-L’apatia politica come rassegnazione e vittoria del potere
Secondo “LoZingarelli. Vocabolario della lingua italiana”, l’apatia è “indifferenza, inerzia, mancanza di volontà e di interesse di fronte alla vita, ai sentimenti.”
Nel contesto politico, il sociologo Morris Rosenberg spiega che l’apatia degli individui derivi principalmente da tre fattori: “1) La politica viene evitata a causa di sentimenti di inadeguatezza o debolezza psicologica; 2) Si evita la politica perché i valori culturali producono reazioni negative nei suoi confronti; 3) Si evita la politica perché non riesce a soddisfare i bisogni positivi e pressanti dell’individuo.” [13]
Questi tre fattori, secondo Rosenberg, traevano origine dall’impotenza e dal fatalismo.
L’impotenza, secondo il sociologo statunitense, è data dalla “nostra società di massa” dove “gli individui si dedicano a compiti minuscoli e specializzati, inseriti nel complesso tessuto della nostra economia. I grandi blocchi economici e di potere, rappresentati dalle grandi aziende e dai sindacati, spingono l’individuo a subire pressioni troppo forti per poter resistere. Di conseguenza, è probabile che l’individuo si senta sopraffatto e impotente. In base a questa sensazione, l’idea che la sua debole forza possa competere con i giganti è assurda e l’individuo sente di non poter fare nulla per cambiare il modo in cui il mondo è gestito. Sollevare la sua debole voce contro l’enorme fragore dei mass media e dei giganti della politica è inutile.” [14]
Il fatalismo, invece, è un atteggiamento “psicologico che deriva dalla prolungata frustrazione di bisogni urgenti”, in cui gli obiettivi non raggiunti (che spesso sono irrealistici o irrealizzabili) portano l’individuo ad “arrendersi [e a] smettere di cercare di incidere sul mondo. Questo atteggiamento fatalista trova espressione generale nell’idea che ci saranno sempre guerre, depressioni, corruzione e pregiudizi e che non ha senso cercare di fare qualcosa al riguardo; questo è il modo del mondo e, forse, la legge della natura. Perché preoccuparsi di cercare di porre rimedio ai mali sociali con l’azione politica? In forme estreme questo può assumere la veste di un rifiuto religioso del mondo, semplicemente dando a Cesare quel che è di Cesare e andando avanti per i fatti propri.” [14]
Certi aspetti descritti da Rosenberg non si discostano da quel che avviene oggi giorno
Le performance di un Letta cameriere di PizzAut, una Meloni e un’attivista LGBT su un palco, un Salvini e un Berlusconi su TikTok per apparire giovani e al passo con i tempi, sono tutte mosse comunicative politiche atte a creare un mix di emozioni contrastanti (attrazione, supporto, ostilità, repulsione) dove gli individui, assistendo a rappresentazioni del genere, diventano spettatori di questi commedie e indotti passivamente ad attendere l’intervento delle persone specializzate. [15]
Una degna rappresentazione di questo stato di cose in Italia, a livello fumettistico la troviamo per esempio in opere come il manga e anime “Capitan Harlock” (1977-1979): l’umanità è completamente assuefatta dal benessere e la compagine politica è rilassata e indolente al pericolo incombente (l’invasione aliena del popolo delle Mazone).
Per poter capire al meglio come si arriva a questo punto, è necessario analizzare le attuali mosse comunicative politiche.
Nel periodo storico in cui viviamo, la tecnologia si è sviluppata velocemente, portando le notizie dalle reti cartacee e audiovisive (radio e TV) a quelle internet.
Le reti internet (siti, social network, forum etc) hanno fornito agli individui delle scelte comunicative maggiori rispetto a fino a trent’anni fa – quando erano disponibili soltanto canali radiofonici e/o cartacei.
Se però con i media tradizionali vi era una maggiore ricezione delle notizie riportate– in quanto erano gli unici mezzi disponibili -, con la rapida ascesa e lo sviluppo di Internet e dei social media, coadiuvato da una massiccia liberalizzazione dei canali radio-televisivi, le informazioni riportate possono essere scelte a secondo del proprio pensiero e/o stato d’animo.
Gli individui, quindi, non sono più costretti a guardare un programma destinato al grande pubblico. Le reti internet rendono tutto ancora più flessibile rispetto alla radio e alla televisione: basta seguire uno o due siti affini al proprio modo di vedere il mondo, chiudendo quelle pagine web giudicate noiose o monotone.
In mezzo a questo “mare” di canali informativi, i professionisti dei mezzi di comunicazione puntano sostanzialmente su tre punti riguardo i contenuti da veicolare: la scelta delle informazioni, mettere in risalto le notizie e il contesto dei fatti avvenuti.
Attraverso questi tre punti, i mezzi di comunicazione determinano la direzione dei pensieri e delle conversazioni degli individui, concentrandosi su specifici argomenti o eventi e dando una percezione e comprensione binaria (buono o cattivo, giusto o sbagliato etc) di quest’ultimi.
