Il movimento anarchico e la guerra civile spagnola – Terza Parte

Seconda Parte

Situazioni regionali [13]

Catalogna

Le giornate successive al 19 luglio 1936 a Barcellona vedono una singolare coesistenza tra un potere reale, quello del Comité de Milicias Antifascistas, e uno legale superstite dell’ordine precedente, quello della Generalitat. Per alcune settimane quest’ultima si limita a legalizzare con appositi decreti quanto deliberato dal Comité: il 23 tocca allo stesso Comité, come se già non detenesse il potere di fatto; il 27 al Consell d’Escola Nova Unificada ( CENU ), che si occupa dell’istruzione pubblica ormai rifondata; l’11 agosto alle Patrullas de Control, organismi di lavoratori che rimpiazzano la polizia tradizionale; il 17 agosto all’Oficina Jurídica addetta alle questioni penali e civili, e così via. Alla fine di agosto si svolge un decisivo Plenum dei tre rami del Movimiento Libertario, cioè la triade CNT – FAI – FIJL , che rafforza la scelta della collaborazione antifascista quale priorità rispetto alla immediata realizzazione del «comunismo libertario», l’obiettivo indicato da vari congressi. Il passo successivo è già prospettato da Companys, il presidente della Generalitat, che insiste in particolare con Mariano R. Vázquez, segretario del Comité Regional della CNT (insediatosi nel frattempo in un enorme e centrale palazzo, già proprietà del politico conservatore Francesc Cambó). L’assenso a entrare nella Generalitat è sostenuto da ragioni forti quali il rischio di emarginazione progressiva dai posti decisionali, quelli da cui la CNT – FAI – FIJL avrebbe potuto aiutare concretamente i suoi militanti impegnati su due fronti delicati: le milizie e le collettivizzazioni.

Inoltre, e il tema viene ribadito più volte, l’immagine internazionale della Catalogna e la sua credibilità nella richiesta di aiuti alle democrazie occidentali sarebbe stata indebolita dall’esistenza di un vertice politico non rappresentativo in quanto privo dell’importante componente libertaria. Si valuta poi che l’eventuale assenza dal governo regionale avrebbe favorito l’aumento dei posti occupati dal PSUC , il partito a egemonia comunista che si presenta come il più determinato oppositore della rivoluzione in atto.

In effetti la sua tattica va nel senso del ripristino della democrazia borghese rinviando ogni trasformazione sociale al dopoguerra.

Anche Diego Abad de Santillán, a nome della FAI , appoggia l’orientamento favorevole, considerando che l’impegno bellico richiede la disponibilità di armi e munizioni di cui la Catalogna è carente. Come abbiamo visto, García Oliver prospetta invece l’imposizione di una «dittatura anarchica», un’evidente contraddizione, sugli altri partiti e sindacati. E si dichiara pronto a seguire questa strada senza indecisioni e usando la necessaria violenza. In un certo senso, proprio la sua mozione, con il carico di avventurismo e di negazione dei principi e dei valori dell’anarchismo, favorisce la scelta della collaborazione, forse meno contraddittoria e pensabile come provvisoria, ovvero dettata dalle straordinarie contingenze.

La decisione finale mantiene una riserva di coerenza: la FAI «inmaculada» [14] rifiuta il posto nel governo autonomo proposto da Companys. Il sindacato assume invece il ruolo realista e collaborazionista con l’autorità borghese regionale.

Verso la fine del settembre 1936 si svolge un congresso regionale della CNT , con più di 500 delegati, nel quale si ratifica la linea intrapresa dal Plenum un mese prima. L’ingresso nel Consell de la Generalitat, definizione meno compromettente e irritante di «governo», avviene il 27 settembre e la CNT occupa i ministeri dell’Economia, dei Rifornimenti e della Sanità: tre su dodici. Il Comité de Milicias Antifascistas viene sciolto il 1o ottobre e le sue funzioni passano al ministero della Difesa, retto ufficialmente da un tecnico, il colonnello Felipe Díaz Sandino, ma nel quale García Oliver ha una sorta di supervisione: di fatto, a livello regionale, è il quarto ministro anarchico.

