Traduzione dall’originale “Abortion without Borders. How Feminists and Anarchists Defy Polish Anti-Abortion Laws”
In Polonia, l’aborto è quasi completamente vietato dal 2020. Tuttavia, una rete di femministe e [soggettività] anarchiche si adoperano nel garantire che chi ha bisogno di abortire possa accedervi, legalmente o meno. Ora che l’aborto è stato vietato in molti [degli Stati] degli Stati Uniti, le persone in Nord America possono trarre vantaggio dall’esperienza di coloro che hanno già affrontato questa situazione per anni. Per scoprire come lu attivistu polaccu utilizzano l’azione diretta e l’aiuto reciproco per mantenere l’aborto accessibile, abbiamo intervistato lu partecipanti di questa rete.
Mantenere un accesso diffuso all’aborto – legale o meno – è fondamentale per salvare vite e preservare l’autonomia di coloro che sono presi di mira dalle strutture di potere patriarcali. È anche una parte essenziale della lotta per la legalizzazione dell’aborto. Come abbiamo sostenuto a Giugno, dopo la sentenza della Corte Suprema contro la Roe v. Wade,
“La decisione Roe v. Wade non è stata presa perché la maggioranza della popolazione statunitense era favorevole all’accesso all’aborto nel 1973. Semmai, alla luce degli sforzi organizzativi come quello del collettivo Jane, che ha fornito circa 11.000 aborti illegali, possiamo concludere che la sentenza è stata una risposta all’intensità con cui un particolare segmento della popolazione stava lottando per l’accesso all’aborto e al suo successo nel mettere in discussione il monopolio del potere dello Stato, continuando a rendere disponibile l’aborto nonostante gli sforzi di polizia e giudici.”
Siamo di nuovo nell’epoca in cui il collettivo Jane si è confrontato, questa volta con le pillole abortive come opzione. Come hanno dimostrato le persone in Polonia, è possibile mantenere un accesso diffuso all’aborto indipendentemente dalle leggi in vigore.
Se volete sostenere l’accesso all’aborto in Polonia, potete fare una donazione a Ciocia Basia. Negli Stati Uniti, è possibile ottenere pillole abortive qui e informazioni su come usarle qui.
Aborto senza frontiere
In Polonia, alcuni adesivi ampiamente affissi riportano un numero di telefono che collega le persone che cercano di abortire alla linea di assistenza di una rete di organizzazioni note collettivamente come “Abortion Without Borders” (AWB). Poiché le leggi polacche sull’aborto sono tra le più repressive d’Europa, questa rete dimostra il potere della solidarietà internazionale nella difesa della libertà riproduttiva. I gruppi che compongono “Abortion Without Borders” includono “Abortion Dream Team” (ADT) e “Kobiety W Sieci” [1] in Polonia, “Ciocia Basia” in Germania, “Abortion Network Amsterdam” e “Women Help Women” nei Paesi Bassi e “Abortion Support Network” nel Regno Unito.
Asia, un’attivista anarchica polacca trasferitasi ad Amsterdam per lavorare con “Women Help Women”, ricorda come questi gruppi si siano incontrati nel 2018 su iniziativa di una persona del Regno Unito che ha visto che tutti svolgevano un lavoro simile separatamente e ha suggerito di unire le forze. “L’idea era quella di trovare dei modi per ottenere aborti al più presto, soprattutto per le persone che vivono in luoghi dove non c’è un facile accesso ai servizi per l’aborto, e [di] diffondere informazioni”, dice Asia.
La linea telefonica di “Abortion Without Borders” è gestita da “Kobiety W Sieci”, che consiglia le persone che chiamano sulle opzioni [di scelta] e le mette in contatto con altri gruppi della rete in base alle loro esigenze. Se una persona in Polonia vuole recarsi all’estero per interrompere una gravidanza, i consulenti la indirizzano a “Ciocia Basia”, un collettivo di base femminista queer di Berlino che si dedica alla costruzione di strutture di sostegno per le persone che vengono a Berlino per accedere all’aborto. Chi preferisce optare per un aborto farmacologico a casa può ordinare le pillole necessarie al servizio di tele-assistenza globale di “Women Help Women”. Asia sottolinea che è importante che lu attivistu e lu consulenti usino un linguaggio preciso su questo argomento perché, sebbene la legge polacca non criminalizzi chi interrompe la gravidanza, è diventato sempre più pericoloso aiutare qualcunu ad ottenere un aborto in Polonia.
