Caso Rodney Alvarez o come il fascismo si veste da sinistra

Articolo scritto da Lucia Lotta per il Gruppo Anarchico Galatea-FAI Catania

Ogni esecuzione extragiudiziale, ogni sopravvissuto alla tortura, ogni familiare di una vittima della violenza statale è una storia di una vita spezzata. Non sono numeri, sono vittime, sono sopravvissutx. Vivere sotto una dittatura di sinistra non è molto diverso dal vivere sotto una dittatura di destra, salvo il silenzio dei gruppi progressisti che si raggruppano sotto forme senza contenuto.

Combattere in un Paese militarizzato [e] polarizzato, non è mai stato facile. Il vissuto di Rodney Alvarez e della sua famiglia è, senza dubbio, uno dei casi che descrive il marciume dell’autoritarismo. Dice uno slogan anarchico “il tuo silenzio annega le mie urla”; questa frase descrive ciò che ha fatto la sinistra internazionale con le centinaia di mortx e di sopravvissutx alle torture in Venezuela. Il silenzio di questa sinistra autoritaria e di alcuni settori “anarchici” è stato perverso e hanno contribuito all’impunità e alla sofferenza dex prigionierx politicx in Venezuela.

Chi è Rodney Álvarez?

Rodney Álvarez è un operaio della società “Ferrominera del Orinoco”, situata nel sud del Venezuela. Oltre a [essere] un operaio, è [anche un] padre e sostegno per la famiglia. Ha passato undici anni in detenzione preventiva con un numero illimitato di rinvii a giudizio per un crimine che non ha commesso. Rodney Álvarez era un prigioniero politico. Oggi è un lavoratore che cerca di ricostruirsi una vita.

Cronologia degli eventi

La persecuzione di Rodney Álvarez inizia il 9 giugno 2011. Quel giorno [viene] convocata un’assemblea dei lavoratori dell’impresa “Ferrominera del Orinoco” per eleggere il comitato elettorale del sindacato. Tuttavia, al momento dell’elezione del comitato, entra armato il sindacalista pro-Chávez e membro del PSUV Héctor Maican, sparando tre volte contro i lavoratori. Renny Rojas viene ucciso e Luis Quillarque è gravemente ferito. Tutto questo viene registrato dalle telecamere di sicurezza e in presenza di numerosi testimoni presenti all’assemblea dei lavoratori.

Héctor Maican prova a scappare, ma viene arrestato dalla Guardia Nazionale, che gli confisca l’arma.

Infine: “Il 10 giugno 2011, la Procura ha annunciato che Héctor Maican era stato arrestato per la sua presunta responsabilità nella morte di Renny Rojas, ma due giorni dopo è stato rilasciato sotto regime di presentazione, presumibilmente [perché] i test balistici non corrispondevano. In realtà, la pressione e la gestione dell’ex governatore Francisco Rangel Gómez, strettamente legato alle mafie sindacali del PSUV nello Stato di Bolívar, hanno permesso la liberazione del vero responsabile del crimine, e la successiva incriminazione di Rodney Álvarez come presunto responsabile della sparatoria. Ma, i partecipanti all’assemblea e le telecamere di sicurezza hanno riferito e dimostrato che Rodney Álvarez era lontano dal luogo dove sono stati sparati i colpi.” (C-CURA PROVEA).

Il sindacalismo autoritario del PSUV, con pratiche più vicine al fascismo, necessitava di liberare Héctor Maican da ogni responsabilità per il crimine [contro] l’operaio Renny Rojas; per questo ha puntato il dito contro Rodney Alvarez. Rodney Alvarez lottava insieme a Ruben Gonzales contro l’esternalizzazione delle aziende di base e per i diritti umani fondamentali di tutti i lavoratori del settore. La falsa accusa contro Rodney Alvarez [ha] raggiunto tre risultati: 1) liberato l’amico del governatore dello Stato di Bolivar: Hector Maican; 2) smantellato qualsiasi tipo di sindacalismo indipendente dal basso nelle aziende minerarie e 3) inviato un messaggio repressivo e spaventoso ai lavoratori e ai combattenti sociali dello Stato di Bolivar. Ricordiamo che nello Stato di Bolivar si trovano le aree minerarie più importanti del Paese e i territori e popoli indigeni – che attualmente si trovano in un processo di spostamento verso il Brasile per [via] dei livelli di violenza dei gruppi militari, paramilitari legati al governo, paramilitari e narcotrafficanti per il controllo delle miniere.

Un prigioniero politico e una famiglia distrutta.

Il processo giudiziario di Rodney Alvarez è l’esempio più chiaro della parzialità e la non separazione della giustizia dagli interessi del governo. La giustizia venezuelana di questi tempi è più vicina al franchismo. Proprio come accadeva con i prigionieri politici anarchici o dell’ETA in Spagna, in Venezuela si sono messe in pratica strategie di smobilitazione e di tortura psicologica verso l’ambiente familiare e la rete di sostegno sociale.

La prima [pratica] sarebbe stata [quella di] allungare il processo, [obiettivo] raggiunto con le pressioni verso gli avvocati, le inibizioni dei giudici e a rinvii insensati che hanno portato un lavoratore innocente a essere detenuto per undici anni.

La seconda pratica (molto utilizzata dal franchismo) è stata quella di trasferire i prigionieri politici molto lontani dal loro luogo di residenza. Rodney Alvarez è stato trasferito a Caracas (a quasi 12 ore di macchina dallo Stato di Bolivar) per evitare qualsiasi manifestazione di massa dei lavoratori e torturarlo psicologicamente, separandolo da tutta la sua rete di solidarietà di compagnx, amicx e familiari.

Al punto che Rodney Alvarez non ha potuto ricevere le visite dei suoi figli in tutti questi anni. Undici anni irreparabili per Rodney e irreparabili per i suoi figli.

Per nessuno è un segreto la grande crisi economica che attraversa il Paese; Rodney Alvarez era il sostegno per la famiglia, tanto per la moglie – che lavorava a casa -, quanto per i figli piccoli. Quando fu arrestato, la situazione familiare peggiorò; la moglie andò a lavorare nelle miniere per portare il pane a casa. I figli piccoli di Rodney Alvarez sono stati affidati alla nonna paterna.

“La Casa de la Mujer Juana Ramírez “La Avanzadora””, un’organizzazione femminile, è l’unica che ha denunciato da una prospettiva di genere l’impatto delle politiche neofasciste del governo di Chavez e Maduro. Nel 2017, il fratello minore di Rodney Alvarez, di fronte alla mancanza di cibo e alla precarietà in cui vivono i suoi nipoti, si è recato a lavorare nelle miniere di El Dorado. È stato ucciso e smembrato da un gruppo armato di delinquenti, il fratello di Rodney Alvarez aveva solo 28 anni. La situazione familiare di Rodney è angosciante: i suoi figli sono cresciuti in una fattoria in una situazione precaria di grave povertà. Il silenzio della sinistra autoritaria e di alcuni settori “radicali” hanno contribuito a rendere invisibile questa tragedia.

Processo giudiziario e condanna a 15 anni.

Il caso di Rodney Alvarez mostra tutte le manovre dell’abuso di potere del PSUV e del governo. Rodney non viene processato a Ciudad Bolivar per motivi politici; viene trasferito a Caracas, nel carcere di El Rodeo II, una delle prigioni più pericolose del Paese.

La pratica richiede tre anni affinché il dossier arrivi al circuito giudiziario di Caracas. Il 12° giudice Maria Nuñez nega la revisione della richiesta di liberazione di Rodney, nonostante sia detenuto da più di 5 anni senza processo, in una chiara violazione degli articoli della Costituzione e dei regolamenti che stabiliscono il diritto a essere giudicato in libertà. A Rodney viene negato qualsiasi beneficio; addirittura si respingono prove e testimoni chiave. Dopo un ritardo procedurale di quasi 10 anni, è stato condannato a 15 anni di carcere.

Il giornalista Jose Rivas di Cotejo.info lo riassume in questa maniera: “Álvarez ha subito più di 25 rinvii di udienza e più di sei sospensioni di giudizio a causa di cambi di giudice durante le fasi finali del processo, mantenendolo in un limbo giudiziario che non lo ha assolto dalle accuse nonostante le scarse prove. L’avvocato e direttore di Accesso a la Justicia, Alí Daniels, ha spiegato che il caso di Álvarez è un’ingiustizia perché è stato rilasciato dopo 10 anni di carcere senza alcuna garanzia di un processo equo. “Sarebbe stata giustizia se avessero condannato il vero responsabile della morte”, ha detto via telefono al team di Cotejo.info

L’OIT (Organización Internacional del Trabajo, ndt) ha anche sollecitato la piena liberazione per Rodney Alvarez, descrivendolo come un caso di abuso di potere e di ingiustizia nei confronti di un lavoratore. Nel 2019, Marino Alvarado di PROVEA denuncia la pressione affinché Rodney si dichiari colpevole e quindi gli venga concessa la libertà vigilata.

Nella sua denuncia si può leggere quanto segue: “Nell’ultima udienza, il cancelliere del tribunale di fronte alla mia difesa, mi ha detto in modo alterato e disperato: “Fino a quando Rodney… cosa aspetti tu…o non vuoi stare con la tua famiglia… a te… ti ha abbandonato il tuo sindacato…. la tua prima difesa, decide fino a quando con questo…ok…siamo consapevoli che tu sia innocente, che l’assassino è Maicán…ma l’ordine è che ti faccia carico delle accuse…e noi immediatamente ti diamo il beneficio della libertà vigilata sotto presentazione…ti manca poco…ormai [sono] otto anni…resterai solo sotto presentazione. Altrimenti marcirai qui”

Dopo le pressioni esercitate dai sindacati, organizzazioni per i diritti umani (incluso partiti politici come il PSL-CURA (Partido Socialismo y Libertad-Corriente Clasista, Unitaria, Revolucionaria y Autónoma, ndt) e individualità anarchiche) e dopo aver portato il suo caso davanti a organismi internazionali, è stato rilasciato con misure cautelari il 15 aprile 2022. Come tutto ciò che accade sotto la dittatura, la sua liberazione è avvenuta nelle prime ore del mattino per evitare qualsiasi tipo di manifestazione e/o interesse giornalistico.

Oggi (18 Maggio, ndt) gli è stata concessa la piena libertà.

Questo sopravvissuto alle torture sta ora lottando per vivere e riavere il suo lavoro.

