Biagio “Gino” Cerrito, “La rinascita dell’anarchismo in Sicilia” –Terza Parte

Seconda Parte

 

2 DA CARRARA AL REFERENDUM

Al congresso anarchico italiano, riunitosi a Carrara dal 15 al 20 settembre 1945, parteciparono dalla Sicilia i soli anarchici di Messina, mediante i propri delegati Gino Cerrito e Vincenzo Mazzone. E se il Congresso servì notevolmente alla chiarificazione di idee e di metodi per tutti i militanti del Movimento italiano, per quelli di Messina esso segnò la data d’inizio di una attività sempre più conseguente anarchicamente, nella misura in cui la loro preparazione diventava più solida, attraverso le letture, le quotidiane discussioni e la partecipazione continua al Movimento operaio ed alle agitazioni dei lavoratori della città [1].

L’avvenimento rese possibile in primo luogo una più coerente preparazione ideologica del Cerrito, per le amicizie e le conoscenze acquisite, con le quali si tenne sempre in relazione epistolare, per la nuova esperienza vissuta, per le pubblicazioni anarchiche che lo stesso potè rintracciare a Carrara, a Livorno ed a Roma, e che costituirono poi la base della piccola Biblioteca sorta a Messina ed il materiale più importante per l’incremento della propaganda libertaria anche nell’ambiente operaio, dato il carattere divulgativo e popolare di molte di esse [2].

E nonostante la calunniosa azione dei dirigenti comunisti locali, contro il gruppo anarchico [3] messinese, e l’ordine categorico da essi impartito alla « base » di isolare e lottare ogni elemento libertario [4], l’attività svolta dal piccolo iniziale gruppo fruttò numerosi simpatizzanti.

I mezzi usati dagli anarchici di Messina per raccogliere simpatie e formare ideologicamente dei compagni, oltre la distribuzione della stampa, la diffusione di manifesti [5] e le conversazioni individuali nei vari ambienti cittadini, furono la costituzione di un « Circolo di Studi Sociali », con annessa Biblioteca circolante, e la occupazione di alcuni locali nel palazzo ex littorio di Messina, dove il Circolo ed il Gruppo ebbero sede per vari anni [6]. Il giorno 8 ottobre 1945, infatti, in conformità con le decisioni prese dal Congresso di Carrara, veniva fondato il Circolo [7] con il compito di « Costituire una Biblioteca fornita di opere sociali ed iniziare il prestito ai soci; stabilire un ciclo di conferenze educative chiedendo a questo scopo l’appoggio dei vari studiosi della città; mettersi in contatto con gli altri Circoli di studi sociali d’Italia, con le Università popolari, e con quanti altri enti abbiano scopi identici a quelli citati nell’art. 3 del presente statuto… creare un ambiente ricreativo differente da quello falso e borghese in atto esistente, con balli, gite ecc…. » [8] La Biblioteca circolante sorgeva qualche giorno dopo, con patrimonio iniziale di circa 400 fra opuscoli e libri a carattere sociale, posseduti da alcuni dei fondatori [9] , e veniva messa a disposizione dei 68 soci, iscritti entro il 31 gennaio seguente [10].

La reciproca fiducia dei membri del gruppo e l’affiatamento raggiunto, mediante la quotidiana convivenza nella sede sociale, agevolò la necessaria selezione degli anarchici e neutralizzò altresì l’azione di disorientamento condotta per più mesi da un « agente provocatore », riuscito a carpire la buona fede di taluni compagni. Allorché, anzi, venne scoperto il passato del famigerato Orlando Niccoli di Empoli, ex spia fascista fra i gruppi di G. L. di Firenze e fra i confinati antifascisti delle « isole », la compattezza del gruppo messinese si rafforzò, giacché i compagni divennero amici fraterni [11].

La propaganda estensiva svolta nella provincia, mediante l’ invio di pubblicazioni agli amici personali degli anarchici messinesi, non fu in verità attiva e continua, giacché l’attenzione di essi era particolarmente polarizzata dai simpatizzanti, che frequentavano la sede del Circolo, e dal Movimento operaio locale, che richiedeva la loro quotidiana presenza. Nonostante ciò, mentre Giuseppe Cazzola di Mandanici e Valentino Campanella di Venetico rimanevano ancora del tutto fuori del movimento di rinascita anarchica, fin dal novembre del 1945, uno sparuto numero di anarchici avevano iniziato da Barcellona P. G. la propaganda delle idee libertarie, agendo con particolare riguardo sugli « indipendentisti » di quel circondario.

