Riforma, repressione e litio: le imprese private vanno all’arrembaggio e lo Stato non le ferma

Originale “Reforma, represión y litio: Las empresas privadas van por todo y el Estado no limita”. Tradotto da Caterina per il Gruppo Anarchico Galatea

 

Il 15 Giugno scorso, il governatore Gerardo Morales ha approvato, alle spalle della gente del Jujuy e con il sostegno dei “constituyentes radicales” e del Partido Justicialista locale, una contestata riforma della Costituzione provinciale. Gli intenti di stabilire delle “regole del gioco” favorevoli agli interessi dell’industria estrattiva – a costo di condannare le comunità indigene ad una situazione di estrema precarietà -, spiega perché si siano voluti ignorare le necessarie consultazioni preliminari, libere e informate con le popolazioni, fondate sul riconoscimento dei loro diritti come, per esempio la pre-esistenza etnica e culturale.

L’approvazione della riforma costituzionale è avvenuta quando i docenti di Jujuy si erano già mobilitati da quindici giorni. Essi esigevano migliori condizioni di lavoro, ripetendo lo slogan “alza i salari, abbasso la riforma” e dichiarandosi solidali con le rivendicazioni delle comunità indigene. I punti del conflitto che hanno scatenato le proteste popolari comprendono il divieto di manifestazione pubblica, la gestione delle risorse naturali e del territorio, i diritti e le garanzie delle comunità indigene. In particolare, con la riforma della Costituzione di Juyuy, il governatore Morales propone di tracciare un cammino giuridico-normativo nello sfruttamento e nel controllo del litio, la risorsa più importante della provincia e uno dei principali “minerali critici” al centro del confronto geopolitico scatenato dalla transizione energetica globale. Qual è l’obiettivo? Che interessi rappresenta e chi trae beneficio dalla riforma?

Il litio nella transizione energetica globale

Sulla base delle attuali conoscenze e tecnologie, il litio fa parte di quei minerali cruciali per la transizione energetica globale [- ovvero il passaggio] dagli idrocarburi alle energie rinnovabili e pulite. Gli organismi di governance globale e alcuni dei guru delle corporazioni energetiche e minerarie presentano questa congiuntura come una grande opportunità di “ringiovanimento” del capitalismo anemico – completamente finanziarizzato. Nel bel mezzo della disputa per l’egemonia, [questi apparati] cercano di trasformare la crisi climatica in un’opportunità per nuovi affari.

In tale contesto diventa ipersensibile il cosiddetto “triangolo del litio”: nella regione di Atacama, secondo lo US Geological Survey (2021), si concentra il 58% delle riserve mondiali di litio. [Questo] territorio comprende il nord del Chile, il sud-ovest del Potosì boliviano e la puna del nord-est dell’Argentina.

Per misurare l’importanza di ciò che è in gioco, diciamo che nel mese di Maggio, il litio ha rappresentato il 19% delle esportazioni minerarie nazionali e nei primi cinque mesi dell’anno ha raggiunto i 369 milioni di dollari – cifra che rappresenta l’84% delle esportazioni su base annuale (El Cronista, 17/06/23).

Secondo il rapporto “Exploración Minera en Argentina” (Giugno 2023, Ministero dell’Economia), tra gli investimenti effettivi totali argentini del 2020, spicca la preponderanza del litio, rappresentante il 45%, con un investimento di 98,63 milioni di dollari. Segue l’oro con 74,51 milioni di dollari e, al terzo posto, il rame con 28,4 milioni di dollari.

In tutto questo i Paesi vicini hanno fatto dei passi in avanti, dichiarando il minerale “risorsa strategica” e definendo dei quadri normativi e istituzionali affinché i relativi Stati nazionali dispongano della risorsa. L’Argentina, [invece], non ha raggiunto gli accordi minimi per integrare il litio come [risorsa] strategica nazionale – ovvero stabilire delle norme e leggi che non siano scandalosamente favorevoli alle imprese estrattive (in grande maggioranza straniere) e, allo stesso tempo, consentano alle istituzioni pubbliche e alle imprese locali lo sfruttamento e l’utilizzo del minerale.

La posizione reazionaria della riforma costituzionale di Morales (che enfatizza un livello di autonomia provinciale con caratteristiche separatiste) contro il governo centrale, è tipica delle operazioni corporative della destra conservatrice locale – la quale cerca di minare le possibili progettualità nazionali nei settori strategici.

Morales si propone di perpetuare lo status quo, esposto in modo chiarissimo [nel testoAll-shoring (delocalizzazione delle società, ndt) della filiera del litio nelle Americhe: Un modello strategico per la politica statunitense sui minerali critici”.] Rapporto delle analisi politiche redatto dall’Ufficio delle Risorse Energetiche (ERB) del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti” (05/2022).