Aragona

La metà occidentale della regione, compresa Saragozza, resta in mano ai militari ribelli. La capitale regionale cade alla fine di luglio dopo un tentativo di resistenza operaia boicottata, anzi tradita dal Gobernador Civil che garantisce la lealtà della guarnigione e respinge la proposta di dare le armi al popolo in vista dell’imminente golpe. Già il 18 luglio i falangisti si impadroniscono dei depositi di armi e iniziano la limpieza (pulizia) capillare nella capitale e nei villaggi. La CNT mostra indecisione in quanto vari dirigenti locali credono alle rassicurazioni del Gobernador Civil, rappresentante del governo repubblicano, e perfino del vecchio generale Cabanellas che conferma la fiducia nelle truppe e nel loro «senso dell’onore». Viene perciò dichiarato solo uno sciopero generale che dura una settimana: sarà stroncato eliminando fisicamente, casa per casa, centinaia di attivisti anarcosindacalisti.

La tragica sconfitta subita a Saragozza spinge i militanti che riescono a fuggire ad assumere posizioni intransigenti e a diffidare degli esponenti del potere repubblicano. È proprio per rispondere alla delusione verso i dirigenti della Repubblica che si convoca un Plenum straordinario della CNT di Aragona che dà vita al Consejo de Defensa de Aragón. È una forma istituzionale autonoma da Madrid, in pratica un governo monocolore creato dalla CNT regionale insieme ai delegati delle colonne confederali catalane presenti nella regione, tra cui quella di Durruti. Non vi partecipano altre formazioni politiche, repubblicane o socialiste che, pur invitate, preferiscono astenersi. Il presidente del Consejo è Joaquín Ascaso (cugino di Francisco, caduto a Barcellona il 19 luglio), un sostenitore della linea anarchica più radicale. Uno degli obiettivi è di contrastare la crescente influenza del marxismo, sia staliniano del PSUC che antistaliniano del POUM . In particolare il PSUC ritiene abusive e illegali le collettività e dove può frappone ostacoli alla loro attività. In pratica la linea di García Oliver, quella della «dittatura anarchica», trova una sua parziale applicazione in terra aragonese e lo stesso Comité Nacional della CNT viene avvisato a cose fatte.

L’esistenza del Consejo aragonese a esclusiva composizione anarchica pone problemi alla linea di collaborazione antifascista seguita da quasi tutta la CNT , che infatti ha previsto di partecipare a organismi unitari, come è avvenuto in Catalogna e come, di lì a poco, avverrà a Madrid. Già dopo un paio di settimane una delegazione del Consejo si incontra con Companys, che esprime un’irritata protesta per la costituzione di un potere autonomo aragonese, anche perché considera l’Aragona rurale e povera un’appendice dell’industriale e ricca Catalogna e dunque intende esercitarvi il potere della Generalitat.

Meno ostili appaiono Francisco Largo Caballero, al vertice del suo primo governo, e lo stesso Manuel Azaña, presidente della Repubblica. Tutti però richiedono, per riconoscere il Consejo de Aragón, che includa rappresentanti di ogni formazione antifascista. La legalizzazione del Consejo avviene nella seconda metà di novembre del 1936, ma di fatto esso entra in funzione solo agli inizi del 1937. A quel punto la partecipazione è estesa a rappresentanti della UGT , della Izquierda Republicana, del Partido Comunista e del piccolo Partido Sindicalista, quello di Pestaña, che ha operato da ponte tra il vecchio e il nuovo Consejo.