Era ormai per molti versi chiaro che i dirigenti del M.I.S. avevano deluse le speranze della gioventù indipendentista, accettando il compromesso di una Consulta regionale, che avrebbe redatto uno statuto autonomo per l’isola. E, d’altra parte, fomentato dagli agrari e da altri ambienti reazionari siciliani, si era diffuso fra le file di quel Movimento un sentimento di apparente indifferenza verso la questione istituzionale, che nascondeva il proposito di conservare nell’isola la monarchia sabauda. Questi ed altri motivi, fra cui la condanna a morte di 22 anarchici a Cadice — agitati dal Movimento anarchico in quegli anni [12] -— venivano diffusi dal non « separatista » Germinal, « Libera voce dei Libertari Separatisti di Sicilia », numero-unico stampato « alla macchia » da Nino Pino Balotta e vari simpatizzanti di Barcellona P.G., nel dicembre 1945 [13].
Il fallimento del Convegno biprovinciale, convocato per il 29 agosto 1945 dai gruppi del trapanese, aveva determinato quegli anarchici di intensificare la propaganda nella provincia e di riunirsi in una Federazione che contribuisse all’estendersi del Movimento, specie in quei centri in cui gli anarchici fossero più deboli numericamente e più bisognevoli della solidarietà degli altri.

Anche nel trapanese le deliberazioni del Congresso di Carrara avevano giovato per una chiarificazione. Quelli di Castelvetrano, infatti, si erano convinti della necessità di abbandonare ogni negativa posizione di alleanza di tipo politico e legalitario con i partiti, e, come tutti gli altri della provincia, avevano cominciato con il denominare « anarchico » il loro gruppo, sostituendo questa parola alla precedente formula « comunista libertario »: la quale, anche se indicativa di un programma e di un metodo, avrebbe ingenerato — come già nel passato e ovunque —degli equivoci compromettenti per la coerenza anarchica. A Mazara era stato iniziato il lavoro per la fondazione di una Biblioteca circolante. A Trapani, quel gruppo « A. Giannitrapani » aveva continuata la sua attività estensiva in città — diffondendo fra l’altro un manifesto ed organizzando un pubblico comizio nel febbraio 1946, tenuto dai compagni Gramignano e Cannone —e nella provincia, onde costituire al più presto, come primo obiettivo, un gruppo ad Alcamo.

Il 14 marzo 1946, si incontravano a Trapani i gruppi di Alcamo, Castellammare del Golfo, Mazara, Castelvetrano e Trapani; e dopo avere ampiamente discusso sulla necessità di una più urgente rinascita del Movimento, deliberavano di riunirsi nella « Federazione Anarchica Trapanese Carlo Cafiero ». [14]

Per la seconda volta si erano assentati dal Convegno trapanese i compagni di Marsala e quelli di Salemi, che continuavano ad espletare una scarsa, slegata e poco efficiente attività individuale [15] : in compenso, erano stati riammessi i pseudo-anarchici di Castellammare del Golfo, tuttora iscritti al Partito comunista, ed era stato artificiosamente aumentato il numero dei gruppi della provincia, aggiungendo ai realmente esistenti il gruppo di Alcamo, formato per il momento dal solo anarchico Gaspare Cannone [16]. Tale diffusa tendenza di apparire più forti della realtà, quasi che si avesse vergogna di essere in pochi e si sentisse il bisogno di illudersi illudendo e sbandierando una forza numerica inesistente, onde polarizzare mediante questa il movimento d’opinione pubblica, per trascinarlo, più che educarlo, all’anarchismo, era determinato e determinava la erronea convinzione che la quantità fosse più importante della qualità, per cui si impegnava ogni energia al lavoro estensivo, con l’evidente risultato di un continuo flusso e riflusso nei gruppi stessi. D’altra parte, l’umano bisogno di forza, giustificato dai tempi e dalla unanime volontà di urgente rinascita del Movimento, affrettava la costituzione della Biblioteca circolante di Mazara e spingeva gli anarchici di Trapani e di Castelvetrano alla ricerca di maggiori simpatie nei rispettivi centri, mediante pubblici comizi tenuti da Filippo Gramignano, Gaspare Cannone e Rosario Diecidue [17].

