La gestione della migrazione – Un commento sugli ultimi 12 mesi al confine

Traduzione dall’originale Migration management – A comment on the last 12 months at the border.

[Per ulteriori informazioni sulla situazione al confine tra Polonia e Bielorussia vedasi anche “Vedi Minsk e muori. Come le imprese bielorusse vendono i rifugiati” Parte Prima e Parte Seconda]

I confini nei giochi politici
È passato un anno da quando la migrazione è diventata ancora una volta l’argomento più discusso in Polonia. È da quasi un decennio che non si vedevano così tanti eventi importanti.

In occasione di questo anniversario si possono leggere numerosi resoconti di organizzazioni e gruppi di ogni tipo che sono in qualche modo legati alla situazione al confine o che vogliono semplicemente utilizzare un argomento popolare solo per promuoversi agli occhi dell’opinione pubblica. I resoconti sono forniti da chiunque: autorità governative, fondazioni, ONG, media statali e di “opposizione” e media che si dichiarano indipendenti.
Ci si può basare su questo per avere un quadro di ciò che è accaduto negli ultimi dodici mesi? Probabilmente sì.
È possibile comprendere meglio il quadro più ampio di ciò che sta accadendo nel mondo ed il perché? Purtroppo molto meno.

Il confine, come altri aspetti della nostra realtà, è oggetto di appropriazione da parte di due narrazioni dominanti che hanno dominato il discorso politico per più di dieci anni. Entrambe queste visioni sono, in realtà, due facce della stessa medaglia ed entrambe ci portano verso l’abisso.

Da un lato, il governo, utilizzando strumenti primitivi di ingegneria sociale, ci sta propinando la più disgustosa propaganda razzista. Dall’altro, l’opposizione – nota per la sua ostinata attuazione delle politiche neoliberali create da Sachs e Balcerowicz 1, che hanno segnato i primi due decenni della Polonia post-comunista (privatizzazioni, tagli al welfare, decostruzione della collettività a favore di una società dei consumi) – sta mostrando una fede quasi da culto nell’Unione Europea, nelle sue istituzioni e nei suoi funzionari.
Queste narrazioni hanno completamente dominato la scena politica negli ultimi due anni, non lasciando spazio a nessun tipo di prospettiva radicale. Finché non usciremo da questo circolo che si autoalimenta, non saremo in grado di rispondere alle domande su cosa sta succedendo e su quale sarà il nostro futuro.

Guerra alle persone che si spostano

Non intendiamo discutere del fatto se l’approccio del governo sia appropriato o meno. Non è detto che chi legge creda a tutto ciò che dice Anna Michalska 2 . Più avanti nel testo analizzeremo in che modo il governo ha reagito al cambiamento della situazione e come l’ha modellata negli ultimi anni.

La politica di Prawo i Sprawiedliwość (Partito Diritto e Giustizia – PiS) in materia di migrazione è più o meno la stessa dal 2015, quando è iniziata la prima battaglia su[lla pelle dei] migranti. Ricordiamo bene gli attacchi razzisti prodotti dai media governativi, che riproducevano cliché razzisti [presi] direttamente dalla storia del III Reich, quindi non ci aspettavamo che le autorità reagissero in modo diverso questa volta. La situazione a Usnarz Górny 3 , nonostante la paura, ha mostrato quanto sia grande la paralisi decisionale creata da poche persone indebolite e in bilico tra la vita e la morte. Diversi giorni nel fango e nella pioggia senza la possibilità [per i solidali] di portare cibo o bevande. Nessuno che potesse prendere una decisione e assumersene la responsabilità. [Nessuna possibilità di] riferire al ministero domande come:” si può dare una bottiglia d’acqua a una persona assetata?” Da un lato [del confine], soldati nervosi durante il loro lavoro disumano, dall’altro, soldati che buttano a terra acqua davanti a chi non beve da oltre una dozzina di ore. Il cerchio si chiude. Ma sapevamo che era solo l’inizio.

