Banche sull’orlo del baratro? Origini, natura e traiettoria della crisi
Nota introduttiva critica
L’intervista che presentiamo è stata fatta da Spectre a Michael Roberts, un’economista marxista, riguardo le ultime vicende legate alla Silicon Valley Bank tra mancanza di liquidità e, più in generale, la debolezza del sistema bancario internazionale. L’istituzione bancaria, da quando esiste, è sempre stata fondamentale per l’attuale economica capitalistica e, più in generale, per il sistema statale vigente attraverso i prestiti e la circolazione di liquidità monetaria. Vari pensatori e rivoluzionari anarchici (da Proudhon a de Santillan) hanno cercato di trasformare la banca in uno strumento di aiuto sociale e non speculativo, gestendolo a livello cooperativo e collettivo. Il problema che sorge con una visione del genere è come questo strumento debba in qualche modo rapportarsi con un mercato basato su un modello produttivo e distributivo capitalistico. Di conseguenza, l’accumulazione, la speculazione e lo sfruttamento sono sempre dietro l’angolo. Se questo è il limite che pensatori e rivoluzionari anarchici hanno riscontrato nei periodi storici da loro vissuti (che fossero in tempi di pace e/o di guerra guerreggiata), la soluzione che propone Roberts è ancor più limitante e “utopica” di costoro: il controllo statale delle banche. Lo Stato, secondo Roberts, può essere inteso come una sorta di entità pubblica e controllata da una collettività democratica che, a sua volta, regolamenterà l’istituzione finanziaria creditizia, evitando attività speculative bancarie e distribuendo collettivamente i guadagni in modo equo. Su un piano reale e pratico, però, la regolamentazione verrebbe fatta da un’istituzione violenta, verticistica e fortemente classista qual è lo Stato, lasciando de facto invariato la concezione di prestito e di circolazione monetaria – che, a sua volta, dovrà attenersi agli andamenti dei mercati interni ed esterni e, quindi, ad un modello produttivo e distributivo o di scambio basato sullo sfruttamento.
Usare uno strumento di derivazione capitalistica finanziaria qual è la banca e per giunta regolamentata o controllata da uno Stato, non potrà portare mai ad una forma di liberazione dell’individuo dalle catene di oppressione e sfruttamento vigente. In un momento storico come quello odierno fatto di crisi, repressioni statali e proteste sempre più marcate a livello internazionale, occorre ripensare in modo netto e radicale a dei modelli sociali e di produzione, gestione e distributivi alternativi orizzontali, scevri da istituzioni violente, classiste e coercitive.
Traduzione dall’originale “Banks on the Brink? The Origins, Nature, and Trajectory of the Crisis”
Il settore bancario è stato colpito da una serie di fallimenti, salvataggi governativi e acquisizioni. La crisi di queste banche ha mandato in tilt i mercati azionari di tutto il mondo. Cosa ha causato tutto questo? È una crisi passeggera? Che impatto avrà sull’economia reale? Ashley Smith di Spectre intervista Michael Roberts, ponendogli queste e altre domande sul capitale finanziario e sul capitalismo globale di oggi.
Michael Roberts è l’autore di “The Long Depression: Marxism and the Global Crisis of Capitalism” (Haymarket 2016) e, con Guglielmo Carchedi, di “Capitalism in the 21st Century” (Pluto 2022). Scrive regolarmente commenti e analisi sul suo blog, The Next Recession.
Quali sono state le cause immediate di questa serie di fallimenti bancari?
La causa immediata dei recenti fallimenti bancari, come sempre, è stata la perdita di liquidità. Cosa intendiamo con questo? I depositanti della Silicon Valley Bank (SVB), della First Republic e anche della banca di criptovalute Signature hanno iniziato a ritirare i loro contanti e queste banche non avevano la liquidità necessaria per soddisfare le richieste dei depositanti.
