L’aborto in Russia

 

Il rovesciamento della “Roe v. Wade” negli Stati Uniti ha evidenziato come la questione abortiva – e più in generale quella riproduttiva -, sia diventato uno strumento politico istituzionale in cui, diverse compagini politiche, la supportano e/o osteggiano a secondo del momento storico che si attraversa.

L’utilizzo che ne fanno queste compagini di potere ha portato a considerare le donne non come esseri viventi ma come mezzi di scambio politico. In questo estratto tradotto che presentiamo, Anna Sidorevich analizza la questione abortiva in Russia partendo dalla Rivoluzione Russa per arrivare fino ai giorni nostri, soffermandosi come gli enti clericali ed istituzionali statali infesti la vita degli individui e utilizzi i corpi femminili per i propri scopi di potere.

Estratto del capitolo 4 “E che dire della Russia?” del saggio di Anna Sidorevich, ““Come è successo che nel XXI secolo le donne si ritrovano di nuovo a dover combattere per il diritto di abortire?” Vi spieghiamo nel modo più dettagliato possibile perché questo sta accadendo in tutto il mondo, e anche in Occidente.”

Anna Sidorevich è una ricercatrice presso l’Istituto di studi politici di Parigi; si occupa di ricerca storica sul dissenso nell’URSS che di questioni femministe e di genere.

Fonte: https://meduza.io/feature/2022/06/26/kak-pravo-na-aborty-stalo-instrumentom-politicheskoy-borby-i-kak-zhenschiny-po-vsemu-miru-boryutsya-za-pravo-rasporyazhatsya-svoim-telom

Nella Russia moderna, l’aborto viene praticato su richiesta della donna fino alla dodicesima settimana di gravidanza, fino a 22 settimane in caso di stupro e indipendentemente dalla durata della gravidanza per motivi medici. La legislazione sull’aborto in Russia rimane ancora una delle più liberali al mondo (per convincersene basta guardare la mappa del Center for Reproductive Rights [1]). Ciò è direttamente collegato alla storia del diritto all’aborto in URSS.

Nel 1920, l’Unione Sovietica è stato il primo Paese in Europa a legalizzare l’aborto. Tuttavia, la legislazione è stata liberalizzata non per dare alle donne una scelta, ma per tenerle al sicuro dagli aborti clandestini – fino a quando le condizioni del socialismo non avrebbero portato ad una graduale scomparsa della necessità di abortire. Questo era il modo in cui i leader sovietici vedevano il futuro ideale.

L’aborto per motivi sociali fu nuovamente criminalizzato già nel 1936. Poi le autorità hanno annunciato che le condizioni sociali erano notevolmente migliorate e le donne non avevano più bisogno di ricorrere all’aborto. Questo ha portato solo ad un aumento del numero di aborti clandestini che le donne praticavano da sole, senza controllo medico, e ad un aumento delle morti violente infantili.

La seconda volta che l’aborto fu depenalizzato fu nel 1955, secondo una versione [*], come parte della politica pro-natalista del governo sovietico. Voleva aumentare il tasso di natalità e decise di consentire l’aborto in modo che le donne potessero praticarlo ufficialmente e, quindi, [senza] farsi del male ed essere in grado di partorire in futuro. Maria Kovrigina [2], che fu a capo del Ministero della Sanità dal 1954 al 1959, ebbe un ruolo importante in questa decisione.

In queste condizioni, la legislazione [sull’aborto] è stata ereditata dalla Russia post-sovietica.

Tuttavia, con il crollo dell’Unione Sovietica, il movimento anti-aborto si oppose attivamente a questa legge.

In Unione Sovietica, una simile resistenza era impossibile, poiché la gente non osava criticare apertamente le leggi del governo. Ma all’inizio degli anni ’90, non solo le persone di orientamento liberale e democratico, ma anche i membri conservatori della società, sono diventati attivi a livello di base.

In risposta all’iniziativa statale per la pianificazione familiare [3], in Russia è nato il primo movimento anti-abortista – il centro medico educativo ed ortodosso “Vita” (in russo “Жизнь” (Zhizn’)), che ha ottenuto il sostegno della Chiesa Ortodossa Russa. [4]

Nel 2006, il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato il “problema demografico”, che doveva essere risolto aumentando il tasso di natalità. A tal fine, nel 2007 sono state introdotte misure di sostegno alla famiglia come il capitale di maternità/familiare, un sostegno finanziario statale volto a incoraggiare le donne ad avere figli. Il movimento pro-vita ha ricevuto sostegno dai funzionari russi.

Negli ultimi 10 anni di votazioni, le chiamate che chiedono una legislazione più severa sull’aborto si sono fatte sempre più forti. Nel 2011, il Patriarca Kyrill ha inviato alle autorità una serie di proposte, tra cui la rimozione dell’aborto dal sistema di assicurazione sanitaria obbligatoria (tranne nei casi di minaccia diretta alla vita della madre).