Quando ci si trova di fronte a una tale sofferenza per la prima volta, non si può passare indifferenti, deve fare impressione. Era il momento degli impulsi umani. Più tardi arriva qualcos’altro: la normalizzazione della sofferenza, [del]la morte, [del]la segregazione umana. Quello che molti di noi hanno già visto ai confini tra Grecia e Macedonia, in Serbia e Ungheria o a Calais. Dopo questo, nessuno si chiede “come sia possibile”: sappiamo che le forze dello Stato uccidono e guardano la morte senza emozioni. La neutralizzazione è la normale reazione del nostro corpo. E se a questo potere aggiungiamo la possibilità di una violenza eccessiva e l’impunità, otteniamo un perfetto mirmidone di Stato. Nessuno che sia stato al confine si meraviglierà più di come sono stati creati i campi di sterminio e come sono iniziati i genocidi.

L’attuazione dello stato di emergenza è stata una reazione alla copertura mediatica che Usnarz ha ricevuto. Donne e bambini stesi nel fango, sorvegliati da soldati con i fucili: immagini del genere non fanno fare bella figura alle autorità.

Così è stata creata la “zona”. Nonostante la legge polacca consenta di attuare lo stato di emergenza per un massimo di tre mesi, l’area al confine tra PL e BY [Polonia e Bielorussia] è stata isolata per dieci mesi, durante i quali le persone che attraversavano le foreste sono state lasciate da sole.

A queste persone è stata data la caccia:  soldati, fascisti delle unità di difesa territoriale, cani, droni, dispositivi di imaging termico. Hunger games, giochi di guerra sicuri per ragazzi e ragazze in uniforme. Gli altoparlanti della polizia emettevano suoni di cani che abbaiavano per spaventare ancora di più i bambini nei boschi. In mezzo a tutto questo, persone provenienti dai villaggi vicini e da quelli che hanno fatto molta strada per cercare di trovare le persone nella natura selvaggia prima che accada il peggio.

Tutto ciò che serve per svalutare la vita umana è tracciare una linea sulla mappa

Tutte le grandi organizzazioni con budget enormi, che amano vantarsi di proteggere i diritti umani, si sono rivelate inefficaci e incapaci di agire.

Ciò che resta sono le azioni autogestite e informali. Eravamo lì insieme – insieme abbiamo sperimentato i respingimenti dei nostri nuovi amici incontrati nelle foreste; quando abbiamo ricevuto notizie di altri cadaveri trovati nella natura più remota; eravamo lì con i bambini spaventati, le donne violentate, gli uomini torturati, molti dei quali sono stati costretti a vendere i loro organi per fare questo viaggio. Eravamo insieme quando il governo ha deciso di costruire un muro lungo il confine – perché cos’altro poteva inventarsi un governo del genere?

Eravamo insieme a Krosno Odrzańskie 4, per protestare contro la detenzione di persone in celle sovraffollate solo a causa dei loro passaporti. È lì che le autorità, che provano odio e paura verso qualsiasi segno di solidarietà, hanno usato la violenza contro di noi – diverse persone sono state ricoverate in ospedale. Qualche agente ha subito conseguenze? Ovviamente no. Invece, dieci di noi sono accusati di aver aggredito un agente di polizia – un’accusa standard in Polonia. 5

Krosno Odrzańskie, 12.02.2022. Protest pod SG w Krośnie Odrzańskim

Siamo stati insieme in tutte quelle situazioni, condividendo questo grande fardello e avvicinandoci l’uno all’altro. Queste esperienze ci hanno permesso di vedere un lato completamente nuovo di ciascuno di noi. Un lato bellissimo.

Per questo vogliamo ringraziare di cuore tutte le persone con cui abbiamo lavorato nell’ultimo anno. Sia che si tratti di foreste, campi di detenzione, ricerca di persone scomparse o lotta contro questo sistema deleterio nei tribunali. L’organizzazione di base e l’indipendenza sono stati i nostri punti di forza e siamo riusciti a creare qualcosa che non molto tempo fa molti consideravano impossibile.

La zona è stata revocata, il muro è stato costruito.