Alquanto diverso fu il processo di rinascita del gruppo di Siracusa, che avrebbe influenzato una larga zona dell’isola. Nel novembre del 1945 era rientrato a Siracusa, dal « campo di sterminio » di Dachau, l’anarchico Umberto Consiglio. Convinto che fosse necessario « essere meno… pratici e più anarchici » [18]: che cioè si dovesse respingere ogni compromesso partitario, frontista e quantitativo, e collaborare solo con i vecchi anarchici nella misura in cui questi si fossero sforzati di comportarsi anarchicamente, durante e dopo il regime, Umberto Consiglio si era rifiutato di costituire a Siracusa un gruppo anarchico insieme a coloro che avevano anteposto alla dignità e al proprio ideale l’interesse ed il piacere di un vivere tranquillo [19]; preferendo rimanere solo per alcuni mesi ed espletando un’attività propagandistica coerente fra gli ex-simpatizzanti del periodo prefascista e fra i giovanissimi che a lui si erano inizialmente avvicinati, perché attratti dalla fama dell’anarchico, che aveva fra l’altro partecipato alla guerra civile spagnola, e dalla correttezza e maturità politico-sociale dell’uomo, e dal suo non comune e quindi strano comportamento.

Egli, infatti, che aveva per tanti anni sofferto le persecuzioni dei fascisti e dei nazisti e che poteva vantare per ciò meriti maggiori di molti o di tutti gli altri antifascisti della città, non solo non aveva richiesto una sistemazione in un qualsiasi pubblico ufficio, ma l’aveva altresì rifiutata quando gli era stata offerta, preferendo di fare la fame con le poche ore di lezione che privatamente impartiva, proprio per rimanere… indipendente. Era una esagerazione e come tale venne considerata. Ma commosse e guadagnò più stima al rag. Umberto Consiglio ed agli anarchici che egli rappresentava.

E pertanto, non gli fu difficile raccogliere un buon gruppo di giovani nell’ambiente operaio e studentesco siracusano, tradizionalmente favorevole all’anarchismo.

Il gruppo « Su la vetta », il cui nome indica chiaramente la tendenza dell’anarchismo del Consiglio, nacque nel gennaio successivo. Esso — scriveva Umberto Consiglio — « rimarrà attaccato al concetto tradizionale dell’anarchismo, inteso non come movimento specifico di classe, ma come movimento umanistico, che impernia la sua attività attorno al fine di elevare l’uomo alla consapevolezza di cellula sociale » [20]. Seguirono vari tentativi onde organizzare delle pubbliche conferenze; ma, sempre « all’ultimo momento, la reale sbirraglia mi ha rifiutato la… autorizzazione per …motivi di pubblica sicurezza — affermava il Consiglio —. Mi riservo di non …darmi per vinto. Si approfitta un po’ della scarsezza di compagni decisi a tutto… » [21]. Ma nel maggio il gruppo riusciva a spuntarla e Umberto Consiglio esponeva nel Teatro comunale di Siracusa il contenuto dell’anarchismo, riscuotendo numerosi consensi [22].

L’azione propagandistica ed associativa del Consiglio si estese a Modica, dove nel dicembre del 1945 Giuseppe Alticozzi aveva costituito il gruppo anarchico « 23 maggio 1921 » [23] ed a Ragusa, dove già da tempo esistevano le premesse per la nascita di un gruppo. Per il momento, però, fra i simpatizzanti di Ragusa regnava il disorientamento: alcuni di coloro che più tardi avrebbero formato il gruppo anarchico, arrestati all’indomani di quella rivolta che nel gennaio 1945 aveva turbato tutta la provincia [24], si trovavano sparsi nelle diverse carceri dell’isola o al « confino di polizia »; altri, superficialmente convinti alle dottrine rivoluzionarie e libertarie dai settimanali anarchici e da II Partigiano di Carlo Andreoni, avevano formato una sezione ragusana dell’« Unione Spartaco », aderendo poi, nel marzo 1946, alla costituenda « Federazione Libertaria Italiana », promossa da un gruppo di revisionisti provenienti dal movimento anarchico italiano e dai redattori del Partigiano, poi L’Internazionale [25].

