Tre anni fa su Umanità Nova veniva pubblicato l’articolo “Solidarietà per Rodney Álvarez“.
Álvarez, sindacalista venezuelano non allineato al sindacato “oficialista” del PSUV, venne accusato ingiustamente di un omicidio e incarcerato per quasi 11 anni.
Meno di ventiquattro ore fa è stato scarcerato ma non assolto pienamente dall’accusa ingiusta di omicidio.
Alvarez ha dovuto subire sulla sua pelle il sistema inumano delle carceri venezuelane, rinomate per essere le più pericolose dell’intero Sudamerica e “trasformate in depositi puzzolenti di esseri umani gestiti da assassini in berretti rossi che violano i diritti umani dei detenuti sotto la copertura del potere e in nome della rivoluzione Fascio-Chavista.” (estratto tradotto dell’articolo “Fracaso de la política carcelaria” di J.R. López Padrino)
In tempi di pandemia, nelle carceri venezuelane le punizioni corporali, restrizioni alimentari e/o digiuni forzati sono aumentati a dismisura, portando ad evasioni e rivolte all’interno di tali strutture.
La liberazione di Alvarez, seppur provvisoria, non deve farci dimenticare come i sistemi giudiziari e carcerari, qualsiasi essi siano, sono deleteri e distruttivi.
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