Premessa
Lo scioglimento dei ghiacciai antartici sta rallentando il rimescolamento delle acque oceaniche, con conseguenze potenzialmente devastanti per il clima globale nelle prossime centinaia di anni. Secondo uno studio di Qian Li et al. (edito sulla rivista “Nature” di Marzo 2023), le correnti oceaniche profonde potrebbero rallentare fino al 40% entro il 2050. Il rapido scioglimento dei ghiacciai antartici sta peggiorando la circolazione oceanica globale, con conseguenze disastrose per il clima globale, la biodiversità marina e i ghiacci. Le correnti oceaniche profonde trasportano calore, anidride carbonica, ossigeno e sostanze nutritive per migliaia di chilometri. Con l’aumento della temperatura dell’aria, l’acqua dolce proveniente dallo scioglimento dei ghiacciai entra nell’oceano; questa riduce la salinità e la densità dell’acqua oceanica di superficie, indebolendo il flusso dell’acqua verso il basso e impedendone il mescolamento. In un momento dove i governi e le borghesie mondiali discutono su “transizioni ecologiche” – ovvero utilizzare risorse energetiche rinnovabili e abbandonare gradualmente quelle di origine fossile -, la ricerca in questione non fa altro che confermare come lo scioglimento dei ghiacciai causato dai cosiddetti gas serra, altererà in un prossimo e non troppo lontano futuro la vita di chiunque abiti in questo pianeta. Se questo andazzo non dovesse cambiare, assisteremo a cambiamenti climatici sempre più marcati che altereranno e stravolgeranno la vita degli esseri viventi (vegetali e animali umani e non).
Visto il costo monetario dell’articolo pubblicato su “Nature”, abbiamo ripiegato su una sintesi fatta dallu ricercatoru stessu e pubblicata sul sito “the conversation”. Come introduzione di questa sintesi vi sarà l’articolo “Southern Ocean heat sink hindered by melting ice” scritto da Joellen L. Russell, docente del dipartimento di geoscienze dell’Università dell’Arizona, e pubblicato sulla rivista “Nature”.
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Il dissipatore di calore dell’Oceano meridionale [è] ostacolato dallo scioglimento dei ghiacci
Pubblicato su “Nature”, Vol. 615, n. 7954 Marzo 2023, pagg. 799-800
Traduzione dall’originale “Southern Ocean heat sink hindered by melting ice”
A mo’ di appunto del Gruppo Anarchico Galatea
Sulle note presenti nell’articolo di Russell, dove abbiamo potuto abbiamo inserito link alternativi in modo che tuttu possano leggere e/o scaricare le ricerche menzionate dal docente dell’Arizona.
L’Oceano Meridionale ha un ruolo straordinario nel mitigare i cambiamenti climatici: acquisisce la maggior parte del calore assorbito dagli oceani di tutto il mondo – che si stima sia il 93% del calore totale intrappolato a causa dell’aumento dei gas serra1. Questo risultato è reso possibile dal fatto che l’acqua fredda risale dalle profondità dell’oceano fino alle acque superficiali, dove scambia calore con l’atmosfera. Le acque più profonde dell’Oceano Meridionale si stanno riscaldando molto più velocemente rispetto al resto dell’oceano2 3, suggerendo che potrebbe esserci un afflusso di calore atmosferico supplementare. Tuttavia, a pag. 841 [del n. 7954 di “Nature”], Li Qian et al.4 riportano delle simulazioni che attribuiscono il riscaldamento osservato ad una minore produzione di acque oceaniche fredde e dense in prossimità dell’Antartide. I forti venti occidentali che circondano l’Antartide sono responsabili della risalita dell’acqua fredda dalle profondità dell’Oceano Meridionale. Dalla metà del XX secolo, questi venti sono aumentati di forza e si sono spostati verso il Polo Sud 5. Questi cambiamenti sono avvenuti in risposta sia al raffreddamento della stratosfera, causato dalla