Il quasi governo rivoluzionario di Aragona è costretto per mesi a una cauta semiclandestinità per evitare azioni armate aggressive da parte di alleati antifascisti come i comunisti, che «per errore» bombardano la sede del Consejo, un palazzetto del villaggio di Montejulia, presso Binéfar, nel dicembre 1936 [15] . Nel frattempo le accuse di «cantonalismo», cioè di tentata indipendenza dal potere centrale, fioccano sul governo autonomo aragonese. Tali critiche usano fatti reali quali gli scambi autonomi con alcuni Stati esteri (Francia, Cecoslovacchia, Jugoslavia), cui sono venduti prodotti agricoli in cambio di armi e di macchinari agricoli. Un altro terreno di polemica è l’aiuto istituzionale elargito all’organizzazione delle collettività agricole con l’assenso e la protezione del congresso costitutivo della Federación Regional de Colectividades, tenutosi a Caspe, nella stessa sede del Consejo, a metà febbraio 1937.

Un ambito molto delicato, dove le contraddizioni tra teoria utopica e pratica storica risultano patenti, è costituito dalle attività dei Grupos de Investigación y Orden Público, la nuova polizia del Consejo. Questi sono formati per lo più da miliziani dei vari villaggi che spontaneamente si impegnano a neutralizzare l’opposizione reazionaria, i sabotatori e i delinquenti comuni. Adesso essi rispondono a un controllo istituzionale, il Consejo, e portano i sospettati davanti a tribunali popolari formati da membri della CNT ; non viene perciò più applicata la giustizia sommaria dei primi giorni dopo il golpe. Sono poche le sentenze di morte pronunciate da questi tribunali, che piuttosto impongono ai condannati lavori manuali come la costruzione di strade e di altre opere pubbliche. Il Consejo non dispone di un proprio esercito in quanto gran parte dei miliziani aragonesi entrano nelle divisioni confederali, per lo più catalane, schierate proprio sul fronte aragonese, e infatti lo sforzo bellico principale di Consejo e collettività consiste nel far arrivare alimenti e altre forniture alle truppe. In sostanza, dopo la ristrutturazione dei componenti, il potere decisionale del Consejo resta alla CNT , anche se nei villaggi i Comités Revolucionarios dell’estate del 1936 sono sostituiti dai Consejos Municipales. Tutta questa esperienza, pur se problematica, anche per le relazioni non sempre idilliache tra Federación de Colectividades e Consejo, cioè tra l’aspetto economico e quello politico della rivoluzione sociale, viene distrutta all’inizio di agosto del 1937. L’intervento militare della 11a Divisione, di stretta osservanza comunista, gioca di sorpresa e anticipa di un paio di giorni la decisione ufficiale di scioglimento del Consejo de Aragón presa dal nuovo governo di Juan Negrín insediatosi dopo il maggio 1937 [16] .

Paesi Baschi, Asturie, Santander

Nei Paesi Baschi (detti anche Euskadi, cioè terra dei baschi o, al giorno d’oggi, Euskal Herria, cioè terra dove si parla basco), la debolezza congenita della CNT condiziona il suo atteggiamento dopo il 19 luglio. In una regione dove tra gli operai domina da tempo la UGT , dove il Partido Comunista conta su speciali appoggi sovietici e su forti personalità (come quella nota internazionalmente di Dolores Ibarruri, La Pasionaria, molto attiva anche nelle Asturie), dove il clero controlla buona parte delle classi medie e delle campagne, talora sotto la veste del carlismo nostalgico, lo spazio per l’anarcosindacalismo è piuttosto ristretto. Un sintomo evidente è il fatto, poco consueto nella Spagna repubblicana in guerra, che le chiese non siano assaltate né trasformate in luoghi laici, depositi o mense, ma mantengano la loro funzione tradizionale.