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Appunti sulla questione LGBTQIA+ in Messico

Foto: La Fili y la banda sexo diversa disidente de Oaxaca

Articolo scritto da Caterina Camastra per il Gruppo Anarchico Galatea-FAI di Catania

La questione dei diritti della comunità LGBTQIA+ in Messico è molto complessa (come, del resto, dappertutto). Per potersi almeno approssimare alla comprensione del fenomeno, è necessario prendere in considerazione le specificità del caso.
Prima di tutto, è importante tenere presente che il Messico è profondamente immerso e avvolto da un cattolicesimo molto conservatore, triste eredità coloniale, al quale ultimamente si sono affiancate le sette protestanti più oscurantiste e anche (in alcune zone del Chiapas, per esempio, o in alcuni settori urbani di Città del Messico) l’Islam nella sua sinistra versione wahabita e salafita.
La questione è spinosa : la religiosità oscurantista è spesso un tratto identitario sociale ed economico dove i gruppi più impoveriti ed emarginati, di fronte a certa modernità percepita come bianca ed estranea, attuano un meccanismo di rivendicazione e difesa, portando a tristi conseguenze quali omofobia e la transfobia diffuse e, ahimè, spesso e volentieri violente.
E qui veniamo a toccare un altro punto dolente: la società messicana, per complesse ragioni socio-storiche, è intrisa di maschilismo violento. Il tasso di femminicidi è spaventoso, e sappiamo bene che (come dappertutto) il femminicidio è solo la punta dell’iceberg di una patologia culturale ben più insidiosa e ramificata. All’interno del problema è importante segnalare la piaga silenziosa – in quanto non fa notizia -, degli omicidi di donne transessuali e di persone dall’espressione di genere non conforme. Non fa notizia perché in un certo modo si dà tacitamente per scontato che queste persone sono intrinsecamente sordide e “si meritano di fare una brutta fine”, “se la sono cercata” etc.
Qualcunx potrebbe obiettare che le cose vanno molto meglio, che negli ultimi decenni si sono visti molti cambiamenti in positivo, che anche in Messico c’è il gay pride, che l’università nazionale si veste di arcobaleno e condanna la discriminazione. E ciò corrisponde al vero. Il punto, però, è che si tratta di un fenomeno circoscritto a certi settori privilegiati della società. Chi sventola la Zona Rosa di Città del Messico o Puerto Vallarta come paradisi di libertà, dimentica che questi posti sono riservati a ceti sociali con un potere d’acquisto alto o medio-alto, a cui si combinano altre variabili: fondamentalmente stiamo parlando di gay maschi bianchi cis e ricchi, o almeno benestanti, con tutta la conosciuta estetica dello strafigo palestrato ipermascolino. Più che di vera inclusione, si tratta di una ridefinizione delle frontiere della discriminazione. Per quanto riguarda l’università, è vero che per certi versi è un’isola felice, ma è proprio quello il problema: fai un passo fuori e la società è tutt’altra cosa. Andare all’università, tra l’altro, continua ad essere un privilegio; non dimentichiamolo, perché, sebbene sia pubblica e gratuita, opera attraverso un sistema a numero chiuso (con esame di ammissione).
Infine, trovo che valga la pena dedicare qualche riga a un fenomeno tipico di una zona del Messico: l’Istmo di Tehuantepec, la cui popolazione è di lingua ed etnia zapoteca (ovviamente, con svariati gradi di meticciato) e si regge secondo un sistema che, sebbene sia incorretto e approssimativo definire “matriarcato” come tale, è caratterizzato da una forte presenza e importanza femminile nel tessuto sociale.
Las juchitecas o “tecas”, dal gentilizio della città di Juchitán, il centro urbano più importante dell’Istmo, sono sinonimo nell’immaginario nazionale di forza e potere. All’interno della società juchiteca esiste la figura dex muxe (alcunx di loro usano articolo e pronome maschile, altri femminile), che è vagamente, per intenderci, l’equivalente del femminiello napoletano. Unx muxe è una persona AMAB (“assigned male at birth”) che assume un’identità e un’espressione di genere femminile – e che viene pienamente accoltx nel “mondo” in cui vive. È comune che x muxes siano consideratx un vessillo; in queste culture originarie, in generale, si trovano categorie identitarie di genere differenti e sovversive rispetto alla visione eurocentrica.
Ma bisogna comunque fare attenzione a non romantizzare e a considerare la realtà in tutte le sue complesse sfaccettature. Se da un lato è vero che x muxes godono di piena accettazione nella società juchiteca, è anche vero che vengono loro assegnati alcuni ruoli ben precisi e piuttosto rigidamente regolamentati, come quello di essere la figlia femmina che non si sposa e resta a vivere a casa dei genitori per prendersene cura, o la prostituta che si dedica all’iniziazione sessuale dei ragazzini in una società in cui la verginità femminile continua ad essere un valore.
Moltx muxes, oggi giorno, sono di fatto altamente criticx del proprio ruolo tradizionale. Vorrei, però, concludere queste note veloci e personali con un aneddoto che mi hanno raccontato a Juchitán. Una volta alcuni visitatori, messicani ma forestieri, nel vedere passare alcunx muxes nei pressi del mercato hanno fatto ciò che fanno tradizionalmente i maschi messicani quando vedono per strada persone dall’espressione di genere non conforme: fischiare e gridare parole di scherno e insulto. Dal mercato di Juchitán è uscito un drappello di agguerrite tecas impugnando padelle e mattarelli, mettendo in fuga gli incauti sciocchi al grido di “Come vi permettete di venire qui a dare fastidio alle nostre figlie!”. Mi piace ricordare questa scenetta di autodifesa popolare e di umiliazione del maschio eterocis in una delle sue espressioni più tossiche. Senza romantizzare, certo, ma… brave le signore!

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L’aborto in Russia

 

Il rovesciamento della “Roe v. Wade” negli Stati Uniti ha evidenziato come la questione abortiva – e più in generale quella riproduttiva -, sia diventato uno strumento politico istituzionale in cui, diverse compagini politiche, la supportano e/o osteggiano a secondo del momento storico che si attraversa.

L’utilizzo che ne fanno queste compagini di potere ha portato a considerare le donne non come esseri viventi ma come mezzi di scambio politico. In questo estratto tradotto che presentiamo, Anna Sidorevich analizza la questione abortiva in Russia partendo dalla Rivoluzione Russa per arrivare fino ai giorni nostri, soffermandosi come gli enti clericali ed istituzionali statali infesti la vita degli individui e utilizzi i corpi femminili per i propri scopi di potere.

Estratto del capitolo 4 “E che dire della Russia?” del saggio di Anna Sidorevich, ““Come è successo che nel XXI secolo le donne si ritrovano di nuovo a dover combattere per il diritto di abortire?” Vi spieghiamo nel modo più dettagliato possibile perché questo sta accadendo in tutto il mondo, e anche in Occidente.”

Anna Sidorevich è una ricercatrice presso l’Istituto di studi politici di Parigi; si occupa di ricerca storica sul dissenso nell’URSS che di questioni femministe e di genere.

Fonte: https://meduza.io/feature/2022/06/26/kak-pravo-na-aborty-stalo-instrumentom-politicheskoy-borby-i-kak-zhenschiny-po-vsemu-miru-boryutsya-za-pravo-rasporyazhatsya-svoim-telom

Nella Russia moderna, l’aborto viene praticato su richiesta della donna fino alla dodicesima settimana di gravidanza, fino a 22 settimane in caso di stupro e indipendentemente dalla durata della gravidanza per motivi medici. La legislazione sull’aborto in Russia rimane ancora una delle più liberali al mondo (per convincersene basta guardare la mappa del Center for Reproductive Rights [1]). Ciò è direttamente collegato alla storia del diritto all’aborto in URSS.

Nel 1920, l’Unione Sovietica è stato il primo Paese in Europa a legalizzare l’aborto. Tuttavia, la legislazione è stata liberalizzata non per dare alle donne una scelta, ma per tenerle al sicuro dagli aborti clandestini – fino a quando le condizioni del socialismo non avrebbero portato ad una graduale scomparsa della necessità di abortire. Questo era il modo in cui i leader sovietici vedevano il futuro ideale.

L’aborto per motivi sociali fu nuovamente criminalizzato già nel 1936. Poi le autorità hanno annunciato che le condizioni sociali erano notevolmente migliorate e le donne non avevano più bisogno di ricorrere all’aborto. Questo ha portato solo ad un aumento del numero di aborti clandestini che le donne praticavano da sole, senza controllo medico, e ad un aumento delle morti violente infantili.

La seconda volta che l’aborto fu depenalizzato fu nel 1955, secondo una versione [*], come parte della politica pro-natalista del governo sovietico. Voleva aumentare il tasso di natalità e decise di consentire l’aborto in modo che le donne potessero praticarlo ufficialmente e, quindi, [senza] farsi del male ed essere in grado di partorire in futuro. Maria Kovrigina [2], che fu a capo del Ministero della Sanità dal 1954 al 1959, ebbe un ruolo importante in questa decisione.

In queste condizioni, la legislazione [sull’aborto] è stata ereditata dalla Russia post-sovietica.

Tuttavia, con il crollo dell’Unione Sovietica, il movimento anti-aborto si oppose attivamente a questa legge.

In Unione Sovietica, una simile resistenza era impossibile, poiché la gente non osava criticare apertamente le leggi del governo. Ma all’inizio degli anni ’90, non solo le persone di orientamento liberale e democratico, ma anche i membri conservatori della società, sono diventati attivi a livello di base.

In risposta all’iniziativa statale per la pianificazione familiare [3], in Russia è nato il primo movimento anti-abortista – il centro medico educativo ed ortodosso “Vita” (in russo “Жизнь” (Zhizn’)), che ha ottenuto il sostegno della Chiesa Ortodossa Russa. [4]

Nel 2006, il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato il “problema demografico”, che doveva essere risolto aumentando il tasso di natalità. A tal fine, nel 2007 sono state introdotte misure di sostegno alla famiglia come il capitale di maternità/familiare, un sostegno finanziario statale volto a incoraggiare le donne ad avere figli. Il movimento pro-vita ha ricevuto sostegno dai funzionari russi.

Negli ultimi 10 anni di votazioni, le chiamate che chiedono una legislazione più severa sull’aborto si sono fatte sempre più forti. Nel 2011, il Patriarca Kyrill ha inviato alle autorità una serie di proposte, tra cui la rimozione dell’aborto dal sistema di assicurazione sanitaria obbligatoria (tranne nei casi di minaccia diretta alla vita della madre).

Nel 2015 un disegno di legge è stata preparato e presentato alla Duma di Stato che prevede l’eliminazione degli aborti dal sistema di assicurazione sanitaria obbligatoria e il divieto di praticarli nelle cliniche private. Tuttavia, questa iniziativa non è stata sostenuta dal Ministero della Salute, che ha insistito sul fatto che l’adozione di [questa] legge discriminatoria avrebbe portato ad un aumento degli aborti clandestini e ad un incremento delle spese di bilancio per il trattamento delle donne vittime dell’aborto – e per i sussidi di invalidità.

Nel 2018, nell’ambito della campagna “Dammi la vita!”, è stata introdotta una moratoria temporanea sull’aborto in alcune regioni. [5]

Il principale specialista riproduttivo del Paese, Oleg Apolikhin, propone di rendere l’aborto un “fenomeno socialmente negativo” (contribuendo così alla sua stigmatizzazione). In Russia sono in atto altre misure mirate.

