Proteste e scioperi nelle prigioni dell’Alabama – 1

Le prigioni dello Stato dell’Alabama sono tra le peggiori di tutti gli Stati Uniti: sovraffollamento, sfruttamento lavorativo e violenze da parte della polizia penitenziaria. Il 26 Settembre la popolazione detenuta lavoratrice dell’Alabama inizia uno sciopero con lo slogan “Non contribuiremo più alla nostra stessa oppressione”.
Gruppi come Free Alabama Movement (FAM) e “Both Sides of the Wall” sostengono le persone scioperanti. Ad oggi, 16 Ottobre, lo sciopero è ancora in corso in tutte le strutture penitenziarie.
Con questo primo post riporteremo, in forma tradotta, i resoconti, le analisi e le testimonianze provenienti dai siti internet quali “It’s going down”, “Mundo Obrero/Workers World” e “World Socialist”.

Gli agenti di polizia si muovono per reprimere lo sciopero di massa nelle prigioni dell’Alabama (28 Settembre)

Traduzione dall’originale Officials Move to Squash Massive Strike Across Alabama Prisons

Migliaia di detenuti hanno lanciato uno storico sciopero dal lavoro – dove il Dipartimento di Correzione dell’Alabama (ADOC) ammette che ciò stia avvenendo nella “maggior parte delle principali strutture maschili”- , mandando il sistema in una forma di blocco modificato; [nel] mentre le autorità carcerarie tentano di interrompere lo sciopero spostano i detenuti in altre strutture. “Si tratta di una cosa enorme, di un’iniziativa a livello statale”, ha dichiarato Jared Ware, organizzatore abolizionista, giornalista e co-conduttore del podcast Millennials are Killing Capitalism, che si è intrattenuto con It’s Going Down per parlare dello sciopero.

(traduzione: “Lo sciopero all’interno delle prigioni dell’Alabama continua, con chiare richieste da parte degli organizzatori incarcerati. L’intervento del Dipartimento di Giustizia non ha fatto nulla per cambiare le condizioni all’interno delle prigioni dell’Alabama; rimangono incredibilmente pericolose, disumane e sfruttatrici”)

Inizia lo sciopero
Gli scioperi, iniziati lunedì (26 Settembre, ndt), si sono svolti in concomitanza con le proteste dall’altra parte delle mura del carcere di Montgomery, in Alabama, che hanno presentato una serie di richieste dei detenuti, incentrate su “ampie riforme della giustizia penale e cambiamenti nelle condizioni carcerarie dello Stato”. Al centro delle richieste dei detenuti c’è anche la questione della libertà condizionata. Come ha riferito WAFF-48:

Più di quattro anni fa, le carceri dell’Alabama erano sovraffollate al punto da essere incostituzionali, secondo i giudici della corte federale. Ora, nuovi dati dimostrano che un minor numero di libertà vigilate potrebbe aggravare il problema. In soli quattro anni, sono quasi raddoppiati i rifiuti di libertà vigilata in Alabama.
Questo secondo i dati dell’Alabama Bureau of Pardons & Paroles compilati dall’ACLU. I dati mostrano che nel 2017 la commissione per la libertà vigilata ha negato il 46% delle richieste. Nel 2021, l’84% delle richieste di libertà vigilata è stato negato.

Questa crisi ha anche una dinamica razziale, come ha sostenuto l’ACLU in un recente rapporto:
Il tasso di rifiuto della libertà vigilata è ancora più grave per le persone nere nelle carceri dell’Alabama. L’attuale commissione per la libertà vigilata ha concesso la libertà vigilata ai candidati bianchi con un un tasso più che doppio rispetto ai candidati neri. Finora, nell’anno fiscale 2022, il 93% dei candidati neri per la libertà vigilata è stato respinto, mentre l’84% dei candidati bianchi è stato respinto. I candidati neri hanno avuto un tasso di concessione di appena il 7%, rispetto ai candidati bianchi che ne hanno ottenuto il 16%. Il Consiglio non ha fornito alcuna spiegazione per questa disparità.

Per anni i detenuti hanno sostenuto che i lavoratori incarcerati avrebbero potuto cambiare le cose, mettendo in ginocchio il sistema carcerario attraverso scioperi coordinati. Nel testo “Let the Crops Rot in the Field”, il Free Alabama Movement ha scritto:
Proprio come l’istituzione della Chattel Slavery [1] , l’incarcerazione di massa è essenzialmente un sistema economico che utilizza gli esseri umani come elementi costitutivi. Pertanto, il nostro nuovo approccio deve essere basato sull’economia e deve concentrarsi sui fattori di produzione: le persone costrette a questo lavoro schiavistico.
Se vogliamo porre fine all’incarcerazione di massa e alla schiavitù carceraria, cosa che possono fare solo coloro che sono coinvolti nel sistema schiavista, allora dobbiamo unirci, a livello nazionale, all’interno di queste prigioni, interrompendo il nostro lavoro e LASCIANDO CHE LE COLTURE MARCISCANO NEL CAMPO.

“Penso che se guardiamo il movimento dei detenuti dal 2010, se si guarda a quella fase di organizzazione nelle carceri fino ad ora, [notiamo che] è uno dei movimenti più rilevanti di questo paese, in termini di prigionieri che teorizzano e testano le loro teorie nella pratica, nella lotta”, ha sostenuto Ware, ricordando gli scioperi carcerari in Georgia nel 2010, in Texas nel 2016 e gli scioperi carcerari a livello nazionale che hanno avuto luogo nel 2016 e nel 2018.
I detenuti dell’Alabama, a migliaia, stanno ora portando avanti questa fiaccola, rifiutando il loro lavoro a livello statale. “L’aspetto impressionante di questo sciopero è che sono riusciti a organizzare tutti i lavoratori”, ha osservato Ware, il che include molti prigionieri che hanno lavorato per decenni all’interno [delle carceri].

(traduzione: “Le prigioni dell’Alabama sono campi di morte”)

In risposta, gli agenti penitenziari sono costretti a tenere le carceri in una forma di isolamento modificato e a svolgere quei lavori che solitamente venivano svolti dai detenuti stessi. “I livelli di personale sono così bassi che hanno bisogno di molta manodopera carceraria per gestire le strutture. [I detenuti] che si rifiutano di cucinare e di pulire sono i due aspetti più importanti… tengono occupate le guardie”, ha dichiarato Ware. Un detenuto ha persino postato sui social media un commento: “Il direttore e gli agenti stanno lavorando in cucina… molto irritati nel provare a svolgere le mansioni di cucina…”

(traduzione: “Questa è la colazione nel carcere di Bibb oggi, uno dei due pasti freddi che probabilmente verranno serviti oggi. Sembra che l’ADOC stia cercando di porre fine allo sciopero dei lavoratori carcerari attraverso la fame”)

Sui social media, prigionieri, giornalisti e sostenitori hanno postato foto di pranzi improvvisati, composti da hot dog non riscaldati e panini al formaggio. Un ricercatore ha postato una foto di pezzi di pane con fette di formaggio serviti ai prigionieri, affermando: “Questa è la colazione nel carcere di Bibb oggi, uno dei due pasti freddi che probabilmente verranno serviti oggi. Sembra che l’ADOC stia cercando di porre fine allo sciopero dei lavoratori carcerari attraverso la fame”.

Secondo l’Alabama Political Reporter:
In una dichiarazione rilasciata martedì (27 Settembre, ndt) da un individuo coinvolto negli sforzi organizzativi [carcerari], l’individuo, parlando a condizione di mantenere l’anonimato per paura di ritorsioni, ha espresso la richiesta del gruppo organizzatore del Commissario ADOC John Hamm di revocare un presunto ordine di avvio per le principali strutture: il bird feedingverso gli individui incarcerati – una pratica di fornire pasti più piccoli del solito nel tentativo di affamare le proteste.

In risposta alle foto di questi pasti diventate virali, l’ADOC ha rilasciato un comunicato stampa in cui afferma che:
… queste interruzioni del lavoro hanno avuto ripercussioni sui servizi di ristorazione, dato che i lavoratori detenuti costituiscono gran parte della forza lavoro di supporto delle strutture. Le strutture sono in ferie da lunedì… Non si tratta di una misura di ritorsione, ma di una necessità logistica per garantire l’erogazione di altri servizi critici.

(traduzione: “Video di agenti dell’ADOC che picchiano un altro uomo in loro custodia”)

Ma i detenuti riferiscono anche che i funzionari dell’ADOC stanno tentando di interrompere lo sciopero in altri modi: o con la repressione, o facendo entrare altri detenuti, o minacciando gli scioperanti di essere trasferiti. Su Twitter, Jailhouse Lawyers Speak ha scritto:
I compagni delle carceri dell’Alabama riferiscono che altre persone si sono unite allo sciopero in corso. I carcerieri dell’Alabama stanno ora trasferendo i detenuti di minor sicurezza così da fargli svolgere il lavoro che i detenuti di maggior sicurezza si rifiutano di fare.

(traduzione: “Funzionari penitenziari dell’Alabama stanno costringendo gli uomini al lavoro per sbloccare le strutture che preparano i pasti per le prigioni in sciopero. Quest’uomo si è nascosto dalla cucina per fare questa intervista. Temeva per la sua sicurezza e voleva spargere la voce.”)

Un video pubblicato dal Free Alabama Movement mostra un’intervista a un prigioniero, che afferma:
Funzionari penitenziari dell’Alabama stanno costringendo gli uomini al lavoro per sbloccare le strutture che preparano i pasti per le prigioni in sciopero. Quest’uomo si è nascosto dalla cucina per fare questa intervista. Temeva per la sua sicurezza e voleva spargere la voce.

Il quarto giorno di sciopero, il Free Alabama Movement ha riferito che “Robert Earl Council [noto anche come Kinetik Justice] è stato aggredito dagli agenti penitenziari dell’ADOC e messo in isolamento. Questa è almeno la seconda volta che il signor Council è stato aggredito dal personale dell’ADOC negli ultimi 21 mesi. Nel gennaio 2021, il signor Council è stato picchiato quasi a morte nel carcere di Donaldson”.

Combattere contro le condizioni orribili

Per anni, i detenuti dell’Alabama hanno lottato, si sono organizzati e hanno scioperato per migliorare le loro condizioni – e per una buona ragione. Nel 2021, “le persone incarcerate nelle carceri dell’Alabama sono morte per violenza e droga in numeri record”, nonostante “il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti (DOJ) abbia intentato una causa contro il Dipartimento di Correzione dell’Alabama (ADOC) un anno [prima]”.

Come ha scritto Common Dreams:

Gli organizzatori hanno diffuso un “messaggio dall’interno” in cui si afferma che i circa 25.000 detenuti dello Stato sono “nel bel mezzo di una crisi umanitaria dovuta a violazioni dell’Ottavo Emendamento”. Questa crisi si è verificata a causa di leggi di condanna antiquate che hanno portato al sovraffollamento, a numerosi decessi e a gravi danni fisici, oltre che all’angoscia mentale degli individui incarcerati”, hanno affermato i detenuti. Oltre al sovraffollamento e alla cronica carenza di personale, i detenuti devono fare i conti con l’uso dell’isolamento come misura di “protezione”, con “un alto livello di violenza”, tra cui lo stupro, con l’incapacità da parte dei funzionari di separare gli autori di violenze sessuali dai detenuti più vulnerabili e con la mancanza di condizioni di vita “sicure e igieniche”, che, secondo quanto riferito, includono fognature a cielo aperto, muffa e fumi tossici nelle aree della cucina.

Come riporta il New York Times:

Il sistema carcerario dell’Alabama ha attirato le ire del Dipartimento di Giustizia, che nel 2019 ha pubblicato un rapporto in cui si delineano condizioni “gravi e sistemiche” nelle carceri dello Stato che violano la protezione costituzionale da punizioni crudeli e inusuali, perché i detenuti rischiano di essere violentati o uccisi. Il rapporto ha rilevato che le principali prigioni erano al 182% della capacità e che i prigionieri del sistema dell’Alabama pativano alcuni dei più alti tassi di omicidi e stupri del Paese.

In risposta allo sciopero, la governatrice dell’Alabama Kay Ivey ha semplicemente raddoppiato il messaggio di “legge e ordine”, dichiarando in un comunicato stampa: “Queste “richieste” – come le chiamano i manifestanti – sono irragionevoli e non sarebbero assolutamente gradite in Alabama”.

I prigionieri restano impegnati nello sciopero

Ma i prigionieri restano irremovibili. In una dichiarazione pubblicata sul sito web del Free Alabama Movement, un prigioniero ha scritto:
Il 26 settembre 2022 è una giornata storica e senza precedenti, con il successo di TUTTE le principali strutture carcerarie che hanno scioperato. Nessun cittadino detenuto si è presentato al proprio posto di lavoro da schiavo, come confermato dall’ufficio dei commissari dell’ADOC. Tutti i cittadini detenuti dell’ADOC che hanno reso possibile questo risultato dovrebbero essere orgogliosi di questo risultato. Avete dimostrato a voi stessi, allo Stato dell’Alabama e al mondo intero che oltre 10.000 uomini e donne “possono” stare insieme dove si è sempre detto che non si può fare.
La risposta del governatore Kay Ivey non è affatto scioccante. Nessuno dei contribuenti dell’Alabama sarà mai d’accordo sul fatto che Ivey sia il pastello più brillante della scatola.
È ora che TUTTI capiscano che la sicurezza pubblica è legata a ciò che avviene nelle nostre prigioni e nelle nostre aule di tribunale. È legata al tipo di individuo che rilasciamo alla società.
È ora che ci venga data l’opportunità di discutere i cambiamenti delle attuali leggi dell’Alabama – le quali hanno giocato un ruolo significativo nei problemi attuali relativi alle condizioni disumane in cui versa l’ADOC -, è ora che i legislatori ci diano l’opportunità di essere ascoltati e di presentare soluzioni. E sì, è ora che l’Alabama smetta di dire a coloro che sono all’interno del sistema carcerario che non cambierà nulla.

Un altro prigioniero ha dichiarato:
Oggi, in tutto lo Stato, i detenuti e le loro famiglie si uniscono in una manifestazione di solidarietà contro il trattamento disumano e ingiusto di cui sono vittime. Indipendentemente dal ruolo che ricoprite in questo Stato, avete influenza, voce e possibilità di scelta. È giunto il momento di fare qualcosa in questo Stato e noi, il popolo dell’Alabama, siamo stanchi di stare indietro e di aspettare che il cambiamento arrivi. Oggi iniziamo la lotta più forte e dura contro lo Stato dell’Alabama per fare ciò che è giusto per questi individui. Nessun uomo o donna merita di essere trattato come un animale, tutti abbiamo diritti umani fondamentali che loro non permettono Più danni subiranno questi uomini e queste donne per mano dell’Alabama, più duramente combatteremo, non ci tireremo indietro.

