3 LA RINASCITA DEI GRUPPI
Nello sforzo di adattarsi a quella che pareva essere la realtà sociale, o indotti dalle pressioni di un ambiente più o meno avverso, parecchi militanti erano addivenuti a dei compromessi programmatici, neganti non una parte, ma tutto l’anarchismo. In genere costoro erano stati attratti al Movimento da un vago sentimento umanitario e romantico, non accompagnato da alcuna elaborazione critica; o dalla illusiva speranza di un immediato avvento rivoluzionario, il che nella fretta di realizzare li aveva trascinati alle urne e, quindi, a riconoscere allo Stato una utilità politica e sociale effettiva. Altri, provenienti dai partiti autoritari nei quali sentivano offesa la loro personalità, erano stati delusi dal contraddittorio comportamento di vecchi militanti di fronte ai fatti della vita quotidiana, o dal loro pseudo anarchismo, fondato su un estremismo parolaio ed esclusivamente demolitore.
Quasi dappertutto, insomma, si erano verificati disorientamenti e dispersioni, che rendevano necessaria ed urgente una vasta opera di chiarificazione interna, la quale sublimasse anarchicamente il vago umanitarismo dei primi, il rivoluzionarismo frettoloso dei secondi e, specialmente, le istanze verso un programma di massima di tutti gli altri. Continuare ad affermare, come non pochi « istintivisti » sostenevano, che « bisogna avanti tutto demolire quanto domani restando in piedi getterebbe la sua ombra malefica sulle nuove costruzioni» [1], senza poi chiarire la frase-fatta, prospettando la soluzione anarchica del problema del domani; o addirittura imbottire il cranio dei giovani simpatizzanti — in genere di vaga formazione mentale socialista — con le opere dello Stirner e del Nietzsche, buone solo per gli educati alle discipline filosofiche; e con ignoranti discorsi su una futura società anarchica fondata sull’individualismo, « (non quello antisociale dei superuomini), ma quello basato sui rapporti diretti tra individuo ed individuo » [2], senza rendersi conto del significato impossibile dell’enunciato, certamente avrebbe determinato nuovo disorientamento fra i giovani militanti impreparati.
Chiarire quindi, ma saper chiarire, sapere prospettare la necessità che i compagni non si specializzassero in una esclusiva propaganda anticlericale [3], o in una generica attività antifascista; e non dimenticare altresì l’urgenza della continuità della propaganda estensiva, per creare nuovi gruppi e nuove simpatie.
A questa duplice attività, alla quale si impegnarono in maniera più o meno notevole i militanti siciliani, contribuirono la Federazione Anarchica Italiana, i gruppi editori della penisola e gli anarchici del Nord-America, con aiuti finanziari e invii di opuscoli e giornali per la diffusione e di libri per la costituzione di piccole Biblioteche circolanti [4].
Cosicché, dal giugno 1946 al febbraio 1947, gli anarchici Armando Borghi, Umberto Consiglio, Giovanni Diecidue, Alfonso Failla, Salvatore dandone, Placido La Torre, Randolfo Velia, tennero 54 conferenze in 27 comuni dell’isola; e precisamente ad Agrigento, Burgio, Ciavalotta, Favara, Grotte, Lucca Sicula, Santa Margherita Belice, Villafranca Sicula, Gela, Riposto, Enna, Messina, Barcellona, Mandanici, Taormina, Palermo, Bagheria, Ragusa, Modica, Vittoria, Siracusa, Trapani, Castelvetrano, Marsala, Mazara, Partanna, Santa Ninfa [5]. Da notare che spesso tali conferenze furono organizzate da un numero esiguo di anarchici o di simpatizzanti, i quali dimostrarono una decisione ed un entusiasmo veramente rilevanti, specie dove gli ostacoli frapposti dalle locali clientele erano rappresentati dalla parte peggiore della mafia [6].
