In tempi di crisi l’appello a concetti astratti è un toccasana per il dominio. In tal modo si riesce a camuffare abilmente la difesa dei privilegi borghesi e capitalistici di fronte a possibili (e anche probabili, aggiungiamo) destabilizzazioni interne.
Il patriottismo appartiene a questi concetti. Ammaliando l’individuo fin dalla più tenera età, il patriottismo riesce a far accettare alle classi subalterne l’amore e il sacrificio per una patria (o terra dei padri) che non gli appartiene realmente, in quanto si tratta di diktat imposti dal dominio. Al tempo stesso, coloro che ricadono in tali classi difendono in tal modo una classe privilegiata che li sfrutta, aliena ed uccide.
Ma non è solo un problema di classe: è anche di genere.
Per una donna, dirà Virginia Woolf in “Le tre ghinee”, cosa è il patriottismo se non la negazione della ricchezza, della difesa fisica e dell’istruzione? Cos’è il patriottismo se non l’esaltazione del militarismo? Cos’è il patriottismo se non la forma manifesta della violenza e del privilegio maschile?
Il testo della femminista inglese era una sorta di risposta ad avvocato di un’associazione antifascista che chiedeva a costei su come si potesse prevenire una guerra.
La risposta della Woolf fu un’analisi lucida ed incisiva, che riuscì ad affrontare pienamente, oltre la tematica di classe, anche quella di genere
Dello stesso avviso è l’autrice che oggi presentiamo: Emma Goldman.
In una conferenza che tenne nell’Aprile del 1908 a San Francisco, l’anarchica lituana iniziò a snocciolare tutte le problematiche e gli orrori prodotti da questo concetto astratto noto come “patriottismo”: dall’ “abbruttimento” dell’individuo inquadrato nelle logiche militariste alla repressione di chi si opponeva a questo stato di cose, passando all’analisi sulla futura nascita della potenza statunitense in campo internazionale.
La critica alla patria (o alla terra dei padri) e al capitalismo passa da una cultura di liberazione in cui si smontano le logiche di profitto e di privilegio (sia di classe che di genere, oltre che di razza).
Che cos’è il patriottismo?
È l’amore per il proprio luogo di nascita, dei ricordi e delle speranze dell’infanzia, dei sogni e delle aspirazioni? È il luogo in cui, con l’ingenuità dell’adolescente guardavamo le nuvole vagare e ci chiedevamo perché potessimo correre così veloci anche noi? Il luogo in cui contavamo i miliardi di stelle lucenti, terrorizzati dall’idea che ognuna di loro “un occhio potesse essere”, capace di penetrare il profondo delle nostre piccole anime?
È il luogo in cui ascoltavamo la musica degli uccelli e desideravamo avere le ali, per volare come loro verso terre lontane? Oppure il luogo in cui ci sedevamo sulle ginocchia materne, affascinati da racconti meravigliosi di gesta e d’imprese gloriose?
In breve, è l’amore per il luogo in cui ogni centimetro rappresenta i ricordi cari e preziosi di una infanzia felice, gioiosa e gaia?
Se il patriottismo fosse questo, pochi americani oggi potrebbero essere definiti come patriottici dal momento che il luogo dei giochi è stato trasformato in una fabbrica, un mulino o una miniera, mentre il frastuono assordante delle macchine ha sostituto la musica degli uccelli. Nè possiamo più ascoltare i racconti delle grandi gesta, perché le storie che le nostre madri raccontano oggi giorno sono piene di malinconia, lacrime e dolore. Che cos’è allora il patriottismo? “Il patriottismo, signore, è l’ultima risorsa dei furfanti”, ha detto il dr. Johnson. Leone Tolstoj, il più grande spirito antipatriottico dei nostri tempi, definisce il patriottismo come il principio che giustifica l’addestramento degli assassini su vasta scala; una professione che richiede attrezzature migliori per uccidere gli uomini che per far fronte a necessità della vita, come le scarpe, i vestiti o le case; una professione che assicura maggiori profitti e gloria che non quella del normale lavoratore.