Allo stesso tempo, il sondaggio d’opinione condotto dal VCIOM (Centro di Ricerca sull’Opinione Pubblica Russa; in russo “Всеросси́йский це́нтр изучения обще́ственного мне́ния” (ВЦИО́М), ndt) nel giugno 2022 ha mostrato che la maggioranza (43%) degli intervistati ritiene che la gravidanza possa essere interrotta in caso di pericolo di vita o in altre circostanze mediche, mentre il 36% degli intervistati ritiene che l’aborto possa essere praticato in qualsiasi circostanza, se questo è il desiderio della donna. Il 13% dei russi ha risposto che l’aborto non è accettabile in nessuna circostanza.

L’ironia della situazione è che le misure che limitano l’accesso all’aborto vengono introdotte in Russia in un momento in cui i tassi di aborto continuano a diminuire”, spiega al Meduza Michelle Rivkin-Fish, docente di antropologia all’Università del North Carolina che studia l’aborto in Russia. “Si tratta di una dinamica che si è sviluppata negli ultimi 30 anni, come risultato della rivoluzione contraccettiva iniziata negli anni Novanta. Sempre più donne in Russia usano la contraccezione e hanno figli solo quando si sentono pronte.

Note

[1] Trad. “Centro per i diritti riproduttivi”.

Un’organizzazione globale per i diritti umani composta da avvocati e sostenitori che monitorano l’accesso delle donne all’aborto in tutto il mondo.

[2] Maria Kovrigina fu la prima donna ministro della salute dell’URSS. Si è espressa contro i test nucleari e ha spinto per l’abolizione del divieto di aborto, in vigore da oltre 20 anni.

[3] Programma federale atto a ridurre il numero di orfani e di aborti non sicuri.

Il programma era piuttosto progressista: lo Stato stanziava fondi per i contraccettivi e l’educazione sessuale. Il Ministero della Salute è stato incaricato di acquistare farmaci e attrezzature per l’interruzione sicura della gravidanza a diverse età.

[4] Sul sito di “Vita” si legge che “il Centro opera con la benedizione di Sua Santità il Patriarca Alessio di Mosca e di tutte le Russie ed è una struttura parrocchiale che svolge compiti missionari ed educativi in conformità con la Carta della Chiesa ortodossa russa”

[5] Nel 2018, nell’ambito della campagna “Dammi la vita!”, è stata introdotta una moratoria temporanea sull’aborto nel Primorsky Krai, in Yakutia e nell’Oblast di Ryazan. La procedura è stata vietata per pochi giorni: a quanto pare si è trattato di una mossa amatoriale da parte dei funzionari. La Fondazione per le Iniziative Sociali e Culturali, che è stata coinvolta nell’organizzazione “Dammi la vita!” per molti anni, ha risposto alle domande dei giornalisti che l’organizzazione “combatte contro gli aborti, ma non richiede che siano vietati”.

Nota dei traduttori

[*] Secondo l’Archivio Statale Russo di Economia, nel periodo che va dal 1937 fino al 1954, vi un aumento considerevole di infanticidi e donne morte a causa degli aborti clandestini.

Per tamponare questo problema e ripristinare un minimo di sicurezza sanitario ed economico per le donne, il governo russo decise di legiferare delle norme a protezione della maternità e di ripristino dell’aborto.

In quest’ultimo caso abbiamo il “Decreto del Presidium del Soviet supremo sull’abolizione del divieto di aborto” del 23 Novembre 1955 dove si legge quanto segue: “Le misure adottate dallo Stato sovietico per promuovere la maternità e la protezione dei bambini e la continua crescita della consapevolezza e della cultura delle donne, che partecipano attivamente a tutti i settori della vita economica nazionale del Paese, consentono oggi di abbandonare la legge sul divieto di aborto.

Il numero di aborti può essere ulteriormente ridotto attraverso l’ulteriore espansione delle misure statali per promuovere la maternità, nonché attraverso misure educative e di sensibilizzazione.

L’abrogazione del divieto di aborto offrirebbe anche l’opportunità di eliminare i gravi danni alla salute delle donne causati dagli aborti praticati fuori dagli ospedali e spesso da persone ignoranti.

Fonti consultate

Decreto del Presidium del Soviet supremo sull’abolizione del divieto di aborto 1955. Link: https://licodu.cois.it/?p=10843

Victoria Ivanovna Sakevich, “Cosa accadde dopo il divieto di aborto nel 1936”. Link: http://www.demoscope.ru/weekly/2005/0221/reprod01.php#_FNR_26

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Turchia, Svezia e Finlandia: il Patto della Repressione

Durante il summit NATO di Madrid (28-30 giugno), la Turchia ha comunicato di aver tolto il veto per l’adesione all’Alleanza Atlantica di Finlandia e Svezia.

I due Stati scandinavi, in un “Memorandum Trilaterale” pubblicato il 29 giugno, hanno riconosciuto il PKK come organizzazione terrorista e, al tempo stesso, hanno annunciato che rafforzeranno gli sforzi con la Turchia per debellare la minaccia a suon di deportazioni ed estradizioni.

Di fronte alla situazione internazionale odierna, in cui l’Alleanza Atlantica si sta ricompattando in vista di un potenziale scontro con la Federazione Russa, non stupisce che gli Stati si accordino militarmente tra loro usando come moneta di scambio popolazioni non troppo, o niente affatto, gradite.

Non dovrebbero stupire nemmeno le dichiarazioni fatte dai vari vertici di Stati o organizzazioni.
Ricordiamo come, all’indomani dell’attacco russo all’Ucraina, il Presidente degli Stati Uniti Biden avesse dichiarato che avrebbe agito con un attacco atomico come misura preventiva di fronte ad attacchi contro infrastrutture strategiche.

Ma non è solo il fattore delle alleanze militare a giocare un ruolo nello scenario che riguarda la popolazione curda, né è solo questa ad essere uno degli oggetti di scambio tra gli Stati in questione.

La Turchia ha avuto più di un problema con la Svezia in passato: dalla mancata estradizione di membri del PKK alla sospensione svedese dell’esportazione di armi verso il paese governato da Erdoğan, fino all’accusa di aver dato asilo a membri della frazione borghese capeggiata da Fethullah Gülen dopo il fallito colpo di Stato del 2016.

Una situazione simile la si ritrova in Finlandia, accusata dal presidente turco di essere un rifugio per i terroristi.

In tutto ciò, bisogna considerare anche il rapporto ambivalente che Turchia e Russia hanno avuto negli ultimi anni, dato più che da considerazioni politiche, da forti interessi materiali.
Turchia e Russia sono legate a doppio filo da patti economici riguardanti il passaggio del gas (vedasi il Turkstream) o la vendita di armi verso il paese dell’est fino alla cooperazione economica nei paesi centro-asiatici. Allo stesso tempo la Turchia ha mosso passi in avanti nell’orbita dell’Europa continentale, in particolare con l’aiuto logistico-militare e cooperazione economica all’Ucraina negli ultimi mesi.

Questa posizione riflette la posizione geostrategica del paese turco. Il muoversi politicamente “a filo” tra due (o più) attori rivali è un riflesso del trovarsi ad essere una zona di frontiera tra sfere di influenza contrapposte, da una parte quella euro-atlantica e dall’altra quella russa – con tutto ciò che ne consegue in termini economi e politico-militari.

Qual è il senso di tutto ciò?

È molto probabile che la Turchia stia cercando di tenere insieme tutti i pezzi, sia sul piano interno che su quello esterno, anche di fronte ad una situazione economica e sociale potenzialmente esplosiva. Il paese, al momento, si trova ad affrontare una seria svalutazione monetaria e un’inflazione galoppante, che è passata da circa il 48% a Gennaio 2022 fino al 73% di Maggio 2022 – e per cui si prevede possa toccare il 78% alla fine di questo trimestre.

Ragion per cui, visto che l’aggressione russa all’Ucraina ha più o meno ricompattato il blocco dell’Alleanza Atlantica, è probabile che la Turchia sia chiamata dai suoi partner a fare una scelta di campo netta. Scelta di campo che il paese anatolico non intende fare se non ottiene una serie di concessioni.

Erdoğan può allora presentare la testa dei guerriglieri curdi al fronte interno, soprattutto per rilanciare la sua immagine visto il nuovo attacco sui territori curdi negli ultimi mesi, ed anche in vista delle elezioni presidenziali e parlamentari del prossimo anno. Sul fronte esterno, può avvicinarsi maggiormente all’interno dell’orbita dell’Europa continentale.

Su quest’ultimo punto, possiamo scendere in particolari di tipo economico.

Secondo i dati del “The Observatory of Economic Complexity”, nel 2020 la Svezia ha esportato merce in Turchia dal valore di circa 1,67 miliardi di dollari, cifra che equivale all’1,1% delle sue esportazioni in quell’anno. Negli ultimi 25 anni (1995-2020), le esportazioni svedesi in Turchia sono aumentate a un tasso annuo del 4,91%, passando dai 505 milioni di dollari del 1995 fino ai citati 1,67 miliardi di dollari nel 2020.

Per quanto riguarda Finlandia e Turchia, il tasso annuale di esportazioni dalla prima verso la seconda degli ultimi 25 anni (1995-2020) è stato del 5,79%, passando da 231 milioni di dollari nel 1995 a 944 milioni di dollari nel 2020, fino a raggiungere i 2,14 miliardi di dollari nel 2021. L’esport finlandese in Turchia nel 2020 rappresenta l’1,4% del volume totale di esportazioni del paese scandinavo.

Per quanto riguarda la Turchia, essa ha avuto un tasso annuale di esportazione verso la Svezia del 10,4% per il periodo che va dal 1995 (116 milioni di dollari) al 2020 (1,38 miliardi di dollari). Nel 2020, le esportazioni turche in Svezia rappresentano lo 0,78% del volume totale di esportazioni.
Allo stesso modo, il tasso annuale di esportazione tra Turchia e Finlandia del medesimo periodo è stato dell’8,87%, passando da 51,2 milioni di dollari nel 1995 a 428 milioni di dollari nel 2020.
Nel 2020 le esportazioni turche in Finlandia rappresentano lo 0,24% del volume totale.

Sebbene le cifre sul volume totale di esportazioni reciproche siano piuttosto basse (il paese preferito dai tre Stati è la Germania, verso cui si esporta merce dal valore di decine di miliardi di dollari per percentuali che si aggirano tra l’8% e il 13% del volume totale delle esportazioni), non è escluso che la firma del memorandum possa dare avvio ad una cooperazione economica di portata più incisiva.

Ma, al di là di queste brevi e succinte analisi, secondo la costruzione mediatica del movimento compagnesco, la mossa fatta dai tre Stati significherà barattare “la vita dei curdi nei loro paesi e di quelli nei territori curdi pur di entrare nella NATO. Ogni velo sull’aspetto umanitario del continente europeo cade giorno dopo giorno.”

