L’urgenza di abolire la polizia e una nota sull’antirazzismo morale – Prima Parte

di Acácio Augusto1

Traduzione dall’originale “A urgência da abolição da polícia e uma nota sobre antirracismo moral

Con un’ondata di infezioni da Covid-19 che si diffondeva in tutto il pianeta, un episodio di brutalità poliziesca avvenuto il 25 Maggio 2020 negli Stati Uniti ha causato un importante cambiamento nelle lotte contro i dispositivi di sicurezza.

Un uomo di colore, George Floyd, è stato strangolato a morte da un agente di polizia bianco a Minneapolis, Minnesota. Come era accaduto negli anni precedenti, di fronte a casi come questo c’è stata una forte reazione da parte dei vari settori del movimento nero con tanto di manifestazioni dove veniva intonato lo slogan “Black Lives Matter” – creato dal movimento nel 2013. Ma il piccolo cambiamento che è emerso, nel mezzo delle proteste, è stata una richiesta molto concreta, specifica e immediata: l’abolizione della polizia.2

Se da un lato questa non era stata una richiesta maggioritaria all’interno di tutto il movimento – nella misura in cui le proposte di riforma della polizia erano predominanti -, dall’altro lato, invece, vi era una “rinascita” e supporto della proposta di abolizione della polizia, al di là delle richieste di giustizia penale sulla morte di George Floyd. Tutta questa situazione aveva scatenato delle rivolte, culminate con l’incendio di una stazione di polizia a Minneapolis e la diffusione mondiale della proposta di abolizione della polizia.

Un esempio, a livello internazionale, si era avuto con la rivista francese “Lundi Martin” (numero 248, del 26 Giugno 2020) dove era stato pubblicato il “Manifesto per la soppressione generale della polizia nazionale”. L’articolo non solo era collegato alle proteste negli Stati Uniti, ma era anche una risposta contro le violenze poliziesche sui manifestanti “Gilet Gialli”3 e sulle persone razzializzate – specie quelle residenti nelle periferie di Parigi.

Questi dibattiti di “8 To Abolition” sono arrivati qui in Brasile, dove la proposta è stata già discussa in alcuni cicli di movimenti abolizionisti penali e gruppi di ricerca universitari. La campagna dell’Iniziativa per il Diritto alla Memoria e alla Giustizia Razziale (in portoghese “Iniciativa Direito à Memória e Justiça Racial”)4), a cui è destinato questo breve testo, sottolinea l’urgenza di abolire la polizia in Brasile. Si tratta di un’urgenza inconfutabile dato che il Paese ha una delle forze dell’ordine più violente e mortifere del pianeta. Lo scopo dell’articolo è quello di proporre alcune idee su come elaborare un’analisi sulla polizia senza cadere nella trappola delle argomentazioni riformiste – le quali lasciano sempre intatte le funzioni e l’esistenza della stessa struttura poliziesca.

Partendo da un corso tenuto da Michel Foucault5, [definiamo] la polizia non tanto come una semplice istituzione ma, piuttosto, una tecnologia di governo la cui storia è legata alla formazione dello Stato moderno e ai mezzi di cura e controllo della popolazione. Ribadiamo, quindi, che è necessario mettere in discussione l’istituzione e, soprattutto, concentrarsi sulla figura del poliziotto medio (precisamente nelle sue funzioni ordinarie di professionista della violenza e di “burocrate armato”6). Se partiamo da questa analisi che inquadra la polizia come una tecnologia di governo, possiamo allargare il nostro campo d’azione fino a chiederne l’abolizione. Con questa prospettiva, [la polizia] viene percepita come un elemento delle tecnologie di controllo e costruzione soggettiva della cittadinanza contemporanea, ovvero dei modi di fare, pensare e immaginare il soggetto delle democrazie della sicurezza7 odierna: il cittadino-poliziotto.8

La polizia come tecnologia di governo

Dobbiamo guardare la polizia al di là delle istituzioni e dell’uniforme. In primo luogo perché rappresenta un’immagine di paura nelle strade e si nutre di un voluminoso discorso mediatico e del mercato dell’intrattenimento – quest’ultimo dipinge gli agenti di polizia come soggetti capaci delle imprese più improbabili e/o invischiati in drammi morali tra il dovere e la legge. Così, quando si critica la polizia, si costruisce una trappola dove ci si concentra sui suoi abusi, sulla sua eccezionalità nella vita e nella società come il capitano Nascimento del film “Elite Squad”, un personaggio pieno di dilemmi personali, violento fino all’estremo ma con una coscienza da risanare e un senso di giustizia che, anche se dubbio, gli conferisce una certa “umanità.”