perdita di ozono, sia al riscaldamento della troposfera sottostante, dovuto all’aumento della concentrazione di gas serra.6 Tuttavia, non è ancora chiaro come il cambiamento dei venti abbia influenzato la circolazione e il rimescolamento dell’oceano profondo. Le misurazioni della superficie dell’oceano hanno mostrato un aumento della velocità del vento 7, dell’altezza e della potenza delle onde 8, nonché dell’energia cinetica della maggior parte delle principali correnti oceaniche.9 Le misurazioni in superficie hanno anche mostrato che lo strato misto nella parte superiore dell’Oceano Meridionale si sta riscaldando e aggravando [sempre più].10
Ma i processi oceanici più cruciali per il clima avvengono sotto i ghiacci, o in presenza di venti e onde elevate. E l’oceano – l’Oceano Meridionale, in particolare – è estremamente difficile da osservare sistematicamente, anche nelle migliori condizioni. Inoltre, ostacoli tecnici e logistici impediscono a qualsiasi singolo metodo di fornire un quadro coerente che determini le specificità del cambiamento climatico mentre emerge un nuovo equilibrio globale. L’oceano sta cambiando ovunque sia stato misurato e i modelli numerici sono necessari per comprendere e riconciliare le osservazioni. È in questo contesto che lo studio di Li Qian et al. è così importante e tempestivo. L’acqua densa dell’oceano esaminata nello studio è nota come “Antarctic Bottom Water” (AABW) e nasce come acqua fredda e carica di sale sulle piattaforme continentali intorno all’Antartide.
Questa acqua densa scorre lungo il pendio continentale e, scendendo, si mescola con l’acqua più calda e più fresca per formare l’AABW11. L’AABW scorre poi verso nord e rinfresca l’oceano abissale, che è quello strato [di mare che si trova] ad una profondità compresa tra i 4.000 metri e il fondo. Questi processi, su piccola scala, sono notoriamente difficili da simulare in modo realistico e utilizzando i modelli di “accoppiamento globale” [ – i quali] riuniscono diversi aspetti del sistema climatico, tra cui l’oceano, l’atmosfera e il ghiaccio marino. I [glaciologi] e altri scienziati del clima stanno lavorando duramente per integrare i ghiacci terrestri nei modelli di accoppiamento globale climatico; ma purtroppo nessuno dei modelli della generazione attuale (né di quelle precedenti) include lo scioglimento delle calotte glaciali dell’Antartide o della Groenlandia. Per ora, queste simulazioni stimano il futuro innalzamento del livello del mare, calcolando il volume di ghiaccio che si scioglierebbe a causa del riscaldamento e ignorando le potenziali retroazioni che potrebbero verificarsi se l’acqua di fusione venisse reimmessa nell’oceano.
Li Qian et al. non sono i primi ad aver affrontato questa lacuna in uno studio di modelli (si vedano, ad esempio, gli articoli 12 13). Tuttavia, sono stati i primi ad esaminare se l’acqua di fusione proveniente dall’Antartide sia direttamente o indirettamente causa dell’aumento della temperatura osservata sul fondo dell’oceano (Fig. 1).
Gli autori hanno utilizzato un modello che simula accuratamente le interazioni oceano-ghiaccio e che riproduce il volume e le caratteristiche osservate dell’AABW lungo il bordo dell’Antartide nelle posizioni geografiche corrette 14. Hanno prima imposto dei cambiamenti nel vento, nel calore e nell’acqua di fusione misurati 15 tra il 1991 e il 2019, per vedere come avrebbero risposto la formazione dell’AABW e la circolazione dell’oceano abissale. Hanno poi modellato la risposta ai cambiamenti previsti tra il 2020 e il 2050 secondo gli attuali modelli climatici globali. In precedenza sono state proposte due ipotesi per spiegare in parte o completamente il riscaldamento profondo osservato.
