La morte di Berlusconi

Nell’ultimo numero di Charlie Hebdo (CB), viene pubblicata una copertina dedicata a Berlusconi dove fuoriescono, dal suo orecchio destro, i vermi dell’estrema destra europea quali Le Pen, Meloni e Orban. L’articolo presente nel numero di CB, “Le Parrain Silvio Berlusconi est mort” (trad.: Il Padrino Silvio Berlusconi è morto), attacca spietatamente l’ex presidente del consiglio dei ministri italiano, dipingendolo come mafioso, puttaniere e legittimatore (“dédiaboliseur”) dell’estrema destra. Dal nostro punto di vista, l’articolo pubblicato sul giornale francese è troppo incentrato sui guai giudiziari e sull’aspetto meramente mediatico di Berlusconi politico ed imprenditore. Esporremmo un analisi sintetica su questa figura e le conseguenze che avverranno a seguito della sua morte.

L’acquisizione delle emittenti private da parte di Berlusconi e soci negli anni ‘80, ha stravolto in termini comunicativi ed economici la società e la cultura italiana, ponendosi in aperta competizione con le reti radiotelevisive statali – all’epoca controllate dai partiti tradizionali (DC, PSI, PSDI, PRI, PLI, MSI, PCI). La formula portata avanti da questi media tradizionali privati si basava (e si basa ancor oggi) su un approccio diretto non-formale tra conduttore/i/trice/trici e pubblico presente in studio e in casa, oltre ad una costante pubblicizzazione di molteplici prodotti da acquistare: marchi della Grande Distribuzione Organizzata legati alle aziende di Berlusconi e televendite (sponsorizzate da soggetti come Cadeo, Rossetti e Mastrota)

Questo cambiamento comunicativo era stato letteralmente sdoganato dalla politica partitica governativa del PSI di Craxi tra la metà degli anni ‘80 (i decreti Berlusconi) e i primissimi anni ‘90 (Legge Mammì). La dissoluzione dei partiti tradizionali nel biennio 1992-1993 è stata un’occasione per Berlusconi e i suoi soci di fare il salto di qualità – in termini di stringere e/o inaugurare ulteriori accordi economici a livello nazionale ed internazionale.

La sua discesa in campo nel 1994 e i quattro governi guidati dall’imprenditore milanese (1994, 2001, 2005 e 2008) hanno rappresentato uno spartiacque comunicativo politico ed economico rispetto alle legislature della cosiddetta Prima Repubblica: la denuncia contro il nemico rosso comunista togato; lo sdoganamento dei missini e altri fuoriusciti di questo partito neofascista all’interno delle amministrazioni politiche nazionali, regionali e locali; la presenza sempre più marcata di Comunione e Liberazione/Compagnia delle Opere nelle leve del potere politico; i rapporti sempre più stretti con gli USA di Bush e la NATO, nonché con paesi del mediterraneo (come la Libia); il proseguimento delle politiche neoliberiste in Italia iniziate decenni prima coi governi Spadolini e Craxi.

Gli stravolgimenti socio-politici economici operati da Berlusconi e i suoi alleati sono andati di pari passo con i suoi cosiddetti guai giudiziari. I processi, le assoluzioni, le leggi ad personam e via dicendo sono stati una manna dal cielo per i giornalisti, gli oppositori politici istituzionali, gli artisti e i magistrati. I media tradizionali prima e, successivamente, quelli nuovi hanno supportato o meno i sostenitori e i contestatori dell’imprenditore milanese – una modalità già vista nel biennio 1992-93 ai danni di Craxi.

I risultati che si sono ottenuti da questa contrapposizione (supporter e antiberlusconiani) e di cui ne paghiamo ancor oggi i risultati nefasti, sono stati l’appiattimento culturale, la depoliticizzazione e, conseguenza di questi primi due punti, un consolidamento sempre più marcato dei poteri economici e giudiziari.

Con l’agonia politica di Berlusconi (dal 2013 fino alla sua morte fisica), il suo partito è diventato una stampella del centro-destra e non più una guida. Chi lo rimpiangerà non saranno solo i suoi numerosi fan ma anche i nemici che sulle sue traversie giudiziarie hanno costruito la loro fortuna mediatica, professionale ed economica.

Adesso ci sarà da porsi una domanda: la sua morte che danno comporterà in termini politici governativi ed economici borghesi?

Se è vero che Berlusconi, dal 2013, non contasse più nulla a livello di gestione del potere governativo, dall’altra parte egli era il padre-padrone di Forza Italia e, cosa importante, un collegamento tra mondo politico e quello economico. Venendo a mancare questa figura “patriarcale” (chiamato “padrino” da Charlie Hebdo), dentro Forza Italia vi sarà sicuramente una lotta intestina tra i dirigenti (Tajani, Marina Berlusconi, Micciché, Ronzulli, Cattaneo, Fascina etc) su chi debba gestire tale partito politico

La potenziale situazione esplosiva è così servita sul piatto. Gli alleati governativi (Meloni e Salvini) e il Partito Popolare Europeo, di fronte ad una situazione del genere, dovranno evitare a tutti i costi una cosa del genere, pena la perdita di consensi politici (già al loro minimo storico come dimostrato nelle ultime elezioni regionali, nazionali e comunali) e sostegni economici da parte di associazioni di categoria (Confindustria, Compagnia delle Opere etc).

Queste lotte, mantenimenti del potere e riassettamenti governativi ed economici sono funzionali nel far accettare lo stato di cose presenti – soprattutto tramite il fatalismo e la depoliticizzazione sociale imperante.

Chi vuole ribaltare lo stato di cose deve sempre vigile di fronte a questioni del genere e, contemporaneamente, supportare un modello sociale ed economico che non si basi su una costante distruzione dell’ambiente e dell’individuo.

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