Le notizie sullo sciopero continuano a crescere, sia sulla stampa nazionale che su quella locale, e i prigionieri continuano a postare sui social media, condividendo notizie, aggiornamenti e messaggi di solidarietà reciproca. Come ha scritto un prigioniero sul sito web del Free Alabama Movement a proposito dell’importanza storica dello sciopero, “non so quante persone stiano davvero prestando attenzione alla rivoluzione che si sta svolgendo proprio sotto il vostro naso”. Tuttavia, man mano che lo sciopero prosegue e che altri prigionieri e i loro sostenitori vengono a conoscenza della rivolta, è possibile che lo sciopero si diffonda.

Nota dei traduttori
[1] La chattel slavery è la forma più comune di schiavitù conosciuta dagli americani. Questo sistema, che permetteva di comprare, vendere e possedere per sempre persone considerate proprietà legali (Chattel), era legittimo e sostenuto dagli Stati Uniti e dalle potenze europee tra il XVI e il XVIII secolo.
Fonte: https://freedomcenter.org/learn/modern-day-abolition/

Lo sciopero dei detenuti si estende verso tutte le principali prigioni dell’Alabama (28 Settembre)

Traduzione dall’originale Inmate strike spreads to all major Alabama prisons

Reagendo ai maltrattamenti delle prigioni statali dell’Alabama – tra cui l’incuria medica -, migliaia di detenuti hanno iniziato uno sciopero dei lavoratori questa settimana. Lunedì sera, le interruzioni del lavoro si erano diffuse in tutte le principali prigioni dello Stato; il gruppo che coordina la lotta ha dichiarato che l’80% della popolazione carceraria si era rifiutato di svolgere le mansioni di pulizia e cucina, che sono in genere costretti a fare senza paga.

A partire da Luglio 2022, più di 26.000 persone stavano languendo nel sistema carcerario dello Stato. La maggior parte delle carceri ha riportato di essere ben oltre la capacità [consentita], portando [questa situazione] a problemi di sovraffollamento e sicurezza.

Lo sciopero è coordinato dal gruppo di difesa dei prigionieri “Both Sides of the Wall”, che ha tenuto una manifestazione lunedì (26 Settembre, ndt) fuori dagli uffici del Dipartimento di Correzione dell’Alabama (ADOC) nella capitale dello Stato, Montgomery, per protestare contro le prigioni malsane ed insicure e per chiedere la riforma delle leggi statali sui crimini e sulle condanne.

Tra le richieste avanzate da “Both Sides of the Wall” vi sono le condanne [applicate] e le riforme della libertà vigilata, tra cui la sospensione dell’ergastolo per reati non violenti e l’istituzione di criteri di libertà vigilata garantiti. Hanno anche chiesto un consiglio di sorveglianza per indagare su possibili casi di condanna ingiusta.

Come molt* al raduno, Marquetta London, residente a Montgomery, ha alcuni membri della propria famiglia incarcerati. “Prenditevi cura di loro mentre sono lì”, ha detto ad AL.com. “Non si prendono cura di quei prigionieri come dovrebbero. Semplicemente non lo fanno.”

In risposta allo sciopero, l’ADOC ha rilasciato una dichiarazione dicendo che ha limitato il movimento dei detenuti e accennato ad “altre misure di sicurezza”, rifiutandosi di approfondire ciò. Il commissario ADOC Jon Hamm ha dichiarato che “Tutte le strutture sono operative e non ci sono state interruzioni dei servizi critici.”

Una successiva dichiarazione dell’ADOC rilasciata mercoledì, ammetteva che tutte le strutture maschili stavano vivendo, in “misura diversa,” delle interruzioni lavorative. La dichiarazione riportava anche che i pasti dei prigionieri erano stati ridotti a due al giorno, rispetto ai tre tipici.

I detenuti del carcere di Staton hanno raccontato ai [propri] familiari che lunedì (26 Settembre, ndt) non gli era stato servito il pranzo.

Le prigioni dell’Alabama sono tra le peggiori negli Stati Uniti, e lo Stato ha dovuto affrontare numerose cause giudiziarie per violenza, sovraffollamento e personale violento. Molti dei manifestanti presenti lunedì all’esterno dell’ADOC, tenevano con rabbia la foto di Kastellio Vaughan, un trentaduenne della contea di Mobile e attualmente detenuto presso l’Elmore Correctional Facility; [i manifestanti] hanno chiesto migliori cure mediche per lui e di ricevere delle risposte circa il suo stato di salute.

Vaughan è stato arrestato nel 2013 per un tentativo di furto in casa nella contea di Mobile; ha subito ferite da arma da fuoco nel suo basso addome ed è stato portato in un ospedale locale. Una settimana dopo, venne rilasciato nella prigione di Mobile County mentre lottava per guarire dai danni all’intestino. Ha iniziato a scontare una pena di 20 anni nel 2019.

Questo Agosto, Vaughan è stato operato per rimuovere parte del suo intestino. Il 22 Settembre, sua sorella Kassie Vaughan ha ricevuto un messaggio: “Chiama aiuto.” Le foto allegate mostravano un Vaughan emaciato su una barella sporca, con gli occhi rivolti all’indietro. Le costole e le clavicole sporgevano con una cicatrice che correva dal suo sterno oltre il suo basso addome gonfio.

Kassie Vaughan ha postato queste foto su Facebook insieme a una foto meno recente quando era sano. Dice che il peso normale di suo fratello è di 200 libbre; attualmente pesa 100. Quando ha tentato di chiamarlo, il direttore l’ha rimossa unilateralmente dai contatti di Kastellio, senza darle nessun aggiornamento.

L’ADOC si è posto subito sulla difensiva, incolpando Vaughan e dicendo che aveva rifiutato la cura dopo la sua resezione intestinale diAgosto. I funzionari della prigione hanno affermato che [l’uomo] ha iniziato a richiedere cure mediche nel mese di Luglio, chiedendoogni volta di essere rilasciato dall’ospedale contro il parere medico, tra cui una volta il 3 Settembre quando è stato riammesso a seguito di complicazioni dell’intervento chirurgico.

Hanno affermato, inoltre, che non avevano limitato la sua comunicazione con la sua famiglia, e che era libero di contattarli come voleva. Stranamente, il giorno dopo in cui il post di Kassie era diventato virale, la famiglia è riuscita a parlare nuovamente con lui. Quando Kassie Vaughan ha raggiunto finalmente Kastellio, ha riferito che egli piangeva e faticava a parlare.

Recentemente, Kassie ha riportato che le condizioni di Kastellio non erano migliorate; la sua ferita chirurgica si era aperta e stava gocciolando pus. Il fratello le aveva detto che non gli era stato dato uno spazzolino da denti, permesso di fare il bagno e aveva vomitato scarti [di cibo] e sangue.

“Non capisco come l’ “Elmore Correctional Center” affermi che questa situazione non sia reale,” ha detto Kassie in un suo recente post. “Non hanno pietà o compassione nel confessare le loro azioni sbagliate. Mio fratello giaceva lì nel dolore. Malnutrito. Ossa sporgenti fuori dal suo corpo. La sua ferita chiaramente aperta e suscettibile di infezione. Non era riconoscibile come mio fratello. Sembrava senza vita… Mio fratello non meritava questo. Non importa il crimine. Meritava comunque di essere trattato come un essere umano e non solo come un numero.”

L’ADOC, con il sostegno dei troll di destra, ha attaccato i post su Facebook di Kassie Vaughan, affermando che le foto di Kastellio erano false e che lei e la sua famiglia stavano nascondendo la verità ai propri sostenitori.

È scandaloso che l’ADOC accusi chiunque di offuscamento. Si tratta di un sistema carcerario che ha, più di una volta, acquistato illegalmente droga sul mercato nero, e due volte quest’anno, i funzionari del carcere hanno lavorato per nascondere le informazioni su due maldestri tentativi di esecuzione nell’ultimo trimestre.

L’esecuzione di Joe Nathan James a Luglio è stata una delle suddette esecuzioni. Gli ufficiali penitenziari in primo luogo hanno allungato i tempi di entrata dei giornalisti nella prigione e, successivamente, nella camera di esecuzione. Quando i giornalisti sono stati finalmente ammessi nell’area, hanno aspettato delle ore prima che i funzionari della prigione presentassero un James privo di sensi.

La sua morte per iniezione letale è stata dichiarata con una velocità insolita – circa tre minuti.

Un’autopsia indipendente [fatta sul corpo del detenuto] ha riscontrato dei molteplici tentativi di iniezione, così come delle incisioni che sembravano essere state fatte prima che James fosse sedato. A quanto pare, i carnefici statali avevano mutilato un uomo cosciente, tentando di iniettargli droghe letali per presentarlo ai giornalisti quando egli stava già per morire.

Questi tentativi dello Stato nel nascondere le prove sono stati così evidenti che, recentemente, il giudice R. Austin Huffaker Jr. – nominato da Trump nell’ “U.S. District Court for the Middle District of Alabama” -, ha ordinato all’ADOC di fornire tutti i documenti e i materiali, compresi i rifiuti medici legati alla macabra esecuzione.

Nel 2020, il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti (DOJ) ha intentato una causa contro lo Stato dell’Alabama, affermando che le condizioni abominevoli nelle sue prigioni violino i diritti costituzionali dei prigionieri. Il Dipartimento di Giustizia ha citato le condizioni antigieniche, il personale che permette ai detenuti di essere aggrediti fisicamente e sessualmente da altri detenuti, e l’uso eccessivo della forza da parte del personale carcerario contro i detenuti. Le prigioni sono sporche, sovraffollate e obsolete; molte strutture sono in condizioni così povere che non è fattibile rimodellarle.

L’Alabama ha riconosciuto che le sue prigioni “hanno alcuni problemi” (come affermato delicatamente dal governatore repubblicano Kay Ivey e dal commissario Hamm). Tuttavia, essi contestano le affermazioni del Dipartimento di Giustizia che l’abuso dilagante, il sovraffollamento, e la scarsa igiene siano incostituzionali.

Sia il governatore Ivey che la legislatura dello Stato sono ben consapevoli come la legge dell’Alabama abbia costantemente alimentato il sovraffollamento che affligge le prigioni. Il tasso di incarcerazione dello Stato è di 938 ogni 100.000 persone. Secondo Vera.org, la sua popolazione carceraria è aumentata del 149% tra il 1983 e il 2016. Nel frattempo, il tasso di libertà vigilata è diminuito rapidamente.

Le soluzioni proposte da “Both Sides of the Wall” sono state denunciate dal governatore Ivey. Si rifiuta di prendere in considerazione l’idea di eliminare le leggi sui reati comuni non violenti.

Allentare le leggi sulle condanne per droga è altrettanto fuori questione. [Ivey] non ridurrà la pena massima minorile degli ultimi 30 anni, né sosterrà l’istituzione di una commissione per l’integrità delle condanne.

Ivey ha detto che queste richieste sono “irragionevoli” e “indesiderabili nello Stato dell’Alabama.” Le ha paragonate all’introduzione di serial killer e criminali sessuali violenti tra la popolazione. La risposta di Ivey è stata quella di firmare un disegno di legge che destinerà 1,3 miliardi di dollari all’ADOC per la costruzione di nuove prigioni; queste saranno rapidamente riempite da uno Stato che continuerà ad approvare delle leggi che imprigionino gli strati più vulnerabili della società.

La passione di Ivey per la giustizia e la sicurezza pubblica non si estende, però, al personale Hyundai che usa il lavoro minorile; tanto meno ai crumiri che hanno attaccato i minatori di Warrior Met. Sostenuto da un codice penale sempre più rigoroso, il sistema carcerario esiste per terrorizzare la classe operaia e mantenerla sottomessa allo Stato e alle grandi imprese.

Gli sforzi dell’Alabama nel far regredire il giusto processo e gli altri diritti degli imputati sono quasi caricaturali. Tuttavia, non bisogna avere fiducia nell’intervento del Dipartimento di Giustizia; un governo che compie omicidi extragiudiziali e gestisce siti di tortura segreti è fondamentalmente incapace di difendere i diritti democratici.

Le prigioni dell’Alabama sono costruite per imprigionare i lavoratori. Gli abusi che i prigionieri affrontano all’interno delle loro mura sono abusi contro l’intera classe operaia, e devono essere combattuti da tutta la classe operaia.

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Alluvioni in Pakistan: l’attività di soccorso anarchico internazionale del WSF-IWA

Traduzione dall’originale Pakistan floods: anarchist global relief effort of the WSF-IWA

La Workers Solidarity Federation, sezione pakistana dell’anarcosindacalista International Workers’ Association (IWA), è attualmente impegnata nei soccorsi verso le comunità colpite dalle straordinarie inondazioni causate dai cambiamenti climatici.

Per tutto il 2022, il Pakistan ha vissuto un’ondata di calore insolitamente intensa, con temperature che hanno superato i 50 gradi Celsius a Maggio. Con oltre 7.000 ghiacciai, il numero di ghiacciai del Pakistan è superiore soltanto a quello delle regioni polari [1]; le alte temperature, che hanno colpito gran parte dell’Asia meridionale, hanno causato lo scioglimento dei ghiacciai, che a sua volta ha innescato il cedimento delle dighe di ghiaccio e le alluvioni catastrofiche. L’acqua di queste inondazioni, [infatti], ha viaggiato lungo gli affluenti e si è riversata nei fiumi principali, tra cui il fiume Indo, il più grande del Pakistan, provocando la rottura degli argini. Il risultato finale sono le alluvioni lampo in Pakistan, esacerbate dalle piogge monsoniche record iniziate a Giugno. Gli eventi in Pakistan possono essere aggiunti all’elenco di casi spettacolari di collasso climatico causato dal capitalismo.

Le alluvioni in Pakistan hanno finora colpito due terzi dei distretti del Paese, distrutto due milioni di acri di terreno agricolo, causato oltre 1500 morti e provocato lo sfollamento di 33 milioni di persone [2] [- di cui] 16 milioni di bambini [stando a ciò che riporta] l’UNICEF [3].

Tutte le stime riportano che milioni di persone in Pakistan devono adesso affrontare la prospettiva della malnutrizione e delle infezioni, in particolare quelle causate dalle malattie trasmesse dall’acqua.