Come Gruppo Anarchico sappiamo che non esistono Stati amici. E questo il movimento cosiddetto “antagonista” dovrebbe saperlo – e ricordarselo ogni volta, aggiungiamo. Gli Stati sono un’espressione di una elitè economica e politica atta a perpetuare lo sfruttamento razziale, di genere, di specie e di classe.

Chi paga principalmente pegno di queste decisioni borghesi e statali sono le popolazioni curde che, da più di un secolo, si ritrovano sotto i giochi di potere di regimi dittatoriali militari o democrazie.

Solidarizziamo, quindi, con una popolazione che combatte e resiste oggi giorno in Siria, così come in Iraq e Iran.

Gruppo Anarchico Galatea-FAI Catania

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Rompere l’impasse strategico. Ipotesi per la difesa dell’accesso all’aborto negli Stati Uniti

La sentenza Roe vs. Wade è stata rovesciata il 24 giugno di quest’anno.
Un esito simile era prevedibile, ed ormai si trattava di giorni perché ciò accadesse.
Bisogna ricordare, infatti, che il diritto all’aborto aveva già subito diverse restrizioni nei vari Stati federati ben prima del 2022. Ma una situazione del genere non arriva mai da sola. E quando arriva rappresenta solo la punta dell’iceberg di qualcosa di molto più grande.
Il rovesciamento della sentenza Roe vs Wade rappresenta la vittoria delle varie destre reazionarie: dai fondamentalisti cristiani ai vari fascisti o cripto tali, passando per l’alt right ed i vecchi arnesi del tradizionalismo americano.
La battaglia che si sta combattendo negli Stati Uniti è, da un lato, chi pensa che le identità sessuali di genere siano qualcosa di fisso ed immutabile (e non, invece, un prodotto culturale e sociale); dall’altro, chi sfida, in maniera e forme differenti, concezioni del genere.
In questo campo di battaglia, l’accesso o meno all’aborto gioca un ruolo fondamentale, non solo per quanto riguarda l’autodeterminazione dei corpi, ma perché, vista la situazione attuale, riduce le persone di sesso femminile a mere incubatrici.

In Italia abbiamo una situazione non troppo dissimile da quella statunitense; se la legge 194 ha portato alla legalizzazione delle pratiche interruttive di gravidanza, al contempo sono esplosi fenomeni come gli “obiettori di coscienza” e “l’intramoenia”, rendendo progressivamente costose le pratiche abortive.
A supportare questi due fenomeni sono partiti istituzionali (sia di destra che di sinistra), movimenti religiosi (specie cristiani) e associazioni di categoria legati all’ambiente sanitario.
Quel che si potrebbe prospettare, nel caso italiano, è un’accessibilità esclusivista all’IVG, in quanto i medici che praticano l’ivg intramoenia negli studi privati traggono un ricavo economico non indifferente (tra i 900 e i 1500 euro).

In ogni caso, il punto della questione è come i regimi democratici – non troppo dissimili da quelli fascisti, assolutistici e teocratici -, vogliano dettare legge sui corpi femminili, portando alla morte migliaia di donne.
Rompere questo schema reazionario e conservatore significa preservare la vita e la dignità delle persone, oltre che difenderne l’autodeterminazione.

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Traduzione dell’articolo “Breaking the Strategic Impasse. Time for Mass Struggle in Defense of Reproductive Rights”

È tempo di una lotta di massa in difesa dei diritti riproduttivi

Siamo a un punto di svolta nella lotta per la difesa dei diritti all’aborto. Il leak sulla bozza di sentenza della Corte Suprema minaccia di rovesciare la sentenza Roe contro Wade. Se e quando sarà promulgata, quasi la metà degli Stati Uniti sarà pronta a criminalizzare l’aborto. Questa decisione è un attacco a molto più che ai diritti dell’aborto; la sua logica apre la porta ad attacchi alla contraccezione, ai matrimoni gay, ai diritti delle persone trans e a molte altre riforme conquistate dalle persone oppresse nella nostra società.

Come possono la sinistra socialista, le organizzazioni per i diritti riproduttivi e i sindacati impedire che questa decisione venga attuata? E cosa possiamo fare per invertire la tendenza, se viene attuata? La dura verità è che la strategia legale ed elettorale delle principali organizzazioni per i diritti riproduttivi non è riuscita a fermare questo assalto, né tantomeno a espandere i diritti riproduttivi. Abbiamo bisogno di una nuova strategia, che si concentri sul potere dei lavoratori e degli oppressi di interrompere il “business as usual” attraverso azioni dirette di massa: sit-in, scioperi e manifestazioni. Questo tipo di militanza ha conquistato i diritti all’aborto negli Stati Uniti cinquant’anni fa e in Cile, Argentina e Irlanda negli ultimi anni.

Purtroppo, la leadership delle forze mainstream sta raddoppiando la vecchia e fallimentare strategia, concentrando tutte le proprie energie sul voto per i democratici alle elezioni di midterm. Il compito di costruire una resistenza efficace spetta alla sinistra radicale, ai Socialisti Democratici d’America (DSA), ai gruppi di difesa delle cliniche, agli attivisti per la giustizia riproduttiva e alle forze dissidenti all’interno di organizzazioni e sindacati consolidati.

Per tracciare una strada alternativa dobbiamo prima capire perché siamo arrivati a questo momento di crisi. Dobbiamo spiegare come una corte non eletta e di destra possa anche solo prendere in considerazione la possibilità di criminalizzare l’aborto, quando la maggioranza del Paese, anche nei cosiddetti Stati rossi [il rosso è il colore dei Repubblicani, il blu dei Democratici, ndt], sostiene in modo schiacciante la Roe. Due fattori sono fondamentali: l’implacabile determinazione dell’estrema destra a vincere e la ritirata difensiva delle principali organizzazioni per i diritti riproduttivi.

Il Partito Repubblicano ha cavalcato questo messaggio per ottenere un successo elettorale fin dagli anni ’80 e lo ha raddoppiato dopo la Grande Recessione, con Trump che ha stretto un patto misogino con i fanatici anti-aborto. Una volta in carica, i repubblicani hanno attuato misure antiabortiste sempre più aggressive a livello statale, hanno proposto leggi simili al Congresso e hanno riempito i tribunali, compresa la Corte Suprema, di giudici antiabortisti. La loro strategia ha funzionato, nonostante la mancanza di una base popolare del partito, grazie alla sistematica manipolazione dei distretti elettorali, alle restrizioni del diritto di voto e alla disillusione popolare di massa per l’incapacità del Partito Democratico di affrontare la crisi sociale.

Il principale gruppo di elettori per la guerra dell’estrema destra contro le donne, le persone LGBTQ+ e i gruppi razzialmente oppressi è costituito dai proprietari di piccole imprese e dai supervisori di basso livello, nonché da una minoranza di lavoratori bianchi più anziani. La classe dirigente capitalista ha assunto una posizione ambivalente sull’aborto, consentendo alla destra borghese una maggiore influenza politica. Da un lato, i capitalisti sostengono l’accesso legale all’aborto e alla contraccezione, in modo che sempre più donne siano disponibili per lo sfruttamento del lavoro salariato. Dall’altro, l’agenda neoliberale del Capitale abbraccia la difesa della famiglia “tradizionale” per imporre una riproduzione sociale privatizzata, in cui la famiglia e le donne, in particolare, si assumono la responsabilità di tutto il lavoro di creazione della vita. Questa agenda ha portato almeno alcuni settori del Capitale a sostenere la criminalizzazione dell’aborto.

In risposta all’assalto dell’estrema destra, il movimento per i diritti riproduttivi ha seguito una strategia incentrata su lotte legali difensive e sull’elezione di democratici. Il fallimento è stato disastroso. Con i tribunali pieni di giudici di destra, le cause legali hanno prodotto pochi nuovi guadagni, hanno perso terreno man mano che i tribunali ponevano limiti sempre maggiori all’aborto e ora sono arrivati alla sconfitta totale con l’imminente annullamento della Roe.

Il sostegno elettorale dell’organizzazione mainstream ai Democratici ha prodotto gli stessi risultati abissali. I Democratici hanno incorporato la loro leadership come hanno fatto con quella di altri movimenti sociali usciti dagli anni ’60 e ’70, promettendo una difesa della Roe come status quo in cambio del sostegno al partito e ai suoi candidati. In questo processo che Olúfẹ́mi O. Táíwò chiama “cattura dell’élite”, la politica identitaria è stata trasformata da una sfida radicale a tutte le forme di sfruttamento e oppressione in una politica competitiva di gruppi di interesse dedicata alla diversità, all’inclusione e all’equità nell’élite al potere. Nel frattempo, i Democratici hanno attuato l’austerità sociale, colpendo la classe operaia in generale e i gruppi oppressi in particolare.
Con i movimenti sociali e di classe in declino negli anni ’80 e la loro leadership assimilata, i Democratici hanno dato per scontato il loro sostegno e hanno capitolato a destra. I Democratici accettarono i limiti crescenti al diritto all’aborto, a partire dall’emendamento Hyde del 1976 che impediva il finanziamento federale dell’aborto. Bill e Hillary Clinton consolidarono la resa dei Democratici, dichiarando che l’aborto doveva essere “sicuro, legale e raro” – l’esatto contrario della richiesta radicale degli anni ’70 di “aborto libero su richiesta”.

Anche quando avevano il controllo di entrambe le camere del Congresso, Clinton, Obama e Biden si sono rifiutati di rendere legge del paese il diritto all’aborto; hanno fatto una concessione dopo l’altra alla destra anti-aborto e hanno supervisionato la drammatica erosione del diritto all’aborto. Di conseguenza, l’estrema destra è stata libera di passare all’offensiva, cacciando i fornitori di aborti dalla maggior parte delle contee degli Stati Uniti e assediando quelle rimaste. I suoi rappresentanti del GOP [Great Old Party, il Partito Repubblicano, ndt] nei governi statali hanno posto limiti sempre maggiori al diritto all’aborto e hanno preparato leggi di innesco per metterlo fuori legge una volta che la Roe sarà rovesciata.

La strategia delle organizzazioni mainstream per i diritti riproduttivi ha indebolito il movimento e disorientato i suoi quadri. Le organizzazioni sono diventate “ONG-izzate”, dominate da personale professionale, avvocati e consulenti per le campagne. Privi di membri militanti di base, i gruppi per i diritti riproduttivi hanno accettato i compromessi dei Democratici nel disperato tentativo di preservare ciò che rimaneva della Roe. Con la smobilitazione della resistenza, la destra si è rafforzata ed è pronta a vietare l’aborto in metà degli Stati del Paese.

Ancora peggio, le organizzazioni mainstream si sono opposte alle nuove forze con strategie più militanti. NOW, NARAL e Planned Parenthood si sono opposte alla difesa delle cliniche, un’arena chiave per la costruzione di una resistenza militante, e hanno condotto campagne attive per impedire che tali azioni si svolgessero. Si sono rifiutate di sostenere un programma più radicale che avrebbe ottenuto il sostegno della classe operaia e delle donne di colore: un programma di giustizia riproduttiva e di assistenza sanitaria universale.

