Riscaldamento: Intervista a Peter Gelderloos sul cambiamento climatico e la lotta per cambiare tutto questo

Traduzione dall’originale “Heating Up: An Interview with Peter Gelderloos on Climate Change and the Fight to Change Everything”

L’estate appena conclusa ci ha portato ad un’altra ondata di caldo record, mentre i disastri causati e alimentati dal cambiamento climatico hanno colpito i paesi di tutto il mondo, lasciando intere comunità umane devastate dalle inondazioni, dagli incendi e dalle tempeste. Se da un lato questa “nuova normalità” ha portato alla ribalta il cambiamento climatico nella coscienza popolare, dall’altro abbiamo visto il lancio di nuove cospirazioni dell’estrema destra e la spinta del centro neoliberista riguardante le stesse, stanche e fallacie soluzioni sui cambiamenti degli stili di vita consumistici.

Abbiamo incontrato l’autore e organizzatore anarchico di lunga data Peter Gelderloos per parlare del momento attuale, del tragitto da percorrere per i movimenti autonomi e delle dure realtà che abbiamo di fronte.

It’s Going Down (IGD): Tu affronti il tema del cambiamento climatico nel tuo libro “The Solutions Are Already Here”. Cosa pensi del periodo storico che stiamo vivendo?

Peter Gelderloos: Penso che ci troviamo in un momento molto critico dove il mainstream sta identificando un punto di svolta nelle relazioni riguardanti i recenti e ricorrenti eventi meteorologici estremi come: l’estate più calda dell’emisfero settentrionale a memoria storica, la peggiore inondazione della storia greca dopo una rara tempesta tropicale nel Mediterraneo – con le forti piogge che sono arrivate, a distanza di poche settimane, dopo i più grandi incendi selvaggi mai registrati in Europa -, il primo allarme di tempesta tropicale in California – causata da un raro uragano nel Pacifico -, i più grandi incendi selvaggi della storia registrati nel cosiddetto Canada…
Penso che questo sia un momento critico perché il modo in cui veniamo condizionatu dai media, dalle ONG, dagli accademici e dai governi sull’attuale crisi sia un’enorme bugia e, allo stesso tempo, un’enorme verità.
Prima la verità: il modo in cui l’atmosfera terrestre è stata alterata è visibile nella nostra vita quotidiana; sta uccidendo le persone e sta peggiorando. Questa verità è importante perché si tratta di una questione urgente per la nostra sopravvivenza – e quindi una legittima questione di autodifesa -, e ribadisce che possiamo fidarci delle nostre esperienze e osservazioni a patto che siamo effettivamente radicatu e attentu al mondo che ci circonda. Possiamo inserire la nostra vita quotidiana e la nostra esperienza in un angolo del mondo, precisamente dentro una narrazione globale, solidale e coesa.
La bugia è questa: queste morti sono senza precedenti, il cambiamento climatico serve per comprendere queste morti e possiamo fidarci degli attuali modelli scientifici basati sui punti critici, sulle previsioni di “quando è troppo tardi” e sui programmi di compensazione e riduzione delle emissioni.

IGD: C’è stato un punto di svolta – qualunque cosa significhi – quest’estate? Sembra che abbiamo raggiunto un picco nella coscienza popolare dopo questa ondata di caldo record. Significa qualcosa tutto ciò?