Nel rapporto politico-mass-mediatico, le informazioni riportate vengono trasmesse attraverso determinati mezzi di informazione (tradizionali e nuovi che siano) ed interpretate e presentate da chi li trasmette. In tal modo si può orientare l’opinione pubblica e definire un agenda politica atta a raccogliere consensi da parte degli individui. [16]
Secondo Ivana Čerkez, il rapporto tra politica e mezzi di comunicazione ha principalmente tre funzioni:
-informazioni limitate: “i media non si limitano a informare il pubblico, ma hanno anche una sorta di limitazione da parte dello Stato, perché non tutte le attività pubbliche sono pubbliche. I mass media, con i cambiamenti e la velocità della loro azione, si pongono nei confronti del pubblico in modo diverso. Da mediatori dell’opinione pubblica diventano i loro creatori. Sebbene l’ambito delle cose che vengono divulgate al pubblico si espanda a quelle che non sono solo politiche, il pubblico vero e proprio si restringe, perdendo la sua precedente funzione critica”;
-formativo pubblico: “i media partecipano anche alla formazione e al mantenimento del pubblico come punto di controllo per il governo. I media che hanno una funzione di controllo si collocano tra il pubblico e lo Stato. A volte sono più vicini all’uno e a volte all’altro. Il principio del pubblico (basato sull’osservazione critica del governo politico) è sostituito dal principio della “pubblicità”, basato [a sua volta] sul principio del conformismo e del consenso prodotto. […] nei mass media [questo] serve a produrre l’ “immagine” diretta all’auto-presentazione[…]”;
-capitalistico: “i media giocano una partita di mercato e come tali devono rispettare la legittimità del mercato, poiché l’obiettivo di un’entità commerciale è quello di ottenere un profitto. Oggigiorno il ruolo dei media come strumento di conoscenza civica del potere e delle istituzioni democratiche diventa sempre più discutibile. Le influenze economiche nei Paesi a democrazia sviluppata hanno un ruolo crescente nel funzionamento dei media. Il possesso di un numero sempre maggiore di azioni e di quote di grandi colossi economici rappresenta una minaccia per il ruolo indipendente dei media – che viene distrutto. I media, in quanto informatori del pubblico e correttori del governo, diventano ostaggi di alcuni gruppi di interesse.” [17]
Le modalità comunicative così create hanno lo scopo di inviare notizie di parte spacciate per essere oggettive ed equidistanti, ponendo i personaggi politici in chiave o positiva o negativa.
Gli obiettivi di queste forme comunicative sono principalmente due: da un lato si fa accettare un tipo di comunicazione dove la delega e i privilegi sono il vero progresso e ricchezza di una società; dall’altro si “spegne” l’individuo portandolo ad accettare una situazione descritta da Rosenberg.
Di fronte ad un sistema di poteri basato sul consenso, sulla delega, sullo sfruttamento e sulla conservazione dei privilegi, come si può invertire la rotta vigente?
-L’astensionismo elettorale anarchico
Il rifiuto di votare in fase elettorale da parte del movimento anarchico trae origine da quel che è il regime democratico.
La democrazia, considerata come il massimo grado di sviluppo sociale a livello storico, è diventata una sorta di moderno fondamentalismo religioso basata sulla tolleranza, sul pluralismo, sulla non violenza, sul consenso, sul dialogo e sull’uguaglianza.
La base della legittimità democratica sta nel presentarsi come un sistema in grado di riflettere la volontà di una presunta maggioranza e di dialogare con la minoranza sconfitta.
Questa maggioranza e minoranza, però, sono intese a livello “legale” e non a livello strettamente numerico.
Una coalizione di partiti può vincere le elezioni al di là delle leggi elettorali vigenti, di chi si astiene passivamente o vota per un altro partito. Un esempio calzante sono le elezioni regionali siciliane del 2017 dove la coalizione di centrodestra riuscì a vincere con il 39,85% dei voti su un’affluenza che si aggirava intorno al 46,76%.
Vincendo le elezioni, la maggioranza “legale” con annessa minoranza sarà suscettibile di atti corruttivi e di compromessi; questi cambiamenti di posizione e di prospettive non derivano da presunti tradimenti ma da evoluzioni di prospettive (camaleontismo o trasformismo, per usare termini ad hoc) nel difendere i privilegi politici acquisiti.