Il numero di persone che attraversano le frontiere a volte sale, a volte scende. I media hanno dimenticato l’argomento: c’è la guerra in Ucraina, c’è l’inflazione, ci sono le celebrità e i loro problemi. Nel frattempo, è bene sapere che la rotta orientale rimarrà aperta per molto tempo. Łukaszenko, portando persone dal Medio Oriente e dall’Africa, sicuramente stava in qualche modo attuando il piano di Putin di destabilizzare la Polonia nel contesto dell’invasione dell’Ucraina. Non è l’unica ragione delle sue azioni. Avendo un confine diretto con l’Unione Europea, voleva avere delle garanzie al suo potere assoluto, [garanzie] diverse da quelle russe, inaffidabili in una prospettiva di guerra. Come altre dittature confinanti con l’UE, ha usato il solito vecchio trucco: ha dimostrato che può aprire i suoi confini, ma può anche rendere molto più difficile attraversarli, ovviamente a caro prezzo.
Altre dittature attorno all’UE conducono la stessa politiche. La Turchia governata da Erdogan – il secondo più grande esercito della NATO – può perpetrare un genocidio sui curdi e torturare i membri dell’opposizione, e continuare a essere considerata un partner rispettato dai leader europei. Tutto questo perché l’UE ne ha bisogno per controllare i propri confini. La dittatura in Marocco può condurre una politica di epurazioni e discriminazioni contro la popolazione del Sahara occidentale occupato per lo stesso motivo.

Sostenendo regimi che violano i diritti umani, l’Unione Europea sposta gran parte dell’onere di mantenere la Fortezza Europa su altri Paesi. E [questi paesi] possono essere molto più efficienti nel contenere le persone in movimento, dal momento che non sono soggetti alle stesse “limitazioni” dei membri dell’UE.

Turchia
Nel 2014, a causa delle operazioni militari in Siria, milioni di persone bisognose di aiuto umanitario immediato sono arrivate in Turchia. Hanno implementato un sistema basato su un atto speciale, simile a quello che abbiamo ora in Polonia dopo l’inizio della guerra in Ucraina. Tuttavia, dopo la caduta di Aleppo nel 2016, la situazione è cambiata drasticamente, molte più persone che non volevano rimanere lì sono arrivate in Turchia. Così dal 2016 è in vigore il cosiddetto “accordo di sangue”, chiamato eufemisticamente accordo tra Turchia e Unione Europea, volto a fermare le imbarcazioni che attraversano il mare in direzione delle isole greche. Sono stati pubblicati molti rapporti, libri e pubblicazioni su ciò che accade dalla parte turca. Quando le barche con i rifugiati affondano nel Mediterraneo, nessuno reagisce. Comincia a sembrare un omicidio politico premeditato.

La tragedia di queste persone è il risultato delle azioni di trafficanti, poliziotti corrotti, politici dell’UE, avvocati e tribunali. Quante persone non raggiungono mai le coste greche? Nessuno tiene un elenco delle persone scomparse. Le indagini indipendenti indicano che ci sono molte domande senza risposta. Chi identifica le vittime? Dove vengono portati i corpi? Chi decide dove seppellirli? Come fanno le famiglie a sapere della morte dei loro parenti ed è possibile per loro trovare le tombe? Coloro che sono riusciti ad attraversare il mare vengono poi portati nella più grande prigione all’aperto d’Europa, il cosiddetto hot spot di Moria e, dopo che è stato completamente bruciato nel settembre del 2021, a Moria 2.0.

L’esternalizzazione delle frontiere ha causato danni inimmaginabili a migliaia di persone in movimento che, oltre a subire traumi di guerra o altre forme di PTSD [stress post-traumatico], sono spesso costrette a vivere in condizioni terribili, certamente non conformi a nessuna convenzione sui diritti umani. L’esistenza delle tendopoli sulle isole greche è una macchia nella nostra storia moderna e nulla potrà cancellare questa vergogna.

Libia
Un altro triste esempio delle politiche migratorie dell’UE sono i cosiddetti centri di accoglienza in Libia. Da lì salpano le imbarcazioni verso l’Italia e Malta, le cui possibilità di raggiungere la destinazione sono per lo più un grande punto interrogativo. La più grande tragedia sulle coste dell’isola italiana di Lampedusa, chiamata per decenni la porta d’Europa, ha fatto 366 vittime e in un solo momento è diventata il simbolo dell’impotenza, costringendo allo stesso tempo l’UE a intraprendere azioni di aiuto. La missione avrebbe dovuto aiutare le persone, ma è diventata l’ennesimo sistema oppressivo di controllo e sofferenza.