Nel medesimo periodo furono promosse altresì centinaia di conversazioni nei locali dei Circoli, delle Camere del lavoro e dei partiti politici di oltre 60 comuni siciliani [7], distribuendo ivi copiosamente periodici ed opuscoli anarchici e creando altrettanti centri di simpatizzanti per il Movimento. Più di ogni altro Alfonso Failla, viaggiando spesso a piedi, percorse decine di paesi nella provincia di Agrigento, Ragusa, Siracusa e Trapani [8], allacciò contatti con vecchi militanti isolati, tenne decine di conversazioni, diffuse dappertutto la stampa anarchica, chiarì dubbi a giovani e vecchi compagni delusi e rianimò i gruppi che nel giugno si erano disgregati [9].
Questa intensa attività provocò il consolidamento delle posizioni del Movimento in alcuni centri dell’isola, determinò la costituzione di 15 nuovi gruppi anarchici a Bagheria, Barcellona, Comiso, Enna, Gela, Grotte, Ispica, Lentini, Modica, Palermo, Ragusa, Riposto, Vittoria [10], e rese possibile che nel periodo immediatamente successivo al Convegno regionale di Palermo ne sorgessero numerosi altri, dei quali ricordiamo quello di Favara, forte di circa 50 militanti, quasi tutti braccianti agricoli [11].
In verità, specialmente nei primi mesi della loro costituzione, alcuni di questi gruppi svolgevano un’attività discontinua ed a volte contraddittoria, la quale produceva un periodico flusso e riflusso di militanti a Gela, Ispica, Enna, Lentini, Modica [12]. Proprio a Modica, dove esisteva il gruppo più numeroso e più attivo del ragusano, questo fenomeno appariva strano ed insieme caratteristico; tanto più che il gruppo di Modica, aumentato in pochi mesi di propaganda a oltre 100 aderenti, ripartiti in quattro gruppi [13], promuoveva la formazione di quelli di Comiso, Ispica, Ragusa e Vittoria.
A Modica c’era un ambiente abbastanza favorevole verso gli anarchici, il che avrebbe potuto fruttare al Movimento una solida e determinante posizione in tutta la provincia. Ma l’attività di quegli anarchici non teneva conto dell’urgente necessità della preparazione dei nuovi militanti, alcuni dei quali rimanevano tuttavia iscritti ai partiti politici; e si svolgeva in senso esclusivamente estensivo e teorico, per giunta, sulla base delle conferenze Consiglio e Failla e della distribuzione della stampa, senza alcun pratico riferimento ai problemi della vita quotidiana. Aderire al gruppo non significava inserirsi in un anarchismo operante, ma sognare insieme ad altri una vaga società migliore, organizzare commissioni, promuovere la formazione di nuovi gruppi di « scontenti », « sentire » — senza alcuna elaborazione critica — di essere i depositari della Verità e, perchè no, sperare di potere editare un periodico anarchico, accontentandosi intanto di un numero-unico, La Diana, nel quale si nota tutta la vaghezza parolaia dei redattori [14]. Per il momento, comunque, gli anarchici di Modica promuovevano la costituzione della « Federazione Anarchica della Sicilia Sud-Orientale », formata anche da gruppi esistenti solo nominalmente [15]; e, apparentemente, tutto faceva sperare che ivi il Movimento si sarebbe ulteriormente sviluppato [16].
Di contro, nel medesimo periodo, si assiste ad un diverso sviluppo dei gruppi di Siracusa, Trapani, Mazara e Messina, dove la migliore preparazione e la maggiore concretezza dei militanti determinavano un’attività continua e metodica, la quale si ripercuoteva a sua volta sui primi motivi.