La risposta della massa operaia, che a Bilbao ottiene la resa della guarnigione, permette di formare un Comisariado de Defensa de Vizcaya che assume il controllo della situazione. A esso collabora la CNT rappresentata da Horacio Prieto, leader moderato e molto favorevole al fronte unico antifascista. Il Comisariado è ostacolato dai nazionalisti baschi, di gran lunga la forza maggioritaria, che ne ottengono lo scioglimento per dar vita a una Junta de Defensa orientata in senso autonomista. Nel luglio 1936 il Partido Nacionalista Vasco resta incerto, per più di una settimana, sulla scelta del fronte nel quale schierarsi e solo la promessa di uno statuto autonomo lo spinge a porsi al lato della Repubblica. Le sue posizioni conservatrici e cattoliche non cambiano e ogni collaborazione con i sindacati, anche socialisti, è accantonata. La CNT , che ha avuto un notevole ruolo nella difesa di San Sebastián nei primi giorni del golpe, viene esclusa dalla Junta de Defensa malgrado l’adeguamento degli anarcosindacalisti locali al modello gerarchico dell’esercito, al rispetto assoluto dell’istituzione religiosa, alla rinuncia a procedere a collettivizzazioni. L’emarginazione dal potere politico nei Paesi Baschi è un punto dolente per tutta la CNT spagnola, che ripetutamente eleva proteste e richieste a tal proposito. Questo atteggiamento rivendicativo di spazi istituzionali costituisce un’altra controprova dell’evoluzione «circostanzialista» del sindacato. Le nuove ed eccezionali circostanze della guerra civile stanno trasformando la prassi del sindacato, fondato nel 1910 su azione diretta e antipoliticismo.

Nelle Asturie, luogo della rivolta CNT – UGT dell’ottobre 1934, la situazione del nuovo potere ha tratti di originalità. La capitale, Oviedo, città più che altro socialista, cade in mano ai ribelli grazie alla doppiezza del comandante militare locale che proclama la fedeltà assoluta al governo mentre congiura con la Guardia Civil e i falangisti. Questi infatti spedisce migliaia di operai bene armati in direzione di Madrid «per difendere la capitale» ed evita così la sicura opposizione proletaria. Attorno alla città portuale di Gijón, roccaforte libertaria, il golpe invece è sconfitto in pochi giorni nel centro urbano e in un paio di settimane nella provincia. Il territorio asturiano sottratto ai generali golpisti si collega quindi alla provincia di Santander a est, mentre a ovest la Galizia diventa, nel giro di alcuni giorni e dopo aspri combattimenti, una regione del tutto in mano ai golpisti che procedono a fucilazioni di massa.

Un Comité Provincial de Asturias, controllato in sostanza dai socialisti, assume il potere in buona parte della regione interna – meno Oviedo e Gijón per motivi opposti – e si occupa subito di armare i miliziani e di provvedere ai rifornimenti alimentari. Alla fine di settembre si trasferisce nella più sicura Gijón libertaria, dove è attivo un Comité de Guerra a composizione unitaria per quanto animato dalla CNT . Nel frattempo le industrie, la pesca e le imprese artigiane sono socializzate; nelle campagne, dove domina la piccola proprietà autosufficiente, non si realizza invece alcuna collettivizzazione.

Tra i due Comité, malgrado le divergenze ideologiche di fondo, vi è una solida alleanza attorno ai temi della riorganizzazione della vita sociale e della resistenza armata. Le stesse colonne miliziane, ben presto militarizzate con una rigida disciplina, vedono la partecipazione indistinta di anarchici e socialisti a fianco dei meno importanti comunisti e repubblicani. Il Tribunale Revolucionario assume decisioni drastiche solo in conseguenza degli eccidi compiuti dall’esercito insorto nella vicina Galizia e delle notizie sulle numerose vittime civili dei bombardamenti. Le chiese sono chiuse, ma non saccheggiate, e il clero è ridotto allo stato civile senza essere perseguitato. La collaborazione CNT – UGT , avviata nella «Comune asturiana» dell’ottobre 1934, continua a produrre i suoi effetti unitari al punto che, dopo l’entrata della CNT nel secondo governo di Largo Caballero ai primi di novembre, il Comité de Guerra libertario e i Comités dei villaggi si sciolgono. Molti loro esponenti entrano nei Consejos Municipales: a Gijón il nuovo sindaco è il militante cenetista Avelino G. Mellada e un’analoga situazione si ripropone in altri comuni minori.

