In un incontro tenutosi oggi, 2 Novembre, presso la sede di Confindustria Catania, l’arcivescovo della città etnea Luigi Renna ricorda agli imprenditori riuniti che per la dignità e il benessere dell’uomo, la virtù dell’imprenditore cristiano è “la condivisione che si concretizza nella filantropia, nella contribuzione fiscale tesa a favorire la distribuzione della ricchezza, nella creazione di posti di lavoro, nell’impostazione di un’impresa secondo criteri personalistici e comunitari”.
Plausi e soddisfazioni da parte dei presenti. Antonello Biriaco, presidente di Confindustria Catania spiega come le parole di Renna si inseriscano “in un quadro dove si mettono mettiamo al centro il ruolo sociale dell’imprenditoria. Fare impresa non significa solo fare utile, c’è da attenzionare anche il ruolo sociale. Questi sono temi, che abbiamo già affrontato nell’incontro avuto con il Papa, utili per rimarcare ancora di più l’unione e la grande rete che deve fare il mondo dell’impresa con il mondo sociale, ecclesiastico e con tutto quello che va incontro a diminuire la più grande frattura economica e sociale che c’è nel nostro Paese […]”
Queste dichiarazioni di Renna e, soprattutto, di Buriaco ci fanno tornare in mente cosa significhi effettivamente non pensare solo all’utile e avere rispetto e dignità delle persone.
Durante le fasi acute della pandemia da Sars-COVID 19, Confindustria strepitava nel voler mantenere aperte ed attive le aziende e le relative produzioni.
Chi lavorava in simili contesti si ammalava e, spesso, ci lasciava le penne.
Poi sono arrivati i “certificati verdi” (green pass) e il blocco dei licenziamenti. E in quei casi lo Stato ha dimostrato la più totale dabbenaggine nella gestione sanitaria e un utilizzo del metodo repressivo nel prevenire possibili proteste sociali endemiche e incontrollate.
La fase discendente della pandemia e le aperture a tutto spiano, hanno ripristinato lo stato di cose precedenti – in particolare lo sblocco dei licenziamenti. Ma la guerra in Ucraina e gli aumenti dei beni energetici e alimentari, hanno messo (e la mettono tuttora) a dura prova la tenuta repressiva-economica dello Stato e della borghesia.
Con i salari che non aumentano e l’inflazione a quasi il 12%, l’attuale governo vara una nuova norma, l’articolo 434bis del codice penale, con cui si vieta l’invasione arbitraria “di terreni ed edifici altrui, pubblici o privati, commessa da un numero superiore di 50 persone” e che possa mettere in pericolo l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica.
La prevenzione tramite demotivazione di possibili e future proteste e picchetti da parte dei lavoratori e delle lavoratrici è servita su un piatto d’argento.
E questo significa avere dignità per le persone? Se per dignità intendiamo “il rispetto della personalità altrui e di se stessu, soprattutto nei rapporti che si intrattengono con i propri simili”, allora possiamo dire tranquillamente che la borghesia (italiana e non) usa tale termine per fare accettare: i rapporti lavorativi da cui deriva un supposto benessere per i lavoratori e le lavoratrici; i focolai pandemici degli allevamenti animali non umani; l’inclusione e/o l’esclusione di determinate comunità umane.
Detto ciò, il ruolo sociale della borghesia è quello di intortare e mischiare le carte dove gli obiettivi reali e principali sono i seguenti: fatturare in positivo, sfruttare chi lavora e creare lobby economiche che si scontreranno o si alleeranno a secondo della situazione contingente.
Di fronte a tutto questo, è necessario liberarci da un modello economico sfruttatore e con velleità speculative e di profitto e, soprattutto, da una cultura del dominio che asfissia e rende apatici gli individui.