A Siracusa, dopo il rientro di Alfonso Failla, « il cui dinamismo si impone efficacemente anche agli avversari » [17], l’attività si era moltiplicata estendendosi ai centri della provincia, dove alcuni membri del gruppo si recavano più volte per diffondere la stampa e dove il Failla intratteneva i simpatizzanti con continue conversazioni. In città, poi, le riunioni aperte a varie decine di amici, si alternavano con le conferenze nei locali della Camera Confederale del Lavoro e dell’ A.N.P.I., nel corso delle quali l’oratore si intratteneva sulle necessità attuali dei lavoratori, suggerendo soluzioni anarchiche e rivoluzionarie, in palese contrasto con i compromessi proposti dai dirigenti dei partiti e della C.G.I.L. [18]. La propaganda anarchica così condotta, e senza la negativa fretta di realizzare subito la forza del numero, incontrava consensi fra gli operai su cui il gruppo — che contava parecchi studenti — poggiava con solida stabilità.
La situazione del trapanese, dopo le elezioni della Costituente, è perfettamente rispecchiata dalle discussioni e dalle decisioni adottate dai gruppi di Castelvetrano, Mazara e Trapani, presenti al 3° Convegno provinciale del 28 luglio 1946 [19], dal quale mancavano, come si nota, i pseudogruppi di Castellammare del Golfo e di Alcamo, ormai chiaramente inesistenti. Nè, a tal proposito, i partecipanti ritenevano ancora utile di ripetere l’espediente dei precedenti incontri provinciali. Si impegnavano, invece, di moltiplicare i loro sforzi onde costituire altri gruppi a Marsala ed a Salemi, dove esistevano veramente le condizioni perchè le speranze si realizzassero. Ciò che maggiormente interessava il Convegno era la questione dei rapporti con il Movimento operaio, per cui i presenti stabilivano di costituire dei « Comitati di azione sindacale », che agitassero le soluzioni rivoluzionarie dei problemi dei lavoratori nelle stesse organizzazioni sindacali della C.G.I.L. L’attività successivamente svolta, specialmente a Trapani, moltiplicava gli aderenti ed i simpatizzanti e rendeva effettivamente conforme allo spirito del comunismo anarchico la preparazione di quei militanti, come si rileva dalle proposte da essi inviate, tramite Alfonso Failla, al Convegno della F.A.I., tenuto a Bologna il 29 e 30 settembre 1946 [20].
Non più inceppata dalla ossessiva propaganda elettorale antimonarchica, l’attività degli anarchici messinesi aveva assunto, dopo il giugno, un ritmo sempre più intenso e coerente, guadagnando al gruppo numerose adesioni di impiegati, studenti, liberi professionisti e operai [21] ; ed allargando il numero dei simpatizzanti fra i lavoratori della maggioranza dei sindacati organizzati nella locale Camera Confederale del Lavoro, alle cui assemblee e manifestazioni taluni anarchici non mancavano mai di assumere pubblicamente e con rilevanti effetti una posizione critica e rivoluzionaria. Nel corso delle riunioni del gruppo i militanti si intrattenevano sui vari problemi interni ed esterni del Movimento: assumevano impegni per la diffusione della stampa anche nella provincia, per la organizzazione di conversazioni nei locali del Circolo ed altrove e per il comportamento da osservare nelle agitazioni sindacali; infine, discutevano sulle tesi programmatiche dell’anarchismo, onde rafforzare la loro preparazione ideologica. E nonostante che successivamente e per vari motivi si sarebbe verificata una parziale dispersione degli aderenti, la metodica continuità del lavoro svolto avrebbe certamente garantito una sia pur saltuaria, ma sempre coerente propaganda anarchica a Messina.
Il I° Convegno anarchico regionale, troppo affrettatamente preparato non sarebbe stato la logica conclusione dell’attività svolta dagli anarchici siciliani durante i tre anni precedenti; bensì un tentativo mal riuscito di far il punto della situazione del Movimento anarchico nell’isola e di riunire in una Federazione regionale tutti i gruppi onde renderli positivamente operanti. Esso era stato richiesto dalla generalità dei gruppi partecipanti, su decisione singolarmente adottata, in seguito al giro propagandistico di Alfonso Failla, dal quale venne praticamente promosso, come attesta il comunicato di convocazione, pubblicato dalla « Federazione Anarchica Palermitana » a firma Failla-Natoli [22].