Gustave Hervé, un altro grande spirito antipatriottico, considera giustamente il patriottismo come una superstizione – però di gran lunga più volgare, brutale e disumana della religione. La superstizione religiosa è nata dall’incapacità dell’uomo a spiegare i fenomeni naturali. Vale a dire che quando l’uomo primitivo udiva il tuono o vedeva il lampo, non sapeva spiegare nessuno dei due e quindi concludeva che dietro di loro vi doveva essere una forza più grande di lui. Allo stesso modo egli vedeva una forza sovrannaturale nella pioggia e negli altri fenomeni della natura. Il patriottismo, invece, è una superstizione creata artificialmente e mantenuta tramite una fitta rete di menzogne e falsità; una superstizione che prima l’uomo della fiducia in se stesso e della sua dignità, aumentandone l’arroganza e la presunzione.
In realtà la presunzione, l’arroganza e l’egoismo sono i caratteri essenziali del patriottismo. Lasciatemi spiegare. Il patriottismo ritiene che il nostro globo sia diviso in piccoli lotti, ognuno circondato da un recinto di ferro. Chi ha avuto la fortuna di nascere in qualche punto particolare, si ritiene migliore, più nobile, più importante e più intelligente degli esseri umani che vivono in altri punti. È pertanto dovere di ognuno che vive in quel punto determinato di lottare, uccidere e morire nel tentativo di imporre la propria superiorità agli altri.
Gli abitanti degli altri punti ragionano allo stesso, ovviamente, con il risultato che fin dalla prima infanzia la mente del bambino viene avvelenata con storie agghiaccianti sui tedeschi, i francesi, gli italiani, i russi etc. Quando il bambino raggiunge l’età adulta, è ormai imbevuto dell’idea di essere stato scelto da dio stesso per difendere il proprio paese contro l’attacco o l’invasione dello straniero. È questa la ragione per la quale richiediamo a gran voce un esercito e una marina più forte, più navi da guerra e più munizioni. Ed è a questo scopo che gli USA hanno speso in un breve lasso di tempo quattrocento milioni di dollari prelevati dal prodotto del popolo. Perchè certamente non sono i ricchi che contribuiscono al patriottismo. Essi sono cosmopoliti, perfettamente a loro agio in qualsiasi terra. Noi che siamo in America sappiamo benissimo come ciò sia vero.
I nostri ricchi americani non fanno forse i francesi in Francia, i tedeschi in Germania o gli inglesi in Inghilterra? E non scialacquano forse con gusto cosmopolita le fortune create in fabbrica da bambini americani e dagli schiavi del cotone?
È questo patriottismo che rende possibile rinvio di messaggi di cordoglio a un despota come lo zar russo, quando gli accadono delle disgrazie, come fece il presidente Roosevelt a nome del suo popolo, quando Sergius fu punito dai rivoluzionari russi.
È il patriottismo che aiuta l’ultrassassino Diaz a distruggere migliaia di vite in Messico o addirittura ad arrestare i rivoluzionari messicani sul suolo americano e al tenerli incarcerati nelle prigioni americane, senza la i benché minima giustificazione o motivo valido.
Il patriottismo, quindi, non è per chi rappresenta la ricchezza e il potere, è buono invece per la povera gente. Ricordo una frase celebre di Federico il Grande, il più intimo amico di Voltaire, che disse: «La religione è un inganno, ma deve essere mantenuta per le masse».
Che il patriottismo sia un’istituzione abbastanza costosa, sarà evidente a tutti dopo aver esaminato le seguenti statistiche.
L’aumento crescente delle spese per i principali eserciti e flotte del mondo durante l’ultimo quarto di secolo è un fatto di una tale gravità da lasciare interdetto qualsiasi serio studioso di problemi economici. Esso può essere espresso facilmente dividendo gli anni che vanno dal 1881 al 1905 in periodi di cinque anni ciascuno ed osservando le spese di varie nazioni importanti per l’esercito e la marina nel primo e nell’ultimo di questi periodi. Tra il primo e l’ultimo dei periodi presi in considerazione le spese della Gran Bretagna sono aumentate da $ 2.101.848.936 a $ 4.143.226.885; quelle della Francia da $ 3.324.500.000 a $ 3.455.109.900; quelle della Germania da $ 725.000.200 a $ 2.700.375.600; quelle degli Stati Uniti da $ 1.275.500.750 a $ 2.650.900.450; quelle della Russia da $ 1.900 975.500 a $ 5.250.445.100; quelle dell’Italia d a $ 1.600 975.750 a $ 1.755.500.100 e quelle del Giappone da $ 182.900.500 a $ 700.925.475.
