Traduzione dall’originale “Schengen states make new call for border wall funds”
Un gruppo di otto Stati dell’area Schengen ha ribadito l’annosa richiesta alla Commissione europea di finanziare la costruzione di muri di confine.
La solita vecchia storia
La richiesta alla Commissione europea di finanziare i muri di confine non è una novità.
Nell’Ottobre 2021, dodici Stati membri hanno scritto alla Commissione europea dicendo che “le barriere fisiche sembrano essere un’efficace misura di protezione delle frontiere che serve gli interessi di tutta l’UE, non solo degli Stati membri di primo arrivo […] Questa legittima misura dovrebbe essere ulteriormente e adeguatamente finanziata dal bilancio dell’UE come questione prioritaria”.
Successivamente, nel Febbraio di quest’anno, vi sono state le conclusioni del Consiglio europeo che, in modo più ambiguo, “invita la Commissione a finanziare le misure degli Stati membri che contribuiscono direttamente al controllo delle frontiere esterne dell’UE, quali i progetti pilota per la gestione delle frontiere, nonché al miglioramento del controllo delle frontiere nei paesi chiave sulle rotte di transito verso l’Unione europea”.
Naturalmente, gli Stati membri non sembrano avere problemi nel costruire muri di confine: “negli ultimi otto anni gli Stati membri hanno costruito più di 1.700 chilometri di muri per proteggersi non da carri armati o soldati, ma da migranti e rifugiati”.
Allo stesso tempo, come evidenziato in un rapporto del 2019 del “Transnational Institute”, “la Commissione è disposta a pagare per qualsiasi cosa che fortifichi un confine” – telecamere, sensori, veicoli, edifici e così via – “purché non venga vista la costruzione degli stessi muri stessi”.
“Costruisci il muro o i muri”
Questo non è ancora sufficiente per alcuni Stati, con otto di loro – Estonia, Ungheria, Lettonia, Lituania, Norvegia, Polonia, Romania e Slovacchia – che hanno rinnovato la richiesta.
In una dichiarazione congiunta che, finora, è rimasta segreta, i membri del Forum ministeriale per gli Stati membri dell’area Schengen con frontiere terrestri esterne:
“[…] concordano sul fatto che le infrastrutture fisiche siano un mezzo efficace di protezione a sostegno delle attività dei servizi di frontiera, soprattutto in una situazione di strumentalizzazione della migrazione. Pertanto incoraggiamo l’UE a cercare una soluzione per finanziare le infrastrutture fisiche (comprese le barriere fisiche) con i fondi dell’UE”.
Tra le altre cose, la dichiarazione chiede anche degli “standard minimi comuni per la sorveglianza delle frontiere esterne” e afferma che “il Servizio europeo per l’azione esterna e Frontex dovrebbero rafforzare la cooperazione con i Paesi terzi di origine e di transito – in modo da facilitare i rimpatri -, e attuare senza indugio le venti misure operative del Piano d’azione dell’UE sui Balcani occidentali.”