Perché? Per due motivi fondamentali. In primo luogo, gran parte del contante depositato presso queste banche era stato reinvestito in attività che hanno perso enormemente valore nell’ultimo anno o giù di lì. In secondo luogo, molti dei depositanti di queste banche, soprattutto piccole aziende, si sono accorti che non stavano più realizzando profitti o ricevendo finanziamenti supplementari dagli investitori, ma avevano ancora bisogno di pagare le bollette e il personale. Così, hanno iniziato a ritirare contanti anziché accumularli.
Perché le attività delle banche hanno perso valore? La causa è da ricercare nell’aumento dei tassi d’interesse nel settore finanziario, indotto dalle azioni della Federal Reserve che ha aumentato il tasso di riferimento in modo brusco e rapido, presumibilmente per controllare l’inflazione. Come funziona?
Per fare soldi, le banche offrono ai depositanti un interesse del 2% all’anno sui loro depositi. Devono coprire questo interesse facendo prestiti ai clienti ad un tasso più alto, oppure investendo i contanti dei depositanti in altre attività che fruttano un tasso d’interesse più alto. Le banche possono ottenere questo tasso più alto, acquistando attività finanziarie che pagano più interessi o che possono essere vendute con un profitto (ma potrebbero essere più rischiose), come obbligazioni societarie, ipotecarie o azioni.
Le banche possono acquistare obbligazioni, che sono più sicure perché le banche ottengono il rimborso integrale alla scadenza del titolo – ad esempio cinque anni. Inoltre, ogni anno la banca riceve un tasso di interesse fisso più alto del 2% – rispetto a quello che ricevono i suoi depositanti. Ottiene un tasso più alto, quindi, perché non può riavere il suo denaro immediatamente ma deve aspettare – anche degli anni.
Le obbligazioni più sicure da acquistare sono i titoli di Stato, perché lo Zio Sam (probabilmente) non si renderà inadempiente nel rimborsare l’obbligazione dopo cinque anni. I dirigenti della SVB pensavano quindi di essere molto prudenti acquistando titoli di Stato. Ma ecco il problema. Se si acquista un titolo di Stato per 1.000 dollari che “matura” tra cinque anni (cioè si recupera l’intero investimento in cinque anni) e che paga un interesse, ad esempio, del 4% all’anno, allora i clienti depositanti ottengono solo il 2% all’anno; in tal caso, come banca, si sta guadagnando.
Ma se la Federal Reserve aumenta il tasso di interesse dell’1%, le banche devono aumentare di conseguenza anche i tassi sui depositi, altrimenti perdono clienti. Il profitto della banca si riduce. Ma peggio ancora, il prezzo dell’obbligazione da 1.000 dollari esistente sul mercato secondario delle obbligazioni (che è come il mercato delle auto di seconda mano) scende. Perché? Perché, sebbene il vostro titolo di Stato continui a pagare il 4% all’anno, il differenziale tra l’interesse del vostro titolo e quello dei contanti o di altre attività a breve termine si è ridotto.
Se dovete vendere il vostro titolo sul mercato secondario, un potenziale acquirente non sarà disposto a pagare 1.000 dollari per il vostro titolo, ma solo 900 dollari. Questo perché l’acquirente, pagando solo 900 dollari e ottenendo un interesse del 4%, può avere un rendimento di 4/900 o 4,4%, rendendo più conveniente l’acquisto. SVB aveva un carico di obbligazioni acquistate “alla pari” (1.000 dollari) ma di valore inferiore sul mercato secondario (900 dollari). Aveva “perdite non realizzate” nei suoi libri contabili.
Ma che importanza ha se non deve venderle? SVB potrebbe aspettare che le obbligazioni giungano a scadenza, e poi riavrebbe tutto il denaro investito più gli interessi in cinque anni. Ma ecco la seconda parte del problema per SVB. Con il rialzo dei tassi da parte della Fed e il rallentamento dell’economia (che si dirige verso la recessione), in particolare nel settore delle start-up tecnologiche in cui SVB era specializzata, i suoi clienti stavano perdendo profitti e quindi erano costretti a bruciare più contanti e a ridurre i loro depositi presso SVB.