In risposta a ciò, il 23 Agosto, i membri della Workers Solidarity Federation, fondata nel maggio 2020 come sezione pakistana dell’anarcosindacalista International Workers’ Association (IWA), hanno istituito un fondo di emergenza per i soccorsi in caso di calamità e hanno iniziato a distribuire cibo nelle aree colpite dalle inondazioni.[4] Nel corso delle inondazioni, alcuni membri impegnati nella distribuzione degli aiuti in Balochistan sono rimasti senza casa [5]; nonostante ciò hanno continuato a distribuire oltre 200 pasti alle famiglie della regione [6] . Da allora, i loro sforzi di soccorso, sostenuti dagli anarchici di tutto il mondo, hanno fornito aiuti diretti per migliaia di persone colpite dalle attuali inondazioni catastrofiche in Balochistan e Sindh, in una straordinaria storia di mutuo soccorso e solidarietà transnazionale. Il 4 Settembre, il WSF ha allestito un campo di soccorso per le inondazioni a Karachi [7] , distribuendo beni e denaro a chi ne avesse bisogno. [8] Il 10 Settembre, in Balochistan, il WSF ha fornito tende alle persone sfollate a causa delle inondazioni. Il 13 Settembre, i membri del WSF hanno distribuito cibo alle persone nel distretto di Dadu, nel Sindh, viaggiando in barca attraverso l’area alluvionata [9] , fornendo cibo a 105 famiglie [10] . Il 18 Settembre, in Balochistan, il WSF ha distribuito razioni di cibo, tende, zanzariere e cure per i neonati alle persone colpite nei giorni scorsi [11] . Il 25 Settembre, il WSF ha installato serbatoi d’acqua per fornire acqua potabile e ha distribuito cibo. [12] Mentre scriviamo (25 Settembre, ndt), le loro attività di soccorso continuano.

In seguito a un grave disastro, quando lo Stato e il Capitale sono assenti e una comunità è abbandonata a se stessa, le persone si auto-organizzano sulla base della necessità di sopravvivere. L’auto-organizzazione delle comunità disastrate incarna in un certo senso i principi anarchici di organizzazione decentrata, socializzazione delle risorse, aiuto reciproco e cooperazione. Questi principi vengono alla ribalta durante i disastri perché sono considerati l’opzione più conveniente per massimizzare le possibilità di sopravvivenza delle persone, ma sono anche misure che contraddicono la logica del Capitale e dello Stato, che prima o poi reclamerà il territorio perduto, a meno che non gli venga impedito da un grande corpo anarchico armato.

Le attività del WSF-IWA sono gli esempi più significativi ed eroici della prassi anarchica fino ad oggi, e sono particolarmente straordinarie se si considera che il WSF ha solo due anni di vita.

Per sostenere gli sforzi di soccorso del WSF, dona qui: https://www.paypal.com/pools/c/8NfSnN0RXl13

Note
[1] https://edition.cnn.com/2022/09/01/asia/pakistan-flooding-glacier-outbursts-climate-intl/index.html
[2] https://www.nature.com/articles/d41586-022-02813-6
[3] https://www.theguardian.com/world/2022/sep/21/it-is-beyond-bleak-pakistan-floods-impacted-16m-children-says-unicef
[4] https://twitter.com/workerssolidar1/status/1562039972814807040?%0As=21&t=00AkYdT7rePf_vl4Sdb4AQ
[5] https://twitter.com/workerssolidar1/status/1563414184561221633?s=21&t=00AkYdT7rePf_vl4Sdb4AQ
[6] https://twitter.com/workerssolidar1/status/1565302543487586304?s=21&t=00AkYdT7rePf_vl4Sdb4AQ
[7] https://twitter.com/workerssolidar1/status/1566336067233538049?s=21&t=00AkYdT7rePf_vl4Sdb4AQ
[8] https://twitter.com/workerssolidar1/status/1567454953001598977?s=21&t=00AkYdT7rePf_vl4Sdb4AQ
[9] https://twitter.com/workerssolidar1/status/1569624018034065408?s=21&t=00AkYdT7rePf_vl4Sdb4AQ
[10] https://twitter.com/workerssolidar1/status/1571496959101345792?s=21&t=00AkYdT7rePf_vl4Sdb4AQ
[11] https://twitter.com/workerssolidar1/status/1571582545707565057?s=21&t=00AkYdT7rePf_vl4Sdb4AQ
[12] https://twitter.com/workerssolidar1/status/1574028239319744513?s=21&t=00AkYdT7rePf_vl4Sdb4AQ
[13] https://twitter.com/workerssolidar1/status/1574029143334952962?s=21&t=oDT4MV2VrA4NweHe3Tjetg

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Aumentano gli scioperi e le proteste per i salari mentre l’inflazione cresce in Turchia

Anche se non ci ritroviamo su alcuni punti risolutivi come la nazionalizzazione o controllo statale dell’istruzione, energia e sanità – in quanto pensiamo che queste debbano essere sotto controllo di entità o comunità autogestite, scevre da logiche di sfruttamento ed alienazione -, condividiamo, per conoscenza, questa breve e succinta analisi sulla situazione lavorativa turca.


Traduzione dall’originale Strikes and protests for wages grow as inflation surges in Turkey

Milioni di persone in Turchia lottano per arrivare a fine mese in condizioni di profonda povertà, mentre i prezzi di cibo ed energia continuano a salire e cresce l’attacco alle condizioni di vita della classe lavoratrice.

Ad Agosto, il tasso di inflazione annuale ufficiale della Turchia è salito all’80%. L’ENAG, un’organizzazione di ricerca indipendente, ha calcolato un’inflazione del 181%. Secondo il sito web Trading Economics, l’inflazione ufficiale della Turchia è al quarto posto nel mondo dopo Zimbabwe, Sudan e Siria.

L’alta inflazione turca fa parte dell’impennata dei prezzi a livello globale, innescata dalla massiccia stampa di denaro da parte delle banche centrali di tutto il mondo – per trasferire l’abbondanza ai super-ricchi in mezzo alla pandemia COVID-19 -, e aggravata dalla guerra NATO-Russia in Ucraina. Ma tutto ciò è stato esacerbato dalla politica fiscale del governo del presidente Recep Tayyip Erdoğan, che difende i profitti delle imprese a spese dei bisogni sociali fondamentali.

La classe dirigente ha imposto il peso principale della crisi alla classe operaia. Mentre la lira turca continua a [essere svalutata] e i prezzi di tutti i beni, soprattutto quelli di prima necessità, aumentano costantemente, il potere d’acquisto dei lavoratori viene costantemente eroso da aumenti salariali molto inferiori all’inflazione. Persino il “limite della fame” – la spesa alimentare mensile di una famiglia di quattro persone in Turchia – è superiore al salario minimo, che a Luglio è aumentato di meno del 30%, raggiungendo le 5.500 lire turche (TL).

La confederazione sindacale filo-governativa Türk-İş ha annunciato che il limite di povertà alla fine di Agosto è passata a 22.440 TL e il limite della fame (spesa alimentare mensile per una famiglia di quattro persone) a 6.890 TL.

Il salario minimo è diventato un salario medio per milioni di persone in Turchia. Secondo un rapporto del Dicembre 2021 della confederazione sindacale pro-opposizione DİSK, il 64% di tutti i lavoratori in Turchia (12,5 milioni di lavoratori) guadagna il salario minimo o poco più. Il 70% dei lavoratori del settore privato guadagna solo il salario minimo.

Inoltre, 3,4 milioni di lavoratori (il 18% di tutti i lavoratori) guadagnano meno del salario minimo. La stragrande maggioranza di loro è costituita da rifugiati e lavoratori migranti sottoposti a un brutale sfruttamento. Secondo un’indagine condotta a Marzo dall’Associazione per i diritti dei consumatori, il 90% della popolazione turca vive al di sotto della soglia di povertà.

Milioni di lavoratori sono sempre più incapaci di soddisfare i loro bisogni più elementari. Nei primi sei mesi di quest’anno, il numero di famiglie che possono pagare le bollette dell’elettricità solo con l’assistenza sociale è salito a 2,3 milioni.

Tra gli Stati membri dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE), la Turchia ha registrato il più alto aumento dei prezzi dell’energia nell’ultimo anno. Secondo Euronews, il prezzo all’ingrosso del gas naturale della società statale turca di oleodotti (BOTAŞ) è aumentato del 1330%, del 997% per uso industriale e del 216% per quello residenziale.

Dal 1° Settembre, il prezzo del gas è aumentato del 20,4% e quello dell’elettricità del 20% per le famiglie. Mentre milioni di persone si chiedono come potranno riscaldare le loro case quest’inverno, c’è stato un altro aumento del 50,8% del gas e del 50% dell’elettricità negli impianti industriali. Questo dimostra che i nuovi aumenti dei prezzi dell’energia gonfiano i prezzi di quasi tutti i beni, compresi quelli di prima necessità.

In presenza di un’inflazione elevata, gli aumenti salariali perdono molto rapidamente il loro effetto. “Hanno aumentato il salario minimo di 1.250 TL [a Luglio]. Abbiamo detto “Ok!” e poi tutto il resto è aumentato”, ha dichiarato un metalmeccanico di Has Çelik al quotidiano Evrensel.

D’altra parte, il ministro del Tesoro e delle Finanze Nureddin Nebati, portavoce degli speculatori delle banche turche, si è vantato: “Nonostante questi sviluppi, che sono iniziati con l’intervento della Russia in Ucraina il 24 febbraio e hanno continuato, fino ad oggi, ad avere un forte impatto sul mondo intero, la Turchia ha ottenuto successi significativi”. Secondo l’Agenzia per la regolamentazione e la supervisione bancaria (BDDK), il profitto del settore bancario turco nei primi sei mesi è aumentato del 400% rispetto allo scorso anno, raggiungendo i 169 miliardi di TL.

Mentre la classe dominante intensifica la sua controrivoluzione sociale con la pandemia e la guerra della NATO con la Russia in Ucraina, anche la lotta di classe si acuisce.

L’ondata di scioperi selvaggi dei primi mesi di quest’anno ha ripreso vigore a partire dallo scorso Agosto. In un contesto di crescente militanza operaia, i lavoratori di TPI Composite e Standart Profil sono riusciti a costringere le aziende e i sindacati ad accettare le loro richieste con un’azione di walk out (tipologia di sciopero che consiste nell’abbandono in massa del posto di lavoro, ndt)

A Settembre si assiste anche a un’ondata di nuovi scioperi e proteste. Gli assistenti medici degli ospedali universitari hanno scioperato in tutto il Paese il 15 e 16 Settembre, dopo essere stati esclusi dal nuovo “regolamento di pagamento supplementare” del Ministero della Salute e non aver ricevuto un ulteriore aumento salariale. Quest’anno, i medici e gli altri operatori sanitari in Turchia hanno ripetutamente scioperato a livello nazionale.

Nel frattempo, 562.000 lavoratori comunali in subappalto in tutta la Turchia chiedono la garanzia di un posto di lavoro pubblico. Su appello dell’Associazione dei lavoratori municipali in subappalto (TABİB), i lavoratori hanno organizzato una manifestazione ad Ankara domenica. Chiedono la sicurezza del posto di lavoro, l’abolizione del pensionamento obbligatorio, un aumento basato sull’inflazione reale e di ricevere il bonus di 52 giorni concesso a tutti i lavoratori del settore pubblico.

Anche gli insegnanti delle scuole private, che lavorano con un salario minimo e senza garanzie, si stanno mobilitando per chiedere la sicurezza del posto di lavoro e una retribuzione di base pari a quella delle scuole pubbliche. Gli insegnanti delle scuole pubbliche si stanno inoltre opponendo alla “Legge sulla Professione di Insegnante”, che li obbliga a sostenere esami e ad essere soggetti a “scale di carriera”.

I partiti borghesi di opposizione guidati dal Partito Popolare Repubblicano (CHP), che criticano il governo Erdoğan per il costo della vita, si stanno rivelando ostili alla classe operaia tanto quanto il partito di governo che controlla i comuni. Recentemente, Yılmaz Büyükerşen, sindaco CHP di Eskişehir, ha denunciato i lavoratori che chiedevano un aumento, definendoli “provocatori” e minacciando di licenziarli.

I lavoratori del comune di Kadıköy, gestito dal CHP, a Istanbul, sciopereranno a causa del mancato raggiungimento di un accordo nelle trattative contrattuali che riguardano 2300 lavoratori. A meno che il sindacato Genel-İş, affiliato al DİSK, non accetti una cessione dell’ultimo minuto, lo sciopero inizierà tra due mesi.

Nel 2021, uno sciopero presso il comune di Kadıköy si è concluso con una vendita non approvata dai lavoratori. Durante il breve sciopero, la municipalità metropolitana di Istanbul (İBB) gestita dal CHP, la cui elezione da parte del sindaco Ekrem İmamoğlu è stata sostenuta da vari partiti di pseudo-sinistra, ha cercato di interrompere lo sciopero raccogliendo i rifiuti.

Dopo essere stati presi di mira dal ministro degli Interni Süleyman Soylu, 43 lavoratori licenziati dall’İBB a causa di “indagini di sicurezza” stanno continuando la loro protesta davanti al comune, chiedendo il loro reintegro.

In una dichiarazione sulle trattative contrattuali nei comuni del distretto della città di Smirne, il sindacato Genel-İş ha avvertito che potrebbero esserci scioperi in diversi comuni. I colloqui sono in corso per 294 lavoratori a Dikili, 1.400 a Buca, 1.580 a Bornova e 1.250 a Bayraklı.

Le dichiarazioni dei sindacati DİSK e Genel-İş sottolineano la necessità di un accordo senza scioperi. Il Genel-İş ha tradito i recenti voti degli scioperi in molti comuni gestiti dal CHP; in molti luoghi, ha contribuito a imporre aumenti ben al di sotto del tasso di inflazione ufficiale.

Questi scioperi e proteste, che coinvolgono settori sempre più ampi di lavoratori, fanno parte di un movimento crescente della classe operaia internazionale. Ovunque, i lavoratori si trovano ad affrontare gli stessi problemi e le stesse urgenti richieste derivanti dal capitalismo e dalla guerra: aumenti salariali regolari al ritmo dell’inflazione reale per compensare il costo della vita; la nazionalizzazione delle aziende energetiche, dell’assistenza sanitaria privata e delle istituzioni scolastiche; la fine della guerra e delle spese militari.

La lotta per queste rivendicazioni richiede l’unificazione di tutti i lavoratori nei luoghi di lavoro, a livello nazionale e mondiale, indipendentemente dai sindacati filo-corporativi e filo-statali. L’Alleanza Internazionale dei Lavoratori dei Comitati Rank-and-File (IWA-RFC) fornisce ai lavoratori i mezzi per unirsi in questa lotta internazionale. Invitiamo tutti i lavoratori in lotta a contattarci per costruire tali comitati nei loro luoghi di lavoro.

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Sostenete il Teatro Coppola!