In risposta alle politiche migratorie di regime, le imbarcazioni di soccorso delle iniziative di base sono salpate alla volta del mare. Si è scatenata una vera e propria guerra contro gli attivisti, le cui navi sono state spesso fermate in porto e l’equipaggio arrestato, impedendo di fatto di effettuare operazioni di salvataggio.

L’UE ha concluso un altro accordo finanziario (dopo quello con la Turchia) con la Libia, inviando la cosiddetta guardia costiera libica contro le persone in mare, alla vista delle quali alcuni preferiscono gettarsi in acqua e annegare… Perché? Perché i cosiddetti centri di accoglienza in Libia sono famosi per essere luoghi in cui avvengono quotidianamente torture, stupri, omicidi e schiavitù.

La legge libica stabilisce che si può diventare prigionieri del centro di detenzione sia quando ci si va, sia quando si vuole lasciare il Paese.

Questi campi sono “gestiti” non solo dalle autorità, ma anche da mercanti di schiavi, bande e contrabbandieri. Non assomiglia forse alla situazione delle persone in movimento che hanno attraversato il confine tra Polonia e Bielorussia? Mettere arbitrariamente le persone in centri sorvegliati per stranieri ha conseguenze negative altrettanto forti di quelle a cui vanno incontro le persone imprigionate in Libia.

Tutti conoscono la situazione delle persone nei campi libici, ma nessuno fa nulla al riguardo.
I soccorritori in mare, che  strappano letteralmente le persone dalle mani dei libici, lo sanno. Sono essi stessi vittime della criminalizzazione e molti di coloro che lavorano in missione sono accusati di reati e sono in attesa di processo, mentre il loro unico crimine è la forte necessità di aiutare e salvare le persone dalla morte.
In questo tratto di confine non c’è una guardia costiera ufficiale europea, perché l’UE ha ancora una volta comprato la pace e ha usato la forma dell’esternalizzazione delle frontiere. I ricordi di coloro che sono sopravvissuti ai campi libici, raccontati dopo un viaggio pericoloso, ci spingono a rispondere alla domanda: perché permettiamo violazioni così evidenti dei diritti umani su così larga scala?

Spagna

In Spagna ci sono due importanti hotspot per i flussi dei migranti: le enclave di Melilla e Ceuta, sulle coste dell’Africa settentrionale. Nonostante il muro che le circonda sia alto sei metri, [esso] viene regolarmente oltrepassato. Quest’anno, a giugno, quando un folto gruppo di persone ha cercato di attraversare il muro, la polizia spagnola e marocchina ha aperto il fuoco. Si stima che siano state colpite ben 45 persone (i numeri non sono esatti perché non si conosce lo stato dei feriti riportati in Marocco). Questo confine è uno dei luoghi in cui la brutalizzazione della migrazione avviene su larga scala.

La Spagna, in quanto potenza coloniale, non vede la necessità di assumersi la responsabilità del proprio passato, rendendolo un elemento chiave del progetto della Fortezza Europa. Alle Isole Canarie, tra le migliaia di turisti, ci sono anche le “ombre umane”. Sono persone in movimento che sono arrivate lì dall’Africa occidentale. A volte i pescatori locali trovano barche vuote, segno che qualcuno non ce l’ha fatta. A volte trovano cadaveri. È il prezzo da pagare per cercare di raggiungere l’Europa.

Perché ombre umane? Perché una volta arrivati sulle isole diventano invisibili – al sistema, al mondo. Sono intrappolati e non possono uscire. Aspettano sulle isole per mesi la possibilità di trasferirsi nella metropoli spagnola.

Libertà, non Frontex
Purtroppo, abbiamo sentito molte volte persone solidali con le nostre azioni – anche da parte di persone attive sul confine polacco-bielorusso – affermare che la presenza di funzionari di Frontex potrebbe porre fine alle violazioni dei diritti umani perpetrate dalle autorità polacche. Per le persone del movimento no borders, attive sul Mar Mediterraneo e sulla rotta balcanica, questo argomento suona come uno scherzo di cattivo gusto. Purtroppo, in Polonia sono ancora poche le persone che conoscono l’operato di questa istituzione.