Alla fine SVB non disponeva di liquidità sufficiente per far fronte ai prelievi; invece, aveva un sacco di obbligazioni che non erano maturate. Quando la cosa divenne evidente ai depositanti, quelli che non erano coperti dall’assicurazione statale sui depositi (qualsiasi cifra superiore ai 250.000 dollari) furono presi dal panico e si verificò una corsa alla banca. Questo è diventato evidente quando SVB ha annunciato che avrebbe dovuto vendere gran parte dei suoi titoli per coprire i prelievi. Le perdite sembravano essere così grandi che nessuno avrebbe immesso nuovo denaro nella banca e SVB ha dichiarato bancarotta.
La mancanza di liquidità si è quindi trasformata in insolvenza, come sempre accade. Quante piccole imprese hanno scoperto che se solo avessero ottenuto un po’ di più dalla loro banca o da un investitore, avrebbero potuto superare la mancanza di liquidità e rimanere in attività? Invece, se non ricevono altri aiuti, devono ripiegare. È quello che è successo alla SVB, alla Signature, la banca di deposito di criptovalute, e ora alla First Republic, una banca per le medie imprese e i ricchi di New York.
Cosa hanno fatto gli Stati Uniti e altri Stati per fermare la crisi finanziaria? Questo lavoro per prevenire altri fallimenti bancari e per calmare i mercati azionari funzionerà?
Il governo, la Fed e le grandi banche hanno fatto due cose. In primo luogo, hanno offerto fondi per soddisfare la richiesta di contanti da parte dei depositanti. Sebbene negli Stati Uniti i depositi in contanti superiori ai 250.000 dollari non siano coperti dal governo, quest’ultimo ha rinunciato a tale soglia e ha dichiarato che coprirà tutti i depositi come misura di emergenza.
In secondo luogo, la Fed ha istituito uno speciale strumento di prestito chiamato “Bank Term Funding Program”, grazie al quale le banche possono ottenere prestiti per un anno, utilizzando le obbligazioni come garanzia alla pari per ottenere liquidità e far fronte ai ritiri dei depositanti. In questo modo, non sono costrette a vendere le loro obbligazioni sotto la pari. Queste misure mirano a fermare il “panico” bancario. Ma ovviamente non risolvono i problemi di fondo in cui si trovano le banche a causa dell’aumento dei tassi di interesse e del calo dei profitti per le aziende che si servono di queste banche.
Alcuni sostengono che SVB e le altre banche sono piccole realtà e piuttosto specializzate. Quindi, non riflettono problemi sistemici più ampi. Ma questo è da mettere in dubbio. In primo luogo, SVB non era una banca piccola, nemmeno specializzata nel settore tecnologico: era la sedicesima banca più grande degli Stati Uniti e la sua caduta è stato il secondo crollo più grande nella storia finanziaria degli Stati Uniti. Inoltre, un recente rapporto della Federal Deposit Insurance Corporation mostra che SVB non è l’unica ad avere enormi “perdite non realizzate” nei propri libri contabili. Il totale di tutte le banche è attualmente di 620 miliardi di dollari, pari al 2,7% del PIL statunitense. Questo sarebbe un potenziale colpo per le banche o per l’economia se queste perdite diventassero realtà.
In effetti, il 10% delle banche ha perdite non riconosciute maggiori di quelle della SVB. SVB non era nemmeno la banca peggio capitalizzata, con il 10% delle banche con una capitalizzazione inferiore a quella di SVB. Uno studio recente ha rilevato che il valore di mercato delle attività del sistema bancario è inferiore di 2.000 miliardi di dollari rispetto al valore contabile delle attività, che tiene conto dei portafogli di prestiti detenuti fino alla scadenza.
Le attività bancarie valutate sul mercato sono diminuite in media del 10% per tutte le banche, con il 5º percentile inferiore che registra un calo del 20%. Peggio ancora, se la Fed continuerà ad alzare i tassi di interesse, i prezzi delle obbligazioni scenderanno ulteriormente, e le perdite non realizzate aumenteranno con un numero maggiore di banche che si troverà ad affrontare la mancanza di liquidità.