Peter Gelderloos: Non c’è stato un punto di svolta e l’apparente picco di coscienza è stato il trionfo della falsa coscienza. Perché la verità è che era già troppo tardi. A seconda di come si guarda il mondo e quali forme di vita si valutano, era troppo tardi mille anni fa, 531 anni fa, 101 anni fa e 50 anni fa. La verità è che da decenni interi ecosistemi e molte specie che li componevano sono stati completamente distrutti. Decine di milioni di esseri umani muoiono ogni anno a causa di questa enorme crisi ecologica. Da secoli le forme societarie estrattiviste (responsabili della crisi ecologica) stanno colonizzando e sradicando quelle forme societarie che resistono alle oppressioni umane e si prendono cura dei propri ecosistemi.
Sebbene il metodo scientifico [serva] a produrre una conoscenza – il cui valore sia dimostrabile -, i modelli per prevedere i punti di rottura ecosistemici e il tasso di cambiamento climatico si sono dimostrati, in gran parte, inaffidabili e generalmente conservativi. Di conseguenza, questa specifica branca della scienza ha dimostrato di essere troppo difettosa nell’avere un peso strategico – specie quando ci troviamo di fronte a scelte di vita o di morte.
La “crisi climatica” è una struttura appartenente a coloro che cercano di ucciderci e di trarne profitto. Il clima è solo una parte di una crisi più grande e interconnessa. E se ci concentriamo solo sul clima, non vedremo mai le cause profonde e le peggiori forme di sofferenza che si stanno verificando. Questa crisi non è causata dall’uomo. Non è “antropogenica”. È causata da quegli esseri umani che hanno consegnato le loro vite alle istituzioni profondamente estrattiviste e oppressive. Tali istituzioni hanno il potere di costringere tuttu noi ad allinearci e a partecipare alla loro società [mortifera] – indipendentemente se decidiamo di resistere e/o voltarci dall’altra parte. Questo quadro, fondamentalmente, è lo Stato.
Come ho dimostrato in “Worshiping Power”, tutti gli Stati sono estrattivisti e tutti gli Stati, a livello storico, sono stati ecocidi. Un tratto comune di quellu che vogliono riformare il Leviatano (attivistu di XR, ricercatoru sul clima, attivistu di ONG a pagamento, marxistu autoritariu o cripto-autoritariu), è nascondere o decentrare il ruolo dello Stato in questa crisi. In precedenza, gli Stati si limitavano a provocare collassi ecologici regionali – azioni che servivano per l’espansione coloniale.
I sistemi estrattivisti che gli Stati rappresentano devono espandersi, altrimenti muoiono. Le rivoluzioni, nel corso dei millenni, hanno rovesciato gli Stati ma non sono riuscite a coltivare una coscienza sufficientemente globale e sistemica. L’unica alternativa [rimasta, a quel punto,] era che gli Stati creassero un sistema mondiale. E questo significava inventare la possibilità di una crisi ecologica globale.
Lo Stato moderno ha trovato nel capitalismo un motore adatto e nella supremazia bianca una visione del mondo divoratrice e capace di organizzare la colonizzazione intercontinentale. Sul pianeta Terra non c’è capitalismo che non sia coloniale e, quindi, razziale; non c’è capitalismo senza Stato e non c’è Stato che non sia estrattivista e patriarcale – e quindi ecocida e oppressivo -, nemico di ogni forma di vita.

IGD: Quest’estate abbiamo assistito ad una serie di articoli neoliberali basati sullife hackse su come adattare il proprio corpo a temperature estreme e, in Grecia, ad un’ondata di sentimenti anti-migratori mentre infuriavano incendi e teorie cospirative. Come possiamo reagire a tutto questo?

Peter Gelderloos: È inevitabile che quando c’è una falsa coscienza intorno ad una crisi come questa, le risposte egemoniche saranno individualistiche: verranno privilegiati i consumatori con denaro da spendere in modo etico e i cittadini con il diritto di votare i candidati migliori. Entrambi rivitalizzeranno le istituzioni che hanno causato questa crisi. Oppure promuoveranno una pseudo-comunità come lo Stato-nazione – con i suoi confini artificiali e sanguinosi. Il loro cast sarà composto da capri espiatori e cattivi che sono quasi sempre pure invenzioni o gruppi di persone oppresse (troppo lontane per essere comprese e abbastanza vicine per rappresentare una minaccia).
Fortunatamente esiste una sintesi tra strategie e obiettivi, specie quando siamo onestu con noi stessu e [sappiamo] cosa stiamo affrontando. La società patriarcale e il capitalismo coloniale, organizzati dallo Stato, sono nemici della vita. Hanno dimostrato che non possiamo condividere questo pianeta insieme e, soprattutto, non ne abbiamo bisogno perché non sono esseri viventi. Rappresentano un limite rigido. Solo superando quel limite è possibile avere un mondo in cui molti mondi si adattano.
I principali ostacoli strategici riguardanti la distruzione dello Stato sono i due bracci [istituzionali politici]: la Sinistra e la Destra (intendendo la Sinistra nel suo senso storico e non nel suo non-sense anglofono e amnesico, in cui si ventilano cose vaghe, non specificate, buone e incoerenti). Per generalizzare, la sinistra rinnova, aggiorna e rivitalizza le strutture oppressive, dandoci poliziotti neri, donne milionarie e carta igienica riciclata, mentre la destra punisce la resistenza grazie allo sradicamento. Entrando nel dettaglio, la sinistra svolge anche attività di polizia e la destra cerca di rinnovare le strutture oppressive (come lo Stato-nazione). Ma il punto è che entrambe servono lo Stato. Nei momenti di pace sociale sono più coordinate mentre nei momenti di sconvolgimento sociale, come quello attuale, non riescono a vedere oltre le loro mitologie, fornendo degli alibi e sospettandosi reciprocamente nell’essere una minaccia per il Leviatano.