Frontex è stata creata nel 2004 con l’obiettivo di “aiutare i Paesi membri dell’UE e quelli dell’area Schengen a sorvegliare le frontiere esterne dell’area di libera circolazione dell’Unione”. Dal 2016, l’agenzia europea non si occupa solo di sorvegliare i flussi migratori, ma anche di gestire le frontiere. Dal sito web di Frontex si apprende che la sua missione è quella di sostenere lo “Spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia”. Diamo un’occhiata più da vicino. In Grecia e nei Balcani Frontex è presente e lavora a fianco delle guardie di frontiera e della polizia.

L’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera è stata accusata di aver coperto i respingimenti illegali di imbarcazioni nel Mar Mediterraneo. Un’indagine ha concluso che i vertici dell’agenzia hanno intenzionalmente nascosto informazioni sulle pratiche di respingimento della guardia costiera greca, ritenute illegali dal diritto internazionale. In seguito a queste rivelazioni, Fabrice Leggeri, direttore generale di Frontex, è stato costretto a dimettersi. Questo incidente dimostra quanto sia importante l’esistenza di organizzazioni di base e indipendenti in grado di monitorare le frontiere marittime.

Un buon esempio è Aegean Boat Reports che, dal 2015, pubblica rapporti dettagliati sui respingimenti illegali che avvengono sulla terra e sul mare. Il loro lavoro è reso possibile grazie alle stesse persone in movimento, che condividono la loro posizione prima, durante e dopo la traversata. Nel 2021, Aegean Boat Reports ha documentato 629 respingimenti nel Mar Egeo, in cui 15803 donne, uomini e bambini sono stati allontanati dalla sicurezza [che potevano trovare in] Europa. Un terzo di loro, 5220 persone, si trovava già sulle isole greche (Lesbo, Kos, Chios, Leros) quando, arrestate dalla polizia, sono state costrette a tornare ai pontili e alle zattere di salvataggio per poi essere deportate dalla Guardia Costiera greca (HCG) e da Frontex.6

Quasi il 60% di tutte le imbarcazioni intercettate dalla guardia costiera turca nel 2021 sono state inizialmente respinte dalle autorità greche. A questo va aggiunto un elevato numero di respingimenti che avvengono nei pressi di Evros, al confine terrestre tra Turchia e Grecia. Qui, come in altri confini esterni dell’UE, le guardie di frontiera locali sono aiutate da funzionari di Frontex. È proprio in aree come queste – punti di contatto e zone cuscinetto – che avvengono molti respingimenti violenti.

https://left.eu/issues/publications/black-book-of-pushbacks-volumes-i-ii/

La procedura è simile a quella a cui siamo abituati in Polonia: rifiuto di accettare la domanda di protezione internazionale, sequestro di telefoni e documenti, privazione di cibo e bevande, violenze, percosse… Nessuno viene registrato, anzi, le persone vengono caricate su camion e riportate al confine, gettate sulle spiagge, nei fiumi, nelle foreste e costrette a tornare da dove sono venute.

Rapporti dettagliati sulla violenza alle frontiere esterne sono disponibili sul sito web Border Violence Monitoring Networks. Lavorando a fianco di iniziative autogestite e organizzazioni formali, sono riusciti a documentare 1558 casi di violenza perpetrati dalle guardie di frontiera in Serbia, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Grecia, Turchia e Slovenia 7. Alcune testimonianze sono così drastiche che è difficile credere alla depravazione dei servizi in uniforme.

Un’altra regione in cui Frontex collabora con la guardia costiera locale con conseguenze mortali è la costa libica. Basta leggere i rapporti di Sea Watch, soprattutto a partire dal maggio 2021, per avere un quadro della situazione.8

Oltre a gestire le frontiere, Frontex è anche un organizzatore chiave dei programmi di espulsione dell’Unione Europea. Funziona come agenzia dell’UE per le “operazioni di rimpatrio”, coordinando i voli di deportazione, avviando espulsioni, aiutando i “rimpatri forzati” e facendo pressione sui Paesi non facenti parti dell’UE affinché riprendano i rifugiati espulsi.9

La fiducia nel ruolo di Frontex e dell’Unione Europea come garanti dei diritti umani è semplicemente priva di fondamento. Migliaia di persone condannate alla tortura o alla morte nelle periferie dell’UE dovrebbero essere sufficienti a metterci in guardia da queste istituzioni e dalla loro attività alle frontiere. Seguendo la loro logica, i diritti umani dovrebbero essere garantiti solo ai cittadini dell’UE e del Nord globale.