La prima sostiene che l’AABW si formi allo stesso ritmo di prima, ma ad una temperatura leggermente più alta.16
Il secondo suggerisce che la produzione di AABW sia diminuita, permettendo ad altre acque (più calde) di intromettersi nel suo vecchio territorio.17
Questi due meccanismi influenzano il clima in modo diverso: il primo sequestra attivamente il “nuovo” calore (proveniente dall’atmosfera) nell’oceano profondo, mentre il secondo distribuisce il “vecchio” calore nell’oceano profondo.
Lo studio di Li Qian et al. sostiene quest’ultima ipotesi: l’aumento dell’acqua di fusione inibisce la formazione di AABW fredda, riducendone il volume e quindi riscaldando l’oceano abissale e diminuendone la ventilazione.
Le simulazioni degli autori suggeriscono che questa tendenza continuerà e che la combinazione di vento e perturbazioni di riscaldamento ha un effetto limitato sull’oceano abissale. Lo studio delle acque profonde dell’oceano potrebbe sembrare lontane dalle preoccupazioni quotidiane, ma queste acque sono cruciali per distinguere tra i cambiamenti climatici transitori e [quelli] di equilibrio. Il precedente riguarda il cambiamento di temperatura che deriva dall’aumento del calore atmosferico e dell’anidride carbonica prima che gli oceani profondi abbiano avuto il tempo di equilibrarsi 18 (oltre al calore, gli oceani sequestrano circa il 25% delle emissioni antropogeniche di CO2 19 ). La profondità in cui viene immagazzinato il calore atmosferico e la CO2 influenza il tempo che l’oceano impiegherà per entrare in equilibrio con l’atmosfera “nuova”, e quindi definisce la scala temporale del cambiamento climatico transitorio. Insieme ai risultati di altri studi (vedi note 12 e 13), le simulazioni di Li Qian et al. indicano che il calore atmosferico non riesce a raggiungere le profondità oceaniche e che solo le profondità intermedie sono attualmente disponibili per tamponare gli effetti antropogenici sul clima.
La scala temporale associata al cambiamento climatico transitorio sarà probabilmente più breve che lunga, il che è una cattiva notizia per gli esseri umani di questo secolo. La convergenza dei modelli climatici globali, del sistema terrestre e del tempo meteorologico migliora la capacità degli scienziati nel fare previsioni accurate.20
Tali previsioni sono essenziali per preparare meglio la società e far fronte a degli eventi estremi come siccità e inondazioni, ondate di calore e incendi. 21 Lo studio di Li Qian et al. compie un passo nella giusta direzione, evidenziando l’influenza dell’oceano, da cima a fondo, sul clima globale. Gli scienziati delle istituzioni australiane – tra cui gli autori e molti altri – sono da tempo apprezzati per le loro spedizioni oceanografiche e per la ricerca sul clima. La nostra fortuna è che vivono alle porte dell’Oceano Meridionale, il soggetto più influente e meno compreso nella risposta del sistema Terra al cambiamento climatico antropogenico.
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I torrenti di acqua di fusione dell’Antartico stanno rallentando il flusso di rimescolamento delle correnti oceaniche – e ne minacciano il collasso.
Traduzione dall’originale “Torrents of Antarctic meltwater are slowing the currents that drive our vital ocean ‘overturning’ – and threaten its collapse”
Al largo delle coste dell’Antartide, trilioni di tonnellate di acqua fredda e salata affondano a grandi profondità. Quando l’acqua si inabissa, alimenta i flussi più profondi della circolazione “ascensionale”, una rete di forti correnti che attraversa gli oceani di tutto il mondo. La circolazione ascensionale trasporta calore, carbonio, ossigeno e nutrienti in tutto il mondo e influenza in modo fondamentale il clima, il livello del mare e la produttività degli ecosistemi marini.