Le spese militari di ognuna delle nazioni citate sono aumentate in ognuno dei periodi quinquennali in esame. Nel lasso di tempo che va dal 1881 al 1905 le spese della Gran Bretagna per il suo esercito sono aumentate quattro volte, negli Stati Uniti tre volte, in Russia due, quelle della Germania sono aumentate del 35%, quelle della Francia del 15% e quelle del Giappone quasi del 500%. Se confrontiamo le spese di questi paesi per i propri eserciti con il totale delle uscite per il periodo di venticinque anni che termina nel 1905, la proporzione sale nel modo seguente:
In Gran Bretagna dal 20% al 37; negli Stati Uniti dal 15 al 23; in Francia dal 16 al 18; in Italia dal 12 al 15; nel Giappone dal 12 al 14.
D’altro canto è interessante osservare che la proporzione in Germania è diminuita da circa il 58% al 25, a causa dell’enorme aumento di spese imperiali indirizzate ad altri fini, restando il fatto però che le spese militari del periodo 1901-5 erano superiori a quelle del quinquennio precedente. Le statistiche mostrano che i paesi in cui le spese militari sono le più alte, in rapporto al reddito nazionale complessivo, sono la Gran Bretagna, gli Stati Uniti, il Giappone, la Francia e l’Italia in quest’ordine.
I dati riguardanti le spese per le principali flotte sono ugualmente impressionanti. Nel corso dei venticinque anni che vanno fino al 1905, le spese navali sono aumentate approssimativamente nel m odo seguente: Gran Bretagna, 300%; Francia, 60%; Germania, 600%; Stati Uniti, 525%; Russia, 300%; Italia, 250%; Giappone, 700%. Con l’eccezione della Gran Bretagna, gli Stati Uniti spendono per la propria flotta più di qualsiasi altro paese e questa spesa rappresenta anche la percentuale più alta di qualsiasi altro paese in rapporto alle uscite nazionali complessive. Negli anni 1881-85 la spesa per la marina degli Stati Uniti è stata di $ 6,20 su ogni 100 dollari stanziati a fini nazionali; la cifra è passata a 6,60 nel quinquennio seguente, a 8,10 per il seguente, poi a 11,70 e infine a 16,40 per gli anni 1901-5. È più che certo che il bilancio per l’attuale periodo di cinque anni subirà ancora un ulteriore aumento. L’aumento crescente dei costi del militarismo può essere mostrato anche calcolandolo come una tassa pro capite sull’insieme della popolazione. Dal primo all’ultimo dei periodi quinquenali presi come base di confronto, esso è aumentato nel modo seguente: in Gran Bretagna da $ 18,47 a 52,50; in Francia da 19,66 a 23,62; in Germania da 10,17 a 15,51; negli Stati Uniti da 5,62 a 13,64; in Russia da 6,14 a 8,37; in Italia da 9,59 a 11,24; in Giappone da 86 centesimi a $ 3,11.
È in rapporto a questa stima sommaria dei costi pro capite che si può meglio valutare l’onere economico del militarismo. La conclusione inevitabile, sulla base dei dati disponibili, è che l’aumento delle spese per gli eserciti e le flotte sta sorpassando rapidamente l’espansione demografica in ciascuno dei paesi presi in considerazione finora. In altre parole, un aumento ulteriore delle esigenze militaristiche, minaccia ciascuna nazione con la prospettiva di un esaurimento delle risorse umane e materiali.
Lo spreco terribile che è richiesto dal patriottismo dovrebbe bastare da solo a curare anche le persone di intelligenza media da tale malattia. Il patriottismo, invece, esige ancora di più. La gente viene spinta ad essere patriottica e a questo lusso essa paga un prezzo, non solo mantenendo i propri “difensori”, ma anche sacrificando i propri figli. Il patriottismo esige fedeltà alla bandiera, il che significa ubbidienza e disponibilità a uccidere padre, madre, fratello e sorella.
L’obiezione corrente è che abbiamo bisogno di un esercito adeguato per proteggere il paese da invasioni straniere.