Abbiamo potuto osservare una trasformazione nelle persone al confine. La fiducia nelle autorità – enorme all’inizio – si è rapidamente dissolta a ogni notizia di respingimenti, violenze e trattamenti disumani delle persone in movimento. Nessuna parola avrebbe potuto ottenere questo risultato: la gente doveva vederlo con i propri occhi. Frontex si costruisce la reputazione di un’organizzazione che ci protegge dalla “minaccia” della migrazione incontrollata, mentre collabora con chi ne trae profitto.

Polonia – Il confine orientale della Fortezza Europa

I problemi ai confini esterni dell’UE non sono stati creati da Łukaszenko. L’unica cosa che ha fatto è stata sfruttare la situazione di milioni di persone che cercano rifugio in Europa per le proprie macchinazioni. Se non avesse creato il passaggio a est, molti rifugiati avrebbero cercato di raggiungere l’Europa in altri modi. In realtà Łukaszenko non è diverso dai dittatori di Paesi come la Turchia, che proteggono i confini esterni dell’UE, in cambio di guadagni finanziari.
In molti casi, il governo polacco va contro i desideri di Bruxelles – l’abbattimento delle foreste secolari o l’omofobia ne sono due esempi, ma è ingenuo credere che ci sia un conflitto quando si tratta di politica di confine. La finzione di una disputa viene mantenuta solo perché i politici di destra possano fingere di difendere l’indipendenza e le tradizioni dello Stato polacco, guadagnando così elettori. Gesti teatrali come la minaccia di non far entrare Frontex significano poco quando la Polonia è pienamente conforme ai desideri dell’UE quando si tratta di politiche di confine e di esercito.

Frontex, come organizzazione, è responsabile di tutte le frontiere esterne dell’UE, e solo perché non incontreremo nessuno dei suoi scagnozzi al confine polacco, non è una prova che non coordini le politiche e il comportamento delle guardie di frontiera. Le azioni intraprese contro coloro che cercano rifugio non sono diverse in Polonia rispetto alla Grecia o alla Spagna. Come dappertutto, i respingimenti, la violenza fisica e il rifiuto di avviare qualsiasi procedura legale di asilo sono all’ordine del giorno.

Pertanto, una “crisi dei migranti” creata artificialmente è utile a tutte le parti in conflitto. Łukaszenko ha potuto usarla per rafforzare la sua posizione nei negoziati. La Polonia è stata in grado di mobilitare una grande quantità di soldati e volontari delle unità di difesa territoriale, oltre a costruire oltre 100 km di mura nel mezzo di una delle ultime foreste veramente secolari d’Europa. Nessuno può stimare quanto sia costato a tutti noi quest’ultimo anno, anche se è molto più facile indovinare dove siano finiti i soldi (per un resoconto sulle aziende che hanno costruito il muro e sui loro legami con le autorità, si veda il nostro blog).10

Da Bruxelles sono arrivati milioni di euro. L’UE ha rafforzato la sicurezza al confine orientale. Tutto questo è stato fatto a spese di persone normali e comuni che cercavano solo una vita migliore e che sono state (falsamente) indotte a credere che i loro diritti umani fondamentali non sarebbero stati violati in Europa.

Sia chiaro, non crediamo che l’UE sia in qualche modo diversa dagli altri imperi. Ci rendiamo conto che il comfort di cui gode il suo cittadino medio è possibile solo grazie allo sfruttamento di coloro che si trovano al di fuori dei suoi confini. Inoltre, questo benessere è accessibile solo ad alcuni all’interno dei suoi confini, indipendentemente dal fatto che si trovino lì “legalmente” o meno.

Epilogo
Durante una recente chiacchierata con un* attivista impegnat* nelle lotte contro le deforestazioni, ha dichiarato di non pensare di proteggere la natura, ma piuttosto di salvare esseri umani. Un ecosistema distrutto ci inghiottirà per primi per poi ricrescere rapidamente, questa volta senza di noi. È semplice: prendendoci cura del nostro ambiente, prolunghiamo la nostra esistenza sulla Terra.