Il documento stabilisce “un modello strategico per la politica degli Stati Uniti sui minerali critici” e presenta uno studio sulle “catene di fornitura del litio nel continente americano”.

L’autore, T. Andrew Sady-Kennedy, ricercatore della Kennedy School di Harvard, sostiene: “Tra i Paesi latinoamericani che possiedono le riserve di litio, l’Argentina opera in maniera più aperta sugli investimenti mercatali del settore privato. Il governo federale non ha imposto regolazione alcuna sugli investimenti stranieri del settore del litio e permette che sia il mercato a dettare lo sviluppo dell’industria.” (pag. 17) Il rapporto aggiunge: “La maggior parte dei progetti sul litio in Argentina hanno evitato di aggiungere valore alla catena di fornitura sotto forma di idrossido di litio.” (pag. 19)

Vale a dire, visto da una prospettiva nazionale, il peggiore degli scenari.

Nel contesto dell’incontro dei CEO organizzato da IDEA e dalla Camera Argentina degli Imprenditori Minerari (CAEM), Morales ha sostenuto: “Non condivido la questione del triangolo del litio, né che adottiamo le stesse politiche della Bolivia e del Cile”. E ha aggiunto: “Il Cile si sta tirando indietro. È una buona notizia perché così [avremo] maggiori investimenti in Argentina. I boliviani anche. L’Argentina ha il litio e un’industria automobilistica: potrebbe controllare la metà del business, equivalente a 35 miliardi di dollari l’anno” (EconoJournal, 23/05/23).

In contrasto alla pratica discorsiva ricorrente degli ultimi anni – ovvero nel mettere in relazione le risorse naturali con lo sventolamento di milioni di dollari astratti -, Cristina Fernández de Kirchner, alla cerimonia del 25 Maggio, rispondeva così a questo tipo di immaginario: “Possediamo risorse strategiche straordinarie […]. Dobbiamo mantenere uno sguardo strategico. Che vengano a estrarlo. Ma fratello…vogliamo, per lo meno, che una parte della batteria o tutta la batteria la fabbricate qui… se la porti via tutta! E quando sento alcuni dirigenti […] tutti contenti perché in Bolivia e in Cile hanno approvato delle leggi di controllo sul litio. Tutti contenti perché dicono: “Ah bene, visto che lì fanno tante richieste verranno tutti qui.” Ma che vocazione è essere una colonia, fratello. Che vocazione è essere il Potosí (avere una ricchezza straordinaria e, al tempo stesso, essere colonizzata. Per info maggiori vedere qui, ndt). Mettiti in testa di essere la Malesia, la Corea, ma non di nuovo il Potosí, per favore” (vedi qui).

Nel corso dello stesso evento di IDEA e CAEM, i governatori delle province del litio, Jujuy, Catamarca e Salta, si sono opposti alla creazione di una “OPEP del litio” – in quanto, a livello strategico, si potrebbe rinforzare una posizione regionale condivisa dai tre Paesi nei confronti del potere corporativo.

In sostanza: senza modificare l’articolo 124 della Costituzione del 1994 –“corrisponde alle province il controllo originale delle risorse naturali presenti sul territorio”-, c’è un enorme spazio nel far convergere gli interessi delle amministrazioni provinciali e lo Stato nazionale e, soprattutto, pensare a come ottimizzare i benefici provinciali e nazionali sulla base delle politiche dei settori strategici – come la catena del valore del litio.

Concentrazione economica: chi controlla la risorsa?

Attualmente esistono più o meno 38 progetti avanzati di estrazione del litio in Argentina, ma solo due sono operativi: uno nella provincia di Jujuy e un altro a Catamarca. Il “Salar de Olaroz”, a Jujuy, viene sfruttato da Allkem (ex Orocobre, Australia), Toyota (Giappone) e JEMSE, la società statale di Jujuy – presente con una partecipazione dell’8,5%. A Catamarca, il progetto “Fénix” del “Salar del Hombre Muerto” viene sfruttato da Livent (USA).

In tutto questo, lo scorso Maggio, le imprese Allkem e Livent hanno annunciato la fusione. Paul Graves, presidente e direttore esecutivo di Livent, ha dichiarato di “giocare un ruolo ancora più importante nell’accelerazione delle politiche di de-carbonizzazione”. E ha concluso: “Come società combinata, avremo una miglior distribuzione, gamma di prodotti, copertura geografica e capacità di esecuzione per soddisfare l’alta domanda dei nostri clienti sui prodotti chimici a base di litio.” (EconoJournal, 10/05/23).