Nel 2015 un disegno di legge è stata preparato e presentato alla Duma di Stato che prevede l’eliminazione degli aborti dal sistema di assicurazione sanitaria obbligatoria e il divieto di praticarli nelle cliniche private. Tuttavia, questa iniziativa non è stata sostenuta dal Ministero della Salute, che ha insistito sul fatto che l’adozione di [questa] legge discriminatoria avrebbe portato ad un aumento degli aborti clandestini e ad un incremento delle spese di bilancio per il trattamento delle donne vittime dell’aborto – e per i sussidi di invalidità.

Nel 2018, nell’ambito della campagna “Dammi la vita!”, è stata introdotta una moratoria temporanea sull’aborto in alcune regioni. [5]

Il principale specialista riproduttivo del Paese, Oleg Apolikhin, propone di rendere l’aborto un “fenomeno socialmente negativo” (contribuendo così alla sua stigmatizzazione). In Russia sono in atto altre misure mirate.

Allo stesso tempo, il sondaggio d’opinione condotto dal VCIOM (Centro di Ricerca sull’Opinione Pubblica Russa; in russo “Всеросси́йский це́нтр изучения обще́ственного мне́ния” (ВЦИО́М), ndt) nel giugno 2022 ha mostrato che la maggioranza (43%) degli intervistati ritiene che la gravidanza possa essere interrotta in caso di pericolo di vita o in altre circostanze mediche, mentre il 36% degli intervistati ritiene che l’aborto possa essere praticato in qualsiasi circostanza, se questo è il desiderio della donna. Il 13% dei russi ha risposto che l’aborto non è accettabile in nessuna circostanza.

L’ironia della situazione è che le misure che limitano l’accesso all’aborto vengono introdotte in Russia in un momento in cui i tassi di aborto continuano a diminuire”, spiega al Meduza Michelle Rivkin-Fish, docente di antropologia all’Università del North Carolina che studia l’aborto in Russia. “Si tratta di una dinamica che si è sviluppata negli ultimi 30 anni, come risultato della rivoluzione contraccettiva iniziata negli anni Novanta. Sempre più donne in Russia usano la contraccezione e hanno figli solo quando si sentono pronte.

Note

[1] Trad. “Centro per i diritti riproduttivi”.

Un’organizzazione globale per i diritti umani composta da avvocati e sostenitori che monitorano l’accesso delle donne all’aborto in tutto il mondo.

[2] Maria Kovrigina fu la prima donna ministro della salute dell’URSS. Si è espressa contro i test nucleari e ha spinto per l’abolizione del divieto di aborto, in vigore da oltre 20 anni.

[3] Programma federale atto a ridurre il numero di orfani e di aborti non sicuri.

Il programma era piuttosto progressista: lo Stato stanziava fondi per i contraccettivi e l’educazione sessuale. Il Ministero della Salute è stato incaricato di acquistare farmaci e attrezzature per l’interruzione sicura della gravidanza a diverse età.

[4] Sul sito di “Vita” si legge che “il Centro opera con la benedizione di Sua Santità il Patriarca Alessio di Mosca e di tutte le Russie ed è una struttura parrocchiale che svolge compiti missionari ed educativi in conformità con la Carta della Chiesa ortodossa russa”

[5] Nel 2018, nell’ambito della campagna “Dammi la vita!”, è stata introdotta una moratoria temporanea sull’aborto nel Primorsky Krai, in Yakutia e nell’Oblast di Ryazan. La procedura è stata vietata per pochi giorni: a quanto pare si è trattato di una mossa amatoriale da parte dei funzionari. La Fondazione per le Iniziative Sociali e Culturali, che è stata coinvolta nell’organizzazione “Dammi la vita!” per molti anni, ha risposto alle domande dei giornalisti che l’organizzazione “combatte contro gli aborti, ma non richiede che siano vietati”.

Nota dei traduttori

[*] Secondo l’Archivio Statale Russo di Economia, nel periodo che va dal 1937 fino al 1954, vi un aumento considerevole di infanticidi e donne morte a causa degli aborti clandestini.

Per tamponare questo problema e ripristinare un minimo di sicurezza sanitario ed economico per le donne, il governo russo decise di legiferare delle norme a protezione della maternità e di ripristino dell’aborto.

In quest’ultimo caso abbiamo il “Decreto del Presidium del Soviet supremo sull’abolizione del divieto di aborto” del 23 Novembre 1955 dove si legge quanto segue: “Le misure adottate dallo Stato sovietico per promuovere la maternità e la protezione dei bambini e la continua crescita della consapevolezza e della cultura delle donne, che partecipano attivamente a tutti i settori della vita economica nazionale del Paese, consentono oggi di abbandonare la legge sul divieto di aborto.

Il numero di aborti può essere ulteriormente ridotto attraverso l’ulteriore espansione delle misure statali per promuovere la maternità, nonché attraverso misure educative e di sensibilizzazione.

L’abrogazione del divieto di aborto offrirebbe anche l’opportunità di eliminare i gravi danni alla salute delle donne causati dagli aborti praticati fuori dagli ospedali e spesso da persone ignoranti.

Fonti consultate

Decreto del Presidium del Soviet supremo sull’abolizione del divieto di aborto 1955. Link: https://licodu.cois.it/?p=10843

Victoria Ivanovna Sakevich, “Cosa accadde dopo il divieto di aborto nel 1936”. Link: http://www.demoscope.ru/weekly/2005/0221/reprod01.php#_FNR_26

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