L’analogia con la migrazione è ovvia: aiutando le persone in movimento salviamo anche noi stessi.
Le conseguenze del riscaldamento globale provocheranno lo spostamento di un numero sempre maggiore di persone, costringendole a migrare dai loro luoghi di origine. Quello a cui stiamo assistendo ora è solo una frazione di ciò che ci aspetta nel prossimo futuro. Mantenere gli attuali ritmi di produzione è impossibile. Mantenere la qualità di vita a cui siamo abituati diventerà presto irrealistico, ecco perché dobbiamo iniziare a riconsiderare il nostro approccio al futuro in cui vogliamo vivere. Le migrazioni di massa in arrivo cambieranno questo mondo per sempre. Domani potremmo diventare noi i rifugiati braccati dalle guardie di frontiera.

La nostra unica speranza risiede nell’immaginare un mondo in cui possiamo coesistere gli uni con gli altri, avviando processi di ridistribuzione della ricchezza e ponendo fine alle politiche (post)coloniali basate sull’estrattivismo e sull’espropriazione. Questo non può essere fatto senza cambiamenti sociali e politici più profondi, in cui le lotte intersezionali sono di importanza cruciale.

La situazione delle persone in movimento riflette, e non può essere separata dal, l’attuale crisi globale del sistema capitalistico. Già vediamo molti luoghi diventare inabitabili a causa della siccità, dell’esaurimento del suolo e dell’avvelenamento 11. Nonostante ciò, ci sono ancora milioni di persone che vivono in queste aree degradate. Non abbiamo il diritto di dire loro di “stare a casa loro”, senza alcuna prospettiva per loro e per i loro figli. Le “migrazioni di ritorno” forzate spesso significano condannare le persone alla fame, alla povertà, alla violenza, alle malattie, alle repressioni politiche e alla morte.

Porre fine all’attuale sistema, basato sull’accumulo e sullo sfruttamento illimitato di persone e risorse, potrebbe non sembrare realistico. Sicuramente non sarà un passaggio graduale a una nuova era, in cui vivremo tutti in pace. Sarà piuttosto un processo doloroso, soprattutto per coloro che provengono dal Nord globale e che non hanno mai sofferto la fame o conosciuto la violenza del quotidiano. Dovremo rinunciare alle comodità e ai privilegi che abbiamo considerato acquisiti per troppo tempo.

Ci troviamo in una situazione in cui semplicemente non c’è altra soluzione: cercare risposte nell’attuale quadro politico può solo portare a guerre, totalitarismi incombenti, nuove forme di schiavitù e una vita ridotta a una mera lotta per la sopravvivenza.

Sì, abbandonare il sistema attuale non sembra realistico, ma è la nostra unica possibilità. Le azioni che non affrontano questo contesto più ampio non possono portare alcun risultato duraturo e a lungo termine. Ecco perché, al contrario di molti individui e organizzazioni, e nonostante questo non sia esattamente il messaggio che garantisce una diffusione sui social media, non abbiamo paura di dirlo. Spesso sentiamo dire che la società non è pronta al cambiamento, che non è nemmeno pronta a discutere di alternative. Seguendo questo modo di pensare, la nostra capacità si riduce ad atti reattivi e performativi che rafforzano ulteriormente il sistema attuale. Seguendo questa logica, trattiamo le persone come degli stupidi – ma questa è esattamente l’essenza della carità e degli aiuti umanitari. A prescindere dalle preoccupazioni morali che derivano da questo tipo di attività, esse non porteranno mai un vero cambiamento. Non è questo il loro scopo.

Non proponiamo soluzioni semplici, perché i problemi che dobbiamo affrontare sono estremamente complessi. La realtà post-capitalista vuole farci credere che ogni ostacolo può essere superato se “ci impegniamo abbastanza”. Ci fa credere che tutto possa essere risolto in modo facile e indolore.

Non abbiamo soluzioni pronte o risposte semplici: dobbiamo elaborarle insieme. È possibile solo se continuiamo a comunicare tra di noi, evitando di trattare le persone come qualcuno da proteggere dalla verità, da tenere nella loro bolla di ignoranza. Inoltre, non possiamo chiuderci nel contesto più ampio della lotta e rifuggire da azioni ritenute “non realistiche” dal resto della “società civile”. Perché tutti noi meritiamo di meglio.

