Questione migranti. Situazione dal confine polacco-bielorusso – 1

dal canale Telegram di “No Borders Team”

-Mohammed in sciopero della fame

Mohammed, un 26enne iracheno, è in sciopero della fame da più di una settimana al Centro Sorvegliato per Stranieri di Przemyśl.
“Libertà o morte!” ha scritto riguardo le sue motivazioni.
Questa è la sua richiesta. Probabilmente domani [25 Dicembre 2022] verrà spostato in isolamento.
Mohammed è in detenzione da diciassette mesi. Recentemente il tribunale, su richiesta della guardia di frontiera, ha esteso la sua pena di un altro mese. [Mohammed] ha subito violenze nel suo paese d’origine, poi sul confine lituano, dove è stato respinto dalle forze dell’ordine polacche. Mohammed è ancora imprigionato dopo essere stato preso nell’Agosto 2021
Vi invitiamo a scrivere una lettera al comandante della guardia di frontiera responsabile della prigione e chiedere giustizia per Mohammed (ID219): komendant.biosg@strazgraniczna.pl o chiamarli al +48 16 673 20 00
Mohammad ha ricevuto due rifiuti per il suo status di rifugiato. In tali situazioni, la guardia di frontiera vuole garantire efficacemente l’adempimento dell’obbligo di rimpatrio, ad esempio con la deportazione della persona.
Nel caso dell’Iraq però, questo è impossibile perché il paese non accetta deportazioni forzate. Quindi qual è lo scopo di detenere ulteriormente Mohammed ed altre persone irachene nei centri-prigioni sorvegliate per stranieri di Przemyśl and Lesznowola?
Sembra che questa sia violenza nella sua forma più pura, violazione dei diritti fondamentali e tortura, sebbene l’attraversamento irregolare del confine non sia un crimine, ma solo un reato. La punizione con molti mesi di prigione è inadeguata ed incompatibile con gli standard dell’Europa fondata sui diritti umani. Vale la pena far presente anche che le persone irachene sono un gruppo particolarmente discriminato in Polonia e soggetto a detenzione eccessiva che dura più di un anno.
Basta detenzioni!
Libertà per Mohammed e per tutt* i prigionier*!

-Ennesima morte al confine

Il 28 Dicembre, abbiamo ricevuto informazioni su un’altra vittima dei confini.
Sembra che una donna di 30 anni dalla Siria sia morta il 27 Dicembre.
Non conosceremo mai del tutto le circostanze della sua morte, perché come tutte le persone che arrivano ai confini dell’Unione Europea, era uno strumento nella guerra di propaganda degli Stati, ed anche ora viene usata in questo senso.
I servizi bielorussi hanno già prodotto un video di propaganda a loro vantaggio, i servizi polacchi si stanno scrollando di dosso la responsabilità scrivendo che avevano informato il lato bielorusso di una persona morta al confine.
Nel frattempo, bielorussi e polacchi hanno rimbalzato persone malate e deboli, donne, uomini e bambini da una parte all’altra del confine per diversi mesi. Li buttano in fiumi ghiacciati, picchiano persone indifese e distruggono i loro cellulari, che spesso sono l’unico strumento per uscire dalla foresta.
In questo modo, entrambe le parti hanno portato alla morte di dozzine di persone, centinaia di persone sono scomparse o hanno subito danni permanenti alla salute, migliaia di persone sono rimaste traumatizzate dal dover lottare per la propria vita mentre venivano lanciate attraverso il filo spinato più e più volte.
Non conosceremo mai i dettagli delle morti di molte delle persone che hanno perso la vita al confine.
Ma sappiamo la verità riguardo il loro destino: sono state uccise dai funzionari bielorussi e polacchi, dalle politiche razziste dell’Unione Europea e dai signori della guerra dei paesi vicini. L’Unione Europea ha insegnato [a questi paesi] come usare [le persone migranti] come mezzi di pressione, pagandoli per anni per proteggere i loro confini e traendo vantaggio dal fatto che in questi paesi i diritti umani non vengono rispettati.
Non dimenticheremo le vittime dei confini. Né dimenticheremo chi le ha uccise.