Le misure di emergenza potrebbero quindi non essere sufficienti. Attualmente si sostiene che la liquidità aggiuntiva può essere finanziata da banche più grandi e più forti che rilevano quelle deboli e ripristinano la stabilità finanziaria senza colpire i lavoratori e le lavoratrici. Questa è la soluzione di mercato in cui i grandi avvoltoi cannibalizzano le carogne morte: per esempio, il ramo britannico della SVB è stato acquistato dalla HSBC per 1 sterlina. Nel caso del Credit Suisse (CS), le autorità svizzere stanno cercando di imporre un’acquisizione da parte della più grande banca UBS per un prezzo pari ad un quinto dell’attuale valore di mercato del CS.
Tuttavia, se l’attuale crisi diventasse sistemica, come nel 2008, questo non sarà sufficiente. Si dovrà invece procedere alla socializzazione delle perdite subite dall’élite bancaria attraverso salvataggi governativi, facendo lievitare il debito del settore pubblico (già a livelli record), che dovrà essere ripagato da tuttu noi attraverso un aumento della tassazione e un’ulteriore austerità nella spesa e nei servizi sociali.
La Federal Reserve e le altre banche centrali continueranno ad alzare i tassi d’interesse per combattere l’inflazione o faranno marcia indietro per prevenire ulteriori crisi bancarie?
Sembra molto probabile che le banche centrali continueranno ad aumentare i tassi di interesse nella loro impossibile ricerca di controllare l’inflazione. Si fermeranno solo se si verificherà un’ulteriore serie di crolli bancari. In quel caso potrebbero essere costrette a invertire le loro politiche di restrizione monetaria per salvare il settore bancario.
Al momento, però, fanno la faccia coraggiosa e sostengono che il sistema bancario è molto “resistente” e in condizioni migliori rispetto al 2008. Al contrario, un’inversione della stretta monetaria sarebbe disastrosa per la credibilità delle banche centrali, in quanto metterebbe in luce queste istituzioni che non controllano l’offerta monetaria, i tassi di interesse o l’attività bancaria.
Quali sono le cause più profonde dell’inflazione e dell’instabilità finanziaria odierna?
Prendiamo innanzitutto l’instabilità finanziaria. Il capitalismo è un’economia monetaria. La produzione, al momento dell’utilizzo, non è destinata al consumo diretto. La produzione di beni è destinata alla vendita su un mercato e scambiata con denaro. Il denaro è necessario per acquistare le merci.
Il denaro e le merci non sono la stessa cosa, quindi la circolazione del denaro e delle merci è intrinsecamente soggetta a rotture. In qualsiasi momento, i detentori di denaro contante non possono decidere di acquistare le merci a prezzi correnti e di accumularle. Allora chi vende le merci deve ridurre i prezzi o addirittura fallire. Molte cose possono innescare questa ripartizione nello scambio di denaro e materie prime, o di denaro per attività finanziarie come le obbligazioni o le azioni – il capitale fittizio, come Marx lo ha chiamato. E può accadere all’improvviso.
Ma la causa principale sarà la sovra-accumulazione di capitale nei settori produttivi dell’economia o, in altre parole, la diminuzione della redditività degli investimenti e della produzione. I clienti delle aziende tecnologiche della SVB avevano iniziato a perdere profitti e stavano subendo una perdita di finanziamenti da parte dei cosiddetti “venture capitalist” (investitori in start-up) perché gli investitori vedevano i profitti in calo. Per questo motivo le aziende tecnologiche hanno dovuto ridurre i loro depositi in contanti. Questo ha distrutto la liquidità di SVB e l’ha costretta ad annunciare la vendita delle sue attività obbligazionarie.
Nel crollo finanziario del 2008, la crisi di liquidità è stata causata dal crollo del mercato immobiliare, non da quello tecnologico come ora. Molti istituti di credito hanno subito gravi perdite nelle obbligazioni ipotecarie e i derivati di tali obbligazioni hanno moltiplicato gli effetti in tutto il settore finanziario e a livello internazionale. Ma il crollo del mercato immobiliare in sé era dovuto a una flessione della redditività dei settori produttivi dell’economia a partire dal 2005-2006, che alla fine ha provocato un vero e proprio crollo dei profitti totali che ha riguardato anche il settore immobiliare.