Come già alla Federazione Anarchica Palermitana, costituita nel 1947 dagli anarchici di Palermo e di Bagheria [23], Paolo Schicchi aderì e partecipò al Convegno regionale, tenuto a Palermo il 2 marzo seguente; e, pur mantenendo nel corso dei lavori un certo atteggiamento di resistenza verso ogni organizzazione anarchica — perfettamente condiviso da Nino Pino Balotta di Barcellona [24] —, non ostacolò la proposta di costituire una « Federazione Anarchica Siciliana ». Oltre Paolo Schicchi, al Convegno intervennero i rappresentanti dei gruppi di Agrigento, Bagheria, Barcellona, Castelvetrano, Mazara, Messina, Modica (per i 4 gruppi di Modica e per quelli di Comiso, Ragusa e Vittoria), Palermo, Siracusa (anche per Lentini) e Trapani. Aderirono con lettera i gruppi di Enna, Grotte, Marsala, Riposto e numerose individualità anarchiche di altre località.
« Gli intervenuti, dopo ampia discussione, allo scopo di dare maggiore impulso alla propaganda delle loro idee, stabilirono quanto segue: 1) Costituzione della Federazione Anarchica Regionale Siciliana, il coordinamento della quale, con la collaborazione delle varie federazioni e gruppi aderenti, è affidato ad un comitato di corrispondenza, con recapito presso Marcello Natoli (Piazza Principe di Camporeale 68, Palermo); e di collaborare nell’ambito del Movimento anche con quei compagni e gruppi che eventualmente non accettassero l’accordo federativo [25]. 2) Di aderire alla F.A.I., con gli stessi criteri che informano la Federazione siciliana. 3) Di dar vita ad un loro settimanale in Sicilia, ferma restando la loro solidarietà morale e materiale per la battagliera rivista Era Nuova, compilata da Paolo Schicchi, all’opera del quale si deve, principalmente, la rinascita del Movimento nell’isola [26]. 4) Ritenuto che attualmente l’organizzazione operaia, specie in Sicilia, è necessaria come primo passo sulla via dell’elevazione morale e materiale degli sfruttati, i convenuti decidono di attivizzarsi anche nella lotta che combattono i contadini siciliani contro il latifondismo, fonte della reazione in Sicilia. 5) Di dare vita ad un bollettino che serva di collegamento tra i compagni e gruppi della Sicilia, la compilazione del quale è affidata al Comitato di Palermo. 6) Di attivizzare nell’ambito regionale i compagni capaci di svolgere propaganda orale, i cui nomi sono a disposizione dei compagni che li richiedono presso la Federazione; e di proporre al Congresso della F.A.I. l’intercambio degli oratori delle varie regioni. Particolare invito è rivolto al compagno Randolfo Vella, che già iniziò il suo giro di conferenze in Sicilia, perchè si trattenga più a lungo nell’isola. 7) Udita la relazione sull’attività propagandistica svolta nella regione, i convenuti ringraziano per i loro aiuti fattivi i compagni dei gruppi riuniti d’America, dell’Europa e della Federazione Anarchica Lombarda. 8) Esaminata la relazione dell’opera svolta dai Comitati di difesa sindacale della F.A.I., per liberare l’organizzazione operaia dal centralismo monopolizzatore, ne approvano l’operato… 9) Infine fu discusso l’ordine del giorno proposto per il Congresso di Bologna e si riaffermarono i concetti teorici dell’anarchismo, e venne dato incarico ad alcuni compagni presenti al Convegno di rappresentare la Federazione Anarchica Siciliana al Congresso di Bologna» [27].