Le organizzazioni mainstream e la loro leadership non mostrano alcun segno di trarre l’ovvia conclusione che la loro strategia è fallita. Sebbene organizzazioni come Planned Parenthood abbiano organizzato proteste a livello locale, non hanno chiesto una marcia nazionale sulla Corte Suprema, né una difesa militante delle cliniche, né hanno invitato a sfidare le leggi che criminalizzano l’aborto. Si sono invece concentrate sulle elezioni del prossimo autunno, nella speranza irrealistica che i Democratici vincano le elezioni di metà mandato e approvino una legge nazionale che renda legge del paese il diritto all’aborto.

I Democratici sfrutteranno la minaccia ai diritti dell’aborto per tutto il suo valore. In effetti, la bozza di sentenza trapelata è stata un dono del cielo per Biden e compagnia, che altrimenti sarebbero stati destinati a una disastrosa sconfitta alle elezioni di metà mandato, in gran parte dovuta all’incapacità di mantenere le loro già inadeguate promesse. Sebbene la difesa della Roe dia ai Democratici qualcosa su cui puntare alle elezioni di metà mandato, il partito non può fermare la sentenza ed è improbabile che vinca le elezioni autunnali. E anche se lo facessero, non è affatto chiaro se manterrebbero la promessa di rendere la Roe la legge del Paese. In poche parole, il partito ha dimostrato di non essere disposto a fare nulla per difendere (e tanto meno a far progredire) i diritti riproduttivi, in particolare l’accesso finanziato a livello federale fin dagli anni Settanta.

È il momento di una nuova strategia militante. La maggioranza delle persone negli Stati Uniti non vuole l’annullamento della Roe ed è scioccata e indignata dalla decisione. Questa rabbia può costituire la base per la costruzione di un movimento. Tra i primi passi, ci sarebbero riunioni locali di emergenza per riunire le forze e portare una nuova strategia di azione diretta di massa [con] un programma radicale di giustizia riproduttiva. È stato questo tipo di organizzazione a costruire le lotte che hanno permesso di ottenere i diritti all’aborto negli Stati Uniti in passato e in Argentina, Cile e Irlanda oggi.

Mentre le vecchie organizzazioni per i diritti riproduttivi sono in una situazione di stallo, nuove forze si sono fatte avanti per organizzare la resistenza. Queste includono organizzazioni militanti come New York City for Abortion Rights, Chicago for Abortion Rights, National Women’s Liberation, forze della sinistra socialista e sindacati di sinistra come la CTU, che ha rilasciato una dichiarazione in difesa dei diritti all’aborto. Il DSA, la più grande organizzazione socialista degli Stati Uniti dagli anni ’40, potrebbe svolgere un ruolo enorme in questo processo. Tuttavia, il suo “focus strategico” nazionale sulla politica elettorale ha finora messo in secondo piano l’organizzazione della lotta di classe e sociale, lasciando che le sezioni locali e i gruppi di lavoro agissero da soli, senza coordinamento e leadership.

Ciò che tutte queste forze della sinistra radicale fanno oggi è importante. Nessuna singola organizzazione è in grado di guidare una marcia nazionale sulla Corte Suprema, ma ci sono le condizioni per riunire organizzazioni a livello locale e, in alcuni casi, statale, impegnate a costruire un nuovo movimento basato su una strategia di azione indipendente e di massa. La coerenza di queste forze sarà cruciale nel determinare se un movimento militante di massa potrà difendere i diritti all’aborto e iniziare la lotta per una vera giustizia riproduttiva – o se la destra otterrà un’altra vittoria, riportando indietro una delle poche conquiste rimaste delle lotte degli anni Sessanta e Settanta.

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La polizia antisommossa attacca mentre decine di migliaia di persone scendono in strada e bloccano le autostrade dopo l’annullamento della sentenza Roe v Wade

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Traduzione dell’articolo “Riot Police Attack As Tens of Thousands Take to the Streets and Block Freeways After Roe v Wade is Overturned”

Venerdì e sabato, decine di migliaia di persone sono scese in piazza nei cosiddetti Stati Uniti manifestando rabbiosamente, dopo che sei giudici della Corte Suprema hanno annullato il diritto all’aborto, segnando una pietra miliare nella politica americana e segnalando ulteriormente la crescente spinta fascista del dominio minoritario sulla grande maggioranza della popolazione che rifiuta queste politiche.

L’impatto della sentenza è stato immediato e rapido:
La sentenza “Dobbs contro Jackson Women’s Health Organization” (6-3) ha effetto immediato. L’aborto è ora – o lo diventerà presto – illegale in almeno 21 Stati con una popolazione complessiva di 135 milioni di persone. Per la stragrande maggioranza delle donne che lavorano, viaggiare per la maggior parte degli Stati costieri in cui l’aborto rimane legale non sarà un’opzione.”

Inoltre, questa sentenza avrà implicazioni di vasta portata. Come Clarence Thomas ha sostenuto, questo è solo l’inizio di un rinvio delle decisioni sui matrimoni gay, sugli statuti anti-sodomia e su altre leggi sul “diritto alla privacy”. Come hanno scritto gli anarchici di Olympia:
L’abrogazione di Roe v. Wade è solo l’inizio. La base su cui viene attaccata è il Diritto alla Privacy, che è anche la base di molte altre decisioni ora nel mirino della Corte Suprema come Lawrence v. Texas (protegge contro la criminalizzazione dell’omosessualità), Griswold v. Connecticut (protegge l’acquisto di contraccettivi senza interferenze governative), Loving v. Virginia (legalizza il matrimonio interrazziale), Meyer v. Nebraska (protegge le famiglie che insegnano ai bambini una lingua diversa dall’inglese), Skinner v. Oklahoma (protegge dalla sterilizzazione forzata).”

La sentenza ruota attorno ai concetti dell’ “Originalismo Costituzionale”, che è una scuola di pensiero giuridico abbracciata da giudici come Clarence Thomas. [La sua argomentazione è] contro una visione della Costituzione che cerca di espandere la libertà e i diritti di coloro che sono sotto attacco, sostenendo, invece, che la “Costituzione… tutela solo i diritti già esistenti in un lontano passato”.

Questo approccio giuridico sostiene che solo le cose scritte nella Costituzione o attraverso la “pratica culturale”, come esisteva al momento della stesura della Costituzione, sono garantite come diritti.

(traduzione)
Il primo movimento anti-aborto negli Stati Uniti era esplicitamente suprematista e patriarcale. Composto per lo più da medici che organizzarono il movimento allo scopo di estromettere le donne (ostetriche) dal campo medico e di aumentare il tasso di natalità tra le donne bianche.”

Non solo questo quadro giuridico assolutamente assurdo implica che la vita sarebbe dovuta rimanere invariata dalla fine del XVIII secolo, ma è un quadro che viene utilizzato per preparare il terreno per ulteriori attacchi a varie comunità in tutti gli Stati Uniti.

Questo approccio permette alla Corte Suprema di togliere essenzialmente qualsiasi diritto che ritenga opportuno, fintanto che possano sostenere che non appare nella Costituzione, e purché possa impegnarsi in un volgare revisionismo storico.

I più colpiti da questa decisione saranno le comunità di colore e i lavoratori e le lavoratrici poveri/e, in quanto i divieti di aborto generalizzati non solo taglieranno l’accesso tanto necessario all’assistenza sanitaria riproduttiva, ma aumenteranno la minaccia della repressione della polizia, l’instabilità economica, e potenzialmente morte e lesioni gravi da “aborti illegali”.

Il fallimento dell’organizzazione liberale pro-scelta e il nucleo dello Stato
Dobbiamo essere chiari sul significato di questa sentenza. Non si tratta di una dichiarazione di posizione morale; piuttosto, questa sentenza sostiene che la moralità di alcuni dovrebbe essere imposta ad altri – attraverso la forza della polizia. In altre parole, questo è lo Stato che assume il suo ruolo, diventando il meccanismo di imposizione della sovranità attraverso la violenza. Finché esisterà lo Stato non saremo mai in grado di determinare le condizioni della nostra vita, e questo è solo un esempio lampante.

Una volta che noi vediamo questa sentenza attraverso la lente dello Stato stesso, improvvisamente il nostro approccio deve cambiare. Nel quadro legalistico liberale – che è stato dominante dopo Roe -, coloro che sostengono questo approccio chiedono di affrontare lo Stato dalla posizione del suo potere più incontrastato: i tribunali. Forzando la politica nei tribunali, il movimento pro-scelta ha fondamentalmente indebolito la capacità delle persone di lottare contro la legislazione restrittiva degli anni precedenti a questa sentenza; al di fuori di organizzazioni consolidate, reclami educati, politiche di accettazione e strategie legalitarie.

(traduzione)
“Se vedete che uno dei principali obiettivi della legislazione contro l’aborto è quello di limitare la capacità delle persone nel prendere decisioni sui loro corpi che non sono conformi ai rigidi ruoli e alle aspettative di genere, potete capire come la liberazione trans e la libertà riproduttiva siano irrevocabilmente collegate.”

Al centro del concetto di libertà riproduttiva c’è una richiesta di autonomia molto più ampia: sui nostri corpi, sulle nostre vite e sulle nostre scelte. È questa richiesta di autonomia che separa il movimento pro-scelta – incentrato sulle azioni dello Stato e dei tribunali -, dal movimento per la libertà riproduttiva, che concentra la nostra capacità di prendere il controllo sulle nostre vite – lontani dallo Stato.

La strategia di portare la questione nei tribunali con organizzazioni consolidate, come parte di una traiettoria di opposizione educata e accettabile, ha dimostrato di essere fallita, come era inevitabile. Invece di ripiegare sui tribunali, dobbiamo iniziare a spingerci oltre la questione dell’aborto e abbracciare una concezione molto più intersezionale dell’autonomia.

Oltre i diritti, la lotta per l’autonomia
La lotta per l’autonomia inizia dal modo con cui ci organizziamo.
I socialisti autoritari, i liberali e le organizzazioni non profit sono tutti in competizione per vedere chi può raccogliere ciò che è rimasto per il proprio guadagno, usando le nostre tragedie come opportunità di reclutamento. Se permettiamo loro di avere questo spazio, non solo gli attivisti per la libertà riproduttiva che hanno lavorato su strada per anni saranno emarginati, ma l’azione diretta sarà respinta in quegli stessi spazi controllati dalla politica dell’accettabilità.

(traduzione) “Per ogni passo draconiano che questo paese compie verso l’inferno fascista, abbiamo un aumento del potere della polizia con cui confrontarci. Indovinate chi sarà pronto a brutalizzarci quando ci ribelleremo? E lo stato di polizia ha un sostegno *bipartisan*. Niente di tutto questo è un caso.”