Questa volta il crollo monetario è stato innescato dall’impennata dell’inflazione a livello globale dopo la fine della pandemia COVID. Questo è stato determinato, soprattutto, dagli enormi aumenti dei costi energetici e alimentari delle catene di approvvigionamento internazionali che si sono interrotte durante la COVID e non si sono più riprese.
Le aziende che hanno riaperto si sono trovate nell’impossibilità di far fronte alla ripresa della domanda; non sono riuscite a far funzionare di nuovo correttamente le navi, i container, i porti e le piattaforme petrolifere. Le forniture di cibo ed energia si sono prosciugate e i prezzi sono aumentati, anche prima che la guerra tra Russia e Ucraina intensificasse il crollo della catena di approvvigionamento dei prodotti di base. Al di là del cibo e dell’energia, l’inflazione di fondo è accelerata a causa della crescita generalmente bassa della produttività nelle principali economie: le aziende capitalistiche non sono riuscite a trovare abbastanza personale qualificato dopo la pandemia da COVID e non hanno investito in nuove capacità di produzione; per cui la crescita della produttività lavorativa non è stata sufficiente a soddisfare la ripresa della domanda.
Ciò che è chiaro è che l’accelerazione dell’inflazione non è stata causata dall’aumento del costo del lavoro (cioè dall’aumento dei salari); al contrario, i lavoratori e le lavoratrici erano (e sono) molto indietro rispetto alla spirale inflazionistica per quanto riguarda la compensazione dei salari. Invece, l’aumento dei costi delle materie prime e la loro carenza hanno permesso a quelle aziende col potere di determinare il prezzo – tipo le grandi multinazionali -, di aumentare i prezzi e di far salire i margini di profitto a livelli record – in particolare le aziende del settore energetico e alimentare. È stata una spirale prezzo-profitto.
Ciononostante, le autorità monetarie di tutto il mondo hanno ignorato o negato che l’accelerazione dell’inflazione fosse un problema dell’offerta (come di solito avviene nel modo di produzione capitalistico). Al contrario, hanno sostenuto che [l’inflazione] fosse dovuta ad una domanda eccessiva che induceva ad una spirale salari-prezzi. La risposta è stata: l’innalzamento dei tassi di interesse, invertire le precedenti politiche di “quantitative easing” (QE) con un “quantitative tightening” (QT) e ridurre la liquidità (contanti e credito a basso costo). Così il costo dei prestiti per gli investimenti delle imprese o i pagamenti dei mutui delle famiglie sono aumentati bruscamente e il sistema bancario si è spezzato.
L’ironia della situazione è come l’aumento dei tassi continuerà ad avere uno scarso effetto diretto sui tassi d’inflazione; al contrario, questa politica sta comprimendo i profitti e i salari, accelerando così la crisi economica – proprio come è accaduto sotto il regime della Fed di Volcker alla fine degli anni ’70 e all’inizio degli anni ’80, che ha portato ad una crisi profonda tra il 1980 e il 1982.
In che modo questa crisi è diversa da quella del 2008 e dalla Grande Recessione? Cosa ha ripristinato la crescita allora? E questi mezzi sono oggi a disposizione dei capitalisti e dei loro Stati?
La produzione e gli investimenti capitalistici soffrono di crolli regolari e ricorrenti. Si tratta di un correttivo necessario nel tempo della tendenza alla riduzione della redditività. I crolli eliminano i rami morti e permettono ai più forti di conquistare i mercati dei più deboli, riducendo il costo del lavoro attraverso un aumento della disoccupazione e gettando così le basi per una maggiore redditività e per la ripresa economica. Questo processo è stato definito “distruzione creativa”.