Il Convegno regionale contribuì alla rinascita: in quanto fu un incontro di esperienze diverse, una chiarificazione per certe posizioni ideologiche, un’affermazione della necessità di coordinare le possibilità e le attività locali, rivolgendole unite verso il conseguimento di obiettivi comuni, e, infine, perchè maturò il proposito di un periodico regionale, che ebbe finalmente pratica attuazione. Per tutto il resto esso costituì un fallimento, i cui motivi sono principalmente connessi alla recentissima formazione di taluni gruppi, non ancora resi efficienti dal mastice della maturità ideologico-pratica e dall’affiatamento delle individualità componenti.
Lo stesso impegno unanimamente assunto dai convenuti, in merito alla partecipazione al Movimento operaio, per liberarlo « dal centralismo monopolizzatore », sarebbe rimasto tuttavia una formale dichiarazione per la generalità degli anarchici siciliani. In pratica, infatti, domani come già ieri, solo taluni militanti avrebbero partecipato metodicamente alle quotidiane lotte operaie, prospettando per i sìngoli problemi le soluzioni suggerite dall’anarchismo; mentre tutti gli altri avrebbero continuato a vivere una vita alquanto staccata dalla realtà, impegnandosi nelle lotte dei lavoratori, allorché queste si fossero trasformate in manifestazioni di piazza o in veri e propri conflitti con i padroni e con la polizia.
Per taluni di coloro che con i fronti popolari del dopoguerra, nati e vissuti nel compromesso e per il compromesso, avevano contribuito al rafforzarsi dello Stato italiano, questo atteggiamento attuale quanto futuro, di resistenza da neo-illuministi e continuatori delle tradizioni prefasciste, era giustificato dalla preoccupazione che convivere con i social-comunisti, in un ambiente ormai da essi compromesso, sarebbe stato un imperdonabile ed inutile errore. Tanto più che quei vecchi anarchici che, dopo il settembre 1943, per esigenze « realistiche » avevano partecipato alla vita dei lavoratori, erano stati generalmente organizzati nelle file dei partiti di sinistra, diventandone i « quadri » dirigenti. A Lucca Sicula ed a Burgio, per esempio, Giovanni Bufalo e Nino Guarisco avevano finito per essere nominati sindaci dei rispettivi comuni,… per evitare che quelle cariche fossero ricoperte dai reazionari locali — come gli stessi affermavano.
Giuste preoccupazioni quindi, ma solo se non si tenesse conto che i trascinatori erano stati a loro volta trascinati verso un « praticismo » negante tutto l’anarchismo, proprio per difetto della necessaria elaborazione critica dell’ideologia: perchè non avevano saputo o voluto associarsi fra loro educando i lavoratori a quella pratica che scaturisce dall’anarchismo.
Solo a questo patto non farebbe sorridere quanto il vecchio Giuseppe Cazzola di Mandanici — preoccupato dei suoi… « torti » — riferiva ad Alfonso Failla nel gennaio 1947: « Ti devo confessare una incoerenza: io ho aderito al Sindacato dei contadini ed ho partecipato alle lotte per la rivendicazione di migliori condizioni di vita di questa categoria alla quale io appartengo» [28].
Inoltre, se tali motivi si raffrontassero all’esperienza ed all’ideologia anarchica, così come sono state vissute e formulate dal Movimento dei militanti, da Bakunin a Malatesta, si noterebbe subito tutta la debolezza della tesi « resistenzialista », come debolezza della preparazione teorico-pratica dei suoi propugnatori. Anche perchè, se il Movimento operaio già nel 1946 correva verso il sindacalismo legalitario, che sostiene e dà valore a questa società, si doveva in parte alla assenza degli anarchici dalle organizzazioni operaie. Limitata a singoli militanti, la funzione educativo-rivoluzionaria, che è propria di tutto il Movimento anarchico, non poteva dare che irrilevanti o parziali risultati; mentre ai social-comunisti permaneva tutta la possibilità di monopolizzare i lavoratori, distogliendoli dai loro obiettivi di emancipazione libertaria e socialista.