Al Congresso di Carrara del settembre 1945, gli anarchici erano giunti non solo per il bisogno d’incontrarsi e associare gli sforzi degli individui e dei gruppi onde lottare uniti per la rinascita del Movimento, ma anche per un’ovvia esigenza di chiarificazione, dopo circa un ventennio di sofferenze e vari mesi di disorientamento, causato da tentativi più o meno chiari di revisionare il metodo ed il contenuto dell’anarchismo. Il Congresso aveva neutralizzato le mene riformistiche del gruppo Andreoni-Valeri-Perelli-Concordia, e si era chiuso con la costituzione della Federazione Anarchica Italiana — la quale era effettivamente sorta a Ponza nel 1933 [26]—. Ma la polemica fra « anarchici puri » e « comunisti libertari », alla maniera di Andreoni e compagni, i quali ventilavano la partecipazione del Movimento alle elezioni politiche, continuò sulle colonne dell’ Internazionale, che in Sicilia si diffondeva ovunque [27].

Al limitato disorientamento seguito nelle file del Movimento, rispose una estesa campagna di chiarificazione condotta dalla stampa periodica anarchica, alla quale parteciparono i militanti dell’isola con mozioni, con violenti scritti di Paolo Schicchi e con sereni e preoccupati articoli di Umberto Consiglio [28]. Ma in Sicilia, data la particolare situazione del Movimento anarchico, le tesi agitate dall’ Internazionale trovarono consensi solo presso alcuni dei vecchi fautori dei « Fronti unici », alla ricerca di motivi che potessero giustificare il loro proposito di partecipare al referendum istituzionale, e, per un breve periodo, presso pochi nuovissimi di Ragusa e di Agrigento.

Qui, Antonio Sicilia, simpatizzante anarchico di grande fede ed entusiasmo, rimpatriato dalla prigionia verso il gennaio del 1946 ed entrato in relazione epistolare con Paolo Schicchi, che aveva conosciuto anni prima al confino di Ponza, aveva costituito nel febbraio il gruppo « comunista libertario » « Mario Rapisardi », con la collaborazione del vecchio anarchico Leopoldo Castellino, del comunista dissidente Domenico Argento e di altri pochi simpatizzanti. Antonio Sicilia espletava una attività veramente diuturna, che avrebbe certamente dato notevoli risultati in tutta la provincia, nel caso in cui la sua esperienza e la sua preparazione ideologica fossero state adeguate agli obiettivi perseguiti. Egli conduceva in tutti i caffè della città quotidiane conversazioni, le quali assumevano talvolta l’aspetto di veri e propri comizi; percorreva sovente la provincia, parlando ai contadini e agli operai nei locali delle Camere del lavoro di Favara, Lucca Sicula, Burgio, S. Margherita Belice, Grotte ecc.; organizzava la lega dei netturbini di Agrigento e costituiva ivi la cooperativa edile « La libertaria » — tuttora esistente —, onde ovviare in qualche modo alla disoccupazione; diffondeva ovunque la stampa anarchica e L’Internazionale, da cui riproduceva articoli per la tabella murale che il gruppo esponeva, fin dall’aprile 1946, in una piazza della città; dava alle stampe vari manifesti murali, in cui agitava la lotta contro il capitalismo, contro la religione, e incitava gli… elettori perchè votassero contro la monarchia e i partiti reazionari.

Era insomma un’attività varia e contraddittoria, quella del gruppo agrigentino: sia che sostenesse le teorie anarchiche e di contro richiedesse la partecipazione dei cittadini alle elezioni; sia che proclamasse la propria partecipazione al movimento anarchico e contemporaneamente aderisse alla

Federazione Libertaria Italiana dell’Andreoni ; sia che s’impegnasse a dibattere i problemi reali dei lavoratori, predicando la loro emancipazione mediante l’azione diretta, e prospettasse nello stesso tempo ad essi — nella provincia siciliana di Agrigento — il peregrino problema dell’amore libero, propugnandone l’applicazione immediata [29].

