L’egiziano el-Sisi si prepara al vertice della Cop27 reprimendo il dissenso

Le persone manifestanti chiedono un’azione per il clima nel continente africano prima del vertice COP27 che inizierà il 6 novembre e si concluderà il 18 novembre a Sharm el-Sheikh, in Egitto (foto del 4 Novembre)

Traduzione dall’originale “Egypt’s el-Sisi prepares for Cop27 summit by cracking down on dissent

La Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2022 (Cop 27) si terrà nella località turistica di Sharm el-Sheikh, nel deserto del Sinai, tra il 6 e il 18 novembre, lontano dai fumi nocivi e dallo squallore della capitale il Cairo – dove vivono circa 20 milioni di egiziani, in gran parte impoveriti.

All’evento parteciperanno circa 90 capi di Stato e i leader di 190 Paesi, tra cui il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden – la prima visita in Egitto di un Presidente americano dal 2009 -, il Presidente francese Emmanuel Macron, il Cancelliere tedesco Olaf Scholz, il Primo Ministro britannico Rishi Sunak e il Primo Ministro indiano Narendra Modi.

Il brutale dittatore egiziano, il generale Abdel Fattah el-Sisi, ha organizzato una massiccia operazione di sicurezza per impedire che i manifestanti arrivino a Sharm el-Sheikh. Le forze di sicurezza hanno arrestato centinaia di persone in tutto il Paese, tra cui attivisti ambientalisti, accusandoli di appartenere a gruppi terroristici. Questo avviene mentre sui social media si moltiplicano gli appelli affinché venerdì 11 Novembre gli egiziani protestino a Sharm el-Sheikh contro la crescente crisi economica del Paese – chiamando l’evento “Rivoluzione climatica”.

Le misure di sicurezza draconiane hanno trasformato la località in una “zona di guerra” per “proteggere l’evento” – in quello che gli esperti di diritti umani delle Nazioni Unite hanno descritto come “un clima di paura per le organizzazioni della società civile egiziana nell’impegnarsi visibilmente al Cop27”. Nella misura in cui qualsiasi manifestazione venga consentita, è probabile che venga confinata in aree nascoste nel deserto, lontana dai leader mondiali e dai loro lussuosi hotel.

Questi eventi, da soli, mettono a nudo la propaganda sui diritti umani e le vuote parole d’ordine sulla politica climatica sostenute dai leader delle potenze imperialiste che supportano gli interessi dei principali depredatori del pianeta: la cleptocrazia aziendale e finanziaria.

El-Sisi ha colto l’opportunità di rafforzare la sua posizione internazionale e di promuovere la posizione dell’Egitto al centro della geopolitica del gas nel Mediterraneo orientale, nel contesto della guerra guidata dagli Stati Uniti e dalla NATO contro la Russia – la quale ha ridotto le forniture energetiche all’Europa. El-Sisi, dopo aver preso il potere con un colpo di Stato militare appoggiato dall’Occidente nel 2013 e rovesciando il presidente eletto Mohamed Mursi, affiliato ai Fratelli Musulmani, è a capo di un regime tirannico che mette fuori legge le assemblee pacifiche e la libertà di parola. La soppressione di ogni forma di dissenso è finalizzata nel difendere il capitale egiziano e straniero da un’esplosione sociale della classe operaia – la quale deve affrontare la povertà di massa, la disuguaglianza sociale e un esercito che controlla almeno il 40% dell’economia egiziana.

A partire da un bagno di sangue che ha ucciso più di 1.000 persone, le forze di sicurezza di el-Sisi ne hanno uccise successivamente altre centinaia. Altri sono stati giustiziati dopo processi illegali (in inglese: “kangaroo court”, ovvero una giustizia che procede a salti come un canguro. In sostanza il giudice “salta sopra” o ignora le prove che sarebbero a favore dell’imputato e lo condanna, ndt).
Le carceri egiziane, sinonimo di torture e sparizioni, traboccano di oltre 60.000 prigionieri politici, tra cui alcuni dei politici più importanti del Paese. Molti sono detenuti senza processo. Tutti gli scioperi, le proteste e le manifestazioni sono vietati dalle leggi draconiane dello Stato di emergenza egiziano. I media, pesantemente censurati, sono portavoce dello Stato, mentre i partiti e le organizzazioni che criticano il regime sono fuori legge.

Sebbene el-Sisi abbia rilasciato una manciata di detenuti in vista della Cop27, il numero di nuovi arresti è di gran lunga superiore. Ha ignorato gli appelli di circa 200 organizzazioni e persone, tra cui 13 premi Nobel per la letteratura, nel rilasciare giornalisti e prigionieri politici in vista della conferenza, tra cui gli attivisti Alaa Abdel Fattah e Ahmed Douma, l’avvocato per i diritti umani Mohamed el Baqer, il blogger Mohamed “Oxygen” Ibrahim, l’ex candidato presidenziale Abdel Moneim Aboul Fotouh, Seif e Safwan Thabet e l’ambientalista Ahmed Amasha.

Il noto blogger e attivista politico Alaa Abdel Fattah, che possiede la doppia cittadinanza britannica ed egiziana, è stato uno dei primi oppositori della dittatura di Mubarak; dal 2011 ha trascorso gran parte del tempo in carcere con l’accusa di aver incitato alla violenza contro i militari e di essersi opposto alle leggi che vietano le proteste. Martedì ha annunciato che avrebbe intensificato lo sciopero della fame parziale iniziato ad Aprile, rifiutando qualsiasi cibo o bevanda.