Ma ci sono segnali preoccupanti che indicano che queste correnti stanno rallentando. Potrebbero addirittura collassare. Se ciò accadesse, priverebbe l’oceano profondo di ossigeno, limiterebbe il ritorno dei nutrienti alla superficie del mare e potenzialmente causerebbe un ulteriore scioglimento dei ghiacci – in quanto l’acqua vicino alle piattaforme di ghiaccio si riscalda. Ci sarebbero importanti ramificazioni globali per gli ecosistemi oceanici, il clima e l’innalzamento del livello del mare.
Lo schema del video mostra i percorsi del flusso negli strati superiori, profondi e inferiori dell’oceano.
La nostra nuova ricerca, pubblicata oggi sulla rivista Nature, utilizza le proiezioni di nuovi modelli oceanici per esaminare i cambiamenti nell’oceano profondo fino all’anno 2050. Le nostre proiezioni mostrano un rallentamento della circolazione antartica e un riscaldamento delle profondità oceaniche nei prossimi decenni. Le misurazioni fisiche confermano che questi cambiamenti sono già in corso.
La colpa è del cambiamento climatico. Con lo scioglimento dell’Antartide, una maggiore quantità di acqua dolce si riversa negli oceani. Questo interrompe l’affondamento dell’acqua fredda, salata e ricca di ossigeno verso il fondo dell’oceano. Da lì quest’acqua si diffonde normalmente verso nord per rinfrescare le profondità degli oceani Indiano, Pacifico e Atlantico. Ma tutto questo potrebbe finire presto. Nel corso della nostra vita.
Perché è importante?
Come parte di questo rimescolamento, ogni anno circa 250 trilioni di tonnellate di acqua gelida di superficie dell’Antartide affondano negli abissi oceanici. Lo sprofondamento in prossimità dell’Antartide è bilanciato dalla risalita ad altre latitudini. La circolazione ascensionale che ne deriva trasporta l’ossigeno nell’oceano profondo e alla fine riporta le sostanze nutritive alla superficie del mare, dove sono disponibili per sostenere la vita marina.
Se la circolazione antartica rallenta, l’acqua marina ricca di nutrienti si accumulerà sul fondo del mare, a cinque chilometri di profondità. Questi nutrienti andranno persi negli ecosistemi marini in superficie o in prossimità di essa, danneggiando l’attività ittica.
I cambiamenti nella circolazione ascensionale potrebbero far sì che il ghiaccio riceva più calore, in particolare intorno all’Antartide occidentale – un’area con il maggior tasso di perdita di massa di ghiaccio negli ultimi decenni. Questo accelererebbe l’innalzamento globale del livello del mare.
Un rallentamento del moto ondoso ridurrebbe anche la capacità dell’oceano di assorbire anidride carbonica, lasciando più emissioni di gas serra nell’atmosfera. E più gas serra significa più riscaldamento, peggiorando la situazione. L’indebolimento della circolazione antartica indotta dall’acqua di fusione potrebbe anche spostare le fasce di precipitazioni tropicali di circa mille chilometri verso nord.
In parole povere, un rallentamento o un collasso del “capovolgimento [meridionale] della circolazione [atlantica]” cambierebbe il nostro clima e l’ambiente marino in modo profondo e potenzialmente irreversibile.
Segni di un cambiamento preoccupante
Le zone remote degli oceani che circondano l’Antartide sono tra le regioni più difficili per pianificare e intraprendere campagne sul campo. I viaggi sono lunghi, il tempo può essere brutale e il ghiaccio marino limita l’accesso per gran parte dell’anno.
Ciò significa che ci sono poche misurazioni per monitorare il cambiamento del margine antartico. Ma laddove esistono dati sufficienti, possiamo vedere chiari segni di un aumento del trasporto di acque calde verso l’Antartide, che a sua volta causa lo scioglimento dei ghiacci in punti chiave.