Il Teatro Coppola è stato il primo teatro comunale della città Catania. Distrutto dai bombardamenti del secondo conflitto mondiale, venne usato per un breve periodo come laboratorio scenografico del Teatro Bellini per poi essere abbandonato alla più totale incuria.
Nel Novembre-Dicembre del 2011 il Teatro venne occupato da un gruppo di persone che, nel corso degli anni, lo ha ristrutturato, autogestito e trasformato in un laboratorio sociale ed artistico.

In questi ultimi tre anni di pandemia, il Teatro Coppola ha avuto una serie di difficoltà strutturali e anche economiche. Da quando le restrizioni dovute alla pandemia sono state rimosse, il gruppo di occupanti ha ripreso le attività di ristrutturazione e di organizzazione degli eventi.

Invitiamo chi ci segue a sostenere economicamente e portando le proprie idee e progettualità all’interno di questo spazio occupato, che offre un’alternativa autogestita e libertaria in una città soffocata da logiche borghesi, clericali e mafiose.

Profilo instagram: Teatro Coppola

Link per la donazione libera

 

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Proteste, fughe e repressione in Russia – 1

Da quando Putin e il suo governo hanno deciso di istituire la mobilitazione parziale per sopperire le perdite avute nel conflitto in Ucraina, in tutta la Russia sono scoppiate proteste e atti incendiari e di sabotaggio.
Le perdite umane, unite alla crisi economica interna russa, le dichiarazioni da spaccone di Medved sull’utilizzo dell’arsenale nucleare e le richieste esplicite di India e Cina alla Russia nel negoziare la fine della guerra, sono indici di come il regime putiniano e il suo entourage militare siano arrivati ad un punto di non ritorno.
In questa fase di proteste interne – con annessi atti di sabotaggio -, le risposte del governo di Mosca sono state principalmente tre: il controllo delle reti internet, la repressione brutale e violenta della polizia e l’arruolamento forzato (in particolare chi appartiene ad etnie non russofone).
Con questa prima parte di “Proteste, fughe e repressione in Russia” inizieremo a riportare alcune traduzioni di comunicati, analisi, testimonianze e richieste d’aiuto tratte dal canale telegram di “Resistenza Femminista Anti-Militarista” (Feministskogo Antivoyennogo Soprotivleniya (FAS) (Феминистского Антивоенного Сопротивления (ФАС)), delineando in tal modo un quadro reale di ciò che succede in Russia.

Nota
Per rendere scorrevoli determinate frasi e termini, abbiamo fatto qualche lieve modifica, aggiungendo dove ritenevamo opportuno delle parentesi quadre.
Siamo consapevoli, e ce ne scusiamo in anticipo, se la traduzione dei testi pubblicati sul canale di “Resistenza Femminista Anti-Militarista” non è letterale.
Pur non essendo madrelingua e tanto meno dei russist*, abbiamo utilizzato come materiali di studio:
-“Dizionario essenziale Russo-Italiano Italiano-Russo a cura di Edigeo”, Zanichelli, 1990; “Dizionario Russo-Italiano, Italiano-Russo”, edizioni “Perun”, 2002.
-“Grammatica russa. Manuale di teoria” di Claudia Cevese e Julia Dobrovolskaja del 2018
-Wiktionary versioni inglese e russa

La Duma di Stato introdurrà, come disegno di legge, l’ergastolo per chi si macchia di tradimento. (14 Settembre)

Lugovoi aveva proposto in precedenza di introdurre l’ergastolo per chi si macchia di tradimento, privando [il colpevole] della cittadinanza (in contrasto con la Costituzione russa) e senza [che questi] potesse avere diritto di appello.
In sua dichiarazione afferma:
Le iniziative (per inasprire le pene) saranno preparate e presentate nel prossimo futuro… Stiamo tenendo delle consultazioni e probabilmente prepareremo un’iniziativa legislativa in materia. Vorrei richiamare la vostra attenzione sul fatto che in epoca sovietica la pena per il tradimento era – e parlerò chiaramente – la fucilazione. Questa è stata utilizzata [allora]. Negli anni ‘90 questo è diventato anacronistico dato [l’attuale] approccio liberale del paese. Si è deciso di attenuare la pena.
Nella visione di Lugovoi, quindi, la legge da lui proposta è umana e progressista rispetto alle passate esecuzioni sovietiche.
Il 5 settembre, il tribunale ha condannato per tradimento Ivan Safronov; dovrà scontare 22 anni in una prigione di massima sicurezza. I giornalisti sono stati in grado di scoprire che Safronov è stato condannato non per la divulgazione di alcuni segreti di Stato, ma per la sua attività giornalistica.

La stampante non si ferma: la Duma ha presentato un disegno di legge sul blocco delle applicazioni multimediali che veicolano informazioni su come supportare le Forze Armate Ucraine. (20 Settembre)

Oggi (20 Settembre, ndt), mentre tutti erano impegnati a discutere gli emendamenti sulla mobilitazione, la Duma di Stato ha introdotto un disegno di legge relativo al blocco dei media e dei social network.
Il disegno di legge parlamentare n° 197914-8 propone di bloccare le risorse e le informazioni pubbliche sulle “possibili modalità di finanziamento delle Forze Armate Ucraine.”
Questo emendamento può essere utilizzato per bloccare piattaforme inappropriate che non sono state bloccate prima: Youtube, Telegram, iniziative di volontariato, ecc.
Durante il periodo dell’operazione militare speciale condotta dalle Forze Armate della Federazione Russa, sono state accertate numerose prove di come le aziende e le organizzazioni dei media stranieri abbiano partecipato e diffuso informazioni con proposte di finanziamento delle Forze Armate Ucraine. In un contesto [dove] sono state intensificate le attività dei paesi della NATO contro la sicurezza della Federazione Russa, la diffusione su Internet di informazioni che suggeriscono il finanziamento del nemico, rappresenta una minaccia per la sicurezza della Russia e richiede misure urgenti nel limitare l’accesso alle risorse informative che diffondono tali informazioni”.
Non è specificato cosa si intenda per “finanziamento del nemico” oltre a quello diretto delle Forze armate dell’Ucraina; ma, secondo i membri della commissione che hanno lavorato sul disegno di legge, hanno trovato [dei] modi con cui “le ONG straniere e le agenzie di intelligence attirino i nostri connazionali nell’organizzare raccolte fondi a sostegno delle Forze armate dell’Ucraina”. Questi metodi includono la pubblicazione di messaggi nei social network da parte degli utenti delle banche russe e le istruzioni su come aiutare le Forze Armate dell’Ucraina trasferendo in modo sicuro il denaro dalla Russia.

La Duma di Stato ha adottato in seconda e terza lettura gli emendamenti che introducono nel codice penale i concetti di «mobilitazione», «tempo di guerra» e nuove pene per i militari (20 Settembre)


Sulle “circostanze aggravanti dei reati” presenti nell’articolo 63 del Codice Penale, verranno inserite “mobilitazione e legge marziale” [nel comma “L” (in russo: “л”).]
Prima di oggi sono state specificate solo le “condizioni di conflitto armato o di azioni militari.”
Ricordiamo che fino ad oggi la mobilitazione e la legge marziale non erano state dichiarate; ma la base per i loro annunci possono [derivare] da fattori astratti come “minaccia di aggressione” e “disordine”. La cosa principale è che il decreto del Presidente sull’introduzione della legge marziale è stato approvato dal Consiglio della Federazione [-che è] sotto il suo controllo.
[Il comma dell’articolo 63 citato si presenterà in tal modo: “la commissione di un reato in uno stato di emergenza, una calamità naturale o di altra natura pubblica, nonché in caso di disordine di massa, in tempi di mobilitazione o di legge marziale, in tempo di guerra o in condizioni di conflitto armato o di ostilità”]
Gli emendamenti adottati oggi includono le seguenti sanzioni:
-Da tre a dieci anni di reclusione per resa volontaria [articolo 352.1 “Resa volontaria”];
-Fino a 10 anni di prigione [introdotto nell’articolo 337 “Abbandono non autorizzato di un’unità o luogo di servizio”, comma 5] per abbandono di un’unità senza permesso durante il periodo della mobilitazione e della legge marziale. [Se] l’abbandono [ingiustificato dura] dai 10 giorni ad un mese [, come previsto dall’articolo 337, comma 3.1, è punito] con 7 anni di prigione; se è più di un mese, [la punizione è] fino a 10 anni;
-Da 2 a 3 anni per mancata esecuzione di un ordine durante la legge marziale [articolo 332 comma 2.1]
Adesso, i soldati che si rifiutano di combattere vengono congedati perché non soddisfano i requisiti [– e non può essere] fatto nulla a costoro nonostante le minacce.
Quando gli emendamenti entreranno in vigore, [chi si rifiuterà] verrà processato e mandato in prigione.
Gli emendamenti adottati oggi (20 Settembre, ndt) entreranno in vigore dopo essere stati esaminati dal Consiglio della Federazione e firmati dal Presidente.
Il Consiglio della Federazione potrebbe considerarli domani; ma, come riportato dal [canale telegram] SOTA, gli emendamenti sul sito web della Duma di Stato sono in qualche modo contrassegnati [in verde], come se avessero già superato tutti i passaggi di approvazione, entrando così in vigore.

Mobilitazione: su cosa ci mentivano? (21 Settembre)

Le autorità russe ci hanno mentito per molti anni e in varie occasioni.
In cima a queste menzogne vi è la guerra con l’Ucraina, per la quale i politici usano frasi velate come “operazione speciale”. Ora siamo stati ingannati [riguardo] la mobilitazione. Analizziamo i punti delle bugie.
1. La mobilitazione è parziale? Nel suo discorso di oggi (21 Settembre, ndt), Vladimir Putin ha sottolineato più volte che “la mobilitazione parziale” è in corso. Il decreto contiene anche la frase “mobilitazione parziale”. Che cosa è realmente? In effetti, nel documento ufficiale non ci sono parametri specifici su quella che viene chiamata “mobilitazione parziale”. La formulazione è ampia e vaga. Il discorso di Putin sono solo parole di cui non possiamo fidarci [– in quanto] il decreto non conferma [ciò che egli dice]. Questo significa che, in effetti, chiunque possa essere convocato.
2. Paragrafo nascosto nel decreto. Il decreto non contiene il settimo paragrafo [: si passa dal sesto all’ottavo]. Il portavoce del presidente della Russia Dmitry Peskov ha detto che l’elemento nascosto è legato al numero di mobilitati. Una delle versioni pubblicate del decreto dice che queste informazioni sono “per uso ufficiale”. In precedenza, il ministro della Difesa Sergei Shoigu ha riferito [che verranno mobilitati] circa 300.000 persone. Ciò significa che i piani reali della mobilitazione vengono tenuti nascosti. La mobilitazione apparentemente parziale potrebbe diventare generale e le cifre potrebbero cambiare in qualsiasi momento.
3. Legge marziale. La Duma, nella sessione plenaria del 20 settembre, ha adottato degli emendamenti che introdurranno nel codice penale della Federazione russa concetti quali «mobilitazione», «legge marziale» e «tempo di guerra». Il Parlamento ha anche approvato un emendamento che punisce con un massimo di 10 anni di carcere i disertori e chi non risponde alla notifica del servizio militare. Ciò significa intensificare la repressione e l’escalation del conflitto. Oggi, le autorità hanno annunciato solo la mobilitazione, ma possono anche introdurre la legge marziale.
4. Ci è stato detto che non ci sarebbe stata nessuna mobilitazione. Dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina, ci è stato detto che non ci sarebbe stata nessuna mobilitazione (anche se un certo numero di politici ha detto che una mobilitazione generale sarà necessaria). Ad esempio, il 13 settembre, Peskov, a nome del Presidente della Federazione Russa, ha detto che non ci sarebbe stata una mobilitazione parziale o completa dei cittadini alla guerra. Sociologi e scienziati politici fanno diverse ipotesi su questa dichiarazione: dall’opposizione delle élite politiche all’interno del Cremlino [-con conseguenti] cambiamenti di piano –, alla deliberata distorsione delle informazioni.
In ogni caso, una cosa è importante: non saranno colpiti i ricchi e i loro figli, ma i cittadini comuni. Le autorità ci mentono continuamente. Oggi parlano di mobilitazione «parziale». Tuttavia, se domani una manciata di avidi politici avrà [maggiormente] bisogno di carne da cannone, coloro che l’hanno evitata oggi, [domani] saranno chiamati. Le autorità hanno tutte le risorse per farlo, e le leggi che hanno scritto lo permettono.
Uscite [e partecipate] alle proteste di massa di oggi (21 Settembre, ndt) nelle vostre città alle ore 19:00. È pericoloso, e nelle nuove condizioni può essere ancora più pericoloso. Tuttavia l’alternativa alla protesta è la morte in una guerra insensata!

Proteste 21-24 Settembre

Nonostante l’incubo [della guerra e] tutto quello che è successo e l’alto livello di intimidazione e repressione da parte delle autorità, migliaia di persone in tutto il paese hanno protestato contro la mobilitazione!
Più di 2.000 persone sono state arrestate in due giorni, più della metà di loro [sono] donne e ragazze. Nonostante il numero di persone a livello nazionale fosse una goccia nel mare, questa era stata una protesta importante e non vana, ed ecco perché: per la prima volta dall’inizio della guerra, i sentimenti dei manifestanti contro la guerra e lo stato d’animo del [resto delle] persone coincidono. Dopo aver chiamato la mobilitazione, le autorità hanno preso una decisione estremamente impopolare; e l’impopolarità è visibile a chiunque: le persone scappano in massa, si nascondono, regna il panico in tutte le città, madri e mogli partecipano alle proteste in tutta la Russia.
Le autorità, vista la reazione d’odio e la convergenza tra le parole delle [persone] antimilitariste e quell* che in precedenza non si preoccupavano, fanno parzialmente [un passo] indietro: sono stati firmati nuovi decreti sul rinvio, alcune persone che erano state mobilitate [sono state congedate dopo le proteste].
I propagandisti [della guerra] sono stati costretti a girarsi “come in una padella” e iniziano a parlare di “errori sul campo”; i blogger sono pagati per flashmob impopolari, progettati per calmare i cittadini. Se le persone non si ribellavano e non protestavano, non [ci sarebbero stati] questi risultati: avrebbero spazzato [via] tutto. La “chiamata alla coscienza” pubblica [è stata un] successo in cui i mobilitati sono riusciti a respingere lo Stato attraverso l’attenzione pubblica, lo scandalo e la protesta. Le persone sono confuse e inconsapevoli dei loro diritti in questa situazione; [mettere in risalto] la protesta aiuta a diffondere memorandum e istruzioni sui diritti umani – che possono letteralmente salvare la vita di qualcuno.
Sì, i diritti umani non funzionano nel nostro paese; d’altra parte l’autorità, attraverso gli “attaccabrighe”, [instilla nelle persone] la paura.
Gli uffici di registrazione e arruolamento militare possono indietreggiare ! Soprattutto quando c’è molta attenzione da parte delle persone resistenti.
La protesta, secondo certe stime, era prevalentemente femminile. Centinaia di attiviste vestite di nero manifestavano in decine di città. In futuro torneremo alla tattica delle proteste decentralizzate; ma questa prima manifestazione dopo [quella del] 6 marzo è stata necessaria come reazione a ciò che sta accadendo nel nostro paese.
Esprimiamo il nostro sostegno e la nostra ammirazione alle madri cecene, per le quali la protesta è stata più pericolosa: sono state le prime a manifestare a Grozny e ci hanno ispirato. Anche le proteste di massa delle donne a Yakutsk sono impressionanti: c’erano più donne che poliziotti. Il Daghestan sta protestando in questo momento e la polizia sta scappando dalle donne del Daghestan! Nelle repubbliche nazionali, la mobilitazione sembra una pulizia etnica: tutti vengono portati via in gran numero.
Esprimiamo il nostro rispetto e gratitudine a ciascuno di voi là fuori.
Anche se la tua protesta era in solitaria e non molto visibile, nelle circostanze attuali è un passo importante nel mobilitare la protesta generale.
Anche un singolo picchetto può portate il vostro messaggio al paese e al mondo.
Un esempio è il picchetto di ieri (23 Settembre, ndt) dove una ragazza disabile [da sola e vestita di] nero a Mosca [reggeva un cartello con su scritto: “Vuoi essere come me?”].
Ricordate che questa protesta [ha diversi campi di applicazione]: sabotaggio, prendere giorni di malattia, unirsi alle comunità contro la guerra, condividere esperienze di sabotaggio, nascondere le persone o aiutarle a scappare. Un abbraccio a tutt*.