Ogni persona intelligente, uomo o donna, sa tuttavia che questo è un mito alimentato per spaventare e reprimere gli sciocchi. I governi di tutto il mondo, conoscendo i rispettivi interessi, non si invadono tra loro. Essi hanno imparato che possono guadagnare molto di più dall’arbitrato internazionale dei conflitti che con la guerra e le annessioni. In realtà, come disse Carlyle, «La guerra è una lite tra due ladri troppo vigliacchi per combattere in prima persona; per questo essi prendono i giovani da questo o quel villaggio, li infilano nelle uniformi, forniscono loro i fucili e li lasciano liberi come bestie selvagge di sbranarsi tra loro».
Non ci vuole un grande sforzo per ricondurre ogni guerra a una simile origine. Prendiamo, per esempio, la nostra guerra ispano-americana, ritenuta un grande e patriottico evento nella storia degli Stati Uniti. Come ribollivano di indignazione i nostri cuori contro i feroci spagnoli! La nostra indignazione, tuttavia, non era spontanea. Era alimentata da mesi di agitazione sui giornali e molto dopo che il carnefice Weyler aveva reciso molti nobili cubani e violentato molte cubane.
Ciononostante sia detto a vanto della nazione americana, questa si indignò, fu disposta a battersi e si battè con coraggio. Ma quando il fumo si fu diradato, i morti sepolti e il costo della guerra si riversò sulla popolazione sotto forma di aumento dei beni e degli affitti – vale a dire quando ci riprendemmo dall’ubriacatura patriottica – fu improvvisamente chiaro che la causa della guerra ispano-americana era stata la questione del prezzo dello zucchero; o, per essere più espliciti, che le vite, il sangue e il denaro del popolo americano erano stati usati per proteggere gli interessi dei capitalisti americani, minacciati dal governo spagnolo. Questa non è un’esagerazione, ma è basata su dati di fatto e su cifre, e lo sta a dimostrare l’atteggiamento del governo americano verso i lavoratori cubani. Quando Cuba fu saldamente nelle grinfie degli Stati Uniti, gli stessi soldati a mandati a liberare Cuba ricevettero l’ordine di sparare sugli operai cubani durante il grande sciopero dei sigarai, che si svolse poco dopo la fine della guerra. Non siamo i soli, tuttavia, a intraprendere guerre per motivi del genere. Il sipario comincia ad alzarsi sulle ragioni della terribile guerra russo-giapponese, che è costata tante lacrime e sangue. E noi possiamo vedere ancora una volta che dietro il feroce Moloch della guerra, vi è l’ancor più feroce dio del commercio. Kuropatkin, il Ministro della guerra russo durante il conflitto Russo-Giapponese, ha svelato il segreto che si nascondeva dietro quest’ultimo.
Lo zar e i suoi granduchi, avendo investito denaro in concessioni coreane, avevano bisogno della guerra al solo scopo di accumulare rapidamente grandi fortune.
L’affermazione secondo cui un esercito e una marina forti sono la migliore garanzia di pace, è logica quasi quanto l’affermazione che il cittadino più pacifico è quello che va in giro armato di tutto punto. L’esperienza della vita quotidiana mostra che l’individuo armato è immancabilmente ansioso di provare la propria forza. Lo stesso è storicamente vero per i giovani. I paesi realmente amanti della pace non sprecano vite ed energie in preparativi bellici, ed ottengono cosi il risultato che la pace venga mantenuta.
Tuttavia, l’agitazione a favore di un rafforzamento dell’esercito e della marina non è dovuta ad alcun pericolo straniero. È dovuta invece alla paura dello scontento crescente tra le masse e dello spirito internazionalista crescente tra i lavoratori. È per affrontare il nemico interno che i poteri di diversi paesi si stanno preparando; un nemico che, quando avrà preso coscienza, si dimostrerà più pericoloso di qualsiasi invasore straniero.
Le forze che si sono impegnate nel corso dei secoli a mantenere le masse nella schiavitù, hanno fatto uno studio approfondito della loro psicologia. Esse sanno che il popolo nel suo insieme è come un bambino la cui disperazione, dolore e lacrime si possono trasformare in gioia con un piccoli giocattolo. E quando più sontuosamente sarà vestito il giocattolo, quanto più sgargianti i colori, tanto più ne sarà affascinato il bambino dal milione di teste. L’esercito e la marina rappresentano i giocattoli della popolazione. Per renderli più attraenti e più accettabili, si spendono centinaia e migliaia di dollari per la loro esibizione. Questo era il fine del governo americano al momento di varare la flotta e quando la mandò lungo le coste del Pacifico, in modo che ogni americano potesse sentire l’orgoglio e la gloria di essere negli Stati Uniti. La città di San Francisco spese più di centomila dollari per ospitare la flotta; Los Angeles sessantamila; Seattle e Tacoma, circa centomila. Ho detto ospitare la flotta? Avrei dovuto dire per offrire pranzi e bevande a pochi ufficiali di grado superiore, mentre i “bravi ragazzi” dovevano ammutinarsi per avere da mangiare a sufficienza. Ed infatti, duecento sessantamila dollari furono spesi in fuochi d’artificio, serate teatrali e feste, mentre uomini, donne e bambini in tutto il resto del paese morivano di fame per le strade; mentre migliaia di disoccupati erano disposti a vendere il proprio lavoro a qualsiasi prezzo.