Come Spencer Beswick ha sostenuto:
Le anarchiche hanno sostenuto la necessità di espandere le infrastrutture di base e l’auto-organizzazione per acquisire le conoscenze e le competenze necessarie nell’effettuare le proprie cure riproduttive. Sostenevano che questo avrebbe prodotto una vera libertà e autonomia riproduttiva, indipendente dallo Stato e dalle sue leggi. […] Al posto dello slogan “siamo pro-scelta e votiamo“, le anarco-femministe hanno spesso marciato dietro uno striscione che recitava “siamo pro-scelta e ci ribelliamo!”Le anarchiche hanno sostenuto le lotte per mantenere l’aborto legale, ma hanno sostenuto che dobbiamo essere pronte ad agire alle nostre condizioni nella lotta per l’autonomia corporea e l’autodeterminazione. La creazione di infrastrutture per l’assistenza sanitaria riproduttiva è una componente chiave del doppio potere femminista che sfida l’egemonia dello Stato e del capitalismo. Questo tipo di infrastruttura prefigura e stabilisce concretamente un mondo definito dall’aiuto reciproco, dalla solidarietà e dall’autonomia.”

Dobbiamo manifestare la lotta per la giustizia riproduttiva e la sua più ampia richiesta di autonomia, non solo come nostri obiettivi, ma anche come modo di agire.
Questo può significare decidere di agire da soli, con i vostri amici e un piano. A volte significa marciare a fianco di altri con cui abbiamo delle divergenze e non permettere alla polizia, [durante la] protesta, di controllare la nostra attività. A volte, invece, si tratta di organizzare un piano per capire come procurarsi e distribuire pillole abortive a domicilio.

(traduzione) “In questo giorno, il 25 giugno 2013, la Corte Suprema ha annullato una parte fondamentale del Voting Rights Act (Shelby Co v Holder) e ha scatenato un’ondata di soppressione degli elettori e di attacchi ai diritti di voto. Considerate questo fatto nel contesto del momento attuale per capire quanto sia delirante la risposta “VOTA”.

La lotta per l’autonomia va oltre l’aborto, e coinvolge il nostro intero rapporto con il controllo. Permettendo ad un controllo tramite leggi di determinare le condizioni dell’impegno, sia nei tribunali che nelle strade, perdiamo la libertà per cui stiamo lottando. È solo attraverso le nostre azioni che possiamo riprenderci le nostre vite, ed è solo attraverso l’autonomia che possiamo agire.

Resistenza a tappeto
In tutto il Pacifico nord-occidentale, decine di migliaia di persone sono scese in piazza in varie città e paesi. A Portland, migliaia di persone si sono radunate e hanno partecipato a marce di massa in tutta la città. Un blocco anarchico ha anche scritto dei graffiti e più tardi, di notte, è sceso in strada per una marcia militante. A Salem, in Oregon, e in molte città più piccole, la gente ha organizzato marce e proteste animate.

(traduzione) “Centinaia di Black Bloc si muovono sotto la coltre della notte a Portland, sulla scia dell’annullamento di #RoeVsWade #portlandprotest
La notte è giovane a quanto pare pic.twitter.com/QUsrCBSV9L”

A Seattle, migliaia di persone hanno marciato; a Olympia una marcia è diventata una manifestazione e a Eugene, oltre un migliaio sono scesi in strada e hanno affrontato la polizia e gli automobilisti arrabbiati che ripetutamente hanno guidato [in mezzo] alla folla. Più tardi nella notte, la polizia si è scontrata con i manifestanti e ha effettuato degli arresti dopo che la gente “ha bloccato il ponte di Ferry Street e ha lanciato fumogeni contro gli agenti”.

(traduzione) “Un mare di persone e la fine non è nemmeno in vista. pic.twitter.com/5kGkk4A9yr”

In tutta la California, migliaia di persone sono scese in strada a San Francisco, Oakland e Sacramento. A Los Angeles, migliaia di persone si sono riversate nelle strade e sulle autostrade, scontrandosi con la polizia antisommossa e le truppe federali che hanno cercato di allontanare con violenza i manifestanti dalle strade. I manifestanti hanno risposto sparando fuochi d’artificio contro le forze dell’ordine e respingendo la polizia nelle strade. I neonazisti della Contea di Orange hanno anche lanciato un appello a “difendere” le chiese cattoliche e le “istituzioni tradizionaliste”.

(traduzione) “i manifestanti hanno bloccato la 110 fwy a #DTLA pic.twitter.com/AtrOe1Q66c”

 

(traduzione) “I manifestanti circondano un gruppo di agenti di polizia e urlano loro di andare a casa e gettano liquidi su di loro. La polizia usa i manganelli e insegue i manifestanti. pic.twitter.com/4GdP5XhGxG”

 

(traduzione) “scontri tra poliziotti e manifestanti a DTLA tra l’ottava e l’olive pic.twitter.com/u7Cg8Da0yu”

In Arizona, migliaia di persone sono scese in strada a Phoenix, sciamando davanti all’edificio del Campidoglio, solo per essere violentemente respinte con proiettili e gas lacrimogeni dalla polizia antisommossa. Ironia della sorte, l’edificio del Campidoglio era stato in precedenza teatro di numerose manifestazioni armate da parte dei manifestanti di “Stop the Steal”, che avevano anche rotto le finestre e invaso l’edificio, ma non avevano affrontato alcuna repressione. Nel frattempo, a Tucson, oltre mille manifestanti sono scesi in strada e hanno chiuso le autostrade.

(traduzione) La polizia spara gas lacrimogeni sulla folla direttamente dalle finestre del Campidoglio https://t.co/XeZ59XVotJ pic.twitter.com/NwBtpTrSCt”

 

(traduzione) “La marcia di Tucson sta tentando di prendere la I-10. Folla giovane, arrabbiata e multirazziale. pic.twitter.com/D3fiFZezhK”

Proteste di massa hanno avuto luogo anche a Denver, in Colorado, e a Cedar Springs, in Iowa, dove un autista ha guidato il proprio camion contro una folla di manifestanti. I ricercatori antifascisti hanno prontamente messo online i dati dell’autista.

(traduzione) “Nuovo thread della serata “fuck DPD FUCK SCOTUS TOO THEy DONT GIVE A FUCK ABOUT YOU” pic.twitter.com/cz6lVvGfdj”

In Texas, migliaia di persone sono scese in piazza ad Austin e gli antifascisti hanno organizzato una marcia armata a Dallas contro la recente violenza fascista e dell’estrema destra.

(traduzione) “Venerdì 24 giugno circa 40 attivisti antifascisti pesantemente armati si sono riuniti nel quartiere gay di Dallas per inviare un messaggio al fascismo cristiano: sia che si tratti di influencer, Proud Boys o SCOTUS. “Non abbiamo paura. Non torneremo indietro. Ci batteremo di nuovo”. pic.twitter.com/6gp8Yyv41I”

 

(traduzione) “In marcia verso il Campidoglio del Texas per l’accesso all’aborto. #AustinTX #RoeVWade pic.twitter.com/8oGhaxH7ms”

A Nashville, nel Tennessee, i Proud Boys sono stati allontanati dagli antifascisti che hanno impedito che molestassero i manifestanti, mentre a Washington DC la folla ha cacciato i troll nazionalisti bianchi.

(traduzione) “Hanno allontanato con successo i suprematisti bianchi. La polizia non ha fatto nulla. pic.twitter.com/pvTMvKivZn”

Ad Atlanta, in Georgia, migliaia di persone hanno marciato e scritto graffiti sulle strade. Il giorno successivo, i membri armati del Wall of Vets hanno fatto la guardia a un gruppo di Proud Boys. In North Carolina, migliaia di persone sono scese in strada ad Asheville, Raleigh e in altre città, chiudendo le strade. Altre manifestazioni e marce di massa hanno avuto luogo a Jacksonville, Mississippi, Kansas City, Missouri, Miami, Florida e Richmond, Virginia.

(traduzione) “Membri del Wall of Vets occupano la parte posteriore, creando una barriera tra i manifestanti per i diritti all’aborto e un gruppo di Proud Boys durante il secondo giorno di proteste ad Atlanta, Ga. Per @wabenews pic.twitter.com/onIraVK4Bp”

 

(traduzione) ““Abort the court”, nuova opera d’arte nel centro di Kansas City. pic.twitter.com/YqfG4cPq7N”

 

(traduzione) “Canti di “Fanculo Joe Biden” e “Fanculo Glenn Youngkin” al Monroe Park mentre continuano le proteste per l’accesso all’aborto a Richmond, Virginia. pic.twitter.com/QCyAo1kjFV”

 

(traduzione) “A Raleigh in questo momento #SupremeCourtHasGotToGo pic.twitter.com/ghjlxG5Tmh”

A Washington DC, un nutrito blocco nero ha guidato una marcia di fuga da davanti alla Corte Suprema, dove migliaia di persone si erano radunate in tutta la città, superando più volte le linee di polizia per tornare infine alla SCOTUS senza essere arrestate.

(traduzione) “Questo scatto mostra la profondità del gruppo #antifa/black bloc diretto verso il centro di Washington dopo la protesta per l’aborto alla Corte Suprema pic.twitter.com/O0nEUxqeuA”

 

(traduzione) “Di nuovo sulla Constitution Avenue in direzione est. Una breve esplosione di tensione si è avuta prima, quando i manifestanti si sono fatti strada attraverso una fila di poliziotti in bicicletta che avevano cercato di bloccarli durante la marcia lungo la 3rd Street. pic.twitter.com/6QIJl0Bsr0”

 

 

Nel Midwest, migliaia di persone hanno marciato a Milwaukee, Minneapolis, Chicago, Boston, Cleveland e Philadelphia. A Providence, nel Rhode Island, un ufficiale di polizia fuori servizio, candidato alle elezioni, ha attaccato il suo avversario durante un comizio pro-scelta. A Montpelier, nel Vermont, la State House è stata vandalizzata con lo slogan “Se l’aborto non è sicuro, non lo sei nemmeno tu”.

(traduzione) “I graffiti del Municipio di Philadelphia di stasera per la protesta contro la sentenza della Corte Suprema che annulla la sentenza Roe v. Wade #AbortTheCourt pic.twitter.com/JgOe25YDLA”

 

A New York, migliaia di persone si sono riversate nel Washington Square Park e poi sono scese in strada, vandalizzando auto della polizia, l’edificio della Fox News e altro ancora.