-Aggiornamento su Mohammed
Ieri [2 Gennaio] Mohammed, in sciopero della fame da 21 giorni, è stato trasferito in isolamento nel Centro Sorvegliato per Stranieri di Przemyśl.
Quattro persone irachene sono in sciopero della fame nel SOC a Lesznowola. Lottano per la loro dignità, la loro libertà e le loro vite. Mostriamogli che non sono sol* in questa lotta.
Nel caso di Mohammaed, chiama l’unità della Guardia di frontiera di Bieszczady e chiedi riguardo la sua salute e quando verrà rilasciato dal centro.
Telefono +48 16 673 20 00

-Altri scioperi della fame e picchetti fuori dai SOC

Oggi, 7 Gennaio, è un altro giorno di sciopero della fame nel centro polacco di detenzione a Lesznowola, dove quattro persone irachene stanno rifiutando il cibo da 5 giorni.
Mohammed, un detenuto a Przemyśl, è in sciopero della fame da venti giorni. Ha interrotto [lo sciopero] quando le guardie di frontiera l’hanno messo in isolamento.
Queste persone, come quelle prima di loro, utilizzano questa forma di protesta per porre l’attenzione sulle condizioni disumane in cui sono tenute, sulla mancanza di informazioni sui loro casi legali, l’impossibilità di conoscere la durata della loro permanenza nei cosiddetti centri sorvegliati per stranieri (in polacco, SOC).
Alcuni di loro sono lì da 17 mesi…
Oggi gli attivisti che lottano da tempo per i diritti e la libertà delle persone migranti hanno protestato fuori da entrambi i centri [di detenzione]. Ci sono state manifestazioni spontanee di solidarietà di fronte al SOC a Przemyśl e al centro chiuso di Lesznowola
La solidarietà è la nostra arma; quello che segue è il contenuto del discorso di alcune ore fa a Przemyśl e la risposta dietro le mura del centro di detenzione.
Quando siamo stat* qui l’ultima volta avevamo promesso di ritornare. Ed eccoci qui.
Un’altra persona imprigionata e tenuta nel campo ed è in sciopero della fame. Per qualcuno, questa potrebbe sembrare una decisione drastica o incomprensibile. Ma sotto queste condizioni – condizioni di isolamento, confusione, incertezza sul futuro, aggressioni e violenze da parte delle guardie di confine – questo è l’unico modo.
Ed anche se non produce risultati immediati, mostra che le persone non sono passive e che usano i mezzi di resistenza che gli rimangono.
Siamo qui per le persone in sciopero della fame; per quelle che stanno lottando; per quelle che stanno perdendo la forza; per quelle che hanno provato a suicidarsi; per quelle che si supportano a vicenda; per quelle che si oppongono alle guardie; per quelle in detenzione ed isolamento; per quelle che vengono da Iraq, Syria, India, Congo o Tajikistan. Siamo qui per tutt*, perché nessuno dovrebbe stare un giorno di più in questo centro che sembra una prigione, mai piu!
Basta centri di detenzione, basta confini, libertà di movimento per tutt*!”

 

-Proteste del 7 Gennaio davanti al centro per stranieri di Lesznowola, Polonia

Abbiamo bisogno di voi, attivisti, affinché raccontiate di noi nei media. Veniamo dall’Afghanistan, dall’Iraq, dalla Siria. Vogliamo solo la pace per tutti. (…) Vogliamo solo avere una buona vita. Vogliamo la libertà!”
È un estratto dell’appello di una delle persone che si trovano dietro le mura del centro chiuso di Lesznowola, ascoltato il 7 Gennaio, quando in segno di solidarietà con tutte le persone detenute e in sciopero della fame, gli attivisti avevano organizzato una manifestazione fuori dalla struttura.
Già prima della manifestazione uno degli scioperanti doveva essere ricoverato in ospedale e ieri sera (8 Gennaio, ndt) un altro ha perso conoscenza. Le guardie non sembravano preoccuparsi e gli hanno detto di bere solo acqua…. Tuttavia, gli attivisti hanno chiamato un’ambulanza due volte, che le guardie si sono rifiutate di far entrare e uno dei chiamanti è stato multato per chiamata di servizio ingiustificata.
Alle due del mattino di oggi (9 Gennaio, ndt) tutti gli scioperanti sono stati portati in isolamento.
La Guardia di frontiera polacca si sta ovviamente vendicando dei manifestanti; è anche possibile che li sposteranno in un altro SOC. C’è anche il fondato timore che neghino le visite ai sostenitori come ulteriore forma di punizione.
Tutto ciò dimostra quanto siano disumani e fuori controllo i centri per stranieri polacchi; ma noi non smetteremo di sostenere coloro che sono ingiustamente imprigionati.
La solidarietà è ancora la nostra arma!

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