Duecento sessantamila dollari! Che cosa non si sarebbe potuto fare con una tale cifra? Ma invece di di ricevere pane ed abitazioni, i bambini di quelle città furono portati a vedere la flotta, in modo che essa restasse, come disse uno dei giornalisti, «un ricordo imperituro per il bambino » .
Una cosa meravigliosa da ricordare, non è vero? Gli strumenti del massacro civile. Se la mente del bambino deve essere avvelenata con simili ricordi, che speranza c’è di realizzare una vera fratellanza umana?
Noi americani affermiamo di essere della gente amante della pace. Odiamo gli spargimenti di sangue e siamo contrari alla violenza. Eppure diventiamo pazzi di gioia all’idea di poter lanciare bombe esplosive da macchine volanti su cittadini inermi. Siamo pronti ad impiccare, uccidere sulla sedia elettrica o linciare chiunque che, preso da necessità economiche, rischierà la propria vita in un attentato contro quella di qualche magnate industriale. Ed inoltre, i nostri cuori traboccano d’orgoglio al pensiero che gli Stati Uniti stanno diventando la nazione più potente sulla terra e che essi potrebbero mettere il proprio piede di ferro sul collo delle altre nazioni.
Questa è la logica del patriottismo.
Tenendo a mente tutti i mali che il patriottismo provoca nell’uomo della strada, si deve riconoscere che questi sono nulla se confrontati con le offese e le umiliazioni che il patriottismo getta sul soldato stesso, su questa povera vittima illusa della superstizione e dell’ignoranza. Per lui, per il salvatore del suo paese e il protettore della sua nazione, che cosa ha in riserbo il patriottismo? Una vita di sottomissione servile, di depravazione e abbruttimento in tempi di pace; una vita di pericoli, rischi e morte in tempi di guerra.
Mentre compivo un giro di conferenze a San Francisco, di recente, ho avuto l’occasione di visitare il presidio, il punto più bello che guarda verso la Baia e il Golden Gate Park. La sua destinazione doveva essere quella di un campo da giochi per bambini, giardini e luoghi dove ascoltare la musica, per la ricreazione della gente stanca. Invece esso è diventato un luogo brutto, piatto e grigio a causa delle caserme che vi si trovano; delle caserme dove i ricchi non lascerebbero dormire nemmeno i propri cani. In queste baracche miserabili, i soldati vivono ammassati come bestie; qui sprecano la loro gioventù, pulendo gli stivali e lucidando i bottoni degli ufficiali superiori.
Ed anche qui ho potuto vedere le differenze di classe: i forti figli di una repubblica libera, trascinati in fila come carcerati, costretti a salutare ogni vermiciattolo di colonnello che passava. L’eguaglianza americana, che abbrutisce gli uomini ed innalza l’uniforme!
La vita in caserma, tra l’altro, tende a sviluppare delle tendenze alla perversione sessuale. Essa produce gradualmente su questo piano delle conseguenze simili a quelle della vita militare in Europa. Havelock Ellis, il famoso studioso di psicologia del sesso, ha compiuto un’importante ricerca sull’argomento. Cito: «Alcune caserme sono dei grandi centri di prostituzione maschile … Il numero di soldati che si prostituisce è maggiore di quanto noi siamo disposti a credere. Non è esagerato dire che in certi reggimenti si deve presumere che il calcolo vada a favore della venalità della maggioranza degli uomini…Nelle sere, Hyde Park e i dintorni di Albert Gate sono pieni di membri della guardia e altri che vi svolgono un mercato molto attivo, e senza troppe preoccupazioni, in divisa o senza…Nella maggior parte dei casi i proventi rappresentano un’utile aggiunta agli spiccioli concessi da Tommy Atkins.»