Appunto per queste fondamentali contraddizioni, il gruppo di Agrigento rimaneva — nonostante l’attività del Sicilia e dei suoi disorientati compagni — ancora per molto tempo l’unico gruppo di simpatizzanti « istintivisti » e isolati dal resto del Movimento, in una provincia in cui le tradizioni internazionaliste ed anarchiche hanno gli anni del Movimento anarchico bakuniniano stesso [30].

Così come nei centri dell’agrigentino, la situazione rimaneva invariata nelle provincie di Caltanissetta, di Catania, di Enna, di Palermo, da dove Paolo Schicchi serviva comunque da punto di riferimento per gli anarchici isolati, specialmente dal mese di marzo 1946, data in cui iniziava la pubblicazione della « Rivista mensile di cultura sociale » L’Era Nuova [31].

Pertanto, il Movimento anarchico in Sicilia, alla metà del 1946, era effettivamente rappresentato dai gruppi di Trapani, Castelvetrano, Mazara, Messina. Siracusa, Modica e, se si vuole, Agrigento; oltre che da un considerevole numero di anarchici a Palermo e da varie individualità più o meno attive e coerenti a Bagheria, Marsala, Salemi, Alcamo, Burgio, Ribera, Favara, Ragusa, Catania, Caltanissetta, Enna e altrove. Si era ancora, cioè, alla prima fase della rinascita; ed è per tale motivo che la proposta di un Congresso regionale anarchico, lanciata dal gruppo di Messina, nel marzo del 1946, non poteva suscitare che un’eco molto scarsa nonostante l’ottimistico comunicato redatto dal gruppo messinese nell’aprile successivo [32]. Tanto più che l’attenzione degli anarchici siciliani, la cui preparazione — salvo talune eccezioni — era ancora lacunosa e inadeguata ai problemi propri dell’anarchismo, era attratta dal problema istituzionale, sul quale anche se il Congresso di Carrara e la stampa periodica del Movimento si erano pronunciati in conformità con lo spirito dell’anarchismo, permanevano dubbi e riserve mentali in numerosi militanti.

Sfuggire alla rumorosa messa in scena elettorale del 1946, nutrita di manifesti, giornali, radio, comizi, pubbliche manifestazioni, era estremamente difficile per dei giovani anarchici, che vivevano per la prima volta la colossale « tragicommedia » delle elezioni; specialmente quando i vecchi militanti, nei quali quelli nutrivano una fiducia che talvolta rasentava la venerazione, ritenevano che fosse utile partecipare al referendum per liquidare la monarchia ed aprire un’era nuova nella storia d’Italia: l’era della Repubblica-tocca-sana dei mali della monarchia-fascista ormai screditata, o della Repubblica-minor-male la quale avrebbe garantito pane, lavoro e libertà, evitando per giunta la reazione che la monarchia avrebbe scatenata.

Queste considerazioni, negative dell’antistatalismo anarchico, determinarono in vari centri dell’isola una intensificazione della propaganda libertaria, poggiata però su motivi puramente antimonarchici e senza alcun accenno alla soluzione antilegalitaria e rivoluzionaria del problema stesso. A Messina — per esempio — gli anarchici parteciparono con impegno a tutte le manifestazioni e le agitazioni antimonarchiche; diffusero un manifesto rivoluzionario e vari volantini dattiloscritti; tennero cinque trasmissioni con altoparlante nella principale piazza della città, trattando dei principi basilari dell’anarchismo e senza mai accennare all’astensionismo; ed infine, il 2 giugno, parteciparono al referendum, astenendosi « per principio nelle elezioni politiche » — come conferma per Castelvetrano Rosario Diecidue [33].