[Comunicato] Chiusura delle frontiere: cosa aspettarsi e cosa fare? (25 Settembre)

Secondo le fonti di alcuni grandi media indipendenti, si prevede [che vengano] chiusi i confini della Federazione Russa per gli uomini in età di mobilitazione (secondo altri dati vale sia per gli uomini che per le donne).
Le date di chiusura della frontiera variano dalla mattina del 27 settembre al 28 settembre (dopo i «referendum» sull’annessione dei territori occupati). Anche se le frontiere sono ancora aperte, alcuni degli uomini – che erano stati reclutati e volevano lasciare il paese -, avevano ricevuto dei divieti dalle guardie di frontiera.
Cosa fare ora? Non ci sono informazioni ufficiali sulla chiusura delle frontiere o l’imposizione della legge marziale da parte delle autorità, ma è stato lo stesso con la mobilitazione – ci hanno mentito fino all’ultimo. Forse chiuderanno i confini, forse cambieranno idea all’ultimo minuto a causa del malcontento pubblico.
Se la chiusura avverrà davvero (e questo è uno scenario plausibile, dato il deflusso di persone che non vogliono diventare carne da cannone e sono ora in coda alle frontiere), verrà annunciata quando sarà troppo tardi per andarsene.
Se avete la possibilità di partire – e prevedete di fare questo -, ma avete aspettato nel fare i bagagli, aspettato che diminuissero le file alle frontiere, aspettato che scendessero i prezzi dei biglietti o non eravate sicuri che «tutto fosse così grave» – tutti motivi per ritenere adesso che sia così grave -, cercate di andarvene.
Se avete bisogno di aiuto nel viaggio, è possibile chiedere contattare la fondazione “Vyberi zhizn” (“Scegli la vita”). L’elenco delle chat per le varie regioni è qui. Se voi e/o i vostri cari rientrate nella mobilitazione e non siete in grado o non volete lasciare il paese, leggete le nostre raccomandazioni qui; alla fine del post ci sono link a materiali utili, istruzioni e organizzazioni per i diritti umani.

[Comunicato] Mobilitazione: e se non si parte? (25 Settembre)

Se siete soggetti al servizio di leva:
1. Valutate i rischi. Monitorate la situazione nella regione [in cui vivete], l’intensità della campagna di reclutamento e quali sono le sue prospettive. Al momento tutto questo è vago e molto imprevedibile. I vostri rischi si compongono in tre parametri: a) il vostro status militare (come siete inseriti negli schemi della coscrizione); b) l’attività delle commissioni militari nella regione e c) la vostra visibilità. Per esempio, siete più a rischio se lavorate per una grande azienda, una fabbrica o un’agenzia di governo. Meno [invece] se lavorate in una piccola azienda.
Evitare i grandi negozi in cui vengono facilmente rastrellate le persone; cercare [di andare in] micro-negozi o piccole strutture pubbliche.
2. Se i rischi sono elevati, il vostro compito non è quello di apparire nel luogo di residenza e/o sul posto di lavoro. Se possibile, andate in una località remota. Se non c’è possibilità, decidete per voi stessi: o smettete di lavorare o rischiate di essere convocati e dovervi [successivamente] sottrarre, incappando in una multa di 3000 rubli (e passando per disertori, quindi in un reato penale)
3. Ora è molto importante unirti in delle comunità di base: letteralmente chattare con gli amici, dove è possibile scambiarsi appartamenti, dove c’è qualcuno (preferibilmente, una ragazza, non un parente) che può acquistare le schede SIM per gli uomini ed emettere alcune carte bancarie aggiuntive sul tuo conto. Unisciti a persone fidate!
4. Dove scappare? Una cattiva opzione è andare nei villaggi. Con una certa probabilità, il giro [di reclutamento] inizierà nei villaggi. Se si vive in una grande città, nascondersi in un appartamento di qualcuno è molto più facile e più sicuro. Un’altra opzione sono le dacie, le cabine in legno. Potresti andare a vivere con degli amici.
5. Immaginate che questo sia il 2020 e comportatevi come se aveste il Covid. Le stesse regole: non spostatevi con i trasporti pubblici, se possibile non lasciate la casa, evitate luoghi affollati. Eccezione: gli abbracci sono possibili. Supplemento: Non state sui social network pubblici.
6. Siate educati. Non entrate in conflitti che possono essere evitati. Siate grati alle persone che vi aiutano e non tradite la loro fiducia. Per quelli particolarmente esuberanti: se una ragazza vi aiuta ad evitare la coscrizione, non è una manifestazione romantica – a meno che non sia espresso da ambo le parti. Non oltrepassate i confini personali.
Se non si è soggetti al servizio di leva:
1. È possibile prendersi cura di uno o più coscritti in situazioni di pericolo. Potete: comprare una scheda SIM a vostro nome, rilasciare una carta bancaria presa dal vostro conto (meglio non quello principale, non fidatevi – mettete dei limiti), trovate una casa diversa dalla vostra residenza permanente; se una persona non può andare al lavoro sostenetela con una donazione.
2. È meglio fare [tutto questo all’interno] di una comunità orizzontale; è più sicura e meno stressante.
3. Ricordate che quello che fate come attività è puramente volontaria e civile; se provate qualche disagio o paura di comunicare con una particolare persona o uomini in generale, non dovete forzarvi.
Collegamenti utili
Memo dell’evasore
Antilavoro
Sulla mobilitazione: congedo di malattia come atto contro la guerra
Fondazione per aiutare le persone a lasciare il paese
Guida su come lasciare la Russia
Come lasciare la Russia in questo momento
[Come lasciare la Russia] Canali regionali della Federazione Russa
bot “Ritirata!” – stare all’erta se la guerra ti chiama!
Cosa fare se vieni mobilitato nelle forze armate della Federazione Russa in Crimea
Organizzazioni
Movimento degli obiettori di coscienza
Scuola di leva. Organizzazione per i diritti umani e per la tutela dei diritti dei coscritti, del personale militare e dei militari alternativi
Appello alla coscienza
Numero verde per coscritti e soldati
Comitato delle madri dei soldati della Russia
Le madri dei soldati di San Pietroburgo

[Comunicato] Repressione in Jakutia (25 Settembre)

[…]
Oggi, 25 settembre alle ore 12:00 ha avuto luogo a Yakutsk un’azione di massa contro la mobilitazione e la guerra in Ucraina; la piazza centrale è stata occupata da circa 400 donne. L’azione si è svolta con la tradizionale danza Osuochaj (un enorme girotondo dove ci si tiene per mano e si incrociano le gambe con movimenti lenti, ndt), scandendo slogan quali “No alla guerra”, “No al genocidio”, “[Tygyn] Darkhan (eroe degli Jakut, ndt) ritornerà!”, “Lascia vivere i nostri figli!”
Ventiquattro persone (tra cui una coppia di anziani) sono state arrestate; ora sono attualmente detenute nei dipartimenti 2GOM e 4GOM. Gli avvocati riferiscono che le celle sono sovraffollate e le condizioni di detenzione terribili.
Siamo infinitamente grati a tutte le donne coraggiose della Repubblica di Sakha che hanno preso parte all’azione e chiediamo il vostro sostegno per i detenuti. Mostriamo solidarietà e non lasciamo le persone sole di fronte al sistema.
Pagina Instagram: “Free Yakutia Foundation

[Comunicato] Non lasciarli soli con il sistema (26 Settembre)
Nel canale telegram di “Resistenza Femminista Anti-Militarista” è stato condiviso questo appello proveniente da un altro canale: “Zona di Solidarietà” (in russo “Зона солидарности”).
L’iniziativa nasce in modo orizzontale; sopperisce l’incapacità delle ONG per i diritti umani nel fornire aiuto a coloro che sono stati arrestati per atti o azioni radicali contro la guerra (incendi di uffici militari, per esempio).

Questo è l’obiettivo principale della «Zona di solidarietà»: non lasciare soli coloro che si sono opposti alla guerra e sono stati imprigionati.
Dall’annuncio della mobilitazione, abbiamo visto i rapporti quotidiani sugli arresti e incarceramenti di persone accusate di aver bruciato uffici militari e altri edifici amministrativi.
Vorremmo sostenere tutte queste persone.
Ma il nostro desiderio da solo non basta: prima di ottenere il consenso della persona arrestata o fermata [a livello cautelare], nonché avere informazioni primarie sul caso, è necessario, almeno, mandarle un avvocato.
La visita dell’avvocato al centro di custodia cautelare costa 10-15 mila rubli a seconda della regione. Ora capiamo che per tali visite ci vorranno [molti soldi].
Dopo che la persona prigioniera accetta l’aiuto, sponsorizziamo le spese legali del caso.
I pagamenti [completi] non vengono effettuati rapidamente; a volte è consigliabile pagare una parte dell’importo; quindi se abbiamo una certa quantità di fondi, possiamo agire più velocemente e in modo più efficiente.
Forse qualcuno porrà questa domanda: perché avere un avvocato adesso se lo Stato riscrive, a proprio vantaggio, le leggi e i suoi agenti le interpretano nel modo più ampio possibile?
Secondo noi, l’idea è, prima di tutto, tenersi in contatto con gli arrestati e prevenire ulteriori illegalità, tra cui torture e altre pressioni. Ad esempio, le lettere non vengono consegnate a Igor Paskar nel centro di custodia cautelare, e l’unico contatto che ha con il mondo esterno è un avvocato.
Abbiamo bisogno di fondi per sostenere i nuovi prigionieri nelle loro attività (o presunte tali) contro la guerra. L’unica fonte permanente di finanziamento per «Zona di solidarietà» sono le vostre donazioni.
Sostenere la «Zona di Solidarietà» [significa] sostenere chi viene imprigionat* per atti contro la guerra!
Dettagli per le donazioni:
4276 7201 3618 1221 (Sberbank, Daria T.)
PayPal: solidarity_zone@uprise.net
Indipendentemente dalla capacità di sostenere finanziariamente la “Zona di solidarietà”, puoi aiutarci a ripubblicare o altrimenti diffondere informazioni su di noi.

 

Testimonianza dal Daghestan (27 Settembre)

Vivo nell’Oblast’ di Mosca e ho una piccola azienda. Sono venuto in Daghestan come turista. Amo molto questa Repubblica: ci sono venuto qui un anno fa e volevo ritornare. Per sette mesi ho cercato di sostenere l’opposizione e ho legato nastri verdi (simboli di pace in Russia, ndt), dicendo a tutti che non ci sono nazisti in Ucraina e la gente comune sta morendo lì. Ho molti parenti e amici in Ucraina, so quello che dico.
Durante il periodo della cosiddetta “operazione speciale” ho visitato le città degli Oblast’ di Mosca, Murmansk e Ryazan.
Ma la propaganda “Z” (governativa, ndt) che c’è in Daghestan non l’ho mai vista da nessun’altra parte! Ci sono poster enormi su quasi ogni angolo [di strada], murales sulle facciate degli edifici a nove piani…
Nella città di Machačkala, nei giorni del suo 165esimo anniversario, hanno danzato i russi in uniforme militare sovietica, cantando la “Smuglianka” (canzone russa composta durante il secondo conflitto mondiale in cui si esaltava la resistenza contro l’occupante nazista, ndt).
Solo pochi [dei presenti] hanno applaudito; non si può mettere una propaganda di merda del genere nel Daghestan.
Ma ci sono altri modi per spingere [i locali a combattere e ad arruolarsi]: “voi uomini non dovete nascondervi, dovete morire coraggiosamente” ecc. Dopo aver visto tutto questo e aver appreso della manifestazione, sono arrivato a Machačkala.
È stato ieri. La manifestazione era andata avanti per due ore. Persone di tutte le età, donne e uomini, stavano vicino al teatro. Gli uomini si sono riuniti, qualcosa è stato annunciato. Poi tutti si sono dispersi un po’, non lasciando le strade. Tutti parlavano ad alta voce ed [erano] indignati dal fatto che una manifestante giovane fosse stata colpita in faccia; dicevano che nessuno voleva la guerra. Dicevano che tutti sono contrari, “non sappiamo per cosa si stia combattendo”, “siamo tutti uguali” e “questa è tutta politica”.
Abbiamo pianto con una donna su quante persone siano morte. Abbiamo iniziato a disperderci, [quando i poliziotti] hanno iniziato a tirare fuori gli uomini dalla folla e a strattonarli.
Uno di loro è stato legato da cinque [poliziotti], il resto è stato cacciato via. Hanno iniziato a persuaderci di andare via.
All’inizio erano tranquilli ma poi mi hanno minacciato: “Vattene via di qui, è colpa tua se li prendono. Tornatene a casa”. Lui ha aggiunto che abbiamo bisogno di uomini dal Daghestan.
Un poliziotto ha anche sorriso.
Un altro ha cercato di persuadermi: “Chiederai ai tuoi amici in Ucraina come vivono lì, pensi che non abbiano bisogno di aiuto?” Ho detto che avevo vissuto 25 anni nell’est dell’Ucraina, che nessuno opprimeva i russi ed [erano menzogne del governo]. […]
Hanno lanciato il gas [lacrimogeno] e noi siamo scappati.
Ci siamo fermati fuori dal negozio di alimentari, sulle scale; poi è risuonato l’adhān (chiamata islamica alla preghiera) e la gente sospirava: “adesso si calmeranno”. Ma no, davanti ai nostri occhi, i poliziotti avevano arrestato diverse persone…E poi si sono calmati.
La manifestazione del secondo giorno era previsto alle 15:00; alle 15:30 ero in piazza. Molte pattuglie, e al centro [della piazza] i ragazzi. Sulla strada vicina alla piazza, c’erano altri partecipanti: diverse donne e uomini adulti e giovani sotto i 18 anni.
Le donne hanno convinto i ragazzi [ad andarsene], impedendo così che venissero portati via; poi sono scappati tutti e i militari hanno iniziato a inseguire [i/le manifestanti].
Dall’altra parte della strada si sentivano degli spari. Abbiamo attraversato la strada e volevo registrare un video, ma mi hanno urlato “non fotografare!” Ci siamo fermati al centro commerciale: un uomo in uniforme ci correva dietro e ci ha spruzzato del pepe; una delle ragazze ha avuto uno sfogo agli occhi. Ho deciso di andare al centro commerciale [perché] vi erano delle finestre panoramiche da cui si poteva guardare la scena del combattimento. Due uomini in uniforme sono venuti verso di me: “Che cosa stai facendo qui? Di dove sei? Buona vacanza”. Al piano di sopra le ragazze hanno detto di aver filmato tutto quello che è successo, ma la pattuglia ha detto loro di cancellare tutto.
A mio parere, in Daghestan non smetteranno di protestare. I valori sono più importanti della paura. Il concetto di famiglia e di amicizia sono al primo posto per molti, e molti sono uniti dalla religione.