In effetti, i segni di scioglimento intorno ai margini dell’Antartide sono molto chiari, con volumi sempre più grandi di acqua dolce che si riversano nell’oceano e rendono le acque vicine meno salate e quindi meno dense. E questo è tutto ciò che serve per rallentare la circolazione ascensionale. L’acqua più densa affonda, quella più leggera no.
La perdita di massa di ghiaccio antartico negli ultimi decenni, basata su dati satellitari, mostra che tra il 2002 e il 2020 l’Antartide ha perso in media circa 150 miliardi di tonnellate metriche di ghiaccio all’anno, aggiungendo acqua di fusione all’oceano e innalzando il livello del mare (fonte: NASA).
Come lo abbiamo scoperto?
Oltre alle scarse misurazioni, i modelli incompleti hanno limitato la nostra comprensione della circolazione oceanica intorno all’Antartide.
Ad esempio, l’ultima serie di proiezioni dei modelli climatici globali analizzati dal Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico presenta delle distorsioni nella regione. Ciò limita la capacità di questi modelli di prevedere il futuro destino della circolazione antartica.
Per esplorare i cambiamenti futuri, abbiamo utilizzato un modello oceanico globale ad alta risoluzione che rappresenta realisticamente la formazione e l’affondamento di acqua densa vicino all’Antartide.
Abbiamo eseguito tre diversi esperimenti: uno in cui le condizioni sono rimaste invariate rispetto agli anni Novanta; un secondo forzato dai previsti cambiamenti di temperatura e vento; e un terzo che includeva anche i previsti cambiamenti delle acque di fusione dell’Antartide e della Groenlandia.
In questo modo abbiamo potuto separare gli effetti delle variazioni dei venti e del riscaldamento dai cambiamenti dovuti allo scioglimento dei ghiacci.
I risultati sono stati sorprendenti. Il modello prevede che la circolazione ascensionale intorno all’Antartide rallenterà di oltre il 40% nei prossimi tre decenni, guidata quasi interamente dalle spinte dell’acqua di fusione.
Nello stesso periodo, il nostro modello prevede anche un indebolimento del 20% del “capovolgimento meridionale della circolazione atlantica”, che mantiene il clima mite in Europa. Entrambi i cambiamenti ridurrebbero drasticamente il rinnovamento e il rimescolamento all’interno dell’oceano.
Sappiamo da tempo che le correnti ascensionali dell’Atlantico settentrionale sono vulnerabili: le osservazioni suggeriscono che un rallentamento è già in atto e le proiezioni indicano un punto di svolta imminente. I nostri risultati suggeriscono che l’Antartide sembra pronto ad eguagliare la sua controparte dell’emisfero settentrionale – e non solo.
E adesso?
Gran parte dell’oceano abissale si è riscaldato negli ultimi decenni, con gli andamenti più rapidi e rilevati vicini all’Antartide – in uno schema molto simile ai nostri modelli simulativi.
Le nostre proiezioni si estendono fino al 2050. Oltre il 2050, in assenza di forti riduzioni delle emissioni, il clima continuerà a riscaldarsi e le calotte glaciali continueranno a sciogliersi. In tal caso, prevediamo che il rimescolamento dell’Oceano Meridionale continuerà a rallentare fino alla fine del secolo e oltre.
Il previsto rallentamento del rimescolamento antartico è una risposta diretta all’apporto di acqua dolce proveniente dallo scioglimento dei ghiacci. I flussi di acqua di fusione sono direttamente collegati al riscaldamento del pianeta, che a sua volta dipende dai gas serra che emettiamo.
Il nostro studio dimostra che il continuo scioglimento dei ghiacci non solo innalzerà il livello del mare, ma modificherà anche le massicce correnti di circolazione ascensionale – che possono provocare un ulteriore scioglimento dei ghiacci e quindi un maggiore innalzamento del livello del mare, danneggiando il clima e gli ecosistemi in tutto il mondo. È un’altra ragione per affrontare la crisi climatica – e in fretta.