Comunque, la parziale sfiducia che si nota nella pubblicistica anarchica dell’epoca, nelle stesse decisioni del Convegno regionale siciliano e nelle diverse pratiche posizioni dei militanti, verso le organizzazioni dei lavoratori « monopolizzate dai partiti legalitari »; e la prepotente ricerca di apertura verso il Movimento operaio, come condizione della rinascita e della solidità di ogni gruppo e del Movimento anarchico nel suo insieme; se da un lato affermava il permanere di talune posizioni « istintiviste » e acritiche del prefascismo — tali posizioni erano mantenute proprio da
coloro che temevano i pericoli « insiti nel prolungarsi della pratica organizzativa… » —, dall’altro era indice di un travaglio vitale di svalutazione di qualunque negativa concezione dualistica, già superata da Errico Malatesta.
NOTE
[1] Cfr. Dateci un programma, in Umanità Nova, 2 febbraio 1947 (a. XXVII, n. 5).
[2] Ibidem
[3] Proprio dopo il 2 giugno taluni gruppi anarchici si impegnavano in attività anticlericali, costituendo « Associazioni del Libero Pensiero » e « Circoli Giordano Bruno ».
[4] In particolare la Federazione anarchica lombarda inviò per vari anni gratuitamente molti numeri de II Libertario ai gruppi siciliani; i gruppi anarchici del Nord-America resero possibile, con i mezzi messi a disposizione di A. Borghi e di A. Failla, le conferenze tenute in Sicilia dall’agosto 1946 al marzo 1947 dai due oratori e, oltre che numerosi pacchi di libri, inviarono agli anarchici siciliani più bisognosi non lievi aiuti (pacchi vestiario, medicinali ecc.); la Federazione romagnola a mezzo Turroni fornì ai gruppi siciliani notevole quantità di materiale di propaganda; Paolo Schicchi di Palermo, Mazzucchelli di Carrara e lo stesso Failla finanziarono il giro di conferenze compiuto da quest’ultimo nel luglio-agosto 1946.
[5] Gli oratori indicati tennero rispettivamente il seguente numero di conferenze : Failla 37, Borghi 6, Consiglio 4, Velia 3, La Torre 2, Diecidue 1, Giandone 1. Ad Agrigento vennero organizzate 2 conferenze, a Burgio 2, a Grotte 2, ad Enna 3, a Messina 7, a Palermo 4, a Modica 2, a Siracusa 4, a Trapani 3, a Castelvetrano 4, a Mazara 5, in tutte le altre località citale una per parte (Cfr. le collezioni giugno 1946-marzo 1947 dei periodici Era Nuova, Il Libertario, L’Aurora, L’Amico del Popolo, Umanità Nova).
[6] In particolare a Favara, dove il Failla parlò l’11 agosto 1946, ed a Partanna, dove parlò l’11 febbraio 1947.
[7] Oltre i comuni citati, si ricordano Catania, Avola, Cassaro, Augusta, Noto, Palazzolo, Fioridia, Francofonte, Lentini, Rosolini, Salemi, Sciacca, Ribera, Porto Empedocle, Casteltermini, Canicattì, Calamonici, Centuripe, Pietraperzia, Agira, Monreale Palazzo Adriano. Le conversazioni vennero tenute sia dagli oratori già citati, sia da Carta di Enna, Cappuzzello di Modica, Cannone di Alcamo, Gramignano di Trapani, Cerrito e Timpanaro di Messina, Maniscalco di Mazara, Martorana di Bagheria, Pino di Barcellona, Sicilia di Agrigento.
[8] Nei mesi di giugno-agosto e gennaio-febbraio, in modo particolare.