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La rivolta si intensifica ad Haiti a causa dell’aumento del costo del carburante

Traduzione dall’originale Uprising Intensifies in Haiti as Fuel Costs Continue to Rise

Report sulla ribellione in corso ad Haiti, mentre il costo del carburante continua ad aumentare e la città di Port-au-Prince è barricata in mezzo a un crescente conflitto di classe.

Articolo del 19 settembre 2022

La scorsa settimana (12-18 settembre) il governo haitiano ha annunciato il raddoppio dei prezzi del carburante – assurdamente alti nel Paese. I prezzi del carburante sono solo una delle tante ragioni alla base della ribellione. Tuttavia, quest’ultimo attacco [governativo] ha dato il via ad una serie accelerata di azioni rivoltose. I giovani sono scesi in strada e hanno barricato Port-au-Prince. Sono state bruciate diverse banche e sono state attaccate le case dei politici e dei loro sostenitori borghesi.

Il 15 settembre, i ribelli haitiani a Port-au-Prince hanno preso d’assalto gli uffici dei media statali e hanno dato fuoco a tre veicoli. Hanno anche espropriato cibo e altre forniture da due magazzini a Les Gonaïves: uno appartenente alla Caritas, una ONG cattolica, e l’altro al Programma Alimentare Mondiale. I dimostranti hanno saccheggiato diverse case prima di incendiarle, tra cui quella dell’ex senatore Edmonde Supplice Beauzile.

(traduzione: “C’è agitazione civile ad Haiti mentre la gente scende per le strade per protestare [contro] l’inflazione e i costi del carburante”)

Il 16, a Gonaïves, sono stati attaccati due uffici del programma ONU e tre attività commerciali appartenenti al sindaco e alla sua famiglia. Lo stesso giorno, a Port-au-Prince, i manifestanti hanno combattuto contro la polizia, costruito barricate in fiamme e saccheggiato e incendiato una banca. Anche a Léogâne i ribelli hanno dato fuoco a una banca, oltre a saccheggiare e incendiare la Direzione generale delle imposte.

Ancora una volta, il popolo di Haiti ci ha offerto un brillante esempio di potenziale rivoluzionario. Tra il 1790 e l’inizio del 1800, Haiti ha fatto la storia del mondo diventando il primo Paese in cui le persone ridotte in schiavitù si sono ribellate ai loro padroni e si sono liberate completamente. Durante la Rivoluzione haitiana, decine di haitiani hanno ripetutamente superato e infine sconfitto contingenti più grandi e meglio armati dell’esercito francese.

Le sedi dell’Impero non perdoneranno mai Haiti per aver smascherato il loro mito di invincibilità per ciò che è. La lotta di Haiti ha reso evidente al mondo che tutti gli imperi hanno debolezze intrinseche che possono essere sfruttate – e continua a farlo.

(traduzione: “La risposta della gente di ieri sera ad Haiti dopo che il primo ministro e pupazzo degli Stati Uniti Ariel Henry ha ripetuto a pappagallo i punti di discussione dei padroni nell’ @USEmbassyHaiti & @UN. Prima creano e permettono alle bande di attaccare e controllare la popolazione; solo che per giustificare l’intervento sostengono adesso che le stesse bande stanno dietro le proteste.”)

I media tradizionali riportano questi eventi in modo prevedibile. Attraverso di essi, ci vengono presentati termini come “tragedia” e “caos”. Siamo messi al corrente di dichiarazioni di politici che non vogliono vedere bruciare quelle banche che li hanno messi in carica. Ci viene chiesto di compatire la popolazione di Haiti e di sperare nel ripristino dell’ “ordine” (forse l’insediamento di un nuovo tirapiedi degli Stati Uniti?).

Si teme che Haiti non possa mai “tornare alla stabilità”. Ci si chiede cosa si intenda per “stabilità” in una regione che storicamente è stata devastata dalla supremazia bianca, dal capitalismo e dal colonialismo; una regione in cui alla gente viene regolarmente negata la possibilità di soddisfare i propri bisogni primari.

In queste “analisi”, se così si possono chiamare, manca il riconoscimento dell’impressionante potere delle persone che oggi viene lanciato nelle strade. È troppo presto per dire con esattezza quali potrebbero essere i risultati di questa rivolta; tuttavia, il fatto che il popolo di Haiti – e non i suoi governanti autoproclamati dall’Impero -, siano davvero al comando di ciò che sta accadendo nelle strade, la dice lunga sui limiti del controllo e dell’autorità dello Stato.

(traduzione: “Anche se la polizia di Haiti è armata e addestrata dagli Stati Uniti, ha sparato, ferito, picchiato e arrestato i manifestanti nelle ultime due settimane, la gente ancora coraggiosamente li affronta e sfida la loro legittimità.”)

La verità è che il popolo haitiano è tenace e questa tenacia è un faro per il resto del mondo, uno dei pochi raggi di speranza che penetrano in un orizzonte desolato. La lotta di Haiti continua a ricordarci che, per quanto potenti possano sembrare le forze dello Stato, per quanto sentiamo la loro stretta intorno al collo, le persone oppresse possono e trionferanno alla fine.

Dimostra che tutto ciò che è necessario per la rivoluzione è un fermo rifiuto di arrendersi ai poteri dominanti e un impegno a lottare per un mondo nuovo e migliore.

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Rastrellamento di senzatetto a Mosca

dal canale telegram di “Food not Bombs” di Mosca

Oggi i senzatetto ci hanno detto che ieri, 8 ottobre, la polizia è venuta all’Hangar [della Salvezza (una tenda termo-riscaldata organizzata dalla “Miloserdie” della Chiesa Ortodossa, ndt)] dove i senzatetto si riscaldano e mangiano.
Hanno confiscato i loro passaporti [e successivamente] li hanno caricati sugli autobus, portandoli all’ufficio di reclutamento militare.

Hanno emesso convocazioni [di arruolamento] per tutti loro e li hanno portati al centro di reclutamento. In serata, solo gli over 50 sono stati rilasciati (anche se ci hanno parlato di un sessantenne che avevano provato, questa volta, a mobilitare). Il destino degli altri è sconosciuto; è probabile che vadano in guerra.

La polizia ha detto che sarebbe venuta successivamente nei [centri per l’] alimentazione dei senzatetto, alle stazioni ferroviarie etc

Lo Stato manda nel tritacarne per primi i più vulnerabili, ma anche coloro che non hanno una casa e per i quali un pasto caldo non è cosa di tutti i giorni. Molti di loro non sapevano che rifiutare la convocazione fosse solo una sanzione amministrativa, non penale.
Se vedete dei senzatetto per strada, avvertiteli. Potreste salvare la vita di qualcuno.

Aggiornamento dell’11 Ottobre.

Oggi, i nostri partecipanti sono andati di nuovo all’ “Hangar della salvezza” e hanno visto con i loro occhi persone in uniforme e autobus. Purtroppo, non siamo riusciti a vedere se qualcuno è stato preso sul bus o no.
Abbiamo stampato e distribuito volantini con le istruzioni per proteggersi dalla mobilitazione, adattato per le persone senzatetto.

Scriveteci in un bot se potete aiutarci con tali volantini – molte persone non hanno telefoni con accesso a Internet e i riferimenti alle organizzazioni per i diritti umani sono spesso inutili e non ci sono quasi linee di assistenza.

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La realtà dell’eroina

Disegno di Andrea Pazienza, tratto da “Cannibale n. 10”

L’eroina, ottenuta come derivato dalla morfina dal chimico inglese Wright nel 1874 e, successivamente, ri-sintetizzata da Hoffman per la Bayer nel 1897, venne lanciata come antidolorifico e sostitutiva della morfina stessa nel 1898.
Tuttavia, nel giro di un decennio, diversi Stati vararono legislazioni atte a vietarne l’assunzione, il quanto il consumo dell’eroina provocava una forte dipendenza.
Lo sviluppo di un’industria cosiddetta “illegale” dell’eroina portò enormi benefici economici a quelle compagini dedite alla distribuzione e allo smercio del prodotto: i gruppi criminali.
I primi gruppi criminali ad intraprendere questa attività economica furono i clan presenti in Francia (specie a Marsiglia), in Turchia e in quella zona dell’Indocina chiamata “il triangolo d’oro” (precisamente nei territori della Birmania, Laos e Thailandia).
Gli interventi delle polizie di mezzo mondo per smantellare questo mercato in determinate zone del mondo hanno avuto, come effetto, quello di criminalizzare le persone assuntrici in quanto queste arrivavano a compiere diverse azioni illegali – come rubare, prostituirsi o aggredire altre persone -, nel tentativo di ottenere soldi con cui pagarsi la dose.
Il fenomeno dell’eroina in Italia, a partire dagli anni 1970-1975, è stato affrontato dagli apparati statali con il modus operandi della criminalizzazione, attraverso i blitz delle forze dell’ordine e i titoli giornalistici ad hoc sul “fenomeno degli eroinomani”.

Una modalità del genere ha nascosto, o giudicato risibili, de facto le responsabilità politiche e militari europee e statunitensi.
Se scendiamo nel dettaglio, non possiamo non notare come il mercato capitalista abbia creato questa industria.
Immettendo un prodotto come l’eroina – divenuta, come detto prima, illegale -, si è creata un’ “affezionata” clientela, divenuta dipendente e con crisi di astinenza sempre più marcate – che, in determinati casi, sfociavano nella morte della persona stessa.

La domanda così creata ha incrementato il numero di persone assuntrici, fatto alzare i profitti dei distributori e la produzione della materia prima da cui l’eroina viene prodotta, ossia il papavero da oppio.
La lotta contro l’eroina, portata avanti da associazioni legate o foraggiate da enti privati e politici dalla fine degli anni ‘70, ha comportato due aspetti principali: il primo, quello più evidente, ad una “trasformazione tramite redenzione” delle persone assuntrici di eroina in esseri utili alla società; il secondo, invece, all’occultamento delle responsabilità del sistema socio-economico e dei suoi difensori militari e politici, che hanno portato morte e distruzione psico-fisica degli individui.
Ad opporsi a questo stato di cose vi furono le prime occupazioni in Italia con tanto di striscioni, dibattiti e lavori auto-prodotti – come “Dossier Eroina. Nomi e indirizzi”, un dossier curato dai Collettivi Comunisti Autonomi e Centro di lotta e informazione contro l’eroina (e a cui collaborarono Fausto e Iaio, due militanti del Leoncavallo di Milano, uccisi alla fine degli anni ‘70) – e diversi gruppi che cercavano di aiutare, in senso pratico e scientifico, le persone assuntrici.

Nel corso del tempo, però, queste lotte iniziarono a scemare per una serie di motivi: immissione di nuove droghe, disaffezione politica, maggiore visibilità mediatica delle associazioni “rispettabili” citate poc’anzi e via dicendo.
Così, il problema “eroina”, le varie lotte, le testimonianze raccolte e le persone assuntrici ritratte in film (come “Eroina” di Pirri e “Amore Tossico” di Caligari) o libri (come “Limoni neri. Due anni con l’eroina” di Ambrosi e “Dirty city. Diario tossico-trasgressivo-politico-sovversivo” di Roselvagge), vennero pian piano messe da parte fino a far prevalere la natura legalitaria della soluzione al problema e la concezione del “drogato/a” come persona da “redimere” per reinserirla nella società.
In questi decenni, però, l’eroina, così come i problemi sociali che ne conseguono, non è affatto scomparsa; dal punto di vista capitalistico, la produzione della materia prima quale il papavero da oppio è aumentata, così come la sua sintetizzazione ed il successivo smercio.

Per affrontare l’argomento partendo da una delle prime analisi socio-economiche del fenomeno eroina, riteniamo opportuno, quindi, pubblicare un’intervista del 1977 fatta da Piero Landi al sociologo Guido Blumir, autore di libri come “La droga e il sistema” e “Eroina”, in cui quest’ultimo spiega la natura capitalistica del fenomeno dell’eroina e delle droghe in generale e, al contempo, denuncia la repressione esagitata dello Stato volta a difendere chi, effettivamente, smercia (ovvero il capitalista).


Disegni tratti da “Cannibale n. 2 Nuova Serie. USA ONLY”

da Umanità Nova, 25 Dicembre 1977, n. 45, anno 57

Il diffondersi massiccio dell’eroina da qualche anno si viene ponendo sempre più come uno dei più seri problemi sociali e politici della realtà italiana. Nei giochi politici ed economici che si celano dietro l’introduzione delle droghe pesanti è individuabile ormai un preciso disegno di attacco al movimento proletario (inteso nella sua accezione più ampia), attraverso la riduzione alla impotenza e la distruzione fisica delle frangie giovanili più disperate e indifese. Organismi della sinistra e singoli compagni già stanno cercando di dare una risposta al potere anche su questo terreno. Ma le possibilità di successo sono legate da una parte al creare di una mobilitazione sempre più ampia, dall’altra alla lucidità e alla decisione con cui si affrontano i molti problemi connessi. Per favorire un approfondimento del dibattito pubblichiamo un’intervista a Guido Blumir, considerato uno dei maggiori esperti italiani sulla questione droghe. È autore di molti libri sull’argomento, l’ultimo dei quali, “Eroina”, è apparso nell’Ottobre 1976.