Note
1Rhein, M. et al. in Climate Change 2013: The Physical Science Basis (eds Stocker, T. F. et al.) Ch. 3 (Cambridge Univ. Press, 2013). Link: https://scholar.google.com/scholar_lookup?&title=Climate%20Change%202013%3A%20The%20Physical%20Science%20Basis&publication_year=2013
2Purkey, S. G. & Johnson, G. C. J. Clim. 23, 6336–6351 (2010). Link: https://journals.ametsoc.org/view/journals/clim/23/23/2010jcli3682.1.xml
3Purkey, S. G. & Johnson, G. C. J. Clim. 26, 6105–6122 (2013). Link: https://journals.ametsoc.org/view/journals/clim/26/16/jcli-d-12-00834.1.xml
4Li, Q., England, M. H., Hogg, A. McC., Rintoul, S. R. & Morrison, A. K. Nature 615, 841–847 (2023). Link: https://www.nature.com/articles/s41586-023-05762-w
5Swart, N. C. & Fyfe, J. C. Geophys. Res. Lett. 39, L16711 (2012). Link: https://agupubs.onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1029/2012GL052810
6Thompson, D. W. J. et al. Nature Geosci. 4, 741–749 (2011). Link: https://www.atmos.colostate.edu/~davet/ao/ThompsonPapers/Thompson_etal_NatureGeoscience2011.pdf
7Young, I. R. & Ribal, A. Science 364, 548–552 (2019). Link: http://www.geo.cornell.edu/ocean/eas3530/papers-2019/Multiplatform%20evaluation%20of%20global%20trends%20in%20wind%20speed%20and%20wave%20height.pdf
8Reguero, B. G., Losada, I. J. & Méndez, F J. Nature Commun. 10, 205 (2019). Link: https://www.nature.com/articles/s41467-018-08066-0
9Hu, S. et al. Sci. Adv. 6, eaax7727 (2020). Link: https://www.science.org/doi/10.1126/sciadv.aax7727
10Sallée, J.-B. et al. Nature 591, 592–598 (2021). Link: https://eprints.soton.ac.uk/448938/1/Summertime_increases_in_upper_ocean_stratification_and_mixed_layer_depth.pdf
11Orsi, A. H., Johnson, G. C. & Bullister, J. L. Prog. Oceanogr. 43, 55–109 (1999). Link: https://www.sciencedirect.com/science/article/abs/pii/S007966119900004X
12Bronselaer, B. et al. Nature 564, 53–58 (2018). Link: https://www.nature.com/articles/s41586-018-0712-z
13Bronselaer, B. et al. Nature Geosci. 13, 35–42 (2020). Link: https://www.nature.com/articles/s41561-019-0502-8
14Purich, A. & England, M. H. Geophys. Res. Lett. 48, e2021GL092752 (2021). Link: https://agupubs.onlinelibrary.wiley.com/doi/10.1029/2021GL092752
15Tsujino, H. et al. Ocean Modelling 130, 79–139 (2018). Link: https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S146350031830235X?via%3Dihub
16Vedi nota 2
17Vedi nota 3
18Nijsse, F. J. M. M., Cox, P. M. & Williamson, M. S. Earth Syst. Dyn. 11, 737–750 (2020). Link: https://esd.copernicus.org/articles/11/737/2020/
19Friedlingstein, P. et al. Earth Syst. Sci. Data 14, 1917–2005 (2022). Link: https://essd.copernicus.org/articles/14/1917/2022/
20Harris, L., Xi, C., Putnam, W., Zhou, L. & Chen, J. H. NOAA Tech. Memo. OAR GFDL; 2021-001 (NOAA, 2021). Link: https://repository.library.noaa.gov/view/noaa/30725
21NSTC. Earth System Predictability Research and Development Strategic Framework and Roadmap (US National Science Technology Council, 2020). Link: https://www.icams-portal.gov/organization/researchandinnovation/esp_randd_strategic_framework_roadmap.pdf