A Siracusa, invece, la situazione fu diversa : appunto perchè ivi Umberto Consiglio ed Alfonso Failla — rientrato da Carrara nel maggio 1946 — seppero prospettare anarchicamente ai giovani militanti il problema elettorale e seppero interessarli alla soluzione rivoluzionaria della questione istituzionale. Dopo numerosi contraddittori, conclusi spesso con incidenti e manifestazioni antimonarchiche, il 29 ed il 30 maggio Alfonso Failla tenne a Siracusa due imponenti comizi, in cui sostenne il ricorso all’azione diretta rivoluzionaria e popolare, coadiuvata dal Movimento partigiano, per l’abbattimento della monarchia e la instaurazione di una società, quale era stata preconizzata dalla « Resistenza »; ed affermò la necessità dell’astensione dalle urne, come consapevole certezza che solo mediante l’azione rivoluzionaria i lavoratori avrebbero raggiunto un obbiettivo duraturo: una migliore società di liberi e di eguali [34]. Le stesse tesi vennero sostenute a Trapani e, in particolare, a Palermo, dove il Failla aveva tenuto — prima del 29 maggio — numerosi contraddittori con monarchici, aiutato da un buon gruppo di militanti, fra i quali si ricordano Silvestro Riggio di Burgio e Angelo Puccio di Favara.