Questo (anti)report non deve essere considerato come una sintesi accurata delle nostre attività e azioni. Sarebbe impossibile racchiudere in un unico testo tutto ciò che è accaduto durante l’anno. Inoltre, non siamo interessati a farlo. Per noi, in quanto testimoni di alcuni processi politici e storici che si sono svolti sul confine, è più importante aprire una discussione su che tipo di azioni possono portare benefici e cambiamenti reali. Agire alla cieca, in modo schematico, non può che portare a ulteriori burn-out e delusioni.

Non chiudiamoci in una narrazione in cui le persone in movimento sono viste come la radice del problema; non crediamo, opportunisticamente, che rendere più sicure le politiche di “migrazione di ritorno” risolverà la situazione che stiamo affrontando.

Non si tratta di distogliere lo sguardo dalle sofferenze che si verificano nel cortile di casa nostra.
Al contrario, dovremmo essere “grati” che sia così visibile e sotto gli occhi di tutti.

Perché quando le persone soffrono lontano [da noi], è più facile per noi dimenticare e fingere di non sapere…

Note

Abbiamo deciso di cambiare l’impostazione delle note per inserire alcune informazioni di contesto in modo da spiegare chi sono alcuni personaggi citati e quale ruolo giocano nello scenario polacco. Le note [1] [2] [3] [4] sono la traduzione di brevi spiegazioni forniteci da No Borders Team, il resto delle note è quello originario.

1 Jeffrey Sachs, autore della terapia d’urto in economia per passare dall’economia socialista al capitalismo. Alla fine degli anni ’80, con la caduta del regime comunista in Polonia e in tutto il blocco sovietico, il governo polacco iniziò a trasformare l’economia in un capitalismo liberale insieme ad alcuni leader dell’opposizione. Utilizzarono la terapia d’urto di Sachs/Lipton, che fu attuata da Leszek Balcerowicz – giovane economista liberale responsabile dell’economia nel nuovo governo. Per questo motivo tutta l’economia crollò, tutti gli impianti statali e le aziende agricole statali (sovkhoz) furono distrutte e privatizzate. Questa fu grande tragedia per la maggior parte della società, molte persone si suicidarono, la disoccupazione esplose e il capitalismo selvaggio prese il sopravvento per i successivi 20 anni.

2Anna Michalska è portavoce della Guardia di frontiera polacca. È il volto della politica disumana delle guardie e del governo polacchi.

3Usnarz Górny è un villaggio dove all’inizio dell’agosto 2021 un gruppo di afgani era bloccato sul lato polacco. Questa situazione ha avuto molta attenzione dei media, non potevamo raggiungerli per dare loro acqua o cibo perché erano circondati dai soldati. Hanno trascorso in quel campo intere settimane, e alla fine sono stati spostati, non sappiamo dove esattamente. In questo gruppo c’erano donne e bambini ed era un’immagine piuttosto forte della violenza al confine. A causa di questa situazione e dell’attenzione dei media lo Stato polacco ha attuato uno stato di emergenza per 10 mesi, in cui nessuno poteva avvicinarsi a pochi chilometri dal confine.

4Krosno Odrzanskie è una piccola città nella Polonia occidentale, dove si trova uno dei centri di detenzione per migranti. Nel febbraio 2022 il movimento No borders organizza una manifestazione di fronte a questo centro di detenzione in solidarietà con gli scioperi della fame. La manifestazione finisce con degli scontri. 10 de* nostr* compagn* hanno subito processi, accusat* di aver aggredito agenti di polizia.
Vedasi https://nobordersteam.noblogs.org/2022/02/against-repressions-after-demo-in-krosno/

5https://nobordersteam.noblogs.org/2022/02/against-repressions-after-demo-in-krosno/

6https://aegeanboatreport.com/monthly-reports/

7https://www.borderviolence.eu/

8https://sea-watch.org/frontex_crimes/

9https://abolishfrontex.org/frontex/

10https://nobordersteam.noblogs.org/2022/01/kto-buduje-mur-na-granicy-spolki-akcjonariusze-powiazania-biznesowe/

11https://www.nature.com/articles/d41586-022-00585-7

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