IGD: Stiamo vedendo gli ecosistemi colpiti da fenomeni come lo scioglimento dei ghiacciai e altri segni di impatto sui sistemi di supporto alla vita. Cosa accadrà nei prossimi anni? E quando saremo prontu, che impatto avrà tutto questo nel cosiddetto Nord America?

Peter Gelderloos: Per rispondere a questa domanda è necessario conoscere ogni specifica bio-regione (le sue specifiche storie umane ed ecologiche). I modelli di movimento consumistico che sono prevalenti in Nord America, soprattutto negli ambienti della classe media, non possono rispondere a questa domanda. L’incapacità di ascoltare non permette [delle risposte]. Gli uomini e le persone bianche sono tutti socializzati nel non ascoltare; quindi dobbiamo sottolineare la necessità di imparare ad ascoltare. Coloro che hanno accettato la civiltà occidentale e trattano, ad esempio, i loro smartphone con riverenza [mentre dileggiano] le persone circostanti, non saranno mai in grado di dare risposte adeguate e specifiche alla domanda sulla sopravvivenza collettiva. Chi si fa beffe di quelle persone che ascoltano gli uccelli migratori, le foreste, le montagne, non ha la minima idea e non sarà nemmeno in grado di trovare la vera conversazione che fornisce queste risposte.
Ecco uno strumento analitico che potrebbe aiutare. Come si definisce una persona? Dovremmo considerare che una persona è un qualsiasi essere dove il dialogo sia possibile e significativo. Quindi un poliziotto o un milionario, pur essendo umani, non sono persone. La ghiandaia azzurra fuori dalla mia finestra è una persona. Diamo la nostra attenzione e cura alle persone, perché se sono persone allora possiamo condividere un mondo con loro. Puntiamo la nostra rabbia e le nostre capacità distruttive sulle istituzioni e sui loro fedeli robot – in quanto non condivideranno mai un mondo insieme a noi.

IGD: Il grande movimento per il clima è sceso nelle strade in un momento dove le cose vanno male. Come anarchicu e partecipanti ai movimenti autonomi, qual è la strada da seguire?

Peter Gelderloos: Questa è una conversazione che, ritengo, debba avvenire in ogni angolo del mondo. Anche se sospetto che emergerà un numero minore di modelli rispetto alle discussioni su ogni particolare ecosistema (ovvero: cosa deve fare per sopravvivere e adattarsi).
Negli ultimi vent’anni, in ogni continente, abbiamo rovesciato regimi di lunga durata, abbiamo sconfitto la polizia, abbiamo spinto affinchè la coscienza antirazzista, anticoloniale ed ecologica diventasse temporaneamente la norma e abbiamo aiutato i gruppi emarginati a conquistare spazi per la sopravvivenza – per la guarigione, per la gioia. (Non “un noi che aiuta un loro”, ma “un noi che aiuta noi stessu e un altro noi che è solidale con altru noi che aiutano se stessu”). Abbiamo realizzato cose che, nei due decenni precedenti, sembravano inimmaginabili.
E la nostra ondata di potenti ribellioni ha chiaramente preceduto la crisi economica del 2007/2008. È fondamentale ricordarlo e trasmetterlo, soprattutto perché i sacerdoti del materialismo stanno riemergendo dalle loro meritate tombe e cercano di dirci che siamo oggetti secondari nei calcoli dei sistemi monetari globali – nonostante si siano dimostrati, l’ultima volta che li abbiamo ascoltati, mortalmente sbagliati. Noi non siamo questi oggetti. Siamo esseri viventi colpiti da numerosi sistemi oppressivi – i quali si intersecano tra loro e operano in modi quantificabili e non. Facciamo delle scelte e queste scelte sono importanti. Non siamo né individui né oggetti identici.
Da quell’ondata di ribellioni, però, abbiamo perso terreno nella maggior parte del mondo. Dobbiamo chiederci il perché, in modo approfondito e senza paura di ciò che potremmo imparare. E dobbiamo condividere queste lezioni perché da esse dipende la nostra sopravvivenza.
Credo che in molti luoghi scopriremo come abbiamo ceduto alla repressione, non abbiamo imparato le lezioni dalle generazioni precedenti – in particolare su come sopravvivere -, e perché non abbiamo valorizzato i ruoli della cura, della guarigione e della sopravvivenza – a dispetto della valorizzazione dell’attacco. E lo dico da persona che, durante la sua vita, ha cercato di costruire la nostra capacità di attaccare e di convalidare quegli attacchi – visto come eravamo statu pacificatu negli anni ’90 e 2000. Ma nessuna società oppressiva può essere distrutta solo con la negazione; e chi attacca deve anche saper sopravvivere alle reazioni di quegli attacchi.
In altri luoghi, abbiamo ceduto alle correnti autoritarie; esse hanno preso il sopravvento sui movimenti sociali e sugli spazi di ribellione. (In realtà, la repressione e il recupero avvengono sempre insieme, ma uno dei due può essere predominante, uno può fallire e l’altro avere successo). Le forze repressive dello Stato sono immense e quando non riusciamo a resistere, il massimo che possiamo fare è leccarci le ferite e riconoscere cosa avremmo potuto fare. Tuttavia, quando i movimenti e gli spazi di resistenza ci lasciano indietro, significa che vi sono dei fallimenti interni e inevitabili.
Abbiamo difeso quelle norme di partecipazione che supportano le persone con più risorse (i laureati, gli appartenenti alla classe media, il neurotipico, le persone senza traumi o problemi di salute cronici, quelli che non hanno figli o altri da accudire, gli individui che hanno la cittadinanza, le persone bianche) ?
Abbiamo riprodotto i sistemi di valori patriarcali negli stili di comunicazione, nelle forme di lotta in cui questi vengono celebrati e premiati, ignorati e/o sfruttati?
Abbiamo dimenticato la nostra storia e stretto alleanze non critiche con le ONG e i partiti politici, o ci siamo messu in disparte accettando, in maniera opportuna, un approccio monotematico, un quadro riformista? Abbiamo ripetuto il grande errore dell’antifascismo e visto solo la destra come un pericolo, lasciando passare la democrazia o i socialisti autoritari?
Abbiamo creato una nuova forma errata di nichilismo dove le critiche storicamente valide e offerte dall’insurrezionalismo sono state annegate in un rinnovato feticismo verso i gruppi armati? (ironico, data la critica insurrezionale verso queste forme feticiste).
Ci siamo lasciatu condizionare dal dogmatismo o dall’architettura delle reti sociali e abbiamo creato spazi di resistenza così tossici che solo i prepotenti e i sicofanti potevano prosperare?
Abbiamo fallito nello sviluppare pratiche di sopravvivenza, di guarigione, di trasformazione, di crescita reciproca, così che tutto quello che avevamo era un martello e tutto ciò che potevamo vedere erano i chiodi?
Abbiamo fallito nell’unire le lotte in modo decentrato, diffondere logiche di solidarietà che permettessero a tuttu di sostenersi e imparare lu unu dallu altru, senza permettere a nessunu di prendere il sopravvento?
Abbiamo dimenticato di sviluppare delle strategie per il giorno dopo, come la diffusione di una vita gioiosa e significativa dopo aver distrutto tutto?
Abbiamo perso la capacità di immaginare di essere altro, di creare altro, di vivere in un altro modo?