[9] Prima del passaggio del Failla da Agrigento « sembrava che noi esistessimo solo come semplici individualità astratte, chiusi nel vestibolo dell’idea e al di fuori e al di sopra di tutte le beghe e le competizioni politiche… » — scriveva Antonio Sicilia, che fino al giugno 1946, non avendo saputo suggerire ai compagni del gruppo ed ai suoi concittadini la soluzione anarchica dei problemi del momento, si era invischiato in una propaganda talmente contradittoria da provocare la dispersione di quelle forze e di quelle simpatie che man mano era riuscito a raccogliere. (Cfr. Umanità Nova, 25 agosto 1946 (a. XXVI, n. 34).
[10] Per la costituzione di tali gruppi, cfr. le collezioni dei periodici citati a nota [5], . A Modica nel medesimo periodo sorsero 3 diversi gruppi anarchici.
[11] II gruppo di Favara sarà costituito nel luglio 1947. (Cfr. La Conquista del Pane, Siracusa, 10 agosto 1947, numero-unico).
[12] Particolarmente il gruppo di Ispica scomparve nel gennaio 1947, quelli di Gela e di Lentini subito dopo il Convegno di Palermo, ad Enna nonostante gli sforzi fatti dal Carta il gruppo rimase per lungo tempo instabile e sparuto.
[13] Erano in sostanza quattro gruppi di quartiere, senza alcuna differenza di principio fra gruppo e gruppo.
[14] La Diana, numero unico a cura della Federazione Anarchica della Sicilia Sud-Orientale, Modica, 19 dicembre 1946, Direttore resp. Orazio Lorefice.
[15] Dopo qualche anno i gruppi si erano notevolmente assottigliati per vari motivi.
[16] Lo stesso gruppo di Comiso annoverava vari elementi iscritti contemporaneamente ai partiti politici.
[17] Cfr. Era Nuova, luglio 1946 (a. I, n. 5), p. 23.
[18] Le conferenze del Failla a Siracusa erano settimanali. Esse non sono comprese nelle 54 citate.
[19] Cfr. Umanità Nova, 11 agosto 1946 (a. XXVI, n. 32).
[20] Per il Convegno di Bologna, a cui partecipava il Failla quale delegato di vari gruppi siciliani, cfr. Umanità Nova, 20 ottobre 1946 (a. XXVI, n. 42).
[21] Si ricordano i seguenti nuovi aderenti: Placido La Torre, Melo Timpanaro, Michela Bicchieri, Marco Parolini, Dino Minniti, Nino Santoro, Salvatore Pesti, Salvatore Cutuli, Giuseppe Tuzza.
[22] Cfr. Umanità Nova, 23 febbraio 1947 (a. XXVII, n. 8).
[23] Cfr. Era Nuova, gennaio 1947 (a. II, n. 1), p. 24.
[24] Nel dicembre del 1947, in seguito ad incidenti successi nel corso di uno sciopero spontaneo di Barcellona P. G., Nino Pino Balotta venne tratto in arresto. Presentato poi nella lista di candidati del P. C. I., per le elezioni del 1948, venne eletto deputato al Parlamento ed usci dal carcere e …dal Movimento anarchico.
[25] Cfr. in merito a quest’ultimo atteggiamento, U. CONSIGLIO , Serenità, in Umanità Nova, 6 febbraio 1947 (a, XXVII, n. 7).
[26] II primo numero del periodico, diretto da U. Consiglio e A. Failla, uscì a Siracusa il 1° maggio 1947, l’ultimo il 17 aprile 1949. Complessivamente ne vennero pubblicati 13 numeri e tutti con titoli diversi per mancanza di autorizzazione.
[27] Cfr. la relazione del Convegno, in Umanità Nova, 16 marzo 1947 (a. XXVII, numero 11).
[28] La conferenza a Mandanici venne tenuta il 14 gennaio 1947. La frase mi è stata riferita dal Failla.