(traduzione) “Le femministe contro il patriarcato e la colonizzazione hanno chiuso il ponte di Brooklyn questa sera a New York per protestare contro la decisione della Corte Suprema degli Stati Uniti di annullare il diritto all’aborto: “Stop alla guerra contro le donne”. 💚💜🖤🔥📸IG:@semillas_collective pic.twitter.com/0tjHldC3ED”

 

(traduzione) ““Il mio corpo, la mia scelta”
Fanculo la polizia di New York”
F12”
Maiali”
ACAB”
Ecco alcune foto di opere d’arte radicali avvistate sui veicoli della polizia di New York durante la marcia di questa sera a New York in risposta all’annullamento della Roe v Wade da parte della SCOTUS. pic.twitter.com/oT6WArCK7S”

 

(traduzione) “ “Abortisci il vostro senatore”
Abortisci i fascisti”
Abortisci il tribunale”
Mio il corpo, mia la scelta. Vaffanculo”
Un compagno mi ha inviato queste foto di opere d’arte radicali avvistate nella metropolitana di Brooklyn. pic.twitter.com/efrcehCzqi”

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Aborto: la destra cristiana e l’antifascismo. Un’analisi delle forze reazionarie negli Usa.

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da Umanità Nova, 29 Maggio 2022. Articolo originale: Abortion, the Christian Right, and Antifascism
Traduzione di Flavio Figliuolo

Pubblichiamo un’analisi critica di Three Way Fight [1] che sostiene che gli antifascisti devono considerare la destra cristiana come una concreta forza sociale, anche se distinta dal nazionalismo bianco e da altre correnti di estrema destra.

È tempo che gli antifascisti smettano di trattare la destra cristiana come una minaccia secondaria. Quando la Corte Suprema degli Stati Uniti eliminerà la tutela legale sul diritto all’aborto, utilizzando argomenti che mineranno direttamente anche le tutele legali per l’omosessualità, la contraccezione, il matrimonio interrazziale e altro ancora, questa sarà una vittoria storica per la destra cristiana. Più di chiunque altro, i cristiani di destra hanno lavorato costantemente e attentamente per quasi mezzo secolo per raggiungere questo obiettivo. Lo hanno fatto non solo perché vogliono impedire alle donne incinte di decidere sul proprio corpo. In generale, i cristiani di destra hanno utilizzato l’aborto come strumento per raccogliere il sostegno di massa rispetto al loro progetto di imposizione familiare di tipo patriarcale, di obbligo eterosessuale e “identità di genere imposta da Dio” alla società nel suo insieme.

La destra cristiana ha giocato una lunga partita, mettendo da parte controversie teologiche secolari, inducendo per la prima volta molte persone ad attivarsi politicamente, mobilitando sia ricchi mecenati sia flussi di finanziamento indipendenti, costruendo gradualmente una ricca rete organizzativa che va dai think tank ai gruppi lobbisti fino a cellule di preghiera locali. La destra cristiana ha stretto e utilizzato alleanze con diversi soggetti, inclusi neoconservatori e libertariani del “laissez faire”, personalità legate al Likud[2] e governi islamici conservatori. L’abbraccio della destra cristiana di Donald Trump come un moderno “Cyrus”[3] – un uomo di potere empio che serve lo scopo di Dio – è un modello di realpolitik che ha dato i suoi frutti.

La destra cristiana ha operato come un grande mantello politico che include molteplici dottrine ideologiche, strategie e approcci tattici, dando spazio a diverse fazioni che si criticavano a vicenda senza annullarsi. Soprattutto, ha abbracciato sia poli di pensiero riformisti sia rivoluzionari: una tensione creativa tra coloro che lavorano per apportare cambiamenti all’interno del sistema politico esistente e coloro che vogliono demolire tutte le istituzioni laiche e pluraliste per sostituire lo Stato esistente con una teocrazia completa. In questa dinamica, gli incrementalisti hanno avuto dalla loro parte i numeri ma i teocrati sono stati i “trend setter”, i precursori di tendenze, portando avanti istanze che hanno contribuito ad estremizzare le parti più moderate.

Una corrente pionieristica della politica teocratica nota come Ricostruzionismo Cristiano[4] – la cui visione “divina” include la privazione dei diritti delle donne e la punizione dell’omosessualità con la lapidazione – ha svolto un ruolo fondamentale all’interno del movimento per i diritti contro l’aborto, spingendolo verso azioni più violente e un’opposizione militante allo Stato. Michael Bray, un pastore luterano che ha trascorso quattro anni in prigione per aver bombardato una serie di cliniche per la salute riproduttiva (cioè cliniche che praticavano la procreazione assistita ed altre forme di fecondazione eterologa) negli anni ’80, è un ricostruzionista. Così come Paul Hill, un ex ministro presbiteriano che ha ucciso un medico e la sua guardia del corpo fuori da una clinica a Pensacola, in Florida, nel 1994. Matt Trewhella, un ministro pentecostale e fondatore di Missionaries to the Preborn, che negli anni ’90 ha difeso l’omicidio dei medici abortisti come “omicidio giustificabile”, ha esortato i cristiani di destra a formare milizie che fanno riferimento alla chiesa.

L’altra principale corrente teocratica del movimento, la Nuova Riforma Apostolica (NAR),[5] ha combinato l’appello del Ricostruzionismo verso i cristiani benpensanti incitando a “dominare” su tutte le sfere della società tramite l’organizzazione autoritaria di massa con la fede pentecostale/carismatica nella profezia divina e nell’operare miracoli. I leader del NAR hanno promosso in modo aggressivo la legislazione sull’omofobia, incluso un famigerato disegno di legge in Uganda che avrebbe reso il sesso gay punibile con la morte. I neo-apostolici sono stati una forza dominante nel movimento sionista cristiano[6] ed hanno fatto proselitismo fra gli ebrei in modo aggressivo sia in Israele sia altrove. I leader del NAR hanno sostenuto fermamente Donald Trump durante la sua presidenza ed hanno svolto ruoli chiave nella campagna fraudolenta Stop The Steal per ribaltare i risultati delle elezioni presidenziali del 2020.

L’ala teocratica della destra cristiana rientra a pieno titolo nella definizione di fascismo da me proposta:[7] una forma rivoluzionaria di populismo di destra, ispirata ad una visione totalitaria di rinascita collettiva, che sfida il potere politico e culturale capitalista e promuove la gerarchia economica e sociale. Che si accetti o meno questa definizione, è chiaro che i teocrati cristiani (a) sostengono forme intensificate di oppressione e repressione, (b) vogliono imporre il loro credo attraverso una trasformazione globale della società e (c) utilizzano la tecnica del capro espiatorio, adottando rituali e il desiderio comunitario delle persone per mobilitare i sostenitori per i loro obiettivi. Le organizzazioni teocratiche sono una forza significativa di per sé ed il loro ruolo all’interno della più ampia destra cristiana dà loro un’influenza che va ben oltre l’aspetto numerico (secondo una stima del 2013, i soli membri del NAR negli Stati Uniti sono 3 milioni. Anche se questa stima è sbagliata ed approssimativa, è comunque superiore a quella degli Oath Keepers e dei Proud Boys messi insieme).

Le discussioni sulla politica di destra sono spesso compartimentate per ideologia. Un approccio questo, che tratta i cristiani di destra separatamente dai nazionalisti bianchi e dall’estrema destra, escludendo la politica della destra cristiana da molte definizioni di fascismo. Questo risulta più facile che raggruppare tutte le destre in un’unica indistinta categoria, perché abbiamo bisogno di capire le differenze dei nostri avversari per combatterli efficacemente. Purtroppo, nella pratica molti antifascisti considerano la politica della destra cristiana non solo separata dal nazionalismo bianco ma anche meno importante. Forse pensano che i cristiani di destra siano più moderati dei nazionalisti bianchi, o forse vedono le questioni di genere e sessualità come secondarie rispetto a quelle razziali. In questo quadro, la destra cristiana riceve attenzione solo nella misura in cui ha una relazione con il nazionalismo bianco o nella misura in cui la sua politica è vista come “realmente” razzista.

Le interconnessioni con il nazionalismo bianco sono importanti, così come il ruolo del segregazionismo nel favorire l’ascesa della destra cristiana negli anni ’70 oltre alla più complessa politica razziale del movimento attuale. Non sono però queste le ragioni principali per cui la destra cristiana è pericolosa. Per mezzo secolo, la destra cristiana ha costantemente posto il genere e la sessualità – non la razza – al centro del proprio programma e queste guerre vanno combattute sul loro terreno.

Ricordiamo che negli anni ’90 la Rete d’Azione Antirazzista (ARA)[8] ha fatto del sostegno al diritto all’aborto e alla libertà riproduttiva uno dei suoi quattro punti fermi: gli attivisti dell’ARA hanno contribuito a difendere le cliniche per la salute riproduttiva, affrontando al contempo neonazisti e poliziotti razzisti. È una storia da cui possiamo imparare. La lotta contro la teocrazia cristiana è una lotta contro il fascismo. La lotta per il diritto all’aborto è una lotta contro il fascismo.
Three Way Fight

Note
[1] https://threewayfight.blogspot.com/
[2] https://www.thedailybeast.com/meet-bibis-new-tribulation-courting-jew-converting-demon-exorcising-american-allies
[3] https://www.vox.com/identities/2018/3/5/16796892/trump-cyrus-christian-right-bible-cbn-evangelical-propaganda
[4] https://religiondispatches.org/how-a-fringe-theocratic-movement-helped-shape-the-religious-right-as-we-know-it/
[5] https://threewayfight.blogspot.com/2021/09/create-fire-in-you-to-fight-injustice.html
[6] https://politicalresearch.org/2010/01/18/the-new-christian-zionism-and-the-jews-a-lovehate-relationship
[7] https://sdonline.org/issue/47/two-ways-looking-fascism
[8] https://pmpress.org/index.php?l=product_detail&p=1295

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Vecchi populismi con nuovi volti. L’America Latina nella spirale negativa.

da Machete Revista Anarquista de El Salvador, Giugno 2022, pagg. 22-24
Tradotto da Federica.

Msc. Ariel Alexander, Quintanilla Magaña

Qualche mese fa, Bonaventura de Sousa Santos ha parlato di una nuova onda progressista in America Latina. L’argomento che sosteneva questo postulato derivava dai trionfi (o apparenti trionfi) dei movimenti sociali del 2019, culminati nella vittoria elettorale di Gabriel Boric in Cile e Pedro Castillo in Perú; senza dimenticare l’appoggio crescente che ha avuto Petro in Colombia [appena eletto presidente ndt], o il governo di Andrés Manuel López Obrador [conosciuto come AMLO, ndt] dal 2018 in Messico (Santos, 2022). La conferma di una nuova onda che potrà “riparare” gli errori che presentarono i governi ascritti al già dimenticato “Socialismo del XXI secolo”, così come l’ascesa conservatrice della prima decade di questo secolo.

Nonostante questi processi elettorali possano entusiasmare la popolazione locale – che considera di riprendere una via del cambiamento -, la realtà è che si iniziano ad intravedere i segni che dimostrano la poca capacità di trasformazione di questi governi di fronte alla scalata del populismo in America Latina.
Inoltre i processi populisti in America Latina dimostrano, piuttosto, un pericolo per i veri movimenti di lotta, che rimangono in ombra rispetto alle presunte “rivendicazioni” che i governi di questa decade impongono verso la “nazione” e la “patria”.