Così, gli abusi di alcuni poliziotti o di un gruppo “marcio” vengono criticati perché si ricerca una polizia onesta, democratica, rispettosa dei diritti umani e non brutale. In questo modo, viene rinnovato un discorso di riforma e/o smilitarizzazione della polizia, basato su un immagine degli agenti e della polizia stessa che non esiste, è esagerato o, semplicemente, proietta un ideale di ordine riformista irraggiungibile. Questo insieme di riforme e questa immagine della polizia ignorano (o cercano di camuffare) il fatto che l’attività principale delle forze dell’ordine sia la distribuzione legittimata (asimmetrica e ineguale) della violenza in tutta la società – in particolare verso coloro che sono considerati pericolosi.

Costruire una critica della polizia che separi i poliziotti buoni da quelli cattivi, significa riprodurre gli approcci e le divisioni funzionali tipiche di questa istituzione repressiva. Queste logiche sono diffuse, in particolare, dal mercato dell’intrattenimento dove i film polizieschi rappresentano il binarismo semplicistico “poliziotto buono/poliziotto cattivo”.

Come nei film, queste immagini di buono e cattivo sono complementari per la polizia e servono per la sua stessa esistenza, continuità istituzionale e forma predominante di persuasione.

La polizia è un insieme di pratiche e tecnologie per la gestione, il controllo e la repressione della popolazione; [in parole povere,] la tecnologia più preziosa per le moderne arti governative, capace di essere allo stesso tempo individualizzante e totalizzante, generale e specifica e che riguarda tutti e le singole persone.

Se nelle fasi emergenziali [la polizia] era usata come strumento della ragione di Stato – e quindi per [difendere] la sovranità statale -, adesso, con lo Stato smembrato, le forze dell’ordine sono usate come dispositivo di sicurezza interna della governamentalità neoliberista. [Alla luce di questo,] la funzione delle forze di polizia è promuovere il buon governo delle cose e delle persone, favorendo la conservazione e l’espansione del governo statale.

È nella forma di questa seconda caratteristica che le pratiche poliziesche emergono oggi giorno come strumento di promozione della sicurezza: supporto della produzione di un ordine ineguale e asimmetrico nelle società capitalistiche e protezione della proprietà privata e/o statale.

Si tratta di un insieme molto complesso ed eterogeneo che combina modalità di promozione della salute pubblica (medicina sociale), interventi nei piani e nelle riforme urbane (urbanistica) e strumenti di regolazione della forza lavoro (modalità di controllo e cura dei lavoratori, finalizzate all’aumento della produttività).

Pertanto la storia della polizia, [all’interno della vasta] storia delle tecnologie di governo, va ben oltre le sue forme di riconoscimento (quali apparato repressivo dello Stato,figura di un uomo armato in uniforme, ostentazione di una squadra di poliziotti presente nelle strade e/o pronta a reprimere un gruppo di manifestanti). Nella sua storia, la polizia ha intrecciato i suoi saperi con la sociologia, la scienza politica e l’economia politica.

Come ci dice Michel Foucault nel suo corso 1977-1978, “dal XVIII secolo “police” comincia a designare l’insieme dei mezzi che servono a far crescere le forze dello Stato, garantendo il buon ordine dello Stato stesso. La polizia sarà cioè il calcolo e la tecnica che permetteranno di stabilire una relazione mobile, ma comunque stabile e controllabile, tra l’ordine interno dello Stato e la crescita delle sue forze.9 In sintesi: la polizia che emerge in Europa, legata al potere sovrano, ha come obiettivo primario l’utilizzo delle forze statali all’interno del suo territorio. Il fine di tutto questo è la realizzazione dello splendore statale.