Fino a che punto questa corruzione sia penetrata nell’esercito e nella marina si può valutare sulla base del fatto che esistono delle case speciali per questa forma di prostituzione. La pratica non si limita all’Inghilterra, ma è universale.
«I soldati sono ricercati in Francia non meno che in Inghilterra o in Germania, e delle case speciali per la prostituzione dei militari esistono sia a Parigi che nelle guarnigioni di provincia ».
Se Havelock Ellis avesse incluso gli Stati Uniti n ella sua ricerca sulle perversioni sessuali, avrebbe potuto verificare che la stessa situazione esiste nel nostro esercito e nella nostra marina come negli altri paesi. La crescita dell’esercito permanente favorisce inevitabilmente la diffusione delle perversioni sessuali: le caserme ne sono le incubatrici.
Oltre alle conseguenze sessuali della vita in caserma, vi è anche il fatto che essa tend e a rendere inadatto il soldato per lavori utili dopo il congedo dall’esercito. Degli uomini specializzati in un’attività raramente entrano nell’esercito o nella marina, ma anch’essi, dopo l’esperienza militare, si trovano completamente incapaci di riprendere le loro vecchie occupazioni. Avendo acquisito delle abitudini pigre e un gusto per le azioni eccitanti e avventurose, non sono più soddisfatti da attività pacifiche. Usciti dall’esercito non possono tornare a nessun lavoro utile. Tuttavia, sono in genere i rifiuti sociali, gli ex -detenuti e simili, che la lotta per la vita o le proprie inclinazioni spingono ad arruolarsi. Costoro, alla fine del periodo di ferma, tornano nuovamente alla loro vita di delinquenti, più abbrutiti e degradati di prima. È ben risaputo che nelle nostre prigioni vi è un discreto numero di ex-soldati; mentre l’esercito e la marina, a loro volta, si riforniscono in gran parte di ex-detenuti.
Di tutti i mali che ho descritto, nessuno mi sembra più dannoso per l’integrità umana, dello spirito che il patriottismo inculca, come nel caso del soldato semplice William Buwalda. Poiché questi credeva ingenuamente che si possa essere soldati ed esercitare i propri diritti umani allo stesso, le autorità militari lo hanno punito severamente. Egli aveva servito il suo paese per quindici anni, vale la pena di osservare, e il suo curriculum di quel periodo era impeccabile.
Secondo il generale Funston che ridusse la condanna di Buwalda a tre anni, «il primo dovere di un ufficiale o di una recluta è la fedeltà e l’ubbidienza indiscussa al governo, indipendente dal fatto che egli approvi o no quel governo». In tal modo Funston presenta il vero carattere della disciplina: per lui, l’ingresso nell’esercito abolisce i principi della dichiarazione d’indipendenza.
Che strano sviluppo del patriottismo, quello che trasforma un essere pensante in una macchina ubbidiente!
A giustificazione dell’ignobile sentenza contro Buwalda, il generale Funston ha detto al popolo americano che l’azione del soldato era stata «un grave delitto, pari al tradimento ». Ebbene, in che cosa è consistito veramente questo «grave delitto » ? Semplicemente in questo: William Buwalda era una delle millecinquecento persone che avevano partecipato a un’assemblea pubblica a San Francisco, e — oh , orrore! – aveva stretto la mano dell’oratore, Emma Goldman. Un grave delitto, invero, qualcosa che il Generale definisce « una grave offesa militare, infinitamente peggiore della diserzione» .
Vi può essere una condanna peggiore del patriottismo, del fatto che esso può imprimere in un simile modo il marchio del criminale su un uomo, gettarlo in prigione e privarlo dei frutti di quindici anni di servizio fedele?
Buwalda ha dato al suo paese gli anni migliori della sua vita e il meglio delle sue energie. Ma tutto ciò non è servito a nulla. Il patriottismo è inesorabile e come tutti i mostri insaziabili, vuole tutto o niente. Non ammette che un soldato sia anche un essere umano, che abbia diritto ai propri sentimenti e alle opinioni, inclinazioni e idee.
No, il patriottismo non può ammettere tutto ciò. Questa è la lezione che Buwalda ha dovuto apprendere, ad un prezzo piuttosto alto, ma non inutile. Quando tornò alla libertà, egli aveva perso il posto nell’esercito, ma aveva riconquistato la propria dignità.