Da questa intesa sorge il Consejo de Asturias y León che ottiene un’autonomia completa nel dicembre 1936, autonomia scontata poiché ormai la regione si trova isolata dal resto della Spagna repubblicana. Nel Consejo sono rappresentate tutte le forze antifasciste e anche la FAI, ufficialmente clandestina.

L’ambiente libertario vede con favore la partecipazione della CNT al governo antifascista e solo le Juventudes vi si oppongono pubblicamente, criticando in particolare la militarizzazione in atto. Un punto di accordo fra anarchici e socialisti risiede nella condivisa ostilità verso i comunisti, che in questo territorio non riescono a trarre giovamento dal clima di emergenza bellica. Anzi, devono persino subire la censura del loro periodico mentre le altre testate escono regolarmente.

L’autonomia diventa completa sovranità per decisione del Consejo Regional nell’agosto del 1937, quando il governo centrale, dopo il maggio barcellonese, non è più del socialista Largo Caballero, relativamente vicino alla CNT , bensì di altro socialista, Juan Negrín, più vicino al PCE . A questo punto l’attività principale del Consejo consiste nell’organizzare l’evacuazione del maggior numero possibile di asturiani che fuggono davanti all’avanzata dell’esercito di Franco. L’ormai Generalísimo e Jefe (capo) de Estado, che ha concentrato su di sé tutto il comando, occupa Gijón nell’ottobre del 1937 e dà avvio a una politica di terrore capillare per impedire qualsiasi resistenza (una limitata guerriglia durerà nelle vicine montagne ancora per diversi anni).

Nella zona di Santander, compresa la città, e nelle provincie di Burgos e Palencia, escluse le capitali, esiste da tempo un predominio della UGT . Data la sua forza, in questo sindacato socialista si riscontra una particolarità: vi militano vari anarcosindacalisti sensibili all’unità di classe prima che all’appartenenza organizzativa. Solo dopo il decreto di sindacalizzazione obbligatoria dell’11 ottobre 1936 la CNT amplia le sue schiere, accogliendo la maggior parte dei lavoratori di orientamento repubblicano che hanno motivi di ostilità verso i socialisti. Le milizie sono di natura ideologicamente mista e il Comité del Frente Popular Amplio comprende esponenti della CNT e della FAI . Santander cade nell’agosto 1937, seguendo la resa dei Paesi Baschi, per la crisi irreversibile di tutto il fronte nord della Repubblica. Una larga fascia di territorio produttivo, con il carbone e i prodotti agricoli asturiani, il ferro della Vizcaya, l’industria metallurgica di Gijón e Bilbao, diventa quindi un retroterra assai utile alle truppe franchiste dal punto di vista dei rifornimenti militari e della disponibilità di uomini in divisa.

Continua nella Quarta Parte

Note al capitolo
[13] Le descrizioni seguenti, necessarie per valutare la situazione molto diversa fra regione e regione, sono sviluppate a partire soprattutto dai testi analitici di C.M. Lorenzo e di J. Peirats.
[14] C.M. Lorenzo, Los anarquistas españoles…, cit., p. 100.
[15] Ivi, p. 123.
[16] Riflessioni ampie sull’esperienza del Consejo in G. Kelsey, Anarcosindicalismo y Estado en Aragón: 1930-1938, Fundación Salvador Seguí, Madrid, 1994 e in J. Casanova, Anarquismo y revolución en la sociedad rural aragonesa, 1936-1938, Siglo XXI , Madrid, 1985.

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