La polizia è il dispositivo diretto della Ragione di Stato e ha come strumento la decifrazione statistica – ovvero la conoscenza dello Stato stesso. Ma l’emergere della forma-polizia, o delle tecniche eseguite dalla polizia sovrana, ha subito delle mutazioni a causa delle specificità e delle aggregazioni di conoscenze dei vari Paesi europei – i quali, alla fine, hanno creato le forme e le funzioni della polizia moderna o le relative forme di intervento dello Stato nelle società odierne. Oltre a queste forme, nei territori colonizzati dagli Stati nazionali europei, la specificità della polizia era legata alle frustate, alla brutalità e all’uccisione su larga scala delle persone – per lo splendore dello Stato coloniale!

Seguendo la genealogia dello Stato di Michel Foucault – dove la polizia è un elemento decisivo per il funzionamento delle moderne pratiche governative-, si nota come la formazione delle tecnologie di polizia riunisca saperi specifici e pratiche istituzionali diverse. Foucault mostra che nella Germania non ancora unificata, la polizia fosse una creazione dell’università – dove si produceva una scienza della polizia.

L’autore [francese] riporta, nei suoi scritti dedicati alle forme di governo, la parola “polizeiwissencraft, la scienza di polizia, che dalla metà o dalla fine del XVII secolo fino alla fine del XVIII rappresenterà un fenomeno specificamente tedesco e che si diffonderà in Europa esercitando un’influenza capitale.”10

Parallelamente a questa teoria della polizia prodotta dalla scienza politica tedesca, in Francia, che aveva già uno Stato amministrativo centralizzato con un territorio delimitato, la polizia sarebbe stata concepita e gestita dalla nascente burocrazia statale (attraverso decreti e regolamenti finalizzati al controllo e alla circolazione delle merci nelle città). Se in Germania la polizia era una creazione dell’università, in Francia sarebbe stata una creazione della burocrazia statale al servizio della regolamentazione dei beni, della persone e della ricchezza.

L’aspetto importante di questi riferimenti raccolti da Foucault non è la selezione di un insieme di fatti che costituirebbero una sorta di storia della polizia moderna. L’uso di questi riferimenti serve per capire, a livello genealogico, come la polizia abbia una storia di formazione all’interno dei rapporti di potere-conoscenza moderni. In sintesi: la polizia è legata all’arte del governare, cioè a quei mezzi di conoscenza e controllo, senza porsi limiti come lo strumento giudiziario o un insieme di apparati statali. Questa genealogia evidenzia la positività della forma-polizia nella formazione dello Stato moderno. Si tratta di un dispositivo con funzioni proprie, oggetti e obiettivi ben definiti, producendo un ordine, una regolamentazione del commercio, un’amministrazione delle città e una disciplina dei sudditi.

In breve, la positività della polizia, dalle origini a quella che diventerà, è la produzione del mondo borghese – nel senso storico di questo termine. Questa è la positività della polizia nascente: produrre l’ordine borghese basato sulla proprietà. Parallelamente a queste pratiche, nelle colonie europee, quest’arte di governare e produrre ordine avrebbe avuto altre funzioni quale la caccia ai non soggetti: i selvaggi della terra e le persone portate lì come schiavi.

Come sintetizza Foucault, la polizia avrà una specificità di funzioni staccate dalla legge: si occupa dell’ordinario e delle piccole cose, mentre la legge deve occuparsi delle cose importanti dello Stato. In altre parole, la polizia è la governamentalità diretta del sovrano in quanto sovrano. In questo senso, la polizia è il colpo di stato permanente, che si eserciterà in nome e in funzione dei princìpi della sua stessa razionalità, senza doversi conformare o modellare sulle regole di giustizia stabilite altrove”.11

Oggi questa definizione è importante per poter analizzare la polizia come tecnologia di governo. Anche se questa forma sovrana della polizia è cambiata nel corso dei secoli – fino a diventare quella che oggi conosciamo come polizia repressiva -, questa indipendenza o autonomia dalla legge resiste. Tale resistenza è giustificata in quanto la polizia agisce come forma di intervento immediato e affronta una serie di questioni urgenti che la legge non è in grado di prevedere. La conseguenza è che gli agenti di polizia si considerano cittadini di un’altra categoria, liberi dal rispetto della legge e sottoposti a norme e regolamenti speciali. Di fronte alla rigidità della legge, il controllo della polizia rimane elastico.