La Grande Recessione del 2008-2009 ha raggiunto in parte questo obiettivo, ma solo in parte. La redditività del capitale nelle principali economie è rimasta al di sotto dei livelli registrati alla fine degli anni Novanta. Ciò ha mantenuto deboli gli investimenti nei settori produttivi. Le aziende sono dipese dal credito a basso costo o quasi nullo per andare avanti – la quota di “aziende zombie” che sopravvivono semplicemente indebitandosi di più ha raggiunto circa il 20%. Il crollo pandemico del 2020 ha dimostrato che un capitalismo depresso e stagnante non si è ancora ripreso – nessuna distruzione creativa quindi.
Quali soluzioni offre oggi l’establishment capitalista? E funzionerà?
La soluzione mainstream ai crolli bancari è sempre la stessa: una migliore regolamentazione. Anche gli economisti mainstream più radicali, come Joseph Stiglitz, o i politici come Bernie Sanders o Elizabeth Warren, spingono per questa soluzione. Eppure la regolamentazione di un settore finanziario intrinsecamente instabile e speculativo non funziona.
La storia della regolamentazione è una storia di ignoranza, elusione e bugie. Prendiamo la SVB: le autorità di regolamentazione non si sono accorte del rischio di tasso di interesse che il consiglio di amministrazione della SVB stava correndo acquistando così tante obbligazioni, nonostante gli avvertimenti provenienti da varie fonti. E più e più volte sono emersi scandali bancari che i regolatori non hanno colto.
Invece di regolamentare, è necessario rendere di proprietà pubblica le principali istituzioni bancarie e finanziarie, che saranno gestite e controllate democraticamente dai lavoratori e dalle lavoratrici di tali istituzioni e dell’economia in generale. Dobbiamo chiudere le banche d’investimento speculative come Goldman Sachs o i megaliti dell’investimento come BlackRock. Dobbiamo porre fine ai grotteschi stipendi e bonus dei dirigenti bancari e dei trader dell’investment banking.
Il settore bancario dovrebbe essere un servizio pubblico come l’istruzione o lo smaltimento dei rifiuti, non un centro per scommettere al casinò finanziario con i nostri soldi. Ah, dicono alcuni, anche se le banche statali si limitassero a raccogliere i depositi e a concedere prestiti alle imprese per gli investimenti e alle famiglie per l’acquisto di beni di prima necessità, si potrebbe comunque verificare una fuga dei depositanti.
Sì, può darsi. Ma è molto improbabile se i depositanti sanno che i loro soldi sono al sicuro perché vi è lo Stato dietro la banca; le banche non speculano più e sono gestite in modo democratico e trasparente. Se i tassi di interesse aumentano e le banche di proprietà dello Stato subiscono perdite sui titoli di Stato in loro possesso, tali perdite verrebbero condivise equamente dalla società e non dai lavoratori e dalle lavoratrici per salvare i ricchi depositanti e le aziende a spese dal resto della collettività. Ma la proprietà pubblica delle banche è un tabù per tutte le opinioni, anche per quelle socialiste.
Qual è la probabile traiettoria del capitalismo globale?
I primi due decenni di questo secolo hanno dimostrato che il capitalismo ha superato la sua data di scadenza. La crescita economica è rallentata e le economie hanno subito due grandi crolli (2008-2009 e 2020), compreso il più grande crollo finanziario della storia. Gli investimenti nei settori che creano valore e che potrebbero aumentare i redditi e ridurre le ore di lavoro non hanno avuto luogo.
Il riscaldamento globale e il cambiamento climatico non sono stati arginati e ci stiamo dirigendo verso una catastrofe esistenziale. La povertà nel cosiddetto Sud globale sta peggiorando e la disuguaglianza dei redditi e della ricchezza sta aumentando ovunque. Il capitalismo è bloccato in una lunga stagnazione o depressione.
Questa situazione potrà essere superata (e solo temporaneamente) solo se il capitale distruggerà il tenore di vita dei lavoratori e delle lavoratici in modo sufficiente da aumentare la redditività e a ripristinare la crescita degli investimenti. Ma qualsiasi tentativo di fare ciò potrebbe provocare un conflitto di classe senza precedenti. Finora, quindi, gli strateghi del capitale hanno preferito strisciare e non afferrare il nodo della liquidazione e della distruzione creativa. Ma ci sono forze là fuori che vogliono fare ciò