Continua nella Quarta Parte

NOTE
[1] Gli anarchici che partecipavano più attivamente alla vita sindacale erano Gino Cerrito, Filippo Romanengo, Filippo Valenti e successivamente Melo Timpanaro: rispettivamente come iscritti alle leghe degli impiegati dell’ufficio Razionamento i primi due, degli arsenalotti il Valenti e del legno il Timpanaro.
[2] Cioè quelle citate a nota [7] capitolo 1 parte “LA POLITICA DEI FRONTI UNICI ANTIFASCISTI” del presente saggio.
[3] Come si denominò a qualche mese di distanza dalla sua costituzione.
[4] Cfr., per esempio, LIBERTAS (Gino Cerrito), A Messina gli stalinisti si smascherano, in Umanità Nova, 21 ottobre 1945 (a. XXV, n. 40).
[5] II primo manifesto fu quello lanciato dal Congresso di Carrara, affisso nonostante la proibizione della P. S.: (cfr. Umanità Nova, 22 novembre 1945 (a. XXV, n. 44); nel marzo 1946 venne poi riprodotto in mille esemplari e diffuso clandestinamente l’articolo di L. GALLEANI , Viva l’Anarchia, pubblicato in Umanità Nova, 15 novembre 1945 (a. XXV, n. 43); il 1° maggio 1946 venne riprodotto ed affisso clandestinamente il manifesto lanciato dalla F. A. I. e pubblicato in Umanità Nova, 1° maggio 1946 (a. XXVI, n. 17-18).
[6] La sede sociale era indicata da una iscrizione cubitale stampata sul lato est del palazzo, che dà sul molo « Cola Pesce », riservato alle navi turistiche. Nel febbraio 1949, dopo varie vicende, la P. S. eseguì lo sfratto da tempo intimato dal Demanio dello Stato, proprietario dell’edificio.
[7] Cfr. Giornale di Sicilia, 26 ottobre 1945 (LXXXV, n. 264); Umanità Nova, 28 ottobre 1945 (a. XXV, n. 41).
[8] «Art. 3: Il Circolo si propone di creare delle simpatie, per gli studi sociali nella cittadinanza e specialmente fra le classi poco abbienti, per educarle dal punto di vista politico-sociale; ed appunto per ciò deve portare a conoscenza di tutti i trattati politico-sociali appartenenti a qualsiasi credo o dottrina e deve diffondere le idee di emancipazione nel popolo sfruttato, anche a mezzo della parola ». (Dallo Statuto del Circolo in mio possesso).
[9] I fondatori erano Vincenzo Mazzone, Gino Cerrito, Filippo Romanengo, Tullio Procacciante.
[10] Entro il dicembre 1946 gli iscritti furono 74. (Dal registro dei soci in mio possesso).
[11] Informazioni sul Niccoli le aveva fornite al gruppo messinese Alfonso Failla.
[12] Cfr. fra l’altro i vari articoli pubblicati nei quattro volumetti delle Conversazioni sociali dello Schicchi; Umanità Nova, 14 e 21 febbraio 1946 (a. XXVI, n. 7 e 8); L’Adunata dei Refrattari, 16 febbraio 1946 (a. XXV, n. 7).
[13] Diretto da tutti e da nessuno; Responsabile Esseno; (datato) Sicilia 1945, N. 000. Il gruppo di Barcellona era composto da Nino Pino Balotta, Aldo Ginebri, Domenico Perdichizzi, Longo ed altri.
[14] Cfr. Era Nuova, marzo 1946 (n. I, n. 1), pp. 27-28.
[15] A Marsala vivevano gli anarchici Masi Gandolfo, Cosimo Alagna e Domenico Stalteri; a Salemi vivevano Vincenzo Blenuda e Gaetano Marino.
[16] Alcuni altri erano solo dei simpatizzanti, ancora non aderenti al Movimento.
[17] In aprile ed il 1° maggio gli anarchici Gramignano e Cannone parlavano in pubblico comizio a Trapani. Il 1° maggio Rosario Diecidue parlava a Castelvetrano, Campobello e Partanna. (Cfr. Umanità Nova, 12 maggio 1946 (a. XXVI, n. 20).
[18] Cfr. Piccola posta — da Siracusa —, in L’Aurora, Napoli, 6 dicembre 1945, n. 9,« Supplemento per la Romagna ».
[19] Erano costoro l’Alessi, che aveva aderito al P.N.F., e il Di Mauro, inviso alla popolazione come affarista arricchito.
[20] Cfr. il comunicato di costituzione compilato dal Consiglio, in Umanità Nova, 17 gennaio 1946 (a. XXVI, n. 3).
[21] Cfr. le corrispondenze del Consiglio, in Umanità Nova, 24 e 31 gennaio e 8 maggio 1946 (a. XXVI, n. 4, 5, 19).
[22] Cfr. il comunicato del Consiglio, in Umanità Nova, 30 maggio 1946 (a. XXVI, n. 22-23).
[23] Cfr. Umanità Nova, 6 dicembre 1945 (a. XXV, n. 46), 4 aprile 1946 (a. XXVI, n. 13-14).
[24]Fra i detenuti si trovava altresì Franco Leggio il quale, insieme a tutti gli altri, dopo la proclamazione della Repubblica, avrebbe usufruito della sopravvenuta amnistia. Per la rivolta e le conseguenze e le responsabilità relative di vari elementi eterogenei, cfr. specialmente A. SCIBILLA , I fatti di gennaio in provincia di Ragusa, in La Voce del Popolo, Ragusa, 28 marzo 1954 (a. I, n. 3) e segg.
[25] L’Internazionale iniziava le pubblicazioni il 24-30 marzo 1946 (a. IV, n. 1), come « nuova serie » del Partigiano. In tale numero, l’annuncio della costituzione della F. L. I., con sede a Milano. Per la sezione ragusana cfr. L’Internazionale, 30 marzo-6 aprile 1946 (a. IV, n. 2); nonché i numeri precedenti del Partigiano, dove sono riportati i nomi di vari abbonati di Ragusa.
[26] Era stata costituita a Ponza dai confinati Alfonso Failla di Siracusa, Rino Milanesi e Vincenzo Capuana di Spezia, Giovanni Bidoli di Trieste ed altri ancora, diffondendosi poi nelle varie « isole ».
[27] Cfr. le cronache dell’Unione Spartaco e la Piccola posta dell’Internazionale, nelle collezioni del Partigiano e dell’ Internazionale di quegli anni.
[28] Cfr. particolarmente L’Aurora, 15 febbraio 1946, n. 11, « Supplemento per la Romagna»; Era Nuova, marzo 1946 (a. I, n. 1); e l’annata 1946 di Umanità Nova.
[29] Per l’attività del gruppo di Agrigento, cfr. L’Internazionale, 30 marzo-6 aprile 1946 (a. IV, n. 2); Umanità Nova, 12 maggio 1946 (a. XXVI, n. 20).
[30] Cfr. G. CERRITO , Saverio Friscia nel primo periodo di attività dell’Internazionale in Sicilia, in Movimento Operaio, maggio-giugno 1943 (a. V, n. 3) e bibliografia ivi citata.
[31] Per i contatti dello Schicchi con i vari anarchici siciliani, cfr. l’annata 1946 della rivista.
[32] Cfr. i comunicati da Messina e da Siracusa, in Umanità Nova, 14 e 21 marzo e 11 aprile 1946 (a. XXVI, n. 11, 12, 15).
[33] La frase è riportata dalla lettera cit. di Rosario Diecidue.
[34] Per i due comizi tenuti a Siracusa, cfr. Umanità Nova, 6 giugno 1946 (a. XXVI, n, 25).

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