Tuttavia, questa forma di polizia sovrana era stata criticata a partire dalla fine del XVIII secolo; ciò ha prodotto delle mutazioni nella sua forma e smantellato le sue funzioni in altri campi d’azione. Questa critica era stata portata avanti da una conoscenza emergente che si opponeva all’artificiosità dell’intervento sovrano – il dispositivo di polizia – e sosteneva un “ambiente naturale” suscettibile di regolamentazione – opponendosi, quindi, ad uno Stato di polizia (Polizeistaat).

Un gruppo collegato a questa campo della conoscenza emergente avrebbe articolato questa critica – gruppo che, secondo Foucault, era quasi una setta: gli economisti. Questa conoscenza, ovvero l’Economia Politica, si rivolgeva ad un oggetto di governo che non era più un gruppo di soggetti eterogenei ma un campo comune, quasi un ambiente naturale: la società – o quella che oggi chiamiamo “società civile” -, in opposizione alla società politica (lo Stato). Questa divisione era stata resa possibile grazie a un campo di intervento misurabile, prodotto dalla conoscenza statistica dello Stato. Questo campo di intervento sarebbe stato la popolazione stessa; ciò era stato reso possibile grazie alla conoscenza statistica e all’economia politica che si occupava della società come popolazione, un “corpo-specie” capace di essere dominato dal controllo e dall’amministrazione biopolitica.

Così, l’articolazione tra i saperi dell’economia politica e le pratiche di gestione della popolazione creava una relazione dinamica nei meccanismi di sicurezza e protezione, producendo ciò che veniva inteso come libertà moderna (liberale). Questo avrebbe segnato, all’interno della genealogia della polizia, il passaggio dalla governamentalità sovrana (attraverso la polizia sovrana) a una governamentalità liberale – che darà forma alla polizia moderna.

Continua nella Seconda Parte

Note

1Professore del Dipartimento delle Relazioni Internazionali dell’UNIFESP. Coordina il LASInTec (Laboratório de Análise em Segurança Interacional de Tecnologias de Monitoramento), e il Programa de Pós Graduação em Psicologia Institucional dell’UFES. Contato acacio.augusto@unifesp.br

2Sopra questo, vedere gli otto punti per l’abolizione della polizia. Link: https://www.8toabolition.com/

3Il LASInTec ha tradotto e pubblicato, con una nota introduttrice a partire dal Brasile, questo manifesto: https://lasintec.milharal.org/files/2020/08/Boletim-AntiSeguran%C3%A7a-n1-1.pdf

5Nota del Gruppo Anarchico Galatea: in italiano è conosciuto come “Sicurezza, territorio, popolazione. Corso al Collège de France (1977-1978)”

6“Burocrate armato” è un termine coniato dall’antropologo anarchico David Graerber; indica la funzione ordinaria di un agente di polizia. Vedere David Graeber, “The Utopia of Rules: On Technology, Stupidity, and the Secret Joys of Bureaucracy”, New York, Melville House, 2015.

7Sulla nozione di democrazia della sicurezza, si veda Acácio Augusto e Helena Wilke. “Racionalidade neoliberal e segurança: embates entre democracia securitária e anarquia”, in Margareth Rago e Mauricio Pelegrini. “Neoliberalismo, feminismos e contracondutas. Perspectivas fouacultianas,” São Paulo, Intermeios, 2019, pp. 225-245. Disponibile all’indirizzo: https://www.academia.edu/42444431/Racionalidade_neoliberal_e_seguran%C3%A7a_embates_entre_democracia_securit%C3%A1ria_e_anarquia

8Sulla polizia associata alle tecnologie di monitoraggio e sulla costituzione del cittadino-poliziotto, si veda Acácio Augusto, “Política e polícia: cuidados, controles e penalizações de jovens”, Rio de Janeiro, Lamparina, 2013 e Edson Passetti et. ali, “Ecopolítica”, São Paulo, Hedra, 2019.

9Foucault Michel, “Sicurezza, territorio, popolazione. Corso al Collège de France (1977-1978)”, Feltrinelli, Milano, 2005, pag. 226

10Ibidem, pag. 230

11Ibidem, pag. 246

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