Su questa nuova azienda nata dalla fusione – e valutata 10,6 miliardi di dollari -, non dovrebbe esistere una posizione chiara della provincia, negoziata con -e approvata da- lo Stato nazionale? A questo si riferisce la nozione di “risorsa strategica” o “bene comune strategico”.

Il litio rappresenta un caso paradigmatico del processo di concentrazione economica, controllo dei territori e appropriazione delle risorse comuni. Processo che, unito alla tendenza della valorizzazione finanziaria, al predominio straniero e al ritorno del FMI, pone lo Stato nazionale in una posizione di estrema debolezza nei confronti delle grandi imprese – alleate dei governi centrali e degli organismi di governance globale.

A mo’ di esempio: l’impresa Livent ha raccomandato al Tesoro degli Stati Uniti di includere il litio argentino nella Legge di Riduzione dell’Inflazione (IRA in inglese, ndt) in modo da ottenere un accesso diversificato del minerale cruciale – dato che “il carbonato e il cloridrato di litio che Livent produce dall’Argentina viene estratto grazie agli investimenti dei capitali statunitensi” (El Cronista, 22/06/23).

Tale scenario è in linea con il tweet minaccioso di Elon Musk verso il popolo boliviano (25 Luglio 2020): “Faremo un golpe a chi vorremo! Rassegnatevi”.

Da parte sua la responsabile del Comando Sur degli USA, Laura Richardson, ha dichiarato a Luglio 2022 – e rifacendosi al principio di “sicurezza nazionale” del suo Paese -, che è necessario “proteggere” le risorse strategiche della regione, minacciate dalla Cina o dalla Russia. Inoltre, in un’intervista rilasciata all’Atlantic Council (2023) del 19 Gennaio scorso, ha sostenuto: “Ho avuto un incontro via zoom con l’ambasciatore statunitense, gli ambasciatori di Argentina e Cile, il responsabile della strategia aziendale di Levant e il vicepresidente delle operazioni globali di Albemarle per parlare del [triangolo del] litio. [Di fronte all’influenza della Repubblica Popolare Cinese nella regione, stiamo riunendo questi gruppi in modo da fare leva su ciò che sta realmente accadendo sul campo] e su come e chi possiamo aiutare e portare al tavolo [delle trattative] per risolvere questo problema, mettendo fuori gioco i nostri avversari e i nostri concorrenti e facendo squadra tra di noi e con altri.

Sgomberi, terre demaniali, acqua

La riforma costituzionale approvata alle spalle della gente di Jujuy è funzionale alla consolidazione di tale contesto. In una breve analisi, che non pretende di essere esaustiva, si può osservare che l’articolo 36, “Diritto alla proprietà privata”, stabilisce che sarà considerata “grave violazione al diritto di proprietà l’occupazione non consentita da parte di una o più persone che impedisca al titolare della proprietà di esercitare i diritti sanciti dalla Costituzione e dalla legge”. E aggiunge: “Una legge speciale determinerà le modalità per lo sgombero”.

L’articolo 50, “Diritti e garanzie delle comunità dei popoli indigeni”, è il più controverso perché parla del “diritto alla partecipazione e alla consultazione preventiva e informata delle comunità originarie”. Ma le comunità sostengono che qualsiasi situazione è garantita dalla Costituzione provinciale pre-riforma; in questo articolo 50, invece, tutto è subordinato e il governo [decide] cosa merita di essere consultato. Lo stesso articolo sostiene inoltre che “lo Stato è incaricato di riconoscere la personalità giuridica delle comunità”, nonché “il possesso e la proprietà comunitaria delle terre che tradizionalmente occupano.”

L’articolo 74, che si riferisce alle terre demaniali, definisce la terra come bene di lavoro e di produzione – vale a dire: utilizzata per fini esclusivamente produttivi. La norma prosegue in questo senso: la legge regolerà l’amministrazione, la disposizione e la destinazione delle terre demaniali”. Ma esistono molte comunità che oggigiorno vivono in terre demaniali – il cui possesso è messo in discussione e rischiano lo sfratto.

Infine, la riforma stabilisce un regolamento sull’acqua, così come dispone sulla pace sociale e sul “divieto dei blocchi stradali e viari.”

In sintesi: una volta stabilite le condizione per sgomberare facilmente le comunità che risiedono in quei territori dove sono presenti il litio e altri minerali – come le terre rare (che non tratteremo in questo articolo) –, il resto dell’infrastruttura legale da noi esaminata favorisce scandalosamente il settore corporativo.

Questo scenario va in direzione opposta a quella concezione di transizione energetica presentata come vettore di sviluppo sostenibile in senso ambientale e sociale, guidata da uno Stato intelligente e orientata alla moltiplicazione dell’associazionismo pubblico-privato con le imprese nazionali.

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