D.: Partiamo da una definizione generale. Cosa sono le droghe?
R.: Da 10 anni campagne di stampa allucinanti si sono basate su un concetto completamente irreale dal punto di vista scientifico, intendendo per droga a livello di massa le droghe proibite: l’eroina, la cocaina, l’hashish, la marijuana etc. Invece la scienza ha stabilito da decenni un concetto di droga completamente diverso in cui vengono incluse anche tutte quelle sostanze che decine di milioni di italiano prendono quotidianamente e che non vengono considerate droghe ma, casomai, sostanze a scopo voluttario – il tabacco, l’alcool, il caffè – oppure medicine – psicofarmaci, sonniferi. Per la scienza non c’è nessuna differenza da un punto di vista di definizione generale tra l’eroina e la Cibalgina, tra il caffè e la marijuana; il loro effetto principale (tralasciamo per un momento gli effetti secondari) consiste nel modificare in qualche modo l’attività psichica, cioè di produrre nel cervello degli stati, o delle sfumature di stati diversi da quello normale. Un’altra opinione che sussiste tuttora a livello di massa e che va combattuta è il ritenere la droga qualche cosa che dà assuefazione. Anche questo non è vero. Ci sono droghe che non danno assuefazione e droghe, anche legali, che invece danno un’assuefazione gravissima, un grado di dipendenza fisica molto intensa e assolutamente biologica, riscontrabile tramite esami di laboratorio ma evidente anche al soggetto in maniera semplicissima. Quando una sostanza viene presa per un certo periodo (certe dosi tutti i giorni per 2 o 3 mesi) e interrompendone bruscamente l’uso ci si accorge di stare male fisicamente e psichicamente – questo fenomeno si chiama crisi di astinenza – abbiamo tecnicamente una droga che dà assuefazione. Non insisto, perché occorrerebbe una lunga trattazione soltanto su questo punto, sulle droghe proibite che non danno assuefazione. Diciamo che a livello scientifico in tutto il mondo questo fatto viene dato completamente per scontato. In tutti i testi, anche dei primi anni di università. Le droghe leggere che derivano dalla canapa indiana – hashish, marijuana e altre preparazioni – hanno un grado di assuefazione nullo, anche usandole per decine di anni. Droghe legali molto usate provocano invece assuefazione. L’assuefazione, conviene dirlo, non è una tigre di carta. Quando si interrompe l’uso di una droga, il tipo di problemi per uscire dall’assuefazione è talmente complicato a livello biologico, che gli stessi scienziati non si trovano d’accordo su una cura di tipo farmacologico e medico.

D.: Che cosa rende l’eroina più pericolosa di un’altra droga, al punto da farla diventare un problema politico?
R.: Ho già parlato dell’aspetto tecnico dell’eroina, per cui essa non è assolutamente diversa dall’alcool, dalla nicotina, o da qualche psicofarmaco come i tranquillanti, i sonniferi, che danno assuefazione. La cosa che rende diversa l’eroina è il fatto di essere illegale, proibita, per cui esiste un mercato nero, e l’eroina ha un costo molto alto. Quando un eroinomane ha bisogno di 2, 3, 4, 5 buchi al giorno, è costretto a spendere molte migliaia di lire, anche 20mila, anche di più. Naturalmente, dato che la maggior parte dei giovani proletari che si bucano non ha a disposizione queste cifre, e lo stesso discorso vale anche per molti studenti dopo che hanno venduto tutti i giradischi, le radioline e le altre cose che hanno in casa, uno è costretto per comprarla, a venderla. In questo modo nasce tutto il mercato dell’eroina, che è praticamente destinato ad allargarsi sempre di più per questo meccanismo matematico per cui uno è costretto a diventare spacciatore. È costretto anche a continuare a essere uno che si buca perché in pratica non ha la possibilità di smettere con dolcezza, di smettere senza andare incontro a un mare di guai. L’assuefazione è essenzialmente un problema di classe. Se un capitalista usa eroina, lo fa con dosi di ottima qualità, magari non se la fa sempre in vena, con iniezioni, può per esempio “sniffarla” ossia “annusarla”: è molto meno tossico e può essere anche piacevole. In ogni caso ha un minor grado di proprietà d’assuefazione. Questo si fa molto per esempio a Roma in un certo ambiente formato da gente dello spettacolo, intellettuali, ricchi, freak di plastica etc.
Prendendo l’eroina “sniffando” come si fa con la cocaina, e solo una volta ogni tanto, non si resta assuefatti. Quasi sempre invece i giovani proletari cominciano dal buco, dall’iniezione, perché se uno buca ha la possibilità di farse di più. I prezzi sono quelli che sono. Una dose minima a Roma negli ultimi tempi va sulle 5mila lire e anche di più, e uno avrebbe bisogno di perlomeno 20mila lire di roba per farsela “sniffando”. Con la stessa somma si possono fare 4 buchi. Oltre al problema dei prezzi, un capitalista o un appartenente all’ambiente dello spettacolo ha la possibilità di farsi spiegare dai “tecnici” come prendere l’eroina senza diventare assuefatti, quali sono i margini di gioco. Chi non ha tutte queste possibilità, viene informato dai fatti sulla propria pelle.

D.: Ritieni che facciano più uso di droghe gli uomini o le donne?
R.: Hanno provato a fare esperimenti in laboratorio con casalinghe che prendevano regolarmente 5 tazze di caffè al giorno, con test medico-clinici, per vedere cosa succedeva interrompendo l’uso: avevano tutte una serie di disturbi al cuore, tachicardia, mal di testa, tremori etc. che erano dovuti proprio alla mancanza di caffè. Erano state scelte 239 giovani casalinghe (l’esperimento è stato fatto da farmacologi americani nel ‘69) perché da statistiche precedenti era risultato che la maggioranza delle persone che bevevano più di 4 tazze di caffè al giorno erano donne, e tra di esse, in maggioranza, le casalinghe. Tutti sanno che le donne stanno di più in casa, fanno lavori monotoni, ripetitivi, privi di creatività, s’annoiano di più. Il rapporto donna-droga, sfruttato massicciamente dall’industria, è cominciato almeno il secolo scorso, quando addirittura i medici prescrivevano alle donne nervose o che avevano disturbi vari anche ginecologici, prima l’oppio, poi la morfina, poi addirittura, quando è stata scoperta nel 1898, l’eroina. Le maggiori consumatrici di eroina, pur non sapendo che dava assuefazione, ma su prescrizione del medico o del marito, erano proprio le donne, soprattutto casalinghe.
Tutta la pubblicità diretta dalle industrie ai medici riguardava soprattutto le donne. Se è probabile, anche se non certo, che oggi la maggior parte dei consumatori di eroina in Italia siano maschi, è certo che la maggior parte di chi prende tranquillanti e sonniferi sono donne, e soprattutto casalinghe. Questo è confermato da tutte le statistiche e vale non solo per l’Italia ma per tutti i paesi neocapitalistici.

D.: In Italia un anno fa è stata approvata una legge sulla droga che è stata almeno inizialmente valutata positivamente da quasi tutte le forze parlamentari. Il comitato scientifico “Libertà e Droga” di cui sei presidente ha parlato invece di fermo di droga e di legge truffa, criticando pesantemente la legge. A un anno di distanza confermi questi giudizi?
R.: Quando si è scoperto il testo di questa legge che come al solito giaceva nascosto in certi cassetti parlamentari, i compagni di Stampa Alternativa hanno fatto una conferenza stampa, presenti i giornalisti dei più importanti quotidiani, e hanno fatto un’analisi critica di questa legge, dicendo che al limite era peggiore di quella vecchia contro la quale si erano fatte tante battaglie. Quasi nessun giornale pubblicò una riga su questa violenta critica proprio perché si era creata un’omertà generale di tutti i partiti del cosiddetto arco costituzionale, omertà aggravata dall’atteggiamento del PCI che era talmente favorevole alla formulazione di questa legge da chiamarla, in una serie di articoli sull’Unità, “Una delle leggi più moderne d’Europa”. Grazie a “una delle leggi più moderne d’Europa”, da quando è entrata in vigore nel Gennaio 1976, fino a Dicembre sono finiti in galera più di 2mila ragazzi o perché detenevano qualche spinello, qualche cicca o qualche busta d’eroina, o perché erano semplicemente sospettati d’essere dei drogati. Io ritengo che come si è svolta, questa faccenda, a parte taluni risvolti grotteschi, sia un esempio di quale può essere oggi il potere di un regime allargato al PCI, quando sull’onda di campagne più o meno reazionarie sull’ordine pubblico o su questi temi, si cerca di fare passare una legge speciale, quindi una legge che criminalizza in generale tutto il movimento o alcune minoranze. Una cosa simile è successa con la Legge Reale, ma il gioco era meno scoperto. Infatti il PCI con una specie di balletto finì, se non erro per astenersi, mentre il PSI votò a favore. La legge sulla droga è quindi la prima legge scopertamente fascista di criminalizzazione generale che è stata approvata proprio da tutti quanti i partiti della sinistra. Ha avuto certamente un peso considerevole l’adesione del Partito Radicale, sia pure con numerose riserve, a questa legge. I Radicali erano stati prima i protagonisti di una spettacolare campagna culminata con l’arresto di Marco Pannella, una cosa che aveva indubbiamente portato la tensione nel dibattito sulle leggi-droga a un punto molto alto. C’è un lavoro molto buono fatto dai compagni del collettivo politico-giuridico di Bologna, di analisi di tutti gli aspetti di questa legge. È stato pubblicato su “La questione criminale” di Gennaio/Aprile 1976, una rivista specializzata che fa ricerche molto interessanti sulla pericolosità di certe leggi. È bene che i compagni si procurino questo lavoro perché mostra una serie di diabolici trucchi giuridici con cui chiunque non ne sia al corrente può essere facilmente incastrato grazie a questa legge, alla faccia di tutte le teorie che la presentano come una legge permissiva e di depenalizzazione. In particolare il ruolo che i “riformisti” possono avere nella criminalizzazione di massa con questa legge – parlo di massa perché oggi bene o male, sono centinaia di migliaia di compagni che fumano, e poi si tratta di una legge che può essere applicata nei confronti di quelli che non fumano, sulla base di semplici sospetti – mi è stato riferito da alcuni compagni di Bologna.
Sembra addirittura che per fare perquisizioni, fermi e arresti per droga, siano stati utilizzati i Vigili Urbani, da cui uno non sta particolarmente attento. Si tratta di un allargamento di tutte le strutture di controllo che pone la necessità di fare un grosso lavoro di autodifesa militante e, per quanto può essere utile, di controinformazione, di campagne a livello nazionale. Ritengo che questa legge, e gli ultimi mesi lo stanno dimostrando, resti una delle armi più micidiali contro i compagni del movimento. Ci sono arresti e retate anche in piccole città di provincia, con compagni che finiscono in galera per mesi e mesi, con o senza droga. Quello che succedeva con la vecchia legge ma allargato in maniera più subdola, anche con una serie di tecniche di ricatto che questa legge fornisce. Per dirne soltanto una, ma sono veramente a dozzine questi trucchi, quando viene “pizzicato” qualcuno, per legge se non rivela nomi e cognomi di tutti quelli che magari una volta gli hanno procurato, offerto, parlato di spinelli etc. viene messo in galera. La conseguenza è che tutta una serie di persone ai margini del movimento ricattate in questo modo – sono successi moltissimi casi – fanno liste incredibili di nomi su cui poi naturalmente la Polizia si scatena. Esiste un caso clamoroso che dimostra come non ci spossa aspettare dalla Polizia una lotta seria ed efficace al traffico dell’eroina, ma come al contrario il movimento debba porsi tra i suoi compiti anche a livello locale, quello di denunciare con campagne di controinformazione le connivenze tra forze dell’ordine e spacciatori. A Roma, nel Giugno del 1975, è stata presentata dall’agenzia di Stampa Alternativa alla Procura della Repubblica del Tribunale una denuncia per spaccio di eroina e corruzione contro i massimi responsabili del nucleo antidroga dei Carabinieri di Roma. Questa denuncia è stata pubblicata con rilievo dai giornali romani. Il fatto clamoroso è che immediatamente dopo, nei 18 mesi successivi, i Carabinieri non solo non hanno contro-denunciato per calunnia questo gruppo, ma nemmeno hanno cercato di smentire in qualche modo la notizia, con lettere ai giornali o con i soliti comunicati alle Agenzie di Stampa. Nello stesso periodo la Magistratura ha lasciato completamente passare inosservata la denuncia e non ha portato avanti nessun tipo di inchiesta. È un silenzio che è una evidente implicita ammissione di colpevolezza, ed essendo questo successo nella città da cui in Italia è partito il traffico della droga pesante nel 1971/72, mi sembra che non sia azzardato affatto supporre connivente dello stesso tipo tra nuclei antidroga e squadre antinarcotici della polizia con gli spacciatori anche in altre città. Almeno dalla mole dei fatti succeduti nel 1976 non si desume nessun tipo di azione che abbia portato a sequestri di quantitativi ingenti di eroina trafficati in Italia, a parte un paio di sequestri all’aeroporto di Fiumicino, ma si trattava di merce di passaggio. Nessun grosso sequestro, e soprattutto nessun arresto o incriminazione o inchiesta a carico di organizzazioni di traffici ad alto livello. Soltanto il solito stillicidio di centinaia e centinaia di ragazzi come al solito consumatori di droghe leggere o di eroina.

D.: Si tratta dunque di combattere su due fronti contemporaneamente: contro l’eroina e contro lo Stato, con le sue leggi e la sua polizia. Basandoti sulla tua esperienza quali indicazioni ritieni di potere dare ai compagni?
R.: Oggi il movimento si sta ponendo seriamente il problema del “che fare?” e si mostra per lo più largamente insufficiente rispetto ai grossissimi compiti che ha di fronte. Anche se ci sono dei compagni inguaiati, raramente si ha la possibilità anche tecnica di dargli una mano. Ma molte cose si stanno per fare o sono già funzionanti. A livello indicativo di quello che si può fare mi limito a riportare le proposte emerse al convegno happening dei Circoli Giovanili a Milano:
1) Creare centri minimi di assistenza medica e legale, al di là delle istituzioni dello Stato e degli enti locali, cioè centri sociali autogestiti che abbiano la possibilità di dare assistenza. Il problema della repressione è anche più importante di quello politico.
2) Lotta al mercato nero dell’eroina, sia tramite la controinformazione sugli spacciatori, sia tramite azioni violente contro gli spacciatori stessi ad alto livello, cioè quelli non tossicomani, gli organizzatori del traffico e i luoghi dove operano (bar, case, etc).
3) Campagne di controinformazione contro la nuova legge antidroga e sul problema delle droghe in generale.
4) Autocoscienza. Il problema è sapere perché i compagni si bucano, discutere con loro. A Milano un compagno di un circolo di Napoli ha posto questo problema e dal dibattito sviluppatosi tra lui ed alcuni compagni che si bucavano è emerso come soltanto quest’ultimi possono aiutare concretamente in questo lavoro di autocoscienza.
Questi sono i punti, e se anche sono pochi, presentano indubbiamente grosse difficoltà sul piano operativo.

