro tali costruzioni.

Nel corso di due secoli (Settecento-Novecento), Catania è urbanisticamente lievitata: l’allargamento edilizio verso il nord della città; lo sventramento di San Berillo e la nascita/cementificazione dei quartieri di Nesima Superiore e di San Leone ad opera del gruppetto “Drago,Majorana,Rebecchini&Co” negli anni ’50-’60 del Novecento; le costruzioni sorte come funghi nei quartieri di Ognina e della cosiddetta “città satellite” di Librino degli anni ’70-’80.
Dopo questa fase fatta di cementificazione, abbattimento del superfluo e deportazioni, i cambiamenti sociali e politici catanesi della prima metà degli anni ’90 hanno portato l’establishment locale a riconsiderare il proprio passato architettonico.

Il motivo è abbastanza semplice: bisognava aprire nuovi segmenti di mercato.
Considerato che a livello economico l’edilizia era entrata in una fase di stagnazione (e successiva crisi), le nuove leggi urbanistiche impedivano nuove costruzioni e modifiche dei Piani Regolatori, e nel territorio non si riusciva ad assorbire la forza inoccupata in altri settori economici (agricoltura in primis), l’unico mercato adatto a risolvere parzialmente questo problema di disoccupazione e crisi capitalistica era (e lo è ancor oggi, nel 2022) quello turistico.

Con un minimo di preparazione professionale e fondi europei e nazionali verso il settore turistico, quest’ultimo si è rivelato un vero e proprio salvagente in territori come Catania dove sono totalmente assenti grosse industrie manifatturiere e la crisi ciclica del Capitale si fa sentire in modo pesante a tutti i livelli.

Restaurare edifici o tombe per far “girare” l’economia, pubblicizzando il tutto come “è stato seppellito Caio Sempronio” o “un nobile ha ammazzato la propria consorte in stile Baronessa di Carini”, dimostra solo una cosa: viviamo in una società di morte dove si odia la vita e, allo stesso tempo, si crede in un altro mondo che esiste solo nelle menti dei mentecatti adoratori di una o più divinità.

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