E questa, dopo tutto, vale tre anni di prigione.
Uno studioso della situazione militare in America, ha scritto di recente in un articolo, sul potere dell’uomo in uniforme su quello civile in Germania.
Tra le altre cose, egli ha detto che se la nostra repubblica non servisse ad altro che a garantire diritti eguali a tutti i cittadini, avrebbe già ragione di esistere. Sono sicura che costui non è stato in Colorado all’epoca dell’ondata patriottica del generale Bell. Avrebbe probabilmente mutato la sua opinione, vedendo come, in nome del patriottismo e della repubblica, la gente veniva ammassata nei recinti, trascinata per ogni dove, gettata oltre il confine e sottoposta ad ogni tipo di vessazioni. E il caso del Colorado non è unico nella storia del potere militare negli Stati Uniti. Non vi è quasi uno sciopero in cui l’esercito e la polizia non intervengano in difesa di chi ha il potere e in cui non si comportino con la stessa arroganza e brutalità degli uomini che indossano l’uniforme del Kaiser. E poi, abbiamo anche la legge militare Dick. Se ne è dimenticato il nostro autore?
Un guaio con la maggior parte dei nostri scrittori è che essi sono completamente all’oscuro dei fatti attuali oppure che, privi di onestà, non ne vogliono parlare. E così è avvenuto che la legge Dick sulle questioni militari passasse di corsa attraverso il Congresso, con poca discussione e ancor meno pubblicità — una legge che dà al Presidente della repubblica il potere di trasformare un pacifico cittadino in un assassino sanguinario, ufficialmente per la difesa del paese, ma in realtà per la protezione degli interessi particolari del partito di cui il Presidente si trova ad essere il portavoce.
Il nostro autore afferma che il militarismo non potrà mai assumere in A merica le stesse dimensioni dell’estero, dal momento che da noi il servizio militare è volontario, mentre è obbligatorio nel vecchio mondo.
Questo signore, tuttavia, dimentica di prendere in considerazione due fatti. In primo luogo che la coscrizione obbligatoria ha creato in Europa un grande odio contro il militarismo in tutte le classi della società. Sono migliaia le giovani reclute che vanno sotto le armi protestando e una volta nell’esercito si servono di ogni mezzo per disertare. In secondo luogo, il carattere costrittivo del militarismo ha creato un forte movimento antimilitarista, che è temuto più di ogni altra cosa dalle grandi potenze europee. Dopo tutto, il principale bastione del capitalismo è l’esercito. Quando questi è minato dall’interno, il capitalismo barcolla. È vero, noi non abbiamo la leva obbligatoria; ciò significa che la gente non viene costretta in genere ad arruolarsi, ma abbiamo sviluppato una forza molto più costrittiva e rigorosa: il bisogno.
Non è forse vero che nei periodi di depressione industriale vi è un enorme aumento del numero di arruolamenti? L’attività militare non può non essere lucrosa ed onorevole, ma è meglio che vagare per il paese alla ricerca di lavoro, stare in fila per il pane o dormire nei dormitori pubblici. Dopo tutto, significa tredici dollari al mese, tre pasti al giorno e un posto per dormire. Eppure, anche il bisogno non è un elemento abbastanza forte per spingere nell’esercito un uomo dotato di carattere ed energia.
Non c’è da stupirsi che le nostre autorità militari si lamentino del « materiale scadente » che si arruola nell’esercito e nella marina.
Questa ammissione ne è un segno molto incoraggiante: dimostra che nell’americano medio vi è ancora abbastanza spirito di indipendenza e amore per la libertà da rischiare la fame piuttosto che indossare la divisa.
Le persone ragionevoli in tutto il mondo cominciano a capire che il patriottismo è un concetto troppo limitato e restrittivo per rispondere alle esigenze della nostra epoca. La centralizzazione del potere ha provocato la nascita di un sentimento di solidarietà tra le nazioni oppresse del mondo; una solidarietà che rappresenta una comunanza di interessi maggiore tra l’operaio americano e i suoi fratelli all’estero che tra il minatore americano e il suo compatriota che lo sfrutta; una solidarietà che non ha paura di invasioni straniere, dal momento che sta portando tutti i lavoratori al punto in cui diranno ai propri padroni: «Va e uccidi tu per conto tuo. Noi lo abbiamo fatto troppo tempo per te » .