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L’uragano Fiona mette a nudo le disuguaglianze sociali a Porto Rico

Traduzione dall’originale Hurricane Fiona exposes social inequality in Puerto Rico

Il 16 settembre, due giorni prima che l’uragano Fiona colpisse Porto Rico, è stato pubblicato su YouTube il video “El Apagón-Aquí vive gente”, con “Apagón” (Blackout), una canzone del cantante portoricano Bad Bunny che parla della crisi dei blackout sull’isola.

Il video, con il suo potente messaggio denuncia la crescente disuguaglianza sull’isola e, a seguito della privatizzazione del servizio pubblico dopo l’uragano Maria e alla ristrutturazione fallimentare dell’isola, smaschera l’attuale crisi energetica. All’epoca LUMA Energy aveva promesso un servizio affidabile, migliore e meno costoso. Quando è stato pubblicato il video documentario, tutte e tre le promesse [della società] erano già state bollate da tempo come bugie.

Due giorni prima che si abbattesse l’uragano [a Porto Rico], era stato pubblicato “Apagón” che ritrae la rabbia popolare [dell’isola caraibica]. Cinque giorni dopo la sua pubblicazione, “Apagón” era stato condiviso 6,4 milioni di volte.

“Dio è stato buono con noi e ci ha tenuti al sicuro questa volta, quando le cose sarebbero potute andare molto peggio”, ha detto il vicegovernatore Anya Williams, minimizzando le disastrose inondazioni e gli smottamenti e la risposta del tutto inadeguata delle autorità federali e locali e della direzione della LUMA.

Nessun disastro è un evento puramente naturale; ha anche un contenuto politico e sociale. La frequenza e la gravità degli uragani sono legate al cambiamento climatico e al rifiuto dei governi capitalisti di adottare misure serie per affrontarlo. Inoltre, l’impatto catastrofico degli uragani Katrina (New Orleans, 2005), Maria, Fiona e tanti altri è condizionato dalla grande disuguaglianza socioeconomica che caratterizza Porto Rico, gli Stati Uniti e il resto del mondo.

Sia il governatore Pedro Pierluisi che il monopolio elettrico LUMA Energy hanno dovuto rimangiarsi la promessa che l’elettricità sarebbe stata ripristinata entro pochi giorni. Prevedibilmente, i quartieri ricchi di San Juan e i condomini sulla spiaggia erano in prima fila [nel ripristino elettrico].

Questa settimana (del 23 settembre, ndt) il Presidente Biden ha promesso “assistenza al 100%” per Porto Rico. In realtà è stata offerta una miseria in “aiuti di emergenza”. Deanne Criswell, a capo dell’Amministrazione federale per la gestione delle emergenze (FEMA) di Biden, ha detto al governatore Pedro Pierluisi che stava mettendo a disposizione un aiuto di 700 dollari per famiglia. Criswell ha sottolineato che si tratta di una cifra ben superiore ai 500 dollari offerti nel 2017 dopo l’arrivo dell’uragano Maria.

Questa è la versione di Biden dal famigerato lancio di rotoli di carta assorbente alle persone da parte del presidente Trump cinque anni fa. Nonostante tutte le rassicurazioni [fatte] nel 2017, cinque anni dopo, meno di un terzo delle ricostruzioni promesse hanno avuto luogo e la rete elettrica dell’isola è nelle mani di un’azienda privata orientata al profitto.

Il Presidente Biden nomina anche i membri votanti del Financial Control Board, che ha messo l’economia portoricana sotto torchio dopo la bancarotta del 2017.

Una settimana dopo l’uragano, il 62% delle famiglie è ancora senza corrente e devono fare i conti con la carenza di carburante per alimentare, se ne hanno, i generatori. Il 40% delle famiglie non hanno ancora acqua corrente. Mille persone sono bloccate nei rifugi pubblici. Le persone più colpite vivono nei comuni urbani e rurali della classe operaia.

Come per gli uragani Irma e Maria, il vero costo umano di questa tempesta viene nascosto. Cinque anni fa, erano morte tra le 3.000 e le 5.000 persone a causa dell’uragano Maria – che non ha inondato l’isola come ha fatto Fiona. In alcune zone dell’isola sono caduti più di 30 pollici (76 centimetri) d’acqua. La notizia di sole quattro vittime è stata accolta con scetticismo.

Man mano che le acque si ritirano, l’impatto devastante di questa tempesta diventa sempre più chiara. Secondo una stima preliminare del Dipartimento dell’Agricoltura di Porto Rico, i danni causati dal vento e dalle inondazioni superano i 100 milioni di dollari, compresa la perdita delle coltivazioni di banane, caffè e ortaggi di quest’anno. Inoltre, la tempesta ha praticamente spazzato via l’industria delle api. Il Dipartimento dell’Agricoltura ha avvertito che quando saranno disponibili i dati completi, i danni effettivi supereranno sicuramente il conto [effettuato] venerdì.

Il crollo di strade e ponti a causa delle inondazioni hanno lasciato isolate decine di famiglie in sei comuni. A corto di risorse, le autorità locali hanno riferito di dover fare affidamento su volontari, gruppi religiosi, ONG (organizzazioni non governative) e singoli cittadini per consegnare cibo e primi soccorsi in attesa dell’assistenza governativa e della FEMA nel liberare le strade e riparare i ponti.

La rivista di informazione El Proceso di Città del Messico ha intervistato Manuel Veguilla in una regione montuosa vicino a Caguas, a sud di San Juan. “Siamo tutti isolati”, ha dichiarato Veguilla, aggiungendo di essere preoccupato per i residenti anziani della municipalità, tra cui suo fratello, che non hanno la forza di camminare fino alla comunità più vicina. Veguilla dubita che gli operai comunali possano raggiungere l’area, perché ha parlato di grandi massi lasciati dalle acque che si ritirano. Nel frattempo i vicini condividono l’acqua e il cibo lasciato da un gruppo di volontari. La comunità è ancora priva di elettricità e deve fare affidamento sulle acque sorgive.

Il 1° settembre, due settimane prima dell’arrivo dell’uragano, si è svolta a San Juan una protesta di massa di lavoratori e studenti per denunciare il fallimento della LUMA Energy e la disuguaglianza sociale. Oltre a chiedere la revoca del contratto di 15 anni della LUMA, i manifestanti hanno portato dei cartelli dove chiedevano il ripristino dei servizi sociali, tra cui la riapertura di centinaia di scuole chiuse negli ultimi dieci anni.

Questa è stata l’ultima di una serie di proteste, marce e raduni contro le devastanti condizioni sociali del territorio statunitense. Diciotto giorni prima della comparsa dell’uragano Fiona, un manifestante, José Rodriguez di Río Piedras, ha detto di essere venuto alla manifestazione durante la stagione degli uragani perché temeva un blackout totale. “Come individuo, posso sopravvivere”, ha dichiarato Rodriguez, “ma devo pensare agli oltre 30.000 infermi. Devo pensare a quello che è successo dopo l’uragano Maria”.

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Nel quinto anniversario dell’uragano Maria, i lavoratori portoricani denunciano la mancata risposta alle nuove inondazioni

 

Traduzione dall’originale On fifth anniversary of Hurricane Maria, Puerto Rican workers denounce lack of response to new flooding

Le piogge torrenziali hanno continuato ad abbattersi su Porto Rico martedì (20 Settembre, ndt), più di un giorno dopo che l’uragano Fiona ha colpito l’isola mentre percorreva il suo percorso distruttivo attraverso la Repubblica Dominicana e altre nazioni caraibiche.

Nel quinto anniversario dell’uragano Maria, le inondazioni, le case distrutte e le interruzioni di corrente degli ultimi tre giorni hanno rinnovato il senso di paura, impotenza e rabbia tra i residenti del territorio statunitense. “Stiamo sentendo di nuovo il trauma [passato], proprio quando le persone si stavano riprendendo dalla perdita delle loro case e dei loro cari”, ha detto Carmen, un’operaia in pensione di Arroyo, al World Socialist Web Site. “Le persone ricordano i 3.000 o più che sono stati portati via dall’uragano Maria e l’attesa per gli aiuti. Le persone che incontro non hanno fiducia nel governo di San Juan o di Washington”.

Si prevede che la tempesta scaricherà fino a 15 pollici (circa 38 cm, ndt) di pioggia su Porto Rico, e le gravi inondazioni hanno già danneggiato molte infrastrutture e molte case. La Guardia Nazionale ha soccorso centinaia di persone rimaste bloccate in tutta l’isola. Martedì (20 Settembre) il 90% dei residenti era senza corrente. I lavoratori sono in fila fino a due ore alle stazioni di servizio per rifornirsi di carburante non solo per i loro veicoli, ma anche per i generatori domestici. Il cibo sta marcendo all’interno dei frigoriferi non funzionanti.

Senza elettricità, i sistemi di filtraggio non possono funzionare e non c’è energia per pompare l’acqua potabile nelle case, fare il bagno o tirare lo sciacquone. Martedì mattina, l’Autorità per gli acquedotti e le fognature di Porto Rico ha dichiarato che più di 760.000 clienti non avevano il servizio idrico o stavano subendo interruzioni significative. Ciò significa che solo il 40% delle famiglie dispone attualmente di acqua corrente pulita.

Oltre all’interruzione dell’energia elettrica, i lavoratori non possono attingere acqua dai fiumi perché questi ultimi si sono innalzati a causa delle forti piogge. “[Il livello] della maggior parte dei fiumi è troppo alto”, ha dichiarato Pagán Crespo durante un’intervista rilasciata lunedì a WKAQ 580 AM, come riporta El Nuevo Día.

Il governatore Pedro Pierluisi ha dichiarato che la corrente elettrica dovrebbe tornare per la maggior parte dei residenti “entro pochi giorni”. I residenti, tuttavia, sono scettici su tali affermazioni. Il predecessore di Pierluisi, il governatore Ricardo Rossello, ha lasciato ampie zone dell’isola senza elettricità per più di 6 mesi, mentre tratteneva e lasciava marcire le donazioni della FEMA nei magazzini.

I residenti si sono riversati sui social media per denunciare la mancata preparazione dell’attuale amministrazione di fronte alla tempesta e, [allo stesso tempo,] chiedevano aiuto attraverso i post.

Una persona ha commentato l’account Twitter del governatore Pierluisi dicendo: “Quello che sta accadendo ora è anche colpa tua che hai ripetuto la bugia che non sarebbe stato come [l’uragano] Maria. Ecco perché tutti sono rimasti a casa, perché “non era come Maria””.

Un altro ha dichiarato: “SOS per coloro che si trovano nei condomini dei grattacieli, dove gli anziani non possono scendere a prendere l’acqua per i servizi igienici, per fare il bagno o per cucinare. Inoltre non hanno fornelli a gas. Quanto hanno sofferto a causa dell’uragano Maria! Portate loro acqua e pasti preparati, per favore!”.

Ci sono anche molti post che invitano le persone a non donare nulla al governo, ma a donare invece a piccoli gruppi comunitari, a causa della minaccia reale che i funzionari del governo locale si riempiano le tasche con i soldi.

Una persona ha commentato: “Come si può stare bene in questo momento se si sta ancora portando il peso di Maria? L’unica cosa che i ‘leader’ dell’isola fanno è rubare, rubare e rubare ancora”.

La negligenza criminale del governo degli Stati Uniti e delle autorità locali ha fatto sì che l’uragano Maria causasse la morte ufficiale di 2.975 persone, ma uno studio di Harvard ha stimato che ci sono stati quasi 5.000 morti effettivi, poiché il governo di Porto Rico ha tentato di coprire il vero bilancio delle vittime.

Biden ha telefonato al governatore dell’isola dall’Air Force One mentre tornava dal funerale della Regina Elisabetta, promettendo un’ “ondata di aiuti federali”. Pur cercando di prendere le distanze dalla risposta criminale di Trump all’uragano Maria, le parole del presidente democratico sono altrettanto vuote.

Infatti quando Biden era vicepresidente, ha sostenuto l’imposizione obamiana di un consiglio di sorveglianza finanziaria sull’isola nel 2016 – che ha privatizzato i servizi pubblici e aggravato la crisi economica e sociale che affligge i 3,2 milioni di cittadini di Porto Rico.

Questo include la privatizzazione della Puerto Rico Electric Power Authority (PREPA) il 1° giugno 2021 e la sua acquisizione da parte della joint venture statunitense-canadese LUMA Energy. Da allora, i blackout elettrici sull’isola sono diventati una parte normale della vita quotidiana, con interruzioni di corrente che durano 24 ore o più, mentre i costi dell’elettricità sono saliti alle stelle dopo la privatizzazione.

Solo poche settimane prima dell’uragano Fiona, centinaia di residenti protestavano contro le continue interruzioni di corrente e l’aumento delle bollette. Molti lavoratori hanno dichiarato di aver perso elettrodomestici per migliaia di dollari a causa delle continue interruzioni e li hanno portati da tutta l’isola per gettarli davanti al palazzo del governatore a San Juan. La polizia è intervenuta e ha aggredito i manifestanti, compresi gli anziani.

Anche la costa orientale della Repubblica Dominicana è stata colpita dall’uragano, lasciando senza corrente poco meno di un milione di residenti. Fiona ha isolato diverse città del Paese e ha danneggiato o distrutto le aziende agricole locali. Al momento della stesura di questo articolo (20 Settembre, ndt), molte zone sono ancora senza corrente.

Sebbene l’uragano Fiona fosse inizialmente di categoria 1 – e molto più debole di Maria, di categoria 5 – ha provocato danni diffusi a causa delle massicce piogge e delle forti inondazioni. Secondo gli scienziati, le forti precipitazioni sono dovute al cambiamento climatico. Le temperature più elevate provocano un’evaporazione degli oceani e l’aria più calda trattiene più umidità. Questo porta a precipitazioni più intense e prolungate durante le tempeste.

[L’uragano] Fiona è stato dichiarato tempesta di categoria 3 e si sta dirigendo verso le Bermuda dopo aver colpito Turks e Caicos. Sebbene Fiona abbia causato molti danni a Porto Rico e ad altre isole caraibiche, è solo il primo uragano della stagione e se ne prevedono altri nella regione.

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