“I candidati, prima delle elezioni, si affannano a tener comizi e discorsi per illustrare il “programma” del loro partito”, scriveva Emilia Rensi, in “Elezioni…in vista”[18] , “per spiegare quali benefici riceveranno gli elettori se daranno loro il voto […] La gente ascolta, e crede che i nostri facondi oratori siano veramente preoccupati del suo benessere, mentre in realtà ai partiti non importa nulla né di saggia amministrazione, né di leggi favorevoli al popolo, né di giustizia: pensano solo a beneficiare se stessi col danno altrui, a mandar avanti i loro, sfruttando gli altri. E per questo scopo si preparano a tutti i casi possibili. Non si contano i compromessi che compiono pur di arrivare al sospirato traguardo. […] Perciò i programmi sbandierati dai partiti in lotta, durante la campagna elettorale, sono soltanto lo specchio per le allodole: non appena la faticosa meta è stata raggiunta, il programma viene “adeguato” alle circostanze, che possono richiedere mutamenti, o capovolgimenti complessi. E a chi venisse in mente di “reclamare” il compimento delle promesse si risponderebbe che è privo di senso politico, altrimenti capirebbe, come capiscono coloro che sono dotati di “squisito intuito”, che si debbono accettare le rinunzie necessarie, in vista del supremo bene: il potere.”
Insieme a questa classe politica, vi sono coloro che controllano l’accesso ai mezzi necessari per produrre ciò di cui si ha bisogno per vivere – mentre tutto il resto deve vendere la propria forza lavoro per guadagnare un salario (accettando le condizioni che i datori di lavoro ritengono opportune).
Le basi e la legittimità democratica, quindi, non sono altro che dei miti e dei dogmi con cui si è costruito lo Stato e difeso l’attuale modello economico capitalistico.
Per la classe borghese, la democrazia è un modello vantaggioso rispetto ai precedenti regimi dittatoriali (fascisti, militari, comunisti) in quanto i tre poteri fondamentali dello Stato democratico (legislativo, esecutivo e giudiziario) sono i garanti di questo sistema economico che, in nome del progresso, della civiltà e della libertà, uccide e devasta per il profitto.
L’individuo plasmato in un contesto del genere è un essere che opera come cittadino quando lo Stato lo riconosce come tale, elettore quando si vota, lavoratore quando produce, cliente quando acquista, soldato quando vi è una guerra.
La manipolazione dello Stato e dello Capitale fa sì che l’individuo non possa fare a meno di queste due cosiddette entità.
Per questi motivi il movimento anarchico rifiuta il voto elettorale in quanto con esso non si può aspirare ad un modello sociale ed economico diverso da quello attuale.
L’astensione elettorale anarchica è un’occasione perfetta per attaccare il principio di autorità nella sua espressione democratica (le elezioni) e scuotere dal torpore chi vota o meno.
L’invito alla lotta costante da parte del movimento anarchico, senza delegare la propria volontà ai politici e ai politicanti, oltre che a qualsiasi istituzione, significa conquistare un’autonomia che è sempre stata negata.
Imparare a vivere – e non a “sopravvivere a discapito degli altri”, come insegnatoci nelle scuole e in famiglia fin dall’infanzia – è un primo passo nel superare dei concetti di potere che consideriamo normali (come la delega e i vari binarismi di buono e giusto), iniziando così a conquistare un’autonomia che viene sempre più negata sotto forma di violenza statale, culturale ed economica.
“Vuoi la cultura, la libertà, l’uguaglianza, la giustizia? Vai a conquistarle se non vuoi che gli altri te le tolgano. La forza che tu non metti, rimarrà così e rimarrà solo la volontà. Questa politica della provvidenza non ha realizzato nulla e nulla realizzerà. La tua emancipazione sarà opera tua se non vorrai restare schiavo per sempre. ” (Ricardo Mella, “Vota, pero escucha”, “Solidaridad Obrera”, Gijón, 25 Dicembre 1909)
Note
[13] Rosenberg Morris, “The meaning of politics in mass society”, pubblicato in “Public Opinion Quarterly”, Vol. 15, n. 1, Primavera 1951, pag. 8
[14] Ibidem, pagg. 9-10
[15] Pur essendo differente dall’ “Effetto spettatore” da noi descritto in “Come si uccide un essere umano”, l’attesa passiva che un qualcuno (l’eroe o gli eroi) salvi la situazione da un pericolo incombente può essere applicato in qualsiasi campo (in questo caso politico elettorale)
Link: https://gruppoanarchicogalatea.noblogs.org/post/2022/08/06/come-si-uccide-un-essere-umano-prima-parte/
[16] Questa modalità viene spiegata con l’esempio statunitense nel paragrafo “Functions of the Mass Media forthe Political System” in Janda Kenneth, Berry Jeffrey e Goldman Jerry, “The Challenge of Democracy American Government in Global Politics”, Wadsworth, Boston, 2012, Undicesima Edizione, pagg. 190-199
[17] Čerkez Ivana, “Osnovna obilježja medijske komunikacije u demokratskoj kulturi” (trad: “Caratteristiche di base della comunicazione dei media nella cultura democratica”), pubblicato su “Socijalna ekologija”, Vol. 18, n. 1, 2009, pag. 31
Link: https://hrcak.srce.hr/file/64293
[18] Pubblicato su “Volontà. Rivista Anarchica Mensile”, n. 4, Aprile 1968, pagg. 197-200