Il movimento anarchico e la guerra civile spagnola – Seconda Parte

Prima Parte

Nella foto a sinistra: “Biblioteca del Ateneo Libertario de la barriada del Clot” di Barcellona; nella foto a destra: Biblioteca de la Asociación Cultural Libertaria “Escuela Armonía” di Barcellona

 

Una cultura alternativa e popolare

Gli Ateneos Libertarios ( AL ) sono un importante aspetto dello sviluppo del movimento durante la Seconda Repubblica e conoscono un formidabile potenziamento nell’estate del 1936. Già agli albori del Novecento e poi soprattutto nei primi anni Trenta erano stati fondati numerosi Ateneos con il preciso intento di diffondere la cultura e l’etica antiautoritarie, nonché una socializzazione alternativa a quella borghese e a quella «finto popolare», una sorta di sottocultura prodotta in realtà dalla borghesia. Diversamente dai circoli repubblicani e socialisti, che hanno finalità parallele, nei centri anarchici sono esclusi, almeno in linea di principio, consumi ritenuti dannosi come le bevande a forte gradazione alcolica, il caffè, i giochi d’azzardo e certi balli. Vengono considerati negativamente anche quei divertimenti «disumani» o «irrazionali» promossi dalla società borghese come la corrida, gli sport di massa, il teatro frivolo e logicamente la prostituzione.

Gli AL si oppongono frontalmente ai luoghi voluti dal potere e tradizionalmente deputati ad attrarre e condizionare le masse subordinate: parrocchie e taverne. Su un altro piano, sono altrettanto disprezzati i centri ricreativi per borghesi come i casinos esclusivi e classisti. Gli AL cercano di offrire un’«etica del tempo libero» coerente con le finalità del movimento libertario inteso in senso ampio, che va oltre la CNT , la FAI e la Federación Ibérica de Juventudes Libertarias ( FIJL ), per comprendere anarcoindividualisti, antimilitaristi, esperantisti, naturisti e salutisti di vario tipo. Sullo sfondo si può intravedere l’influenza dei discorsi del militante e pensatore individualista francese E. Armand (pseudonimo di Ernest Le Juin) sul «vivere quotidianamente l’anarchia» [10] .

I valori morali proposti dagli AL si fondono con quelli dell’identità operaia libertaria e prevedono il comportamento corretto sul lavoro, l’impegno nell’attività sindacale, la dedizione alla Causa, la solidarietà con i compagni di lavoro e di sentimenti rivoluzionari. Tutto ciò in stretto collegamento con due principi di rispettabilità individuale validi per buona parte degli spagnoli: l’onestà e l’onore. In particolare quest’ultimo si ritrova molto spesso nei testi di propaganda e di dibattito interno, e ciò indica che la versione spagnola dell’anarchismo presenta caratteri radicati nella storia culturale del paese in generale e non solo delle sue classi popolari.

La parola svolge una funzione essenziale nella formazione che si acquisisce in questi centri culturali. Dalle conferenze ai dibattiti, dai corsi alle letture collettive, l’ascolto costituisce una forma di apprendimento semplice e costante. Tra l’altro, la forma di comunicazione verbale privilegiata negli AL rende accessibili i valori libertari ai frequentatori ancora in via di alfabetizzazione.

Ogni Ateneo possiede una biblioteca più o meno fornita e una raccolta di periodici, riviste e opuscoli, e spesso i suoi aderenti collaborano a una delle centinaia di testate locali, sia sindacali che edite da gruppi del movimento specifico.

A militanti, iscritti e simpatizzanti si offrono di frequente opere teatrali e cinematografiche con contenuti socialmente impegnati o, nella buona stagione, gite naturalistiche per l’apprendimento scientifico e l’ulteriore socializzazione. Avere ben presente l’influenza di questa pedagogia variamente scientista, ecologica e antireligiosa è indispensabile per capire la definizione dell’immaginario libertario, l’identità dei suoi aderenti, le forme di azioni intraprese, sia a livello di propaganda che di scontro. Come ha rilevato José Álvarez Junco, già nell’Ottocento l’anarchismo spagnolo ha prodotto un enorme sforzo culturale che ruota attorno alla scoperta della scienza come alternativa alla religione [11] . L’idea di progresso razionale, alla base della nascita di molti Ateneos, è lo strumento per demolire alcune «irrazionalità sociali»: l’autorità politica, l’esercito, la Chiesa cattolica, oltre ovviamente alla classe capitalista e alla burocrazia.

Soprattutto tra i giovani e tra le donne le proposte istruttive e di «divertimento intelligente», dall’arte alla letteratura, contribuiscono alla maturazione dei singoli, base dei movimenti collettivi di lotta antiautoritaria. Questo ambiente antagonista alla cultura dominante serve anche durante certe fasi più difficili – ad esempio durante la dittatura di Primo de Rivera – per mantenere i fili organizzativi e coltivare l’attesa di una prossima liberazione. Alcune risposte forti dell’anarchismo dopo lunghi periodi di quasi inattività, dovuti alla forzata clandestinità, sono meno sorprendenti se vengono collegati alla continuità di un quasi silenzioso sforzo culturale. Dotare gli aderenti di una visione del mondo e di un insieme di valori etici facilita la ricostruzione del movimento e il suo protagonismo in contesti storici cruciali. Così è accaduto nel 1931 e, in modo diverso, nei primi mesi del 1936.

Nascondere la rivoluzione

Uno dei principali motivi apportati da quanti sostengono l’ingresso in ambito istituzionale è la necessità di offrire all’opinione pubblica internazionale, particolarmente ai governi e ai gruppi di pressione economica e informativa europei, l’immagine di una Catalogna, e poi di una Spagna, dove tutto funziona più o meno normalmente. La situazione sarebbe sotto il controllo dei vertici politici unificati, non sono messe in discussione le proprietà straniere e la lotta contro il golpe prevede solamente la restaurazione della Repubblica democratica e niente di più. La «rivoluzione camuffata» [12] viene presentata ai militanti della CNT come un’inevitabile e astuta manovra per evitare, o quanto meno limitare, interventi ostili da parte dei paesi europei i cui interessi sono coinvolti e colpiti dalle trasformazioni collettiviste in atto. Altro motivo di scelta obbligata verso la collaborazione antifascista, e il conseguente rinvio a tempi migliori della rivoluzione libertaria, è la situazione nelle altre regioni spagnole non occupate dai golpisti.

La Catalogna resta a ogni modo fondamentale nel quadro complessivo per una serie di ragioni: è la prima a battere i militari insorti, è la più ricca di industrie e di commerci, è la più prossima alla Francia. Qui un governo di Fronte popolare, analogo quindi a quello spagnolo, dovrebbe essere solidale verso la Repubblica aggredita dall’esercito. Fino alla fine del 1938 si auspica, e ci si illude, che la Francia democratica affianchi lo sforzo del popolo lealista nella lotta per la democrazia e il progresso e contro l’espansione del nazifascismo.

Continua nella Terza Parte

Note al capitolo
[10] Un testo base è E. Armand, Vivere l’anarchia, Antistato, Milano, 1983. Sul radicamento nei quartieri della capitale catalana, si veda il recente J.L. Oyón, La quiebra de la ciudad popular, Ediciones del Serbal, Barcelona, 2008.
[11] J. Álvarez Junco, La ideología política…, cit., p. 73.
[12] La definizione è di Burnett Bolloten, autore del voluminoso e fondamentale La Guerra Civil española. Revolución y contrarrevolución, Alianza, Madrid, 1989.

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