La legge sull’aborto ha una storia complicata in questo Paese tradizionalmente cattolico romano. Con la caduta del comunismo all’inizio degli anni ’90, la Chiesa ha iniziato a spingere per una nuova legislazione che limitasse l’accesso all’aborto. Dal 1932, la procedura era legale nei casi di stupro e di minaccia alla salute materna, e una legge del 1956 aveva ampliato le giustificazioni legali per l’aborto includendo le “condizioni di vita difficili”. Nel 1993 il governo non comunista appena eletto ha approvato una legge che escludeva i fattori sociali e finanziari come giustificazione, lasciando lo stupro o l’incesto, la minaccia alla salute materna e la compromissione del feto come unici casi in cui la procedura era legale. Nell’Aprile 2016, le organizzazioni pro-vita polacche hanno proposto una proposta di legge per vietare l’aborto in tutti i casi, tranne quelli in cui la persona incinta è in pericolo di vita – che è stata approvata dal Sejm [una delle camere del parlamento polacco] nel Settembre successivo. L’altra camera del parlamento polacco ha votato per respingere la legge il mese successivo, dopo che decine di migliaia di persone si sono scagliate contro la legislazione proposta in manifestazioni decentrate note collettivamente come “Czarny Protest” (“Protesta Nera”) nelle città di tutta la Polonia.
Il 22 Ottobre 2020, tuttavia, il Tribunale costituzionale ha vietato quasi del tutto l’aborto, stabilendo che l’interruzione di gravidanza a causa di un difetto fetale è incostituzionale. Questo ha scatenato manifestazioni di massa in cui oltre 400.000 persone sono scese in piazza per protestare contro la decisione e [contro] il partito di destra Diritto e Giustizia (PiS) al governo. Secondo un conteggio ufficiale del Ministero della Salute, 1074 dei 1110 aborti legali eseguiti in Polonia l’anno precedente alla sentenza sono stati ottenuti a causa di un danno fetale o di una malattia pericolosa per la vita. Il numero di interruzioni legali di gravidanza, tuttavia, offre poche indicazioni su quante persone polacche interrompano una gravidanza in un determinato anno. Decine di migliaia lo fanno ogni anno ordinando pillole abortive per posta o viaggiando fuori dal Paese per sottoporsi ad aborti chirurgici nelle cliniche.
A causa degli ostacoli che si frappongono sull’ottenimento della procedura [interruttiva] in modo legale, le persone in Polonia hanno in gran parte scelto queste opzioni anche nei casi in cui hanno il diritto legalmente riconosciuto di abortire. Per esempio, per interrompere una gravidanza frutto di un crimine, una persona incinta ha bisogno di una lettera certificata da un pubblico ministero che confermi che è stata violentata. Questi ostacoli burocratici possono rendere impossibile l’accesso ai servizi di aborto prima della dodicesima settimana di gravidanza, dopo la quale l’aborto è vietato in qualsiasi circostanza.
I collettivi che partecipano alla rete di “Abortion Without Borders” hanno notato un immediato aumento delle richieste dei servizi che forniscono dopo la sentenza dell’Ottobre 2020. “Abbiamo potuto assolutamente sentire l’impatto della decisione”, dice Asia. “Da un lato è stato davvero devastante, ma dall’altro ha portato anche un’incredibile quantità di solidarietà e di organizzazione di base, e di organizzazione che è andata oltre la base… ha davvero colpito l’intera società. Inoltre, ci sono state enormi manifestazioni e proteste che sono state, direi, controproducenti per le speranze delle persone al potere in Polonia”.
Adrianna di “Abortion Dream Team” dice che le proteste del 2016 contro la proposta di divieto di aborto sono state ciò che l’ha ispirata a concentrarsi sul tema. Viene da una piccola città della Polonia e dice che la parola “aborto” non esisteva nella sua famiglia. “Non sapevo che esistesse una cosa del genere fino ai miei vent’anni, e allora credo di essere stata davvero contraria all’aborto”, racconta. “Poi, passo dopo passo, diventando femminista, ho dovuto affrontare la questione dell’aborto. Ho capito che si trattava di avere il controllo sul proprio corpo. È stato davvero un lungo viaggio dall’essere una persona contraria all’aborto all’essere una persona che ora è totalmente a favore dell’aborto al 100%”.