Durante la passata decade si osservò come la destra aveva guadagnato terreno nello scenario ideologico latino-americano, grazie anche all’ascesa del nazionalismo in Europa (spesso con tendenze al nazismo), così come la cultura della paura verso il diverso rappresentata da Trump (Barbera-González y Del Fresno, 2019). La crescita esponenziale che ha avuto l’ideologia conservatrice ha raggiunto segni evidenti di una repressione ogni volta più intensa nel miglior stile Gestapo, con il trattamento inumano realizzato dalle autorità USA e messicane verso le persone migranti centroamerican@, venezuelan@, haitian@ e cuban@. Al suo arrivo AMLO ha cercato di mostrare una maschera diversa attuando la messinscena di distribuire permessi di residenza temporali (Ernst y Semple, 2019).

Quasi quattro anni dall’arrivo di AMLO al potere hanno dimostrato che le azioni “buone” hanno lasciato il passo a situazioni repressive nella frontiera meridionale. Gli stessi USA hanno usato il Messico come intermediario coi governi del Centro-america per frenare, anche con la violenza se necessario, la migrazione delle popolazioni centroamericane (Bessi, 2022). Senza parlare dei diversi progetti ecocidi sviluppati nel sud del Messico con la scusa del progresso.

Questo punto è fondamentale per chiarire l’idea del vecchio populismo con volti nuovi. Citando Retamozo (2017) i processi che strutturano i discorsi populisti sono racchiusi nell’articolazione di significati di equivalenza e differenza, che cercano di governare la ricostruzione di una società “immaginata e ideale” sui valori che vengono conferiti (reali o meno, sentiti o costruiti) a un “popolo”, visualizzato nel “leader” che conosce e riproduce gli interessi popolari.

Qual è stata l’idea di AMLO nell’avvicinarsi ai regimi autoritari centroamericani? In primo luogo, forse il più visibile, è quello di dare seguito ai progetti di infrastrutture viarie per far circolare le merci, e aumentare la produttività energetica della regione. In secondo luogo, anche se non così evidente, c’era la possibilità di regolare così la migrazione delle persone provenienti dal Centro-america. Entrambi sembrano essere progetti rivendicati dalle popolazioni di queste latitudini; tuttavia, mostrano soltanto una continuità delle attività che la destra (o la sinistra moderata) hanno sviluppato durante l’ultimo decennio.

È così che questi governi hanno utilizzato la maschera della rivendicazione storica, riesumando simboli obsoleti come l’indipendenza e gli eroi della patria, e iniziando mega-progetti di infrastrutture, alzando bandiere e pagando perché si decantino le bellezze della “loro nazione” al mondo intero.

La sinistra ha scelto il cammino più facile, stabilirsi nel fragile sistema democratico borghese che può dare un’ effimera felicità in tempo di elezioni ogni quattro, cinque o sei anni. Le azioni della destra si fanno ogni volta più populiste avvicinandosi sempre più al fascismo. Mentre questo succede la sinistra si dimentica di analizzare le realtà concrete e si concentra solo sui risultati elettorali.

Galiano (2020) esprime che il problema principale è quello di considerare importanti le piccole vittorie, allontanandosi sempre più dalla realtà concreta latino-americana.
La conseguenza di lasciare spazio ai conservatori porta la sinistra ad utilizzare termini astratti quali «patria», «popolo» e «sviluppo» come elementi che uniscono le lotte, così come credere che l’unica rivendicazione che si possa ottenere sia attraverso le elezioni.

Non bisogna dimenticare ciò che disse Walter Benjamin: “ogni ascesa del fascismo è la conseguenza di una rivoluzione fallita”.

Riferimenti bibliografici
-Barbera-González, Rafael; Del Fresno, Félix Martín. 2019. UNA APROXIMACIÓN AL POPULISMO EN LA FIGURA DE DONALD TRUMP. En Vivat Academia, núm. 146, pp. 113-135, 2019. Madrid, España.
-Bessi, Renata. 2022. Los claros y obscuros de la integración México-Centroamérica propuesta por Obrador. En Revista Avispa Midia, link: https://avispa.org/los-claros-y-obscuros-de-la-integracion-mexico-centroamerica-propuesta-por-obrador/
-Ernst, Jeff y Semple, Kirk. 2019. Las visas humanitarias en México: un imán para la nueva caravana migrante. Edición digital de New York Times. Link: https://www.nytimes.com/es/2019/01/25/espanol/america-latina/mexico-migrantes-plan-atencion.html
-Galliano, Alejandro. 2020. ¿Por qué el capitalismo puede soñar y nosotros no? Siglo XXI, Argentina.
-Santos, Boaventura. 2022. «En Latinoamérica la nueva ola progresista reconoce los errores anteriores»en plataforma de Youtube: https://www.youtube.com/watch?v=j7Z_y_VJgeg.

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Sicilia: l’astensionismo mostra cosa significhi la parola “democrazia”

È dalla fine del 2021 che la politica siciliana affronta il tema delle prossime elezioni regionali – che si terranno quest’autunno.

La posta in gioco è alta: ci sono le Zone Economiche Speciali da avviare, gli ammodernamenti e le costruzioni di infrastrutture viarie autostradali, i PON-FESR da distribuire alla propria base borghese, il ricambio generazionale della Pubblica Amministrazione e la conferma di accordi con le borghesie straniere (maltesi, tedesche, arabe e cinesi) e via dicendo.

A differenza del 2017 (quindi 5 anni or sono), però, la situazione internazionale e regionale è radicalmente cambiata.

La pandemia da Covid-19 (a cui se ne accompagneranno altre a partire da vaiolo ed aviaria), ha praticamente annientato il sostentamento economico tramite cui campavano le persone lavoratrici stagionali e precari del primo e terzo settore.

Gli unici che l’hanno sfangata in questo periodo – se così la vogliamo dire -, sono coloro che lavorano o hanno lavorato (e sono in pensione) nella Pubblica Amministrazione (PA) e/o all’interno delle forze militari e dell’ordine.

Non a caso in Sicilia, così come nel resto del meridione d’Italia, la massima aspirazione per vivere decentemente è indossare una divisa oppure la giacca e cravatta della PA.

Chi non ha questa fortuna, ha due vie: emigrare oppure aprire un’azienda e cercare di avere intrallazzi col clero e le figure politiche.
Sembrano discorsi vecchi di 40 anni fa. Tuttavia queste modalità non sono mai tramontate; anzi, in tempi come quelli odierni sono più forti di prima.

Una lotta o scannamento per vivere sotto un’inflazione galoppante e una crisi sociale ed economica internazionale vivida e palpabile, porta la politica siciliana a fare delle offerte peggiori di quelle dei supermercati, nascondendo (o addolcendo nel peggiore dei casi) allo stesso tempo i citati accordi.

Così troviamo un redivivo Cuffaro che, con il suo carrozzone di imprenditori, alti prelati e politici locali, offre alla Sicilia il ritorno della Democrazia Cristiana, “il partito che ha fatto grande l’Italia”.
E immaginiamo come sia stata fatta grande l’Italia tra mazzette, sventramenti di interi quartieri (Catania, Palermo e Napoli per citarne tre a caso) e via dicendo. Tutto per gli affari!

Oppure troviamo un Cateno De Luca che, insieme all’ex “compagno” catanese Giarrusso, fondano un partito che è un mix tra Cinque Stelle ed indipendentismo siciliano o, detto più terra terra, qualunquismo urlato e sicilianismo.

Che dire di Musumeci e di Miccichè, un tempo amici di coalizione? Le offerte che propongono sono insipide, dimostrando una incapacità di fare gli interessi della loro base politica borghese (in particolare Compagnia delle Opere, Confindustria Sicilia e Confcommercio). Non ci sarà da meravigliarsi se verranno trombati in possibili convention del centro destra.

La cosiddetta sinistra siciliana? L’obiettivo è quello di puntare ai soliti numeri da prefissi telefonici, impegnandosi alacremente in atti di pompieraggio per distruggere qualche movimento di lotta per le loro velleità opportunistiche.
Ma di fronte a questi personaggi e partiti, vi è un dato che non viene considerato: l’astensionismo.
Se nel 2017 si è raggiunto il 52% dell’astensione degli aventi diritto al voto, è facile immaginare che a questa tornata del 2022 si possano raggiungere quote come il 55% o, addirittura, il 60%.

La politica siciliana è consapevole di questo rischio dal 2017. E sicuramente punterà su quel 40-45% degli aventi diritto per poter governare e confermare una serie di accordi (con l’UE e borghesie straniere).

Tutto questo dimostra però una sola cosa: il sistema democratico è un qualcosa di apertamente fallimentare e, al tempo stesso, difende e sostiene chi ha dei privilegi o velleità di governare.

Riusciremo a liberarci una volta per tutte di questo cancro maligno?

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Abortisci il sistema!

Pdf volantino

Il 2 maggio di quest’anno un leak sul quotidiano statunitense Politico ha riacceso i riflettori sull’aborto negli Stati Uniti.
Da anni l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza subisce una serie di restrizioni legislative in decine di Stati federati; con il leak del 2 maggio, si è venuto a scoprire che la Corte Suprema degli Stati Uniti avrebbe intenzione di sospendere la sentenza Roe v. Wade del 1973. Questa sentenza rappresenta di fatto la giustificazione legale per l’aborto.

Il rischio che si corre non è solo di rendere illegale la pratica dell’interruzione di gravidanza in buona parte del territorio statunitense, ma in generale che questo possa estendersi in un attacco alla salute riproduttiva, al riconoscimento dell’identità sessuale, dell’identità di genere ecc, andando a colpire soprattutto le fasce già marginalizzate della popolazione.

Una cosa del genere potrebbe essere emulata qui in Europa, e più nello specifico in Italia. Negli ultimi anni i gruppi pro-life e anti-scelta europei hanno trovato validi ed influenti alleati tra i partiti istituzionali (sia al governo che all’opposizione), i mass media tradizionali e le varie associazioni religiose.

Per supportare la lotta dellx compagnx statunitensi, abbiamo allora deciso di tradurre materiali riguardanti la lotta per l’accesso all’aborto negli Stati Uniti: da analisi che tengono conto delle intersezioni di genere, razza e classe fino a documenti storici sulla lotta per l’accesso all’aborto nei decenni passati e report da manifestazioni.

Gruppo Anarchico Galatea-FAI Catania

Link articoli
https://tinyurl.com/yc8z7ujk

Visita i nostri canali per saperne di più
https://linktr.ee/gruppoanarchicogalatea

Puoi donare direttamente alle organizzazioni impegnate in una mobilitazione dal basso ed autogestito per la difesa e all’accesso all’aborto

Abortion Resource Kit – tinyurl.com/AbortionResourceKit
NYC for Abortion Rights – https://abortionrights.nyc/
National Network of abortion funds – https://abortionfunds.org/funds
I Need AnA – https://www.ineedana.com/donate
Plan C Pills – https://www.plancpills.org/donate
https://www.iwrising.org/abortion-fund

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