Il movimento anarchico e la guerra civile spagnola – Tredicesima Parte

Dodicesima Parte

Una quasi unità sindacale
Il 18 marzo 1938 si concretizza un importante Pacto de acción tra CNT e UGT . Già in precedenza vi erano state lunghe ed estenuanti trattative in quanto la UGT era diretta da elementi filocomunisti che temevano ogni accordo con gli anarchici della CNT . La spinta decisiva, anzi obbligata, ad accelerare la quasi unificazione viene dalla grave situazione militare. Nell’estate del 1937 infatti la Repubblica perde lo strategico fronte nord con la conquista franchista dei Paesi Baschi, di Santander e delle Asturie. Anche le offensive repubblicane di Belchite e Brunete falliscono dopo qualche iniziale avanzata. Nel mese di agosto l’iniziativa delle formazioni comuniste in Aragona, che vogliono mostrare agli anarchici come si conduce una guerra, viene bloccata e battuta dall’esercito golpista. En passant, le truppe di Lister e di Vidali, come già ricordato, distruggono le collettività libertarie e il Consejo de Aragón. Verso la fine del 1937 i repubblicani scatenano un attacco su Teruel, nell’Aragona meridionale, conquistando la città, per poi perderla nel febbraio 1938 con decine di migliaia di combattenti morti. Allo scadere del 1937 l’esercito franchista sta ormai invadendo l’Aragona e la provincia catalana più vicina, quella di Lleida. Nella primavera del 1938, con l’arrivo dei franchisti sulla costa mediterranea e la conseguente separazione tra la Catalogna e il resto della Spagna repubblicana, la supremazia in armi e uomini dei golpisti appare ormai netta. I dirigenti politici e sindacali repubblicani cercano di correre ai ripari anche con il superamento, sia pure tardivo e parziale, delle laceranti divisioni esplose nel maggio 1937.

Nelle trattative che seguono la CNT ottiene sulla carta la legalizzazione delle collettività, mentre cede sulla richiesta di una significativa partecipazione sindacale nei ministeri. Il governo demanda la decisione sull’ingresso sindacale ai vertici politici ai partiti del Frente Popular. In effetti sembra che la mossa unitaria faciliti il rientro al governo di un esponente della CNT , scelto da Negrín in una terna proposta dal sindacato libertario. Segundo Blanco riceve così in gestione un ministero in quel contesto abbastanza secondario come Istruzione e Sanità. È rivelatrice la valutazione apertamente ottimista del sostenitore principale di tale patto, Horacio Prieto, che lo considera un «trionfo senza precedenti dell’anarchismo spagnolo» e «la sua sconfitta definitiva come ideologia economicista e apolitica». E aggiunge:
Si è riconosciuto ufficialmente lo Stato nazionale; la dottrina è stata sacrificata alle circostanze, a una realtà popolare che non distingue le sottigliezze teoriche, che è praticista e piccolo borghese nelle sue aspirazioni economiche. […] L’inefficienza economica delle collettività era notoria […] però erano tra le poche cose che funzionavano in Spagna. E i loro nemici ufficiali non hanno avuto altra soluzione che cercare di canalizzare il movimento collettivista: da qui è nato il patto CNT – UGT” [5]

Altri passi verso il centralismo
Un ulteriore mutamento dell’anarchismo, ormai irretito dalla logica istituzionale e bellica, si compie ai primi di aprile del 1938 in occasione di un’assemblea regionale di delegati della CNT , della FAI e della FIJL . Il discorso iniziale di García Oliver delinea un quadro a fosche tinte: ogni Comité libertario si comporta a modo proprio, la UGT aumenta gli iscritti, il governo e i partiti agiscono per eliminare progressivamente la forza tuttavia consistente della CNT.

Per far fronte a questa situazione di pericolo sarebbe necessario porre fine all’indisciplina che sopravvive malgrado la militarizzazione. La soluzione è indicata nella creazione di un Comité Ejecutivo delle tre organizzazioni fuse in un più ampio e coerente Movimiento Libertario, per il momento attivo solo in Catalogna. La funzione di tale Comité è quella di esercitare un’effettiva autorità sulla molteplicità di gruppi e strutture quasi indipendenti. In special modo si decide di affidargli il controllo della stampa, delle truppe confederali e dell’economia, oltre al potere di espellere individui ed entità collettive che non eseguano le sue direttive.

Per C.M. Lorenzo, questo nuovo passo verso l’autoritarismo organizzativo sarebbe stato approvato anche dalla «vestale dell’anarchismo» Federica Montseny e da altri «anarchici puritani» quali Germinal Esgleas e José Xena [6]. Questa trasformazione in atto in Catalogna viene però bloccata dal Comité Nacional della CNT in un evidente braccio di ferro tra gruppi di pressione e orientamenti diversi all’interno della stessa organizzazione. Alla fine il delegato del Comité Ejecutivo catalano non viene riconosciuto e gli organi centrali della CNT decidono di accettare quale unico rappresentante dell’organizzazione il Comité Regional nominato dai congressi e non da riunioni di soli delegati. Secondo Lorenzo, che non ha un’opinione positiva di leader come la Montseny o Esgleas, «i puritani catalani erano saltati da un estremo all’altro, dall’anarchia alla dittatura» [7].
Prosegue intanto il rafforzamento del legame CNT – UGT . Il 18 aprile 1938 viene sottoscritto un nuovo Pacto de unidad de acción a conferma della stretta collaborazione tra i due sindacati, che insieme «perseguiranno e denunceranno gli imboscati, i disertori e i loro complici» e aiuteranno «l’epurazione delle retrovie, denunciando gli elementi della Quinta Colonna, i disfattisti, gli accaparratori e gli speculatori» [8].
Poche settimane dopo il Comité de Enlace CNT – FAI , su suggerimento di una Comisión de Asesoría Política formata da Montseny, García Oliver e Vázquez, prende posizione sui «13 punti» di Negrín, cioè sul nuovo programma di governo, reso noto il 1° maggio 1938, che prevede un accordo con i generali golpisti, quindi con Franco, in nome dei superiori interessi nazionali. I temi centrali sono quelli dell’indipendenza spagnola e del rafforzamento dello Stato repubblicano, che sarebbe investito della necessaria autorità da un previsto voto popolare a suffragio universale. Si delinea poi la piena affermazione dei diritti civili e sociali, tra cui quello di proprietà, e un’autonomia regionale moderata. Il Comité Peninsular della FAI esprime delle riserve sul senso del programma di Negrín, visto come un’accelerazione del processo di restaurazione del regime precedente al 19 luglio 1936. Nondimeno accetta la «scelta forzosa, la necessità imposta da superiori esigenze» [9], anche se si rammarica della presa di posizione della CNT giudicata troppo remissiva.

In questi stessi mesi, al di là dell’intesa ufficiale fra la CNT anarchica e la UGT socialista, ma ormai con elevata influenza stalinista, i conflitti fra le truppe confederali e quelle comuniste si aggravano sul fronte di Lleida e poi dell’Ebro. Si fa sentire ancora l’onda lunga della perdita di Malaga del febbraio 1937, in seguito alla quale un tribunale dell’Ejército de Andalucia, controllato dai comunisti, aveva condannato a morte il militante della CNT Francisco Maroto. La sentenza poi non era stata eseguita per l’opposizione minacciosa delle truppe confederali.
Per resistere all’avanzata dell’esercito franchista, lenta ma inesorabile, il Comité Peninsular della FAI propone, nel maggio 1938, di ricorrere alle azioni di piccoli gruppi di guerriglia che agirebbero dietro le linee nemiche per fomentare disordini nella retroguardia. Non si tratta di sostituire l’Ejército Popular, ormai un dato accettato e indiscusso, ma di affiancarlo con queste piccole formazioni di guerriglieri. Nell’occasione si recuperano dal passato spagnolo esempi concreti da attualizzare: «Imitiamo i nostri leggendari eroi della guerra di Indipendenza» [10]. In realtà si valorizza così un episodio classico della storia nazionale, la guerriglia del 1808-1814 contro le truppe napoleoniche, che la retorica statale aveva ripetutamente celebrato come un movimento popolare patriottico. Lo Stato spagnolo ne aveva infatti esaltato i contenuti antirivoluzionari in quanto antifrancese, plaudendo al ruolo di attivi agitatori svolto da diversi frati e religiosi che avevano combattuto in prima persona contro l’ateismo francese. La proposta della guerriglia, che forse avrebbe avuto qualche possibilità concreta nell’estate del 1936, è rifiutata di fatto dagli alti comandi militari, orientati a evitare azioni armate troppo autonome, e infine abbandonata dallo stesso anarchismo spagnolo.

Nel corso del maggio 1938, mentre diventa palese il prossimo esito negativo della guerra, traspare un evidente dissenso tra le posizioni nettamente collaborazioniste della CNT e quelle più defilate della FAI . In pratica molti militanti specifici, cioè faístas, iniziano a chiedersi se abbia ancora senso seguire una linea che «all’obiettivo finale della vittoria ha sacrificato tutto il possibile (le vite dei militanti e i principi più sacri) fino a subire le più indicibili umiliazioni» [11].
Il patto CNT – UGT cerca di condizionare le scelte governative, ma vi riesce solo parzialmente e temporaneamente. Ad esempio, nell’agosto 1938 Negrín dà vita a un Consejo del Trabajo il cui compito è normalizzare la situazione del lavoro in tutti gli aspetti e in tutti i campi. Ciò significa che il governo Negrín invade il tipico terreno sindacale e lo fa in modo esplicito e dirigista. Tra i trentuno membri di tale Consejo vi sono infatti sette rappresentanti dello Stato, dodici della Patronal e dodici dei due sindacati: nemmeno nei Comités Paritarios della dittatura di Primo de Rivera o nei Comités Mixtos della Repubblica, contro i quali la CNT aveva condotto una battaglia frontale, vi era questa sproporzione di forze a favore dello Stato e del padronato.
Un altro punto di attrito fra governo e sindacati si ritrova nella nazionalizzazione delle industrie di guerra. Negrín fa approvare nell’agosto 1938 tre decreti che stabiliscono la confisca delle fabbriche belliche, la riforma del commissariato incaricato di sorvegliarle e la militarizzazione dei porti. In parte i provvedimenti ricalcano quanto stabilito dal patto CNT – UGT qualche mese prima, ma escludono gli esponenti sindacali dai corrispondenti organi direttivi. Se la UGT approva tali decreti, la CNT si limita ad astenersi da ogni critica. Chi invece si ribella a tale ulteriore centralizzazione, denunciando l’erosione delle conquiste autonomiste, è il rappresentante basco insieme a quello catalano: entrambi si dimettono dal governo in segno di protesta. In questo caso gli autonomisti democratici, più o meno borghesi, adottano un comportamento più radicale dei sindacati dei lavoratori.

Continua nella Quattordicesima Parte

Note al capitolo
[5] Ivi, p. 237, n. 13.
[6] Ivi, p. 237, n. 14.
[7] Ivi, p. 238.
[8] J. Peirats, La CNT …, cit., vol. 3, pp. 295-296.
[9] Ivi, p. 323.
[10] Ivi, p. 317.
[11] Ivi, p. 338.

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