IGD: Dicci come te la stai cavandorecentemente hai organizzato una raccolta fondi per la tua salute e come possono sostenerti le persone?

Peter Gelderloos: Me la cavo in modo terribile e meraviglioso. Il che è normale dato che sono bipolare. Il mio tumore è considerato incurabile ma trattabile. Quindi, dal punto di vista dei medici, si tratta di allungare l’aspettativa di vita e di migliorare le statistiche. Comunque non è così che affronterò la mia vita e la mia morte. Riceverò il sostegno di cui ho bisogno da me stesso e da chi mi è più vicino. A chiunque legga queste righe – e non soltanto perché ho una piattaforma [dove condivido] libri o altro -, vorrei chiedere di riflettere su alcune cose. Molte persone si ammalano di cancro e di altri problemi di salute mortali o cronici. La malattia non è un problema individuale. Il nostro mondo è malato. Le persone meritano tutto lo spazio di cui hanno bisogno mentre guariscono o muoiono. Ma la malattia stessa non può rimanere privata. Dobbiamo prendere i nostri tumori, le nostre infiammazioni, i nostri crolli, le nostre lacrime, le nostre morti, portarli con le mani insanguinate e metterli [davanti] alle porte del capitalismo. Non per chiedere un risarcimento o una riparazione: queste cose ci servono come unica spiegazione, l’unica parola di verità possibile, prima di bruciare tutto – il Leviatano e tutti coloro che scelgono di difenderlo (a discapito della vita).
La sofferenza non può continuare dietro queste porte metaforicamente chiuse. Coloro che si prendono cura di noi quando stiamo soffrendo, sono lu nostru compagnu più veru. Impara da loro e prenditi cura di loro, cazzo.
Non sostenete me, sostenete tuttu noi. Questo è un problema collettivo.
Forse potremmo promuovere delle lotte dove vale la pena di vivere e morire.
Forse potremmo immaginare dei mondi dove vivere davvero, in cui saremmo gratu di deporre i nostri corpi una volta giunto il nostro momento.
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