Tutto ciò non impedisce ai leader mondiali di partecipare alla Cop27 in territorio egiziano o di dare a el-Sisi una tribuna, anche se citano l’incombente carenza di energia, frutto delle loro stesse azioni contro la Russia, per costruire centrali a carbone e aumentare l’esplorazione di gas e petrolio, colmando così il deficit.

La conferenza si svolge mentre l’Egitto affronta una crisi economica e finanziaria sempre più disperata, esacerbata dalla pandemia COVID-19 che ufficialmente ha ucciso solo 25.000 persone (probabilmente un’enorme sottostima in un Paese in cui solo il 39% dei 104 milioni di abitanti è stato completamente vaccinato). Le rimesse [estere] degli egiziani che lavorano nel Golfo sono diminuite e i lavoratori sono ritornati [nel paese], ingrossando le file dei disoccupati. Le entrate sono crollate, mentre sono aumentate le spese per la sanità, l’assistenza sociale e il sostegno al turismo e al settore industriale.

La guerra in Ucraina ha colpito duramente l’Egitto, che è il più grande importatore di grano al mondo, con circa l’80% delle forniture provenienti da Russia e Ucraina. L’industria turistica egiziana dipende fortemente dai visitatori russi e ucraini e rappresenta il 12% del PIL, mentre l’aumento dei tassi di interesse negli Stati Uniti e l’impennata del valore del dollaro hanno aggravato la crisi del debito egiziano, portando ad un deflusso di fondi esteri.

La sterlina egiziana è scesa da 16 a 23 dollari dopo che la Banca Centrale Egiziana ha annunciato di voler abbandonare l’ancoraggio della sterlina al dollaro, lasciandola fluttuare in conformità con le forze di mercato in cambio di un prestito di 3 miliardi di dollari da parte del Fondo Monetario Internazionale (FMI), il quarto dal 2016, che fa dell’Egitto il secondo maggior mutuatario dopo l’Argentina.

Questo prestito è una goccia nell’oceano. All’inizio dell’anno, Goldman Sachs ha dichiarato che il Cairo avrebbe avuto bisogno di 15 miliardi di dollari da parte del FMI nei prossimi tre anni per colmare un deficit finanziario di 40 miliardi di dollari – utilizzati nel sostenere i progetti vanitosi di el-Sisi.
Questi includono una nuova capitale amministrativa da 59 miliardi di dollari a 28 miglia nel deserto a est del Cairo, un reattore nucleare da 25 miliardi di dollari e un’espansione del canale di Suez di 8 miliardi di dollari che non è riuscita a portare le entrate previste (enormemente gonfiate).

I massicci acquisti di armi da parte di el-Sisi – [provenienti] in gran parte dagli Stati Uniti, nonostante l’amministrazione Biden abbia sospeso alcuni accordi per gli armamenti in segno di finto orrore per la spaventosa situazione dei diritti umani [in Egitto]-, hanno consentito di reprimere le masse non solo in Egitto ma in tutta la regione, aggravando ulteriormente il deficit.

L’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti (EAU) e il Qatar hanno promesso investimenti per circa 22 miliardi di dollari, acquistando a prezzi stracciati alcuni dei beni e delle aziende statali più redditizie del Paese, nel tentativo di stabilizzare il Paese più popoloso del mondo arabo. Ciò ha attirato il Cairo nell’alleanza anti-Iran di Washington, con la partecipazione di El-Sisi all’incontro di Gedda con Biden e i leader degli Stati del Golfo, della Giordania e dell’Iraq a Luglio.

Il Cairo ha svolto un ruolo chiave nel mantenere il blocco criminale di 15 anni imposto da Israele alla Striscia di Gaza, governata dal gruppo affiliato ai Fratelli Musulmani, Hamas, impedendo qualsiasi ricostruzione dopo che la Striscia è stata resa quasi inabitabile dai ripetuti assalti di Israele e mediando in Agosto un cessate il fuoco tra la Jihad islamica palestinese e Israele alle condizioni di Tel Aviv.

In patria, El-Sisi ha tagliato i sussidi sui prodotti domestici e agricoli di base, ha aumentato i prezzi del carburante, ha imposto nuove tasse, tra cui un’imposta sul valore aggiunto, ha tagliato i bilanci della sanità e dell’istruzione e ha licenziato i dipendenti pubblici.

Tutto ciò è servito ad accelerare il trasferimento di ricchezza da parte del governo dalle classi medie e basse a se stesso e all’élite imprenditoriale, con conseguenze devastanti per i lavoratori egiziani e le loro famiglie. L’inflazione è ora al 15%, anche se i prezzi di alcuni prodotti alimentari sono aumentati del 66%, distruggendo gran parte della classe media egiziana e portando ad un’impennata i tassi di povertà. Circa il 30% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà, un altro 30% è prossimo alla povertà e quasi il 70% dipende dalle razioni alimentari.

La presenza di quasi tutte le grandi potenze alla Cop27 dovrebbe costituire un monito per la classe operaia internazionale. L’abbraccio delle élite al potere con el-Sisi significa che non sono in disaccordo con i suoi metodi brutali. Non esiteranno a prendere esempio dalle sue modalità quando si tratterà di reprimere la resistenza di massa alle loro odiate politiche di guerra, estrazione di profitto, austerità sociale e guadagni prima della politica sulle pandemie.

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