Oggi Adrianna fa parte di un gruppo di dodici persone che sostengono l’ADT rispondendo sui social media alle domande di chi vuole abortire. “In Polonia,” dice, “a causa della stigmatizzazione dell’aborto, è molto importante diffondere le notizie per far sapere alle persone che non saranno punite per aver preso le pillole abortive o per essere andate fuori dal Paese per un aborto chirurgico”.
La missione di ADT è cambiare la narrazione sull’aborto, de-stigmatizzando e sfatando i miti sulla procedura e diffondendo informazioni sull’aborto autogestito, che prevede l’interruzione della gravidanza con i farmaci mifepristone e misoprostolo e non richiede la supervisione di un medico. “Le pillole abortive danno potere”, dice Adrianna. “Nel 1993, quando è stata istituita la legge sull’aborto, nessuno sapeva che le pillole sarebbero diventate così accessibili e utilizzate ogni giorno”.
Le persone possono contattare ADT via e-mail, Facebook Messenger o Instagram. Per prima cosa, i volontari si informano se la persona ha fatto un test per essere sicura di essere incinta; poi chiedono se è sicura di voler abortire. Una volta stabilito che una persona vuole ordinare le pillole abortive, i volontari ADT la istruiscono su come ordinare da “Women Help Women” nei Paesi Bassi e condividono il link al modulo d’ordine dell’organizzazione. “Le persone fanno domande tipo “se fa male”, “quanto dura”, “quanto costa””, racconta Adrianna.
Invece di acquistare queste pillole, la persona che le ordina fa una donazione di 75 euro, anche se può dare di più se ne ha la possibilità. “Se non si hanno i soldi, come molti minori di 18 anni che ci scrivono, possiamo chiedere all’organizzazione di rinunciare alla donazione”, dice Adrianna. “Per le persone in Polonia, si tratta di una cifra esorbitante. Molte donne hanno già dei figli e non possono permettersi di fare una donazione”. Le pillole, che impiegano al massimo 20 giorni per arrivare, sono confezionate in un imballaggio molto discreto, con solo il nome e l’indirizzo dellu destinatariu, mentre viaggiano attraverso il confine. ADT fornisce istruzioni via e-mail e sui social media su come assumerle e lu volontariu sono a disposizione per dare consigli e rispondere alle domande durante tutto il processo. La persona che assume le pillole può anche chiamare la linea telefonica di AWB per ricevere il sostegno del team di “Kobiety W Sieci”.
L’ADT rimane in contatto anche dopo la fine dell’aborto farmacologico. “Di solito le persone vogliono andare dal medico per assicurarsi che tutto vada bene”, dice Adrianna. “Ma la vagina è un organo talmente grande che si ripulisce da sola, senza [che vi sia il bisogno di] controllarla”. Adrianna dice che spesso le persone scrivono ad ADT per ringraziarle ed esprimere la loro gioia. “Credo che la cosa più importante sia che non vogliano sentirsi sole. Lo stigma dell’aborto è così grande in Polonia che di solito non possono dirlo [a nessunu (partner, amicu etc)]. Quindi credo che il nostro ruolo più importante sia quello di dare loro sostegno. Siamo con te, non sei solu, e questa è la tua decisione. È una buona decisione”.
Gli attivisti della rete AWB concordano sul fatto che la prima cosa che è cambiata dopo il divieto quasi totale di aborto in Polonia è stata un’atmosfera di paura tra medici, infermieri e pazienti. Dall’entrata in vigore del divieto, nel Gennaio 2012, almeno tre donne sono morte di sepsi negli ospedali polacchi a causa del rifiuto dei medici di praticare un aborto o un parto cesareo salvavita. Gli attivisti per i diritti umani attribuiscono questi decessi all’effetto agghiacciante che la legge sull’aborto ha avuto sugli operatori sanitari, spaventandoli e spingendoli a rifiutare le cure essenziali allu pazienti.
“Questa è la cosa più terrificante che ho notato”, dice Adrianna, che ricorda di aver sentito una persona che stava [ri]pensando ad abortire per paura di non ricevere le cure necessarie in ospedale – qualora qualcosa fosse andato storto.