Questa solidarietà sta risvegliando anche la coscienza dei soldati, dal momento che anch’essi non sono della stessa carne e sangue della grande famiglia umana. Una solidarietà che ha dimostrato la propria forza più di una volta nel corso delle ultime lotte che ha spinto i soldati parigini, nella Comune del 1871, a rifiutare di obbedire quando è stato ordinato loro di sparare sui propri fratelli.
Ha dato coraggio agli uomini che si sono ammutinati sulle navi da guerra russe, negli anni più recenti. Essa finirà col provocare l’insurrezione di tutti gli oppressi e gli sfruttati contro i loro sfruttatori internazionali.
Il proletariato europeo ha capito la grande forza di questa solidarietà e ha cominciato, di conseguenza, una guerra contro il patriottismo e il suo spettro sanguinoso: il militarismo. Migliaia di uomini riempiono le prigioni della Francia, della Germania, della Russia e dei paesi scandinavi, perché hanno osato sfidare l’antica superstizione. E il movimento non riguarda solo la classe operaia ; esso ha dei rappresentanti in tutti gli strati sociali, in particolare tra uomini e donne famosi nel campo dell’arte, della scienza e delle lettere gli Stati Uniti dovranno seguire a ruota. Lo spirito del militarismo ha già permeato tutti i meandri della vita. In realtà, io credo che il militarismo corra maggiori pericoli qui che in qualsiasi altro luogo, a causa delle molte promesse che il capitalismo fa a coloro che vuole distruggere.
I primi passi sono già stati fatti nelle scuole.
Ovviamente, il governo si attiene alla vecchia concezione gesuitica «Dammi la mente del bambino e ne farò un uomo». I bambini vengono istruiti sui problemi di tattica militare, alla gloria delle imprese militari esaltate nel programma di studi e le giovani menti vengono traviate per compiacere il governo. In seguito, la gioventù del paese viene chiamata da pittoreschi manifesti ad entrare nell’esercito o nella marina. «Un’ottima occasione di vedere il mondo!», grida l’agente pubblicitario governativo. In tal modo dei ragazzi innocenti sono trascinati inconsapevolmente al patriottismo e il Moloch militare procede a grandi passi verso la conquista dell’intera nazione.
L’operaio americano ha sofferto cosi tanto per causa dei soldati, statali e federali, che sono indubbiamente giustificati il suo disprezzo e la sua opposizione al parassita in uniforme. Tuttavia, la sola denuncia non risolverà questo grande problema. Abbiamo bisogno invece di propaganda educativa per i soldati: letteratura antipatriottica che li illumini sui veri orrori della loro professione e risvegli la loro coscienza per quanto riguarda i rapporti effettivi che li legano agli uomini, il cui lavoro permette la loro stessa esistenza.
E questo è proprio ciò di cui più hanno paura le autorità. Per un soldato è già alto tradimento il fatto di partecipare a una riunione di sinistra. Ma allora, non è vero forse che l’autorità, da tempo immemorabile, ha sempre condannato ogni passo verso il progresso come un tradimento?
Chi, tuttavia, lotta onestamente per la rinascita della società, può affrontare senza difficoltà tutto ciò; può essere, infatti, ancor più importante portare la verità dentro le caserme che nelle fabbriche. Quando avremo demolito la menzogna patriottica, avremo aperto la strada per quella grande struttura in cui tutte le nazionalità saranno unite da una fratellanza universale: una vera SOCIETÀ LIBERA.
Nota storica curata dal Gruppo Anarchico Galatea
“Il Patriottismo. Una minaccia per la libertà” è un discorso che Emma Goldman tenne durante una conferenza a San Francisco nell’Aprile del 1908. Sulla base di questo discorso venne redatto un pamphlet poi sponsorizzato nel 1910 sul giornale “Mother Earth”.
Venne inserito nel libro “Anarchism and Other Essays”, Mother Earth Publishing Association, New York, 1911.
Il libro in questione venne tradotto come “Anarchia, femminismo e altri saggi”, La Salamandra, Milano, 1976. Il discorso citato si trova nelle pagg. 99-112.
Fonti consultate
-“Mother Earth”
-“Anarchia, femminismo e